CAPITOLO 4 - parte 2

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L’avanzata era frenetica e le possibilità di nascondersi pari a zero. In lontananza apparve una boscaglia, forse era proprio la Valle degli Smeraldi, dovevano raggiungerla a ogni costo, riparate dagli alberi magari sarebbero riuscite a scamparla. Il rumore di zoccoli si avvicinava sempre più, sebbene il banthos stesse tirando al massimo. Uno dei due le stava inseguendo con sguardo inferocito e la spada sguainata, l’altro ritto sulla sella con la balestra puntata contro il banthos. Non le voleva uccidere, per il momento, ma se avesse colpito l’animale sarebbero rovinate a terra senza avere alcuna possibilità di nascondersi nel bosco. Elys era in balìa degli eventi e non sapeva cosa fare: se le avessero raggiunte, in uno scontro ravvicinato non avrebbero avuto scampo, la potenza e l’esperienza dei due uomini nel corpo a corpo sarebbe stata devastante su di loro.
- Anya! - gridò Elys. - Quanto sei brava con l’arco?
- Riesco a centrare i pipistrelli che volano tra i rami… Direi che me la cavo!
- Allora mi sa che qui dietro sei più utile tu!
Anya ragionò velocemente sul da farsi, poi mollò le briglie nelle mani di Elys e con un balzo fu a poppa del banthos, prese una corda dalla bisaccia e se la legò prima alla vita e poi a quella di Elys.
- Che fai, Anya? - l’aria soffiava così forte che per farsi sentire doveva urlare con tutto il fiato che aveva in gola.
- Tu preoccupati solo di tenere le briglie salde, a questa velocità rischiamo di venire disarcionate con poco! Al resto penso io! Fidati di me!
La sua determinazione convinse Elys, che subito spronò il massiccio animale, mentre l’amica, seduta a cavalcioni come un’amazzone, imbracciò in un attimo l’arco, tendendolo al massimo. La freccia scoccò nel medesimo istante in cui l’uomo con la balestra incrociò il suo sguardo, andandosi a conficcare nella spalla facendolo urlare di dolore. Tuttavia, con occhi irosi e la ferita sanguinante, non si arrese e si scagliò a gran velocità verso le ragazze. Puntò la balestra contro il banthos, ma fortunatamente la mira non fu perfetta e colpì di striscio la zampa posteriore dell’animale che muggì, sbandando notevolmente con il rischio di disarcionarle. Anya allora caricò un’altra freccia e tese talmente la corda da arrivare ad avere la cocca sotto l’occhio destro; questa volta ci impiegò qualche secondo in più a scagliare il dardo, dovendo seguire i movimenti irregolari del banthos e mirò al petto. Quando la freccia partì l’uomo non poté far nulla e fu colpito al cuore in maniera fatale, il corpo senza vita rovinò al suolo, mentre il suo cavallo come impazzito continuò quella folle corsa con l’adrenalina e la paura in corpo.
L’uomo rimasto spronò l’animale e riuscì ad affiancare il banthos in fuga. Anya, voltata di schiena e con un raggio d’azione limitato, non poteva mirarlo in alcun modo.
- Maledizione! - imprecò la ragazzina, cercando subito di divincolarsi dalla corda che la teneva stretta a Elys.
- Anya! - gridò quest’ultima. - Cosa faccio?
- Cerca di cambiare direzione! - le suggerì.
- Non ti servirà a niente, mocciosa! - ringhiò il bandito, sorridendo e mostrando la bocca sdentata.
Elys cercò di far virare il banthos, ma la sua era una mole troppo grossa perché riuscisse a fare movimenti così bruschi. Con orrore vide l’uomo che alzava la lama sopra la testa, deciso a colpirla, ma si bloccò a mezz’aria e il suo sguardo si posò sotto il mento della ragazza. Poco dopo Elys scoprì cosa aveva attirato la sua attenzione: la pietra era fuoriuscita dalla tunica e i suoi riflessi celestini avevano indubbiamente rapito l’uomo. La sua brama di soldi e gioielli lo distrasse giusto quando Kaze li raggiunse al galoppo. Senza perdere tempo o esitare lo trafisse con lama, facendolo cadere a terra svenuto.
