capitolo 22

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Scott's pov

Devo andarmene da qui, il più presto possibile, altrimenti mi uccideranno, mi faranno fuori senza nemmeno pensarci due volte.

Non ho idea di dove sono, ma sicuramente sono a Londra, ne sono certo, durante il tragitto non siamo saliti su un aereo.
Ma non è lo stesso posto dell'altra volta, sono in una cantina, la cantina di una casa, ma la casa di chi?
Perché rapirmi e portarmi a casa di qualcuno? Mi sembra troppo una stronzata.

I capelli sudati mi ricadono sulla fronte, i polsi continuano a farmi male per la forte presa della corda e i lividi sul petto iniziano a farsi sentire.
Da quando sono rinchiuso e legato qui non hanno fatto altro che torturarmi, sono due giorni che non mangio, mi fanno bere solo acqua.
È ora di fare qualcosa, ma cosa posso fare? Mi auguro solo che Jane e James stiano bene.
Che dico, sto parlando di due ragazzi addestrati da quando sono bambini, di certo se la cavano meglio di me in fatto di sopravvivenza.

La porta in cima alle scale si spalanca, facendo entrare uno spiraglio di luce.
Chiudo gli occhi per il fastidio, dopodiché li riapro pian piano, e noto ancora gli stessi uomini che arrivano verso di me «Buongiorno Scott, come ti senti oggi?» è il loro capo a parlare, dovrebbe chiamarsi Randy. I suoi capelli castani sono sistemati in modo impeccabile con del gel, la sua divisa lo fa sembrare un uomo importante.
«Mh, tu come pensi che vada?» chiedo, alzando il mento verso di lui, e in un secondo un pugno mi colpisce la guancia.
«Risposta sbagliata.»

Vorrei distruggere tutto, vorrei alzarmi e fuggire via da qui, ma sono completamente legato a questa sedia, e l'unica cosa che provo in questo momento è dolore fisico. Il mio corpo non reggerà ancora a lungo, mi hanno tirato così tanti calci e pugni che dovrei essere già collassato da un pezzo.

«Che cosa volete da me?» grido, stringendo i pugni.
«Farti soffrire un po', mentre la piccola Jane si starà esasperando a cercarti.»
«Che cosa diavolo volete da lei?»
«Non sta a te saperlo, sei solo una pedina, pensavo fosse chiaro.» mi fa un ghigno, per poi girarsi verso gli altri uomini, chiacchierando come se niente fosse.

Quell'espressione che ha sempre sul volto vorrei farla a pezzi. Mi chiedo mia madre cosa stia facendo, mi hanno fatto scrivere degli stupidi messaggi a lei, James e dei miei amici della scuola, uno più falso dell'altro.
E se Jane pensasse che effettivamente non sono in pericolo? Se non mi stesse cercando?

Se mi uccideranno, voglio vederla prima di morire. È l'unica cosa che chiedo.

«Cosa? Ma siete dei coglioni totali!» grida Randy, contro gli altri uomini.
«Signore..noi abbiamo semplicemente rispettato i suoi ordini» dice uno di loro. con un po' di timore.
Continuano a litigare, fin quando Randy non tira fuori una pistola dalla tasca, sparando un colpo affianco alla testa di uno di loro. Non l'ha ucciso per pochi millimetri.
«La prossima volta, evitate.» dice, rimettendo la pistola nel retro dei pantaloni.

Qualche giorno fa hanno rapinato un ristorante che fa d'asporto e domicilio, non so per quale stupido motivo. Il problema è
che le telecamere hanno registrato le loro voci, mentre discutevano su cosa prendere e su come andarsene il più presto possibile, e ora non possono fare un maledetto ordine a telefono.

Randy si gira verso di me, alzando un sopracciglio pensieroso e si avvicina guardandomi da testa ai piedi.
«Slegatelo.» ordina a denti stretti, mentre io sgrano gli occhi. Perché dovrebbe farlo?
Due degli uomini si avvicinano a me, tagliando la corda che mi lega le braccia e le gambe.

Mi stiracchio, rimanendo sempre seduto sulla sedia, ho la sensazione che se mi muovessi anche solo di un passo mi farebbero fuori. Perché alla fine, possono benissimo farlo.

