REPEAT

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-Tenente?- La voce del capitano Namer riportò Riza alla realtà. Si era incantata a fissare il foglio intonso di fronte a sé. La donna, non più giovanissima nonostante un invidiabile aspetto che le consentiva spesso d'essere scambiata per una trentenne o poco più, la guardò incuriosita. Il capitano Namer era l'ufficiale più fidato del tenente colonnello Otter da molti anni ed era nota per essere una persona molto precisa e severa eppure, mentre le altre due colleghe subivano quasi quotidianamente i suoi rimproveri la neo arrivata le era piaciuta subito. Non che Hawkeye facesse errori così frequenti o grossolani da meritare richiami, effettivamente.
-Mi scusi Capitano, ero sovrappensiero.- rispose mentre l'altra le sorrideva soddisfatta dal tono dimesso e rispettoso.
Nel mentre arrivò il sottotenente Soari che senza nemmeno una parola posò davanti al Tenente un plico di nuove carte da controllare.
-La ringrazio Sottotenente.- disse meccanicamente mentre anche l'altra donna tornava al suo lavoro.
Sfogliò velocemente i documenti per capire esattamente cosa avrebbe dovuto controllare e quanto tempo avrebbe impiegato per concludere la nuova pratica. Poi iniziò il lavoro vero e proprio, ma prima si fece sfuggire un'altra occhiata al foglio che ancora giaceva sul suo scrittoio. Era il rapporto schematico dell'ultimo controllo effettuato, se avesse trovato errori avrebbe dovuto segnalarli specificandone i particolari, eppure quella relazione era completamente vuota ad esclusione del nome del responsabile dell'ufficio da cui provenivano le pratiche: Colonnello Roy Mustang. Sapeva che era stato quel nome ad averla distratta mentre attendeva il ritorno del sottotenente. All'inizio era stata orgogliosa dei suoi ex colleghi quando era divenuto chiaro che Havoc e gli altri se la stavano cavando a sufficienza per presentare dei documenti perfettamente in ordine, anche se consegnati sul filo della scadenza; ma da giorni quel resoconto pulito non faceva altro che acuire il disagio che provava fin dall'inizio.
Non si trovava male in quell'ufficio, i due capitani, entrambi più vecchi di lei le piacevano molto. Sia il capitano Namer che il capitano Tera erano due persone irreprensibili e capaci e anche se l'uomo si era mostrato più curioso e aveva provato a farle alcune domande, ai suoi silenzi aveva reagito dimenticando completamente la questione o almeno così pareva. Le altre due ragazze avevano all'incirca la sua età invece e, per quanto fossero pettegole, solo Valy, quella con cui aveva parlato appena arrivata, sembrava provare un'aperta antipatia nei suoi confronti. Infine c'era il sottotenente Soari, un uomo della stessa età di Mustang, ma che con il Colonnello condivideva solo l'anno di nascita. Era un tipo chiuso e anche un po' scontroso, di quelli che nella folla sarebbero sempre passati inosservati. Involontariamente era stato lui il primo a far nascere una certa inquietudine nella giovane di Central City. Quel piccolo particolare della data di nascita l'aveva subito fatta tornare con la memoria al suo vecchio incarico e non era riuscita ad evitare di far raffronti sin dal primo giorno. In realtà c'era bene poco da paragonare, i compiti ed il personale dei due uffici erano completamente diversi, eppure riusciva sempre a trovare un qualche minuscolo particolare che solleticasse i suoi ricordi. I primi giorni aveva sminuito la cosa, considerandola come un inconveniente inevitabile che però sarebbe svanito poco a poco. Invece più i giorni passavano più la nostalgia si faceva forte. Non aveva particolari problemi con i nuovi colleghi, né con il lavoro od il tenente colonnello Otter, eppure qualcosa dentro di lei non funzionava a dovere. Solitamente andare al lavoro era stata una cosa piacevole, l'aveva sempre amato, ma ora la mattina si sentiva quasi forzata. La sensazione durante la giornata svaniva, ma restava un diffuso senso di incompletezza. Le mancava l'atmosfera con cui era cresciuta professionalmente: la rilassatezza, la tranquillità, il cameratismo, l'allegria. Ogni tanto avrebbe voluto ancora sentire Falman citare l'enciclopedia a memoria o Fuery balbettare qualche domanda solo perché gli sembrava inopportuna, oppure l'odore delle ciambelle di Breda mescolato a quello delle sigarette di Havoc. Doveva ammettere che tra tutte l'assenza di Jean le pesava forse più delle altre, erano stati assieme per così tanti anni. Era stato lui a svezzarla inconsciamente e c'era stato sempre lui a farle compagnia in quel grande ufficio che avevano trovato quando si erano trasferiti a East City e per i primi mesi erano rimasti da soli in una stanza che poteva ospitare sino a sei persone. Riza non si era mai resa conto di quanto Jean fosse importante per lei se non in quel momento; cominciò a pensare che forse sua madre aveva ragione quando diceva che avrebbe dovuto concedergli qualche attenzione in più. Ma non era nel suo carattere e il biondino non aveva mai attirato più di tanto la sua curiosità, chissà forse perché raccontava sempre tutto ai colleghi quando era in ufficio o forse perché non lo capiva così a fondo, non quanto il Colonnello per lo meno. Cercò di scacciare quei pensieri, ma vi riuscì a fatica. Nel fondo della sua mente continuava a ronzare quella sgradita nostalgia.

