Quando finalmente arrivammo, e dunque distolsi lo sguardo da lei, ebbi la strana impressione di aver consumato un frammento della sua bellezza a forza di ammirarla e mi ripromisi, paradossalmente parlando, di custodire gelosamente nel mio cuore quel frammento immaginario.

Entrai nell’enoteca, un locale di modeste dimensioni arredato sui toni del marrone scuro e di una tonalità di rosso molto simile a quella del vino, lei mi presentò la proprietaria, una signora che, stando a ciò che mi disse subito dopo, aveva avuto modo di conoscere solo qualche sera prima ad un ricevimento organizzato da una sua amica. Le dicemmo a grosse linee quale darebbe stato il genere di cibo che avremmo offerto agli ospiti e lei ci portò una serie di vini da provare, alcuni dei quali erano davvero ottimi.

Per la prima volta io e lei riuscimmo a parlare direttamente di noi, cosa che gradii molto dato che non c’era altro che volessi se non sapere più di lei, della sua vita passata e presente, dei suoi sogni eccetera, eccetera… Iniziò col dirmi che sua madre era un’attrice di teatro originaria di Parigi che venne a vivere a Londra a ventitré anni, quando, conosciuto suo padre, un gallerista londinese alle prime armi, rimase incinta di lei. Visse a Londra finché i suoi non divorziarono, all’epoca lei aveva sedici anni; sua madre, dunque, la portò con sé in Francia, dove lei finì il liceo studiando a casa e fece qualche servizio fotografico per piccole catene di abbigliamento per ragazze. Affascinata dall’arte, si laureò a Parigi in storia dell’arte e poi si trasferì a Londra dal padre, il quale la introdusse nel suo mondo. E, a soli, venticinque anni rimase incinta delle gemelle da Dominic, un regista vent’anni più grande di lei, reduce da un precedente matrimonio in cui aveva avuto tre figli.

Rapito dal suo racconto, dal modo dettagliato ma al contempo confuso in cui mi narrava il suo passato, capii che una persona così particolare non l’avevo mai incontrata prima. Non era la giovane sposata con uno molto più grande per soldi di cui spesso si sentiva sparlare, né una persona superficiale e scorbutica come forse, dal suo atteggiamento scostante e talvolta altezzoso, poteva sembrare a prima vista. Victoria era unica ed il sentimento che cominciavo a nutrire per lei era un qualcosa di immenso che andava ben oltre qualunque mia aspettativa.

Quando spettò a me parlare cercai di darle un quadro più preciso della mia vita, della mia famiglia, dei miei sogni, della mia personalità, un quadro che forse avrebbe potuto farle cambiare l’idea sbagliata che si era fatta di me. Precedentemente, infatti, avevo commesso un grave errore nel accennarle soltanto alla mia passione per la musica, perché in realtà c’erano tante altre qualità e passioni che mi caratterizzavano, piccoli particolari che solo una donna matura poteva comprendere e, magari, anche apprezzare. Le raccontai fatti che non avevo mai detto a nessuno, alcuni dei quali erano semplicemente delle stupidaggini che però la fecero sorridere. La paura di un suo giudizio errato nei miei confronti era svanita e, al suo posto, si era acceso in me il desiderio di farmi conoscere da lei per ciò che ero davvero, un ragazzo pieno di interessi e di contraddizioni, una persona sensibile ed estremamente riflessiva di cui la gente nel corso degli anni si era spesso approfittata a causa della sua ingenuità. Rimasi colpito nel vedere che lei ascoltò attentamente tutto quello che avevo da dirle, saper ascoltare é una qualità che pochi possiedono realmente. La mostra passò in secondo piano e, alla fine, bevemmo i vini per il piacere di berli in compagnia, invece che per selezionarli. Non appena terminai di parlarle della mia vita, il discorso verté su argomenti effimeri e divertenti che, tuttavia, ci strapparono molti sorrisi. Assieme a quelli ci furono portati al tavolo anche dei piccoli tocchi di formaggio stagionato e salatini vari che divorammo in pochi secondi. Il tempo si congelò: i nostri impegni e le famiglie passarono in secondo piano senza che neppure ce ne accorgessimo. É assurdo pensare che le cinque trascorse insieme lì, ci parvero essere solo dieci minuti. Alla fine fu la proprietaria a riportarci alla realtà chiedendoci quali vini avessimo gradito. Nel sentire le sue parole Victoria ed io, rintontiti dalle unità bevute, scoppiammo a ridere in coro e ammetto che quel momento fu imbarazzante. Poi lei si riprese, da persona matura quale era, e si mise d’accordo con la donna per la mostra; allora io, approfittando del fatto che fosse momentaneamente distratta, mi affrettai a pagare il conto e l’aspettai fuori dal locale.

Amami, ti prego {Harry Styles & Larry Stylinson AU}Where stories live. Discover now