CAPITOLO 2 - parte 1

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CAPITOLO II

Ancora quello strano fascio di luce celeste le apparve nella testa e ancora una volta il sogno s’interruppe nello stesso punto. Elys tornòpian piano cosciente, ma non riusciva ancora ad aprire gli occhi, udiva il cinguettio degli uccellini e il rumore delle foglie secche che scricchiolavano sotto al suo corpo. Non ricordava molto, ma la paura di morire che l’aveva colta poco prima, era ancora forte ed era infinitamente grata di essere ancora viva. I graffi e le ferite sulla pelle le bruciavano molto e si sentiva girare la testa. «Cos’è successo? - si chiese - Cos’era quella luce? Dove sono finita? Magari ho solo battuto la testa.»

In quel momento sentì una cosa appuntita premerle ripetutamente sul fianco. A fatica riuscì a socchiudere le palpebre e si trovò davanti ad un altro paio di occhi. Dallo spavento indietreggiò istintivamente sui gomiti urlando, mentre la figura che le stava di fronte rimase ferma e impassibile fissandola con aria incuriosita. Era inginocchiata e in mano teneva il ramoscello con cui la stava punzecchiando. Era poco più di una bambina, molto minuta e non doveva avere più di undici o dodici anni.

-        Ah! Per fortuna! Sembravi morta! - esclamò sorpresa.

I capelli, lunghissimi e di un biondo color del grano, erano raccolti in una treccia che le attorniava la testa e ricadeva poi morbida sulla spalla, gli occhi erano molto grandi e allungati di un verde smeraldo. Solo dopo averla osservata con attenzione, Elys s’accorse che ai lati della treccia spuntavano delle orecchie molto strane: sembravano delle orecchie animali, simili a quelle di una capra.

-        Aaaah! - gridò quando se ne rese conto. - Chi… Cosa sei tu???

Cercò di alzarsi, ma la caviglia sinistra non resse e una fitta dolorosissima la fece ricadere a terra gemendo. La bambina si avvicinò con calma, le si sedette a fianco, prendendole tra le mani la caviglia dolorante ed esaminandola.

-         Non ti preoccupare, - la tranquillizzò con voce pacata, - hai solo preso una storta, guarirai in un paio di giorni.

-          Chi… Chi sei tu? - ripeté Elys confusa.

-         Mi chiamo Anya e vivo qui a Phlox. Tu devi essere straniera, sei così…”insolita”!

«Senti chi parla!» pensò la ragazza.

-         Il mio nome è Elys, - parlò infine, sebbene titubante, - vengo da Bradford, ma per un po’ di tempo starò da mio zio. Abita in una grande villa di là del bosco.

-         Bradford? Mai sentita. A dire il vero non ho neanche mai sentito di qualcuno che viva isolato ai limiti dalla foresta. Non ci sono città là! Le più vicine a nord sono Zanes e Poponya, senza contare le rovine di Phlox. Oltre questi confini si estendono lande per miglia e miglia. Non dirmi che sei venuta a piedi da lì?

Elys era confusa. Delle città nominate da Anya, non ne conosceva nemmeno una. Eppure i paesi dello Yorkshire erano noti a tutti. Più che altro sembrava che quella ragazzina provenisse dall’interno della foresta: non sapeva che esistessero dei villaggi dentro al bosco. Era così strana! Visti i suoi abiti e l’arco che portava sulle spalle, non sembrava una comune bambina inglese. «E quelle orecchie! Deve avere qualche strana malattia, poverina!» pensò ingenuamente. In effetti le ricordava un po’ le immagini mitologiche dei fauni, senza corna né zampe.

-         Sei sicura di conoscere lo Yorkshire? - chiese dubbiosa. - Appena fuori dal bosco, dove vive mio zio, c’è un piccolo paese in campagna. C’è anche una stazione ferroviaria!

-         Cos’è una “stazione ferroviaria”? - Anya la guardò stranita non capendo a cosa alludesse.

«Non c’è verso di parlare con questa qui di geografia o di treni! E se fosse una selvaggia che vive nel bosco?» Non aveva mai sentito parlare di una cosa del genere, ma dopotutto tutta la situazione era piuttosto bizzarra.

ELYS E LA GOCCIA DI LUNADove le storie prendono vita. Scoprilo ora