Più i giorni passavano più sentiva il bisogno di rivedere i suoi vecchi colleghi. Finalmente aveva ben chiaro quanto sincero fosse il suo affetto per loro, ma allo stesso tempo cresceva la vergogna per non essersene mai accorta prima e, forse, per aver tenuto un atteggiamento eccessivamente distaccato nei loro confronti in quegli anni. Dopo il trasferimento aveva cambiato anche il turno in mensa, non vi era più nemmeno l'occasione di incrociare i suoi ex compagni neanche accidentalmente. Sperava che questo le avrebbe facilitato il distacco, invece aumentava solo la voglia d'andare a spiare il loro lavoro. Solo una volta aveva incontrato di sfuggita Fuery che trasportava una pila di fogli nell'ufficio di consegna accanto al suo. Aveva solo potuto salutarlo velocemente e domandargli il motivo di quella visita inaspettata, visto che solitamente l'ufficio del Colonnello si appoggiava ad un altro centro di consegna. Ma nulla più che poche parole di convenevoli, entrambi avevano del lavoro da svolgere e non potevano perdersi in chiacchiere. Eppure il resto della giornata la passò rammaricandosi di non aver chiesto altro al Sergente Maggiore: di lui, degli altri ragazzi o del Colonnello. Sentiva d'essersi nuovamente comportata con quella freddezza per cui si rimproverava da giorni. In quelle settimane aveva analizzato sé stessa talmente tante volte che ormai non ricordava più quando avesse iniziato e se si fosse mai fermata. Nel profondo dei suoi pensieri non faceva altro che ripensare ad eventi grandi e piccoli che le erano accaduti in tutto il tempo che aveva trascorso come ufficiale di più alto grado di Mustang. Ed aveva concluso che lei stessa si sarebbe odiata, dovendosi mettere nei panni dei suoi compagni. Eppure non sembrava che fosse così, lo dimostravano le piccole e discrete dimostrazioni d'affetto che i ragazzi avevano sempre avuto per lei, non ultime le premure il giorno prima del suo trasferimento. Si domandò come mai non la disprezzassero come lei avrebbe fatto, ma non riuscì a trovare una risposta e la sua confusione interiore sembrava aumentare senza sosta.
Nel week-end che anticipava quella che ufficialmente era la sua ultima settimana nell'ufficio di Otter, presa dallo sconforto aveva cercato freneticamente tra le sue carte ben impilate l'indirizzo di Jean. Sapeva d'averlo, si erano scambiati le informazioni appena arrivati ad East ed aveva fatto altrettanto con Mustang. Al tempo quella città era per loro sconosciuta e secondo Havoc era meglio avere almeno i recapiti delle uniche persone che si conoscevano in loco. Roy aveva mugugnato qualcosa riguardo la stupidità della richiesta, ma poi aveva acconsentito, il che significava che in realtà trovava l'idea buona ma non voleva ammettere che fosse uscita dalla bocca del Sottotenente e non dalla sua. Poi Riza aveva archiviato quella mezza pagina in fondo ad un cassetto che ora era pieno di altri fogli. Ovviamente la parte più difficile fu estrarre tutte le scartoffie e posarle ordinatamente sul mobile, per poi rimettere a posto nello stesso ordine. Quand'ebbe finito osservò la carta bianca vergata con l'inchiostro nero della base; aveva scritto tutto il Colonnello, la sua calligrafia era ormai inconfondibile per lei. Si sedette con calma sul divano. Certo non poteva presentarsi alla porta di Havoc senza una scusa od una motivazione perciò vagliò alcune ipotesi, ma presto si demoralizzò e accantonò ogni proposito. Come poteva pensare di spuntare a casa di un ex collega di punto in bianco! Piegò diligentemente il foglio in due parti e poi lo poggiò sul piccolo tavolino di fronte a sé. Chissà cosa stavano facendo ora i suoi ex compagni? Magari erano usciti tutti assieme come facevano spesso e stavano passando un piacevole pomeriggio in allegria. E chissà invece cosa faceva Mustang. In quei giorni aveva cercato in continuazione di evitare i pensieri sul suo vecchio lavoro, non riuscendoci tra l'altro, ma ancora di più aveva ricacciato ogni memoria riguardo al suo ex superiore. In quell'attimo di sconforto totale invece Roy le stava affollando la mente. Si era ripreso in quella settimana e più di lontananza? L'aveva dimenticata? Aveva ricominciato a sorridere? E magari ad uscire con altre donne?