Elys tornò a respirare e la scarica di adrenalina per poco non la fece cadere dal banthos. Anya sciolse la corda e si rimise al comando dell’animale, tirando un sospiro di sollievo.
- Kaze, sei arrivato giusto in tempo! - sospirò, sollevata.
Tirò le briglie e fece tornare indietro il banthos per recuperare le frecce dai corpi. In quel momento si accorsero che poco lontano c’era il terzo uomo disteso sul proprio cavallo e imbavagliato: Kaze aveva risparmiato il suo avversario e ne aveva fatto un ostaggio. Il ragazzo si diresse verso i tre mercenari distesi a terra con l’intenzione di trasportarli in un luogo meno in vista.
- Aiutami. - ordinò, rivolto a Elys.
Lo raggiunse un poco riluttante e l’aiutò a caricare i cadaveri sui rispettivi cavalli. Non aveva mai visto un uomo morto prima d’allora e la cosa le provocò una terribile nausea, ma riuscì a sollevare il primo senza dare di stomaco. Era pesante e ancora caldo, non sembrava morto, solo svenuto: questo pensiero l’aiutò a non star male. Con il secondo, però, fu diverso: non riuscì a non guardare il suo viso stravolto dall’angoscia e dovette allontanarsi, vomitando tra l’erba.
- È la prima volta che vedi un uomo morto? - le chiese Anya, accorsa per sorreggerle i capelli.
Elys annuì, pallida in volto.
- Purtroppo siamo in guerra. - spiegò Kaze, cercando di mostrare comprensione. - Se resterai qui a lungo dovrai abituarti.
Lo guardò allibita, senza nascondere l’orrore di quel pensiero.
- È possibile che ne uccidiate altri? - domandò, ingenuamente.
- Sì certo, ma non solo noi, anche tu. - replicò glaciale. - Se vuoi sopravvivere dovrai uccidere se sarà necessario. Te l’ho spiegato in questi giorni, o uccidi o vieni ucciso. Questo non è il mondo delle favole. - l’apostrofò infine.
- Non siamo tutti cresciuti con una spada in mano! - sbottò Elys, avvampando in volto. «Come si permette quel pallone gonfiato a parlarmi in questo modo! Non è colpa mia se ho avuto la fortuna di non conoscere la guerra!»
- Kaze! - lo riprese Anya. - Basta! Lasciala stare! Non farne una colpa! - poi si rivolse verso Elys con fare materno. - Stai tranquilla, ci siamo qui noi. Non guardare se vuoi…
Kaze, smise di importunarla, come ordinato da sua sorella. Ancora una volta Elys notò l’influenza che quella ragazzina bionda aveva su suo fratello. Finirono di caricare il cadavere e, insieme al prigioniero imbavagliato e legato al suo stesso cavallo, avanzarono a piedi verso la boscaglia, dove avrebbero potuto riprendersi e seppellire i corpi. Le colline della Valle degli Smeraldi s’intravedevano in lontananza, avvolte da una fitta vegetazione che iniziava a ripopolare il paesaggio.
Una volta raggiunto il punto adatto in cui fermarsi, Kaze scaraventò a terra l’ostaggio e gli liberò la bocca, lasciandolo tossire e sputare.
- Maledetto poppante!! Me la pagherai! - ringhiò furioso. Poi il suo sguardo si posò sui corpi senza vita dei compagni - Siete delle carogne!! Erano miei fratelli! Ve la farò pagare, ci potete giurare!
- Non credo proprio. - ribatté secco Kaze. - Ti ho lasciato in vita solamente perché potresti esserci utile.
Nel duello il mercenario era rimasto ferito a una gamba e Kaze al braccio sinistro, trattandosi fortunatamente solo di un graffio. Si posizionò davanti a lui e avvicinò il viso al suo, guardandolo freddamente. Gli puntò il pugnale alla gola, chiedendogli chi fosse e cosa ci facesse lì. Sorpreso dai sudori freddi, l’uomo si vide costretto a parlare e rivelò che lui e suoi fratelli si guadagnavano da vivere derubando i viaggiatori o facendosi pagare ingenti somme per svolgere servizio presso i ricchi mercanti. A volte si spacciavano per cacciatori di taglie e catturavano i soggetti sospetti.
- Vi ha mandati qualcuno? - gli chiese Anya, seria in volto.