«Allora? Perché questo?» chiedo, indicando la corda a terra.
Fa un cenno con la testa ad uno degli uomini, che prende dalla tasca un telefono dandolo a Randy, che lo dà a me.
Titubante lo prendo tra le mani, e lui indietreggia fino ad arrivare in cima alle scale. «Fategli ordinare due panini al formaggio e tre birre, io devo sbrigare delle faccende.» spiega.

È la mia ora, tocca a me fare qualcosa.
Alzo lo sguardo verso gli uomini dalla divisa blu, cercando di esaminarli il più veloce possibile. Non sono molto svegli, hanno solo fame e voglia di dormire, non prestano molta attenzione.
Uno di loro, mi detta il numero del ristorante, e mentre fingo di ascoltarlo, digito il numero di Jane.
Quando io e James iniziammo a conoscerci, mi raccontò che da piccola, quando Jane doveva svolgere una delle missioni assegnate dalla madre, spesso capitava che doveva imparare numeri di telefono a memoria. Decisi allora di imparare il suo in caso di pericolo, un po' come quando si cerca di ricordare quello dei genitori in caso ci fossero dei problemi.

Porto il telefono all'orecchio, pregando mentalmente che mi risponda «Pronto?» sentire la sua voce mi fa tirare un sospiro di sollievo.
Andiamo Scott, puoi farcela.
«Buongiorno, vorrei fare un ordine a domicilio.»
«Scott, sei tu? Mi stai prendendo per il culo?» dice seccata.
Ti prego Jane, recepisci il messaggio.
«Si, vorrei prendere due panini al formaggio, è possibile?»
La sento fermarsi qualche secondo, come se stesse riflettendo su qualcosa.
«Ti hanno rapito, vero?» mi chiede con un filo di voce. È furba, e ringraziando il cielo capisce le cose al volo. O almeno quando serve.
«Si, anche tre birre.»
«Sei qui a Brooklyn?» sussurra, come se avesse paura di farsi sentire, mentre sento il rumore di un foglio. Sta appuntando quello che sto dicendo.
«No, ho detto tre birre.» dico mordendomi il labbro per il nervosismo.
«Sei ancora a Londra? Dimmi l'indirizzo.» mi chiede impaziente, domando a uno degli uomini dove ci troviamo e ingenuamente mi dice l'indirizzo.
Che squadra di coglioni.
Scandisco bene la via a Jane, in modo che possa scriversela sul foglio.
«Ti vengo a prendere il prima possibile. Aspettami Cooper, non farti ammazzare altrimenti vengo a distruggere il tuo cadavere nella tomba.» trattengo un sorriso, non riuscirà mai a dire qualcosa di carino senza uscirsene con frasi minacciose.
«Va bene, la aspetto. Buona giornata.» dico per poi mettere giù, passando il telefono ad uno di loro «arriveranno per le 14.»

Un altro di loro si avvicina a me, rilegandomi alla sedia, e io evito di ribellarmi. Non devo farmi uccidere, giusto?

Non riesco ancora a crederci di essere finito in questo casino. Tutto questo per aiutare degli uomini sulla famiglia di Jane per scoprire di più sulla morte di mio padre e avere dei soldi, perchè faccio sempre scelte così stupide?
Avrei potuto cavarmela da solo, chiedere aiuto a Jane o trovare un altro modo, e invece no. Ho questo brutto vizio di voler sempre fare tutto da solo.
Mi è capitato spesso di avere a che fare con persone che si rifiutano di voler essere aiutate, anche nelle peggiori situazioni, vogliono per forza cavarsela da soli, e per farlo ci vuole coraggio.
Jane è esattamente così, anche quando tutto sta cadendo a pezzi sulle sue spalle, riesce sempre a mostrare la parte più forte di sè, e a cercare di risistemare tutto da sola. È quel tipo di persona che se provi a tenderle una mano per aiutarla, lei te la spezza.

E la difficoltà con queste persone, è come aiutarle quando un problema inizia a diventare più grande di loro, nonostante siano convinti di potercela fare.
E come si salva qualcuno che non vuole essere salvato?

Spazio autrice
eilà, devo annunciarvi che altri due capitoli e la storia sarà terminata! ma non preoccupatevi, ho già tanti piani in mente, niente è veramente finito con la nostra Jane.
vediamo se qualcuno di voi sa dirmi da quale serie tv viene l'ultima frase del capitolo!
spoiler: se l'avete vista, vi amo

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