Mille domande la torturarono per tutta la serata, nonostante si sforzasse di ricacciarle in quell'angolo oscuro del suo cervello dove erano rimaste sepolte sino a quel momento. Non riusciva nemmeno a capacitarsi del perché tanta preoccupazione per il Colonnello la tormentasse.
Certo una settimana e più di lontananza le avevano consentito di valutare con maggiore distacco e calma gli eventi che avevano portato a quella rottura. Era ormai chiarissimo che quello che l'uomo provava per lei non era un superficiale sentimento d'attrazione, ma qualcosa di più profondo, come era evidente che si era amaramente pentito di quello scatto irrazionale che l'aveva portato a baciarla a tradimento. Con tranquillità e serenità ritrovata era anche riuscita a perdonarlo nel fondo del suo cuore. Anche se la parte testarda e orgogliosa di lei non le consentiva d'ammetterlo del tutto nemmeno a sé stessa.
Ancora confusa da quei pensieri riprese inconsciamente tra le mani il bigliettino con gli indirizzi. In alto quello di Jean e più sotto quello del suo ex superiore.
Mustang era sempre stato il solito spaccone e aveva scritto il proprio nome ben più in grande rispetto a quello del Sottotenente. Riza notando la cosa non poté evitare un sorriso. Egocentrico, infantile e borioso: quell'uomo non sarebbe cambiato mai, anche se lei l'avesse colpito con la rivoltella, anziché minacciarlo e basta.
Il filo dei suoi pensieri s'interruppe. Ormai non sarebbe più stata lei a doversi occupare di Roy e del suo ufficio. Non era più affar suo, e mai più avrebbe avuto modo di sfoderare la pistola per far lavorare qualcuno.
Questa volta con un fastidio mal celato ripiegò nuovamente la carta e la riposò sul tavolo, quindi s'alzò con decisione. Sarebbe uscita, con quel caldo una bella passeggiata all'ombra delle piante del parco le avrebbe fatto bene e forse le avrebbe liberato la mente da tutti quei pensieri fastidiosi.

La camminata non riuscì a liberarla completamente dai suoi fantasmi, ma il caldo terribile dell'estate che affliggeva East City la spossò al punto che quella notte la sua mente si prese una pausa e non pensò, né sognò nulla.
Iniziò una nuova settimana, ufficialmente l'ultima nell'ufficio del tenente colonnello Otter. Ad inizio settimana, al contrario che nel suo precedente incarico, il lavoro era minore e poté distrarsi un po' con i suoi colleghi. Ormai erano passati diversi giorni dal suo arrivo e si sentiva meno in soggezione a parlare con loro.
Fu Carmila Stem, la sua collega nel lavoro di controllo pratiche ad iniziare il discorso durante una pausa a metà mattinata.
-Guardate cosa ho trovato oggi sulla rivista che compro ogni mese in edicola!- disse con quel suo tono che lasciava intendere che tutti dovessero concederle la loro attenzione.
Alzò una pagina interna di una qualche rivista femminile, il maresciallo amava quel genere di letture, Riza l'aveva capito da subito.
-Dunque qui dice che la personalità di una persona è influenzata anche dall'anno di nascita...-
-Beh, Maresciallo, mi pare logico, ogni epoca ha il suo stile, la sua educazione, io e lei certamente non abbiamo ricevuto un eguale trattamento nella nostra infanzia.- Si intromise il capitano Namer mentre chiudeva energicamente il libro che teneva tra le mani. Hawkeye non poté che guardarla e sorriderle in segno d'assenso. Ma Carmila non si diede per vinta e, supportata anche dal maresciallo Valy che la incitava ad andare avanti, continuò.
-Ma no Capitano. Qui si parla di influenze astrali!-
La donna più anziana la guardò accigliata, mentre il Tenente alzava gli occhi sconsolata, non avendo mai creduto a queste cose. Il capitano Tera invece dimostrò apertamente il suo disinteresse per la questione alzandosi ed offrendosi d'andare a prendere del thè o del caffè per tutti.
La giovane donna lasciò all'uomo giusto il tempo d'uscire e poi riprese senza problemi l'esposizione delle teorie del suo rotocalco.
-Dunque, vediamo un po'... Io sono nata nel 1888 perciò il mio profilo è questo.- disse indicando un rettangolo e iniziando a leggere giuliva la descrizione caratteriale che poteva essere perfetta per chiunque.
Quindi costrinse tutti, ad esclusione di Valy che si offrì come volontaria iniziale, a rivelarle il loro anno di nascita.
