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ᴀ ɢʀᴇᴀᴛ sᴏʀʀᴏᴡ,
ᴀɴᴅ ᴏɴᴇ ᴛʜᴀᴛ ɪ ᴀᴍ ᴏɴʟʏ ʙᴇɢɪɴɴɪɴɢ ᴛᴏ ᴜɴᴅᴇʀsᴛᴀɴᴅ: ᴡᴇ ᴅᴏɴ'ᴛ ɢᴇᴛ ᴛᴏ ᴄʜᴏᴏsᴇ ᴏᴜʀ ᴏᴡɴ ʜᴇᴀʀᴛs.
ᴡᴇ ᴄᴀɴ'ᴛ ᴍᴀᴋᴇ ᴏᴜʀsᴇʟᴠᴇs ᴡᴀɴᴛ ᴡʜᴀᴛ's ɢᴏᴏᴅ ғᴏʀ ᴜs ᴏʀ ᴡʜᴀᴛ's ɢᴏᴏᴅ ғᴏʀ ᴏᴛʜᴇʀ ᴘᴇᴏᴘʟᴇ.
ᴡᴇ ᴅᴏɴ'ᴛ ɢᴇᴛ ᴛᴏ ᴄʜᴏᴏsᴇ ᴛʜᴇ ᴘᴇᴏᴘʟᴇ ᴡᴇ ᴀʀᴇ.


 ᴡᴇ ᴅᴏɴ'ᴛ ɢᴇᴛ ᴛᴏ ᴄʜᴏᴏsᴇ ᴛʜᴇ ᴘᴇᴏᴘʟᴇ ᴡᴇ ᴀʀᴇ

Ups! Ten obraz nie jest zgodny z naszymi wytycznymi. Aby kontynuować, spróbuj go usunąć lub użyć innego.



᪥᪥᪥

Atsushi e Akutagawa si ritrovarono a camminare uno di fianco all'altro trasportando ingombranti sacchi della spesa. Il percorso verso casa di quest'ultimo fu interrotto da numerose pause per riprendere fiato e lasciar rilassare i muscoli tesi per lo sforzo.
Quella mattina Dazai aveva affidato ai due un importante incarico,
"Questione di vita o di morte" aveva dichiarato sedendosi gambe a penzoloni sull'alta scrivania sommersa da documenti e giornali dimenticati.
Preparare una torta rigorosamente alle fragole per il compleanno del Presidente.
Il suicida aveva trascurato a lungo quell'impegno, così, come di routine, aveva scaricato il peso della sua fannullaggine su qualcun altro.
Ed ecco la breve e tragica storia di due poveri ragazzi capitati in una così scomoda ed incresciosa situazione.
Akutagawa non l'aveva presa così male come ci si potrebbe aspettare. Svolgere una mansione per conto del suo Dazai rendeva il lavoro pesante quasi piacevole. Doveva impegnarsi al massimo e dimostrare d'essere più capace del suo eguale.
Atsushi percepiva dentro di sé lottare agitazione e felicità, paura e curiosità. Teneva lo sguardo basso sull'asfalto macchiato da torbide pozzanghere. Imprecò sotto voce quando lo stivale di cuoio nero gli si inzuppò d'acqua lercia.
A quell'ora del tardo pomeriggio le vie erano traboccanti di studenti estenuati e di uomini in giacca e cravatta che a greggi si dirigevano verso locali al fine di bere una quantità di alcool tale da dimenticare il nome della propria moglie.

<< Ci siamo quasi? >>

Atsushi si sentì in dovere di spezzare, anche per un solo breve istante, quell'imbarazzante silenzio che li stava accompagnando da fin troppo tempo ormai. Akutagawa tacque, non rallentò il passo e nemmeno accennò a rivolgere uno sguardo al suo interlocutore. Si limitò a muovere goffamente la testa su e giù. Quando giunsero davanti alla porta d'ingresso dell'abitazione il sole era già calato. Akutagawa fece strada. L'appartamento del giovane rispecchiava mostruosamente bene il suo aspetto e la sua attitudine ostile. Mobili neri dominavano sull'ampio spazio della camera, un divano a due posti, un tavolino con un unica sedia e due imponenti librerie. Chiare luci soffuse donavano all'ambiente un che di raffinato e per qualche contorta ragione poetico.
I due appoggiarono sulla penisola che affiancava il piano cottura tutto il necessario per la torta.
Farina, uova, burro, latte, fragole...
Atsushi osservava in un curioso stato di estasi la quasi inesistente confidenza del suo collega con gli arnesi da cucina, eppure si mostrava alquanto convinto di ciò che stava facendo.
Credeva che quel ragazzo dal fare severo non avesse debolezze o mancanze, tuttavia era appena riuscito a scovare il suo tallone d'achille senza nemmeno provarci.
Non avendo una bilancia in casa dovettero aggiungere ogni ingrediente ad occhio. Akutagawa sembrò parecchio turbato da quell'inconveniente. Ad ogni millilitro di latte che a parer suo era di troppo scuoteva la testa con forte disapprovazione e sbuffando incrociava le scheletriche braccia.

<< So cosa sto facendo, rilassati >>

disse Atsushi. Incominciava a perdere la pazienza. Sentiva gli occhi dell'altro ispezionare ogni suo più piccolo movimento.
Stava cercando di rendere più omogeneo l'impasto, ma la pesante tensione nell'aria rendeva quella semplice azione una missione impossibile.

<< Non credo ci sia bisogno di così tanto lievito... abbiamo sbagliato tutto.
Vado a comprare una bilancia >>

Una ciocca corvina, a causa del sudore, gli si appiccicò sulla fronte disegnando una piccola spirale. Arrotolò ancor di più le maniche della camicia e si sciacquò con acqua fresca le mani impastate.

<< Dammi dieci minuti >>

Atsushi stentava a crederci.

<< Dopo tutto questo lavoro dobbiamo ricominciare? >>

La voce si era alzata di qualche tono.
Le guance avevano preso un colorito scarlatto.
Stava trattenendo una rabbia che non pensava neppure di possedere.
Al diavolo quella sua maledetta curiosità.
Come poteva aver anche solo pensato di trovare interessante una persona così irritante e gelida?
Aveva passato con lui poche ore.
Erano bastare per chiarirgli le idee.
Quelle sue insopportabili sensazioni dovevano solo andare al diavolo.

<< Se ci tieni così tanto potremmo semplicemente comprare un'altra torta >>

<< No. Dobbiamo farla noi come richiesto da Dazai >>

Atsushi conficcò le unghie nei palmi delle mani. Queste disegnarono dei solchi a mezzaluna sulla nivea pelle.
Akutagawa era visibilmente irritato da quel comportamento infantile. Aver dovuto condividere il suo spazio vitale e il suo sacro rifugio con una persona che tanto detestava lo avevano messo a dura prova per l'intera serata. Anche lui era esausto. Desiderava solo un po' di riposo e quiete.
Con gesti veloci e aggraziati si infilò la lunga giacca nera, faceva contrasto con le punte candide dei capelli.

<< Se hai intenzione di ricominciare da capo puoi farlo anche da solo >>

Atsushi passò le mani sotto l'acqua bollente e tolse, come se fossero una seconda pelle, i pezzi di impasto rimasti attaccati negli incavi delle dita.
Si avviò a gran passi all'ingresso, infilò in fretta e furia gli scuri stivaletti e uscì sbattendo la porta.
Akutagawa era rimasto tutto il tempo congelato vicino ai fornelli accesi. Il contenuto di una pentola sul fuoco aveva iniziato a produrre delle piccole bollicine purpuree. Un dolce aroma di fragola profumava l'intera stanza.
Il rubinetto del lavandino aveva iniziato a perdere. Una goccia dopo l'altra una strana melodia iniziò a risuonare tutt'intorno alla snella figura.
Non si sarebbe mai aspettato quel tipo di risposta. Considerava il ragazzo che gli aveva appena sbattuto la porta in faccia un debole e un vigliacco. Vederlo inscenare quel breve teatrino lo aveva lasciato senza parole. Lo ricordava raggomitolato come un gatto sulla sua scrivania ad ascoltare i racconti poco casti di Dazai annuendo e sorridendo come un completo idiota.
La situazione non richiedeva una così esagerata reazione. Eppure sembrava averla presa sul personale, era uscito dall'appartamento come un uragano, lasciando dietro di sè un marasma.
Atsushi si stese nello sfatto letto traballante senza nemmeno cambiarsi i vestiti.
Tentava invano di regolarizzate il respiro, aveva il fiato corto a causa della pazza corsa che aveva compiuto per raffreddare i nervi.
C'era davvero bisogno d'agire così?
Non lo capiva nemmeno lui. Lui che non perdeva mai le staffe, che cercava di essere sempre il più cortese possibile aveva fatto quella fine con una persona che conosceva appena. La testa era diventata di piombo, il cervello di cemento armato. Quel giovane uomo che aveva suscitato in lui inquieta curiosità stava sconvolgendo tutti i pensieri racchiusi nella sua disperata mente. Si sentiva impazzire. Costui non era Nakajima Atsushi.
Perché non riusciva a smettere di pensarci? Desiderava con ogni parte dell'anima smettere di provare quelle confuse emozioni.
Il cuore pulsava dolorante, implorava di uscire dalla cassa toracica.
L'ultima fragola rimasta nel mare di sangue e zucchero si stava cominciando a sciogliere.

Arzigogolo (Shin Soukoku) Opowieści tętniące życiem. Odkryj je teraz