- Stupida ragazzina… - bofonchiò l’uomo ridendo tra i denti.
Kaze gli sferrò subito un pugno nello stomaco:
- Non azzardarti a parlare così a mia sorella. - sibilò mentre l’altro si piegava su se stesso dal dolore. - Se non vuoi morire in questo istante, ti consiglio di rispondere a tutte le nostre domande, brutto sacco di pulci!
- Va bene, va bene, vi dirò tutto! - cedette infine, rantolando con voce strozzata - Io lavoro per chi mi paga. Cosa volete sapere?
- Inizia col dirci se vi ha assoldato qualcuno.
- No… Non ancora. Ci aggiravamo da queste parti e vi abbiamo visti attraversare il fiume. Nessuno attraversa il fiume a nuoto, tranne chi deve nascondersi dall’Impero. Così abbiamo pensato che forse eravate pezzi grossi e ci potevate fruttare molti soldi.
- Cosa sai dell’Impero?
- Che comanda e che ha i soldi. - rispose svogliatamente l’uomo.
Kaze gli assestò un altro colpo che sembrò convincerlo a parlare. Tossicchiando, l’uomo raccontò che l’Imperatrice aveva intensificato le truppe nelle varie città. Nella Città dei Mercanti, oramai, erano sorvegliate tutte le strade e se un funzionario imperiale aveva dei sospetti su qualcuno, ordinava di farlo arrestare immediatamente. Il porto fluviale accettava solo imbarcazioni con un regolare permesso, chiunque venisse sorpreso a commerciare senza l’autorizzazione dell’Imperatrice veniva giustiziato in pubblico. Com’era noto nelle città si concentravano molti soldati umani e il numero dei Mugort era inferiore rispetto a quelli presenti al castello di Maya e all’avamposto di Nucta, il villaggio a ovest del Fiume Nero e ai piedi del Monte Thanos, totalmente distrutto e occupato dall’esercito.
- E che mi dici delle altre città? - gli chiese Kaze.
- So che l’Imperatrice vuole creare una specie di quadrato tra Lanunika, il Villaggio del Sale, la Città dei Mercanti e Thiana, ma quest’ultima continua a rimanere indipendente, mantenendo il controllo sia sul porto fluviale che su quello marittimo. Gran parte della Baia del Vento è ancora controllata da Thiana, ma la sua neutralità sta cominciare a svanire.
- Sembra che tu sappia molto, un po’ troppo per essere un semplice mercenario. - commentò Elys. Quell’uomo era a dir poco rivoltante, con la faccia butterata e i capelli unti, anche la sua voce roca la infastidiva e non si fidava affatto delle sue parole.
- Ho le mie fonti, Sua Maestà! - replicò il bandito, sorridendo con la bocca sdentata, ma in cambio ricevette solo uno sguardo gelido e impassibile.
Kaze ignorò quell’ultimo scambio di provocazioni ed era pensieroso: la situazione stava degenerando, anche le città più salde cominciavano a crollare. Quella donna aveva ormai in pugno l’intera XAMYNIA, dovevano trovare una soluzione e alla svelta.
- Un’ultima cosa: cosa sai dei Mugort?
- Quello che sanno tutti, ovvero nulla. Nessuno sa come crei i suoi soldati, l’unica cosa certa è che non sono umani e sono praticamente imbattibili. Dicono però che il loro punto debole sia la testa, ne ho visti pochi in giro e di certo non ho osato sfidarne uno per verificare questa tesi! Meglio non ficcanasare. A ogni modo non si può viaggiare tranquilli se non si è fedeli all’Impero.
- E tu lo sei? - chiese Anya, incrociando le braccia sul petto.
- Io sono fedele ai soldi! - sorrise beffardo l’uomo, mostrando i denti marci sotto i baffi incolti.
- Immagino che se ti lascio vivo, - continuò Kaze, - non perderai tempo a raccontare tutto a uno di quegli sporchi imperiali, vero?
- Può darsi… - rispose evasivo senza togliersi quel fastidioso ghigno dal viso.