Riza ascoltò parzialmente quando lesse il suo, più interessata alla tazza di thè fresco che gentilmente il capitano Tera le aveva portato.
-I nati in questo anno sono particolarmente pazienti, meticolosi e attenti. Perfetti sul posto di lavoro in quanto estremamente diligenti e pignoli. I loro partner ideali sono coloro che possono garantire stabilità e sicurezza. Conformisti e ligi alle regole. In definitiva personalità dal carattere sicuro ma mai sopra le righe.-
La ragazza finì di leggere con una smorfia dipinta in volto, poi guardò intensamente Hawkeye che beveva con eleganza e tranquillità, quindi scambiò un'occhiata con l'altra giovane.
-Non ha sbagliato una virgola.- disse quasi con stizza Valy, mentre con una mano la invitava a proseguire.

Quando Stem arrivò al sottotenente Soari dovette quasi ordinargli, per quanto il grado non glielo consentisse, di dichiarare la propria età.
Alla fine gli sfuggi solo un piatto -1885- per poi ributtarsi tra le pagine di una rivista di tutt'altro tenore.
Mentre la giovane collega cercava il profilo, Riza tornò a collegare il Sottotenente con il Colonnello, restando a fissarlo sovrappensiero per un attimo. Ma se ne accorse in tempo per riscuotersi ascoltando le ultime parole di Carmila.
-...in definitiva personalità dal carattere estroverso e appariscente.-
L'occhiata che entrambi i marescialli scoccarono ad un sottotenente totalmente disinteressato fu piuttosto esplicita. Quella descrizione non calzava proprio al loro cupo collega.
-estroverso e appariscente...- mormorò ancora distratta Hawkeye. -sì direi che gli si addice. -
Le due donne vicino a lei si girarono di scatto con gli occhi sgranati. Solo in quel momento la bionda ragazza s'accorse che aveva dato sfogo ai suoi pensieri.
-Ah no, non mi riferivo al sottotenente Soari.- disse cercando di giustificarsi.
-E a chi allora?- la interrogò con il solito tono acido il maresciallo Valy.
-Ah beh...- cercò disperatamente una scusa in quel poco tempo ma non essendoci riuscita ammise: -al colonnello Mustang.-
Le due donne la fissarono prima un poco sorprese, poi si scambiarono uno sguardo malizioso d'intesa. Riza sospirò, ovviamente quelle due avevano dedotto quello che volevano dalla sua ammissione, forse avrebbe dovuto aggiungere anche il maggiore Hughes, ma tra loro nessuno lo conosceva; non sarebbe servito a molto.
A salvarla da ulteriori domande a doppio taglio ci pensò il Tenente Colonnello che rientrò dalla sua visita al vicino centro di consegna con nuove pratiche da vagliare e archiviare entro mezzogiorno.

Il fastidio e la vergogna per essersi lasciata scappare quei pensieri ad alta voce, però, non l'abbandonarono per il resto della giornata, anche se le due donne parvero dimenticarsi in fretta della cosa e non indagarono oltre. Eppure era stato così naturale per lei associare quella data a Roy. Conosceva altre persone che erano nate quell'anno, sicuramente, eppure Mustang era indubbiamente il primo che le balzava alla mente. Durante la pausa pranzo si ritrovò anche ad immaginare la possibile reazione che l'uomo avrebbe avuto a sentire quella specie d'oroscopo. Sicuramente si sarebbe lamentato della mancanza dell'aggettivo "affascinante" dall'elenco. Il pensiero la fece quasi sorridere, ma subito scacciò l'immagine dalla mente. Da quando si metteva anche a fantasticare sui suoi ex colleghi?

Con tutta sé stessa, durante quella settimana, cercò di dimenticare il suo precedente ufficio. Era decisa a cacciare quella nostalgia che non le dava tregua il più lontano possibile dal suo cuore. Aveva un nuovo incarico, dei nuovi compagni e un nuovo superiore. Il passato ormai era lasciato alle spalle e non poteva fare un passo indietro. Se lo ripeteva in continuazione come un mantra. Eppure quando a metà settimana Otter la chiamò nel suo ufficio per chiederle cosa pensava di fare il lunedì seguente, quando Mustang l'avrebbe richiamata nel suo ufficio, non fu in grado di dare una risposta. Rimase come scossa quando l'uomo le disse che probabilmente avrebbe anche potuto scegliere di rimanere all'archivio generale, percepì appena il Tenete Colonnello che la riempiva di lodi e le assicurava un futuro radioso come sua sottoposta. Sapeva benissimo che cosa l'avrebbe aspettata tornando dal fine settimana che si avvicinava sempre più, eppure solo allora, quando il suo attuale superiore le aveva detto tutto chiaramente, aveva assimilato. Sarebbe dovuta andare nuovamente in quell'ufficio, farsi colpire dalla piena luce delle grandi vetrate della stanza di Mustang, guardare quella scrivania perennemente in disordine ma a suo modo sempre elegante, e da quell'uomo che aveva disperatamente cercato di cancellare dalla sua vita ma che ancora non voleva andarsene dalla sua testa. Molto probabilmente avrebbe anche incontrato i colleghi, Havoc quasi sicuramente, e questa cosa la spaventava altrettanto. Non era ancora pronta ad affrontarli di nuovo o per lo meno non si sentiva già più in grado.
