Cap 8

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Alicia mi mostrò la mia nuova cella, il mio letto era sotto quello di Tere, e ne fui felice, avrei avuto un volto familiare vicino, l'altra detenuta era nuova, non la conoscevo ancora, speravo non mi desse rogne. Un letto era vuoto. Feci un lungo respiro prima di sistemare le mie cose.

Alicia si guardava attorno, forse aveva paura che Zulema sbucasse da un momento all'altro e attentasse alla mia vita, o alla sua.

Non avremmo parlato di quello che era appena successo.

«Torno a casa a riposarmi» mi disse «Così stanotte posso esserci, se avessi bisogno di me».

Sapeva che non mi sarei sentita al sicuro la prima notte in cella. Nessuno dorme il primo giorno.

Quando se ne fu andata, mi raggiunse Riccia «Mi inquieta quella»

«E' innocua»

«Si ma sono uguali, non ti viene la pelle d'oca a guardarla negli occhi?»

Non capiva, non poteva capirlo, ma bastava poco per rendersi conto che erano come il giorno e la notte, Alicia era buona, dolce, indifesa, con lei ci potevi parlare.

Feci spallucce «Ha dei begli occhi»

Mi guardò stranita, come se mi fossi permessa di dire che la terra è piatta.

«Ah ora ti piace Zulema 2.0?» Era antipatica quando era gelosa.

«Ho detto che ha dei begli occhi, mica che me la scopo» Era vero, aveva degli occhi bellissimi.

«Sono venuta in ospedale a trovarti quando eri.. sai» non riusciva a trovare la parola giusta «Hai capito».

«Come cazzo ci sei arrivata in ospedale?» Rise di gusto «Le cose che si fanno per amore» ammiccò un sorriso, posò le mani sui fianchi e mi avvicinò a sé.

Era il primo contatto umano che avevo da non so neanche quanto tempo.

La vicinanza al suo corpo caldo mi trasmise sicurezza, come se fino a quel momento sentissi solo del gelo intorno a me.

Appoggiai la testa nell'incavo del suo collo e, finalmente, potei piangere.

Sentii le lacrime lasciare il mio viso per percorrere il suo collo, le avevo trattenute per troppo tempo, non volevo essere debole, ma avevo paura.

Mi strinse ancora di più a sé, e con una mano mi toccò delicatamente i capelli «Con me non devi essere niente».


Dormii poco quella notte, troppi pensieri, troppa paura per lasciarmi andare nel sonno.

Anche se Alicia era a pochi metri da me, al di fuori della cella, non mi sentivo al sicuro.

Quando ci furono le prime luci dell'alba e aprirono le celle, andai in bagno.

Fu la prima doccia da quando ero stata dimessa, era diverso, lì avevi un bagno tutto tuo, nessuno ti guardava mentre ti spogliavi, qui conveniva svegliarsi alle 6, se non volevi che ti fissassero.

C'era a chi non interessa, Saray diceva che là sotto siamo tutte uguali, io mi vergognavo lo stesso.

Uscita dalla doccia, mi avvolsi con un asciugamano e mi avvicinai allo specchio del lavabo.

Con un dito marcai i miei zigomi e mi resi conto che ero dimagrita davvero tanto.



«Bentornata, comunque»

Vidi il riflesso di Zulema, con le braccia incrociate al petto, appoggiata alla porta del bagno e trasalii per lo spavento.

Cazzo, ma era un vizio di famiglia

«Ora hai voglia di parlare?» continuai a guardarla attraverso lo specchio.

«Si, ora c'ho voglia» Non era vero, la sua voce era sempre svogliata, come se ti facesse un favore ad aprir bocca.

«Non ne ho voglia io» presi lo spazzolino e ci misi sopra il dentifricio «Quindi vattene» Ripresi a lavarmi i denti.

Quando ebbi finito con la coda dell'occhio guardai nella sua direzione, ed era ancora lì, non si era mossa di un millimetro, mi guardava con insistenza e mi strinsi ancora di più l'asciugamano addosso.

Fece quello che poteva sembrare un sorriso e si avvicinò.

Mi girai verso di lei e alzai gli occhi al cielo «Ti ho detto di andartene».

«Ti ho tirata fuori perchè non meritavi di morire per mano delle cinesi» mi sorprese «O non meritavo di poter essere solo una spettatrice alla tua morte e non l'artefice» ed io che pensavo che potesse cambiare.

«Se mai dovessi decidere di voler indietro la vita che ho salvato, me la riprenderò».

«Cosa ti fa pensare che io starei a guardare?» La sfidai, e questo le piaceva da morire.

Mi guardò negli occhi, cercava qualcosa, qualsiasi cosa a cui aggrapparsi per distruggermi «Dovresti stare lontana da lei».


Si formò un chiacchiericcio alle nostre spalle, segno che altre detenute si stavano recando in bagno.

Zulema lentamente mi sorpassò ed iniziò a spogliarsi.

Un brivido freddo mi attraversò la schiena.

Si tolse la canottiera e si voltò a guardarmi.

«Resti per lo spettacolo?»

Non riuscii a sostenere i suoi occhi.

Velocemente presi le mie cose e me ne andai.

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