Elys non sopportava quell’uomo, era viscido e scaltro e una volta libero li avrebbe sicuramente dati in pasto ai lupi. Sopraffatta dall’adrenalina e dal disgusto che provava nei confronti di quell’essere senza scrupoli che avrebbe venduto la propria anima pur di guadagnarci qualcosa, con un rapido gesto sfoderò la daga e la portò vicinissima al naso dell’ostaggio. Non sapeva cosa l’aveva spinta a minacciarlo in quel modo, sentiva solo un pizzicorio bruciarle dentro e agì senza pensare. La cosa lasciò tutti basiti, sia i ragazzi che l’uomo, il quale deglutì a fatica.
- Posso sempre fare in modo che non parli per il resto della tua vita… - sibilò Elys, premendogli la lama contro le labbra.
Nonostante stesse sudando freddo, l’uomo cercò di ricomporsi, dopotutto quella che aveva davanti era solo una stupida ragazzina che si pavoneggiava: non avrebbe mai osato colpirlo.
- Io non tratto con le bambine, soprattutto se hanno delle strane orecchie e si atteggiano a ridicole guerriere. - ringhiò lui, sputandole sui piedi.
Accecata dalla rabbia, Elys con la mano libera gli assestò un pugno sul naso, facendolo gridare dal dolore. In quel colpo aveva messo tutta la sua potenza e dal sangue che scorreva sul volto dell’uomo, immaginò di avergli rotto il setto nasale. Incredula di quel gesto si guardò la mano dolorante e sporca di sangue, indietreggiando: aveva ferito un uomo a sangue freddo, non si sarebbe mai ritenuta capace di tanto. Spaventata da se stessa iniziò a respirare affannosamente e Anya la prese per le spalle, allontanandola e cercando di tranquillizzarla.
- Ricordati che insultare le donne, non è mai produttivo. - commentò Kaze, senza nascondere un sorriso soddisfatto, a cui l’uomo rispose con uno sguardo truce, ancora ansimante dal dolore.
L’interrogatorio era terminato. Il ragazzo capì che da quell’uomo non poteva ricavarci molto di più e il colpo assestato da Elys l’aveva finalmente rassegnato a comportarsi come un prigioniero. Si lasciò imbavagliare nuovamente, gemendo per il naso rotto; Kaze gli bendò gli occhi e infine lo legò ancora più stretto di prima, impedendogli di muoversi in alcun modo. Per far perdere le loro tracce fece fuggire due cavalli in direzione ovest e caricò il corpo inerme dell’uomo sul terzo. Lo accompagnò a qualche miglio a sud e lo abbandonò vicino a delle rocce, in mezzo alla distesa d’erba: era troppo rischioso lasciarlo andare e non volevano avere sulla coscienza un’altra morte inutile. Se fosse riuscito a liberarsi e se fosse sopravvissuto, avrebbe raggiunto la città più vicina dopo parecchi giorni di cammino e loro sarebbero stati già lontani al sicuro. Non sarebbero stati loro a decidere della sorte di quell’uomo, avrebbero lasciato la scelta al destino.
Kaze si fece aiutare da sua sorella, lasciando Elys alla cura del banthos. Anya le aveva infatti insegnato a usare come disinfettante il Sigurt, un liquore che Kaze portava sempre con sé per questo genere di evenienze. La freccia fortunatamente non era penetrata in profondità nella zampa dell’animale e la sua pelle coriacea lo aveva salvato da una ferita peggiore, ma li avrebbe comunque rallentati.
- Mi spiace, Elys. - si scusò Kaze, quando fu di ritorno. - Mi sono comportato da vero idiota. Non volevo offenderti. Mi hai sorpreso, però, quando l’hai minacciato con la daga. - concluse sorridendo e dandole una pacca sulle spalle.
La ragazza ricambiò il sorriso, capiva che, orgoglioso com’era, quello era il suo modo brusco per porgere delle scuse. Improvvisamente provò simpatia per quel giovane guerriero spettinato dall’aria così fiera. Evidentemente non era abituato a lasciarsi andare all’emotività.
- Ormai è tardi. - annunciò Kaze, quando si fu ricomposto. - Per stanotte ci accampiamo qui, ripartiremo domattina all’alba. Faremo tre turni di guardia, inizio io. Voi riposate.
E così, dopo aver mangiato qualcosa per cena, le due ragazze si coricarono su dei grossi e bassi rami, lasciando Kaze di vedetta, solo con i propri pensieri e timori.

ELYS E LA GOCCIA DI LUNAOnde as histórias ganham vida. Descobre agora