Senza dare una risposta chiara a Otter tornò al suo lavoro e poi a casa, confusa e pensosa. Appena rientrata si fece un bagno rinfrescante, sperando ancora una volta di lavar via tutti i pensieri e la calura di quella giornata con un po' d'acqua. Riuscì a ristorare il corpo, ma l'animo restava scosso. Rivestita con abiti molto più leggeri tornò nel piccolo salotto e cercò di distrarsi leggendo il libro che aveva comprato appena il giorno prima, ma ovviamente non vi riuscì. La sua era paura? Per cosa? Sentiva di non essersi comportata bene con i suoi colleghi, né di averli salutati come avrebbe dovuto, ma averne paura non era forse esagerato? Probabilmente non era di loro che aveva timore, e neppure di Mustang, forse era sé stessa la causa di quel sentimento. Aveva l'ansia terribile di fare la cosa sbagliata, concluse. Già, la cosa sbagliata. Perché in realtà in fondo al suo cuore ancora non riusciva a capire cosa fosse realmente giusto fare.
Poggiò il libro il tavolo e così sfiorò leggermente il foglietto che vi aveva appoggiato la domenica precedente. Quella carta bianca piegata, in cui si distinguevano le ombre dell'inchiostro che lo vergava dall'altro lato la ipnotizzò. Restò a fissarlo, quasi contemplandolo.
Le tornò nuovamente alla mente il giorno in cui lo prese dalle mani di Mustang con la solita espressione seria, quando invece dentro di lei sentiva di aver agguantato un prezioso regalo. Per quanto fosse ormai adulta si sentiva piuttosto sola e impaurita da quella nuova avventura ad East City. A quel punto si ricordò anche degli avvenimenti di Central, di come avesse preso quella decisione di seguire il suo superiore di allora in quell'avventura in una nuova città di provincia. Quel giorno era andata in ufficio conscia della nuova promozione che Roy si era guadagnato ma anche del fatto che era stato trasferito. La classica promozione con demerito. Quando si voleva punire qualcuno perché era stato anche fin troppo bravo, o perché lo era stato al punto da far paura alle alte sfere, veniva usato quel trucchetto banale.
Riza aveva seguito il Flame Alchemist sino ad allora, sapeva che non meritava certo un trattamento simile, che il suo zelo, per quanto poco sottomesso, non era certo eccessivo. Aveva fatto quanto gli avevano chiesto, e l'aveva fatto bene, poteva forse esserci un troppo quando risolvevi il problema nel miglior modo possibile? Quando aveva appreso che Mustang era stato trasferito dentro di sé era scoppiata dalla rabbia. Apprezzava il suo superiore: come ufficiale e stratega non pensava potesse esserci nessuno migliore di lui. Era acuto, intelligente, furbo e soprattutto molto veloce nel risolvere i problemi. Certo come banale scribacchino che doveva solo controllare e firmare carte dietro ad una scrivania era quanto meno sprecato e il neo Colonnello non mancava di farlo notare con il suo comportamento annoiato. Hawkeye ne era sicura, in posti di potere dove avesse potuto prendere decisioni realmente importanti e fondamentali Mustang non averebbe certo deluso. Lui le aveva raccontato in un momento di particolare trasporto e confidenza di quale fosse il suo scopo e di quali le sue ragioni, o meglio l'evento che l'aveva portato pian piano a maturare l'idea di puntare alla poltrona di fuhrer, e da allora Riza non aveva mai più dubitato della buona fede e delle intenzioni dell'alchimista. Al massimo aveva messo in dubbio la sua capacità di adattarsi a ruoli più marginali, come quello di responsabile di un piccolo ufficio nel grande Central HQ.
