A galla

125 11 26
                                    

"Merda..." mugugnò Husk, mentre apriva gli occhi e un dolore lancinante gli trafiggeva il collo. Ok, dunque sicuramente dormire appoggiato al bancone del bar non era stata una delle sue idee migliori. Bhe, non era stata proprio un'idea, diciamo piuttosto che era semplicemente svenuto dopo l'ennesima bottiglia. Ogni volta che accadeva, si svegliava con un torcicollo che impiegava ore a passare e ogni volta il gatto si diceva che quella sarebbe stata l'ultima volta e che da quel momento in poi sarebbe andato a dormire sul letto.
Era incredibile come la cosa andasse avanti da decenni...

Husk rimase con la testa sul bancone di legno e si sforzò di aprire gli occhi completamente, ma se ne pentì subito: la debole luce del bar lo accecò come se fosse da mille watt.
"Fanculo..." grugnì, mentre si portava una zampa sul viso "chi cazzo è il coglione che ha acceso questo affare?!"

...

Ah...aspetta...era lui. Prima di crollare si era dimenticato di spegnerla. Chi è causa del suo mal...
Riuscendo dopo qualche minuto a mettere a fuoco la vista, il demone alato strizzò gli occhi sull'orologio della sala: le quattro e venti del mattino. Gemette frustrato. Chissà perché diavolo non riusciva a svenire il tempo necessario a passare la notte. Andiamo, farsi tutta una tirata almeno fino alle sette era chiedere troppo?
La cosa peggiore era che, nonostante fosse stanco e i suoi occhi urlavano riposo, non riusciva mai a riprendere sonno un volta sveglio.
Passò qualche minuto. L'unico suono che si sentiva era quello delle lancette dell'orologio, che scandivano i secondi con il loro tic tac, tic tac, tic tac, tic tac...

...

Dopo un po', Husk decise che ne aveva abbastanza di stare lì e non fare nulla; prese dal suo cappello un mazzo di carte con l'intenzione di fare un solitario e svitò il tappo di una bottiglia di whiskey, versando un po' della bevanda in un bicchiere di vetro.
Certo, non era un granché giocare da solo, avrebbe preferito fare una partita a hold'em piuttosto, ma tutti gli altri stavano dormendo!
Beati loro...

Dopo un po' che stava giocando, prese la bottiglia e fece per versarsi un altro goccio, ma non uscì nulla. Husk aggrottò le sopracciglia: com'era possibile che fosse già finito? Era sicuro di essersi riempito solo tre bicchieri!
Bha...
Fece spallucce e si alzò dallo sgabello, per prendere un altro po' di liquore. Una volta presa la bottiglia nuova, ritornò al suo posto davanti alle carte.
Non pensereste che fosse un alcolizzato se vi limitaste a guardare il bar dove lavorava e la sua stanza. Non c'erano bottiglie in giro, ne cocci di vetro, ne piatti accatastati sul lavello o merda simile. Tutto era al suo posto. Certo, non si avvicinava minimamente agli standard di Nifty, ma ad Husk piaceva l'ordine. Quando era vivo aveva fatto il soldato per un certo periodo...supponeva che fosse una specie di deformazione professionale.
Iniziò a fare dei trucchi di magia con le carte.
Ecco una cosa che lo rilassava sempre! Non gli importava che non ci fosse un pubblico, no. Ad Husk piaceva fare quei trucchi semplicemente per il gusto di farli. La sensazione della carta liscia e scivolosa tra le dita, il suono che facevano le carte quando le mischiava e le faceva volteggiare...la soddisfazione quando la magia riusciva. Il che accadeva sempre, pensò con un ghigno. Non per vantarsi, ma in questo era davvero bravo. Era così che aveva conquistato la ragazza che poi era diventata sua moglie. All'epoca lavorava come prestigiatore in un casinò di Las Vegas; non lo pagavano molto, ma aveva uno spettacolo tutto suo e questo gli bastava. Una sera, tra il solito pubblico di vecchi ricconi c'era una ragazza. Era sincero, non si ricordava com'era vestita, ne cosa si erano detti dopo lo spettacolo, ma quello che non poteva scordarsi era la meraviglia scritta nei suoi occhi: aveva seguito a bocca aperta tutte le sue magie, anche quelle più banali. Persino i trucchi che di solito si annoiava lui stesso a fare, lei li seguiva con lo sguardo come se fossero la cosa più sbalorditiva che avesse mai visto.
Ma la vera magia l'aveva fatta lei: si era innamorato. Husk si era innamorato. E davvero, non riusciva a capire il perché...sembrava solo la cosa più giusta. Non era mai stato un tipo romantico, che credeva a quelle cazzate come l'amore a prima vista, eppure era questo che era capitato. Amore a prima vista. E a seconda, e a terza, a quarta, a quinta!
Perché ogni giorno che era insieme a lei la trovava sempre più fantastica. Perché ogni giorno che era insieme a lei sentiva di essere l'uomo più fortunato della Terra. Sì, sapeva che poteva suonare come una frase scontata e melensa, ma che ci poteva fare? Era così che si sentiva.
Con la nascita di Daniel, poi, Husk aveva si era trovato a fare una cosa che non avrebbe mai pensato di fare: il padre. E sapete una cosa? Aveva anche scoperto che gli piaceva da morire.

...

E lui era stato un idiota, perché aveva rovinato tutto.
Perché tutto questo amore evidentemente non gli bastava e doveva averne un altro: quello stesso liquido ambrato che ora stava bevendo così avidamente...
Sua moglie era preoccupata e aveva provato a parlargli, chiedendogli più di una volta di smettere, ma non c'era stato niente da fare...
Lei piangeva, gli diceva che lo amava, lo faceva sentire accolto, non giudicava mai, era paziente...ma non c'era nulla che potesse smuoverlo. Lei poteva disperarsi per quello che valeva ma lui non era mai cambiato e non lo avrebbe mai fatto.
Perché la verità era che ad un certo punto aveva cominciato ad amare più l'alcol che lei.
Lui amava l'alcol più della sua famiglia.
E si odiava e si faceva schifo per questo!
...che razza di persona disgustosa e pessima che era...

Il gatto alato si fermò e solo allora si accorse che aveva abbandonato il bicchiere, per attaccarsi direttamente alla bottiglia. La poggiò lentamente sul bancone, un sospiro che usciva dalle sue labbra.
Husk sapeva di avere un problema con l'alcol. Non era stupido, la quantità di etanolo che ingeriva in una giornata era ovviamente al di sopra della norma.
E mentirebbe se dicesse di non aver mai provato a smettere (non che lo avrebbe mai ammesso davanti a qualcuno), ma il massimo che era riuscito a resistere erano stati quattro giorni. Non ci aveva più riprovato.

...

La verità era che non sapeva se voleva veramente farlo. Era come se fosse diviso in due: una parte di lui (quella più saggia, che spesso non ascoltava) gli diceva di staccarsi immediatamente dal whiskey che stava bevendo, di andare a dormire nella sua stanza e di chiedere a Charlie se potesse partecipare anche lui alle riunioni di terapia di gruppo che si tenevano in hotel.
Quella parte non mancava mai di farlo sentire in colpa e di ricordargli come era stata proprio la sua brutta abitudine a rovinargli la vita e a fargli perdere sua moglie e Donny.

...ma c'era un'altra parte di lui, che invece non voleva separarsi dall'alcol e che lo spingeva ad aggrapparvisi sempre di più. Era una parte più oscura, più egoista, che gli sussurrava maliziosamente all'orecchio che avrebbe fatto meglio a non mollare la bottiglia che stringeva in mano.
Perché quella parte più egoista di lui, non voleva smettere di bere.
Perché per quanto gli avesse rovinato la vita, l'alcol lo faceva sempre stare bene. Lo faceva sentire a casa, al sicuro e amato.
E sì, era una cosa triste e patetica, ma d'altronde era così che lui era: triste e patetico, e se non fosse stato per il liquore a buon mercato che Alastor gli forniva, ci avrebbe sempre pensato. Invece aveva la fortuna di avere un amico fedele, che si prendeva cura di lui (e no, non si riferiva a quel maledetto cervo). Quando beveva non doveva preoccuparsi di niente, non doveva pensare a quanto fosse triste e vuoto, non doveva pensare a quanto Angel fosse più estroverso di lui, a quanto Alastor più carismatico, la principessa più gentile. A quanto Vaggie fosse decisamente più forte di lui e a quanto Nifty fosse più simpatica.
A quanto fosse stato un marito pessimo e un padre perfino peggiore...

Husk era un tipo insicuro. Lo era sempre stato. Da giovane era piuttosto introverso e tendeva a isolarsi o comunque a parlare poco. Non è che non gli piacessero le persone, solo...non era molto bravo a stare con gli altri. Non sapeva come fare. E negli anni non era cambiato, l'alcol, la guerra e le commissioni per Alastor lo avevano solo reso più scontroso, più...cattivo? Husk non voleva davvero pensarci. Non voleva pensare a nulla e quando beveva non doveva farlo, così...
Tutte le sue insicurezze finivano affogate nell'alcol, insieme al ghiaccio.
Una parte di lui non voleva che tutto questo finisse, perché ora più che mai aveva bisogno di bere. Perché ora che non aveva più il suo lavoro di prestigiatore ne sua moglie, come poteva andare avanti?...
Chi è che lo avrebbe abbracciato quando una giornata fosse andata storta? Chi lo avrebbe scaldato quando fuori infuriava una tempesta? Chi lo avrebbe fatto sentire amato, nonostante tutti gli innumerevoli difetti che aveva?
Non lei, non più...

Solo l'alcol. E allora adesso spiegategli, rispondete a questa domanda:

Perché diavolo avrebbe dovuto smettere?

Perché liberarsi dell'unica cosa che lo teneva ancora a galla?


♧Fine♧





A gallaWhere stories live. Discover now