Capitolo 15.

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La mia vita non è poi un granché, non ho mai avuto una famiglia, mio padre era uno stronzo e mia madre... beh che dire di lei, è dipendente dalla droga... non la vedo da anni, è tornata a Napoli. Mi ha sempre detto che mio padre era americano, così come mio nonno paterno, colui che mi ha lasciato questo ben di Dio che ora è la mia casa e tutta la sua eredità.
Io prendo il nome da mio nonno materno anche lui Ciro, beh in Italia o meglio nel sud Italia funziona così.
Mi torturo le mani nella sala d'attesa di questo stramaledetto ginecologo, aspettando con Brooklyn che tocchi a noi entrare. Sono passati 10 giorni dalla nostra sfuriata di sesso e siamo un po' preoccupati per ciò che è successo.
Vedo Brooklyn un po' scossa, preoccupata. Ho come l'impressione di starle rovinando la vita...
"Tutto ok?" domando a B.
Lei mi guarda e sorride, è come se avesse bisogno delle mie parole.
Poggia la sua testa sulla mia spalla e io le accarezzo la schiena dolcemente.
"Si, se ci sei tu con me va tutto bene." ammette.
E io non posso fare a meno di stringerla più a me.
"Che poi a me non dispiacerebbe avere un bambino..." ammette sorridendo...
Io ritiro dalla mente il fatto di stargli rovinando la vita e sorrido, alla fine anch'io vorrei un bambino con lei e sarebbe il momento giusto per smettere con tutta questa merda.

"Sparks, tocca a te." un infermiera richiama la nostra attenzione.
Ci alziamo insieme mano nella mano ed entriamo.
"Salve" saluta cordialmente il medico
"Salve" diciamo all unisono,
"Allora, ditemi"
"Beh, io penso di essere incinta" afferma Brooklyn abbassando la testa, e vedo le sue guance assumere un leggero colorito rosso. È così bella.
"Ha un ritardo?" chiede il dottore
"Si"
"Bene si stenda qui che facciamo un ecografia." inizia "se vuole può venire a guardare" continua riferendosi a me.
Io sorrido e annuisco, mi alzo titubante e un po' in