Il giorno dopo l'annuncio dello spostamento del Flame Alchemist a East City andò in ufficio con tutti quei pensieri che ribollivano dentro di lei, ma tutto si calmò quando, con estrema sorpresa, trovò Mustang già seduto alla sua scrivania, con grande anticipo rispetto al suo solito orario. Era talmente insolito che per una donna precisa e consuetudinaria come lei fu quasi uno shock, ancora non si era abituata completamente alle stranezze e ai comportamenti bizzarri di quell'uomo, non quando cambiava così radicalmente le suo abitudini. Solitamente al mattino arrivava sì in orario, ma assonnato e si trascinava in ufficio tra gli sbadigli. Quella mattina invece era perfettamente sveglio, oltre che già accomodato dietro al suo tavolo. Riza involontariamente aveva sgranato gli occhi dalla sorpresa. Sul viso dell'altro si formò allora un leggero sorriso, che scomparve lentamente mentre prendeva con delicatezza il foglio poggiato sul suo scrittoio. La donna allora si riscosse e si mise perfettamente sull'attenti salutando il suo superiore. Roy alzò appena una mano, facendole segno di rilassarsi, poi l'aveva fissata con grande intensità. Hawkeye aveva potuto sentire lo sguardo del moro che le perforava le pupille; ma lei era riuscita a sostenere quell'occhiata.
Per un attimo l'alchimista sembrò soppesare qualcosa, poi iniziò a parlare, senza preamboli.
-Tenente Hawkeye, anche lei sa benissimo che oltre alla promozione io sono stato destinato a East City. Non dovrò spiegarle io cosa questo significa, né voglio sapere cosa lei ne pensa. L'unica cosa che mi è concessa chiederle è: Tenente Riza Hawkeye, lei è disposta a seguirmi ancora, anche a East City?-
Non si era fermato, ma non aveva parlato né velocemente né trasudando ansia. Anzi sembrava molto calmo e sicuro di sé. E lo era, aveva tutti motivi per esserlo, lei non l'avrebbe deluso o tradito. Rispose con un altisonante "sì" che riempì la stanza e fece tornare quel sorriso furbo e compiaciuto sul volto dell'uomo che le passò senza troppe cerimonie il foglio del trasferimento da firmare per il suo consenso.

Riza tornò al presente, inconsapevolmente aveva preso tra le mani il foglietto mentre ricordava gli eventi avvenuti anni prima. Lentamente l'aprì ancora assorta e con un dito ripassò lentamente le lettere che formavano il nome del suo ex superiore. Conosceva quella firma a memoria, era anche in grado di riprodurla in caso di necessità anche se, a suo parere, non sarebbe mai riuscita a ricalcarla fedelmente, il tocco di Mustang era troppo leggero, troppo elegante per lei. Continuò a fissare intensamente l'inchiostro. Si era dimenticata, si rimproverò, in quei giorni era stata così presa da sé stessa, dai suoi bisogni immediati e dalla sua vergogna, tanto da scordare i motivi, quelli veri e profondi che l'avevano portata a East City. Quella tranquillità, quella normalità che Mustang le aveva portato via con quel bacio in realtà non erano altro che un frutto giunto dalle mani dello stesso uomo. Se lei non avesse seguito Roy quel giorno, o se avesse tentennato, forse non ci sarebbe mai stato nulla da distruggere, ma forse non averebbe nemmeno mai avuto degli amici, non avrebbe mai conosciuto quei ragazzi che ora le affollavano la mente e che le mettevano così tanta nostalgia. Inoltre non aveva deciso di trasferirsi con il neo-Colonnello all'East HQ per puro capriccio o per scorno a chi lo aveva cacciato da Central. No. Lei era rimasta col Flame Alchemist perché credeva in lui, ci credeva fortemente e senza dubbio alcuno. Ora doveva solo capire se quei sentimenti di allora esistevano ancora dentro di lei.

Passò i restanti giorni concentrandosi sulla risposta che avrebbe dovuto dare all'inizio della settimana successiva, sempre se Mustang le avesse dato l'occasione di decidere, si rammentò ad un certo punto. In ogni caso doveva essere pronta. Le idee si schiarirono in fretta, si sentiva più tranquilla, stava pian piano mettendo tutti i pensieri che aveva raccolto faticosamente sui piatti della bilancia, e allo stesso tempo stava facendo chiarezza con sé stessa. Prima che l'ultimo giorno di lavoro finisse Riza aveva raggiunto la sua personale conclusione. Su consiglio del capitano Namer prese le sue cose e le portò a casa, quando la sua scelta fosse stata confermata, qualunque fosse, visto che la conosceva solo Hawkeye, avrebbe avuto con sé tutto ciò che le serviva. Salutò i nuovi colleghi e li ringraziò per le settimane di lavoro assieme, quindi fu il turno del capitano Tera di insistere al posto di Otter perché rimasse con loro. Riza sorrise, ma come promesso a sé stessa non disse nulla. Parte della decisione spettava anche a Mustang, avrebbe anche potuto decidere di mandarla in tutt'altro ufficio, chissà magari anche rimandarla a Central.
Finalmente serena e salda passò il fine settimana rilassandosi e pensando con la solita fredda logica a ciò che l'attendeva. Ora non era più spaventata, sapeva cosa poteva accadere e si era preparata a tutto. Doveva solo attendere.

