Cercare risposte.

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Charles era già nel suo jet pronto a rientrare a Monaco per qualche giorno, perso nei meandri della sua mente. Aveva salutato Sophie, che si era imbarcata su un altro aereo assieme al team, e si erano dati appuntamento per metà settimana. Lei non sarebbe rientrata a Monte Carlo ma sarebbe rimasta a Maranello per seguire alcune riunioni della squadra, cosa che lui avrebbe dovuto fare solo a partire da giovedì.

Come il lunedì precedente, aveva visto una leggera delusione negli occhi della ragazza quando le aveva annunciato che sarebbe tornato a casa con il suo aereo e non insieme agli altri. La settimana precedente aveva pensato di dirle che i piloti non partono mai assieme al resto della squadra, invece questa volta le aveva detto che doveva passare a casa per alcune questioni, quando in realtà aveva bisogno di stare da solo a pensare. Sophie però non era stupida ed era consapevole che quelle erano solo scuse, però aveva preferito evitare discussioni inutili che avrebbero fatto male ad entrambi, nonostante lei stesse soffrendo a causa di queste mezze verità. E lui lo sapeva.

La verità, quella vera, era più semplice di ciò che immaginava lei. Charles era semplicemente spaventato da tutte le emozioni che stava provando. Era al suo primo anno in Ferrari, il sogno di una vita. Aveva ritrovato la sua migliore amica, che adesso non era più solo un'amica e desiderava far bene con entrambe le cose. Voleva dimostrare a tutti che lui meritava di essere li, in Rosso, che non era stato raccomandato perchè aveva i soldi o perchè Jules, a suo tempo, aveva messo una buona parola per lui. Era li perchè era bravo, era determinato in tutto ciò che faceva e perchè aveva lottato per esserci, anche quando la vita gli aveva voltato le spalle più di qualche volta.
Però dall'altra parte c'era Sophie. Sophie era la sua più grande forza e, insieme, la sua più grande debolezza. Quando si trattava di lei sarebbe stato in grado di eliminare qualsiasi cosa pur di renderla felice e di vederla stare bene. E allora perchè adesso sembrava non riuscirci? Perchè sembrava non essere in grado di focalizzarsi sia sulle corse sia su di lei in egual misura?
Gli sembrava che, concentrandosi sulla Ferrari, trascurasse Sophie e, al contrario, concentrarsi troppo sulla ragazza gli faceva credere di stare abbandonando il suo sogno.
Per questo aveva pronunciato quella famosa frase, che poi gli si era rivoltata contro: meglio tenere separato il lavoro dal resto.
Ma come poteva tenere separate le due cose se queste combaciavano? Sophie faceva parte della sua stessa squadra, sebbene lavorasse con Seb e non con lui, ed era inevitabile avere a che fare con lei anche durante il lavoro.

"Signore, desidera qualcosa da mangiare?"
I suoi pensieri vennero interrotti dall'assistente di volo che si preoccupava per lui, dato che era ormai notte e non aveva ancora toccato cibo. Non aveva fame, era turbato per Sophie, per la gara e anche per Verstappen. Quel ragazzo era in grado d fare uscire la parte peggiore di lui.
"No grazie, se avesse però una tisana o una camomilla mi farebbe piacere"
Aveva risposto alla signora e questa era subito corsa a preparare ciò che lui aveva gentilmente richiesto, tornando dopo qualche minuto con una tisana fumante dal profumo di menta e lime. Non era la sua preferita ma andava bene comunque.
Aveva ringraziato e era tornato a concentrarsi sui suoi pensieri, chiedendosi se nell'altro aereo qualcuno stesse pensando a lui.

Chiuse gli occhi un po', aveva mal di testa da quando aveva terminato la gara e di certo la sua mente non lo stava aiutando a rilassarsi. Era tornato indietro al post gara, a quando aveva terminato la riunione ed era uscito dalla sala in silenzio, sotto gli occhi attenti del suo principale e di Sophie. Aveva necessità di stare da solo, di farsi una passeggiata per scaricare la tensione. Pensava fosse colpa della gara, ma in cuor suo era consapevole che il problema non era solo quello.
Si era sentito chiamare poco dopo, ma aveva fatto finta di non sentire. Conosceva però a chi apparteneva quella voce, ed era sicuro che la persona in questione non si sarebbe lasciata scoraggiare dal suo modo di ignorarla. Ed infatti poco dopo aveva sentito il braccio della ragazza intrecciarsi al suo, mentre lui teneva le mani in tasca. L'aveva allontanata subito, facendole capire che no, li non dovevano vederli in quel modo.
Sophie però non c'era stata a questo suo movimento e aveva iniziato a parlargli dolcemente, avvisandolo che era stato Mattia a dirle di seguirlo.
Charles lo immaginava. Quella stessa mattina il suo team principal gli aveva fatto una domanda non indifferente, che suonava più come un'affermazione: "Charles, tu e Sophie avete litigato di nuovo oppure siete fidanzati (?)"

