Capitolo 1

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Sono le cinque del mattino, e io sono sveglio gia' da un'ora per preparare il pane. Perchè è questo che faccio, il panetterie. Cerco di tenermi il piú occupato possibile, trascinando i minuti fino alle due. La mietitura inizierà a quell'ora. Oggi infatti la panetteria (come tutti gli altri negozi) è chiusa, ma se stavo con le mani in mano finiva che impazzivo. Sono le cinque e mezzo ormai, e sono cosí preso dai miei pensieri che non mi accorgo che mio padre é sveglio e mi sta fissando.

-Papá! Mi ha fatto spaventare! - esclamo, e lui scopppia in una fragorosa risata. Mi scappa un sorriso, nonostante il mio cuore abbia saltato un battito per lo spavento, nonostante oggi sia IL GIORNO. A quel punto scende mia madre. Mi guarda storto, non mi dice neanche buiongiorno. Ma ci sono abituato. Io metto il pane in forno, papá beve il suo caffé e lei legge una delle sue riviste. Da quando è entrata nella stanza è calato il silenzio. Verso le sei meno un quarto lei esce, e io e mio padre tiriamo un sospiro di sollievo. Io e lui ci capiamo davvero bene, forse perchè sono l'ultimo di tre figli. Stiamo chiaccherando allegramente quando qualcuno bussa alla porta sul retro.

-Vado io- dico. Mi avvio verso la porta e mi ritrovo davanti Gale Hawthorne.

-Ah, ehi Gale... Aspetta, ti chiamo mio padre- lui annuisce soltanto. -Papá, c'è qui Hawthorne!- esclamo, e lui subito arriva alla porta.

-Salve, signor Mellark, ho uno scoiattolo per lei-

-Ma certo, grazie mille Gale. Ecco, tieni una pagnotta. Peeta le ha appena sfornate- Gale mi accenna un piccolo sorriso tirato, poi ritorna a parlare con mio padre. -Grazie signore-

-Non c'è di che figliolo. Ora va'-

-Arrivederci-

Mio padre se ne torna in cucina tutto sorridente. Credo che ammiri quel ragazzo. Ha 18 anni, e, insieme a pochi altri, caccia illegalmente nei boschi, per sfamare i suoi fratelli più piccoli. Si è dovuto fare carico della famiglia quando aveva solo 14 anni, perché suo padre è morto in un'esplosione nelle nostre miniere di carbone. È davvero notevole, ma tra noi non scorre buon sangue. La sua visita mi ha irritato non poco. Ma lascio perdere, sono già molto agitato di mio. Cerco di non pensarci, ma la paura ha la meglio. Non so, ho un brutto presentimento. Provo a dormicchiare un po', ma il risultato è che mi rigiro nel letto fino alle 11, così mi alzo, sveglio i miei fratelli e vado a fare un bagno caldo. Più si avvicinano le due, più sono in ansia. Mentre provavo a dormire é tornata mia madre, che con mia grande sorpresa ha preparato i miei vestiti migliori. In fretta mi asciugo e mi vesto. Poi mi pettino i capelli e dei riccioli dorati mi ricadono a onde sulla fronte. Sono pronto già verso mezzogiorno. Oh, fantastico, e ora cosa faccio per un'ora? L'unica cosa è aspettare che anche gli altri siano pronti, e mentre aspetto, mi faccio divorare dall'ansia. Verso l'una ci avviamo verso la piazza, perché è lì che si tiene la mietitura.

Una volta arrivati, i miei genitori e mio fratello più grande si dirigono verso lo spazio riservato al pubblico. Io e l'altro mio fratello, quello di mezzo, invece andiamo a registrarci, perché data l'età siamo ancora sorteggiabili. Sono ancora agitato, e i cameraman che riprendo tutto non mi aiutano per niente.

Scorgo alcuni miei amici.

-Ehi Peeta, vieni qui!- mi urlano. Peeta sono io, Peeta Mellark, e vivo a Panem, nel distretto 12, l'ultimo, quello più povero, quello dove la fame si sente di più. Ma io sono figlio di un fornaio, perciò diciamo che non muoio di fame, come la maggior parte della gente qui.

Raggiungo i miei amici, e un po' mi calmo. Ma solo un po'. Davanti al Palazzo di Giustizia è stato allestito un palco, sul quale ci sono tre sedie: la prima è per il Sindaco e la seconda per Effie Trinket (l'eccentrica accompagnatrice del nostro distretto, che viene ogni anno a leggerci i nomi dei vincitori della mietitura.)

The Hunger Games: The Boy With The BreadOù les histoires vivent. Découvrez maintenant