E il giorno arrivò. Si preparò con la solita precisione, ma senza fetta. Si sentiva rilassata nonostante tutto. Sapeva cosa voleva finalmente e non aveva dubbi su quale sarebbe stata la sua risposta in caso avesse potuto scegliere. Come suo solito s'incamminò verso l'East HQ con un poco d'anticipo rispetto all'orario lavorativo. Incontrò pochi altri militari nella base mentre si recava con sicurezza verso gli uffici di Mustang. Arrivata davanti alla porta della stanza chiusa si fermò dopo aver poggiato la mano sulla maniglia. E se lui fosse già arrivato, esattamente come quella volta a Central? Si raddrizzò, un attimo di scoramento si fece largo nel suo animo, ma ricacciò tutto indietro, sarebbe andata come era era giusto che fosse. Non poteva cambiare gli eventi, non ora. Un lieve respiro e poi bussò.
-Avanti- la voce di Roy attutita dal legno la invitava ad entrare e non si fece pregare.
A passo sicuro entrò nella stanza che conosceva bene, si mise al centro e portò velocemente la mano alla fronte per il saluto.
Proprio come allora lui era già lì, seduto alla sua scrivania. Le mani giunte sotto il mento, un foglio davanti e la divisa ben in ordine. Eppure questa volta non sorrideva, né i suoi occhi dimostravano quella sicurezza che Riza ricordava di aver notato a Central City.
-Buongiorno Colonnello!-
-Buongiorno Tenente Hawkeye.- rispose con minor enfasi, ma con una nota di tenerezza quando pronuncio il suo cognome. Forse non l'aveva ancora dimenticata, si disse, e questo avrebbe complicato un po' le cose.
Rimase per un attimo irrigidita, con le mani lungo i fianchi, attendendo che lui le dicesse qualcosa riguardo al suo futuro, qualunque cosa, invece Roy pareva come incantato, il suo sguardo la stava lambendo dolcemente ma sembrava non notare il silenzio imbarazzante che riempiva l'ufficio. Poi, sempre con lentezza, si riprese. Abbassò gli occhi sul foglio davanti a sé, che con estrema calma prese tra le mani. Le fece un minimo cenno di mettersi a riposo, un movimento che solo lei che lo conosceva da anni poteva intuire. Quindi rialzò il volto per fissarla sembrava impaurito quasi, ma durò solo un attimo, poi le sue pupille tornarono a brillare più che di sicurezza di determinazione. Ancora rimase in silenzio, poi, d'improvviso mormorò appena.
-È disposta a seguirmi ancora?-
Subito si fermò, quasi incredulo per le sue stesse parole. Riza invece sorrise, anche questa volta avevano pensato entrambi alla stessa cosa. Respirò e prima che l'uomo avesse il tempo di correggersi, rispose.
-Sì, signore. Voglio tornare a seguirla come avevo promesso quel giorno a Central City. La prego di perdonarmi per questi giorni in cui sono venuta meno al mio dovere.-
Le piacque vedere il volto del suo superiore cambiare gradualmente: prima sgranò gli occhi, poi sorrise evidentemente sollevato e poi pian piano tornò a far capolino quell'espressione furba che lei ben conosceva. Si spostò sulla sedia e si girò lateralmente, mentre poggiava un solo gomito sul tavolo. Stava meditando qualcosa, qualcosa che lo rallegrava molto, evidentemente. Di scatto si girò, prese nuovamente il foglio che aveva lasciato cadere mentre ascoltava la risposta della sua sottoposta.
-Bene, questo allora non serve più.- e in un attimo l'appallottolò, lo pose nel portacenere che teneva sulla scrivania ed estratto velocemente uno dei suoi guanti lo infilò e schioccò le dita per incenerire la carta. Guardò le fiamme crepitare con soddisfazione, mentre la ragazza non poté trattenere un sospiro, era proprio un bambino.
Stava per girarsi per andare nell'altro ufficio a controllare il lavoro da svolgere in giornata e per tutta la settimana, quando l'uomo distolse la sua attenzione dal fuoco che si stava spegnendo per parlarle di nuovo.
-Tenente, anche lei si è ricordata di quel giorno?-
-Sì signore, credo sia stato inevitabile pensando a quel che sarebbe successo oggi.-
Lui le fece cenno con la mano di sedersi su una delle due poltroncine. Mentre lei s'accomodava riprese.
-Non c'è bisogno che le dica che temevo che questa volta fosse realmente un addio. E infondo, me lo meritavo.-
-Lasci perdere Colonnello, è una cosa passata, non pensiamoci più. Forse abbiamo sbagliato in due.-
-Lei dice? Non ne sono convinto, ma farò come dice lei.- Tornò a fissare la libreria dell'archivio, mentre lei lo fissava. Non l'aveva mai guardato con tanta attenzione. Decisamente diverso sia da Otter che da Saori. Anche quando sedeva in quel modo poco composto sembrava elegante, i movimenti così armonici anche ora che si stava slacciando la giacchetta della divisa per il troppo caldo. Era naturalmente affascinante, per quanto lei non ne fosse mai stata attratta, non poteva negarlo. Tutte le donne che erano cadute ai suoi piedi ne erano solo la conferma. Che peccato che lui avesse scelto proprio quella sbagliata per innamorarsi. Ma sarebbe passato anche questo, prima o poi anche Roy avrebbe capito che tra loro non poteva esserci nulla e sarebbe andato oltre, forse già lo aveva capito.