Era sobbalzato. Era stato attento a non farsi vedere uscire dalla sua stanza, era stato attento a non guardarla troppo nei box e a non avere contatti troppo prolungati. E prima di tutto ciò aveva deciso di prendere due voli diversi. Come aveva fatto Mattia a capire?
"Ferma i tuoi pensieri Charles, non hai fatto nulla di sbagliato. Semplicemente di solito siete attaccati con una cozza e il suo scoglio mentre in questi giorni non vi abbiamo mai visto battibeccare per ogni cosa" aveva detto il suo capo, strappandogli anche un sorriso. Era così impegnato ad evitarla per non far trapelare nulla che,indirettamente, aveva attirato maggiormente l'attenzione.
"Comunque non è un problema Charles, basta che non vi distraiate troppo. E se ciò che volete è tenere la privacy non sarò di certo io a rovinarla" gli aveva sorriso lasciandogli una pacca sulla spalla, comprensivo come suo solito.

Per questo, quando la ragazza aveva confessato che era stato Mattia a dirle di seguirlo, non l'aveva allontanata di nuovo. Avevano fatto una passeggiata per il paddok, nel loro mondo, parlando della gara. Quando era (quasi) riuscito a tranquillizzarsi però, ecco comparire il suo peggior rivale. Max.
Si odiavano da sempre, non solo come piloti, ma anche come Charles e Max.
Lui non sopportava l'espressione sicura di se e la strafottenza dell'olandese e l'altro, al contrario, non sopportava il suo "visino angelico" come lo aveva definito più di qualche volta e il suo comportamento sempre perfetto e mai fuori luogo. Erano come il diavolo e l'acqua santa.
Lo aveva preso per il culo, come sempre. Doveva sottolineare che lui era arrivato davanti, che lui era in un top team ancora prima di prendere la patente di guida e che lui, al contrario suo, il podio (e la vittoria) lo aveva raggiunto al suo esordio con la RedBull. Ma non è stato questo a farlo scattare. È stato il modo in cui si era rivolto alla sua Sophie. Perchè va bene rubargli il podio, va bene rubargli la fama di "miglior esordiente" ma lei no, lei non doveva toccarla.
L'aveva definita "la sua ragazza" davanti a Verstappen. Lui che non aveva neanche il coraggio di dirlo al suo team lo aveva confessato al suo peggior rivale. Sophie non si era scomposta a questa sua affermazione ma lui aveva visto il luccichio dei suoi occhi, sia in quel momento sia successivamente, quando si era fermato per baciarla, quasi fregandosene se qualcuno avesse potuto vederli.
Nessuno avrebbe potuto insinuarsi tra lui e Sophie. Ne Max, ne Lewis, ne nessun altro.

 Ne Max, ne Lewis, ne nessun altro

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"Signore... scusi se la sveglio. Siamo pronti a fare scalo per effettuare il rifornimento di carburante"
Aveva annuito, e si era reso conto di essersi addormentato senza accorgersene. E si era svegliato bene, finalmente con i pensieri molto più limpidi di prima.
Sophie meritava attenzioni, meritava le stesse considerazioni (o forse di più) che dava alla Formula uno. Aveva capito che più l'allontanava e più il suo cervello (e il suo corpo) la voleva vicino. Lei faceva parte di lui ed entrambi appartenevano al mondo della Formula uno.

Una volta atterrati la stessa assistente gli aveva comunicato che sarebbe potuto scendere perchè avrebbero dovuto attendere almeno un'ora per il carburante, essendo l'aeroporto di Doha molto trafficato.
Ne aveva approfittato per cibarsi, i pensieri erano passati ma in compenso era arrivata la fame. Era salito dopo un'oretta ma doveva per forza chiedere qualcosa al suo pilota.
"Scusami se ti disturbo, Jean. Avrei una richiesta..."
Il pilota lo aveva guardato sorridendo e invitandolo a chiedere. Jean conosceva Charles da quando era bambino, essendo amico del suo adorato papà e, se lo conosceva bene come pensava, sapeva già la sua domanda.
"Mi chiedevo se fosse possibile atterrare su Milano al posto di Nizza.. non so bene come funziona in questi casi ma.."
Il pilota lo aveva interrotto subito. "Stai tranquillo Charles, era previsto di atterrare su Milano da quando siamo partiti"
Charles aveva fatto un sorrisone sincero ed era andato a sedersi al suo posto, consapevole che tra qualche ora avrebbe visto la sua ragazza.

La sua ragazza. La considerava così dal loro primo bacio ma di fatto non glielo aveva mai chiesto esplicitamente.
Era arrivato il momento.

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