-Tenente, quella di Central era una promessa?-
-Sì.- rispose semplicemente, mentre lui sembrava pensare ancora voltato.
-Anche quella di oggi è una promessa?-
-Sì signore. Allora ho giurato a me stessa che l'avrei seguita e protetta nella sua scalata all'interno esercito, perché io credo che lei sia la persona adatta a guidare questo paese, o almeno i militari. E oggi l'ho ripetuta.-
Solo un sorriso leggerò si formò sul viso dell'uomo. Forse non era quello che voleva sentire, ma comunque non gli dispiaceva, immaginò lei. Nuovamente il silenzio calò sulla stanza prima che lei ricominciasse a parlare.
-Colonnello? Posso andare ora, credo che dovrò rivedere un po' di cose prima di poter ricominciare a lavorare a pieno ritmo, anche se tenevo controllato il vostro lavoro all'archivio generale non penso di essere in grado di programmare la settimana senza aver prima controllato il lavoro svolto e da svolgere.-
-Ah non si preoccupi per questo.- rispose prontamente lui chinandosi ad aprire un cassetto della sua scrivania.
-Tenga- le disse semplicemente mentre le porgeva un foglio che aveva estratto.
Lei s'allungò per prenderlo, questa volta non in modo innaturale e si rallegrò con sé stessa per essere riuscita a superare il trauma del bacio. Anche Mustang sorrise, aveva notato anche lui la cosa.
Guardò il foglio con sorpresa, era indubbiamente la calligrafia del Flame Alchemist, ed era il piano di lavoro per la giornata e la settimana redatto in modo quasi impeccabile. Rimase a bocca aperta.
Lui la fissò contrariato, poi accavallò le gambe e mimò una posa rilassata.
-Che ci vuole fare Tenente, quell'imbranato di Havoc faceva sempre un sacco di pasticci, non è portato per queste cose, mi è toccato fare tutto da solo. Ma ora...-
Si bloccò quando Jean aprì la porta dell'ufficio. Sigaretta in bocca, come solito, giacchetta della divisa già completamente aperta, pronta per essere tolta. Guardò prima Roy, poi Riza, un po' confuso sul da farsi.
-Sottotenente, o dentro o fuori. Non resti sulla porta!- lo richiamò l'alchimista, facendo un evidente segno d'entrare.
Il biondino eseguì l'ordine chiudendo la porta dietro di sé, e quindi si avvicinò al tavolo del superiore, tenendo però gli occhi fissi sulla collega.
-Ecco, Colonnello... Buongiorno... ero venuto a prendere il piano di lavoro...ma se disturbo...-
-Piantala di trascinare le parole Havoc.- quando era di buon umore Mustang amava torturare i suoi sottoposti uomini.
-Ecco, Sottotenente.- s'intromise Riza passando la carta che aveva tra le mani al giovane.
-Il Colonnello me l'aveva appena dato visto che sono stata reintegrata nell'organico.- disse con un caldo sorriso.
-Davvero?!- rispose semplicemente il collega che quasi rideva dalla contentezza.
-Sì Sottotenente.- riuscì a rispondere poco prima d'essere sommersa da un abbraccio improvviso.
Rimase piacevolmente sorpresa dal calore che Jean le stava dimostrando, e solo il volto irato e contratto di Mustang le evitò di commuoversi, era quasi ridicolo quando mostrava con tanta evidenza la sua contrarietà a qualcosa.
Quando Havoc si riprese, si staccò e chiese pure scusa complice un'occhiataccia assassina del loro comandante, i due tornarono nel loro ufficio. Quella che da quel giorno sarebbe tornato ad essere anche il suo.
Il suo rientro fu salutato da un piccolo boato. Jean l'aveva costretta a stare per un attimo fuori dalla porta prima di uscire a chiamarla. Quando era rientrata era stata accolta da un applauso e una serie di bentornato da parte dei suoi colleghi. Questa volta non c'erano facce buffe a salvarla dalla commozione. E chinando il capo per nascondere il rossore che le aveva colorato le guance si inchinò nuovamente per delle scuse formali, che però vennero interrotte dai suoi compagni che al contrario sembravano pronti a scusarsi al suo posto! Rimase colpita, ancora una volta, dal loro affetto. E promise a sé stessa che mai più li avrebbe lasciati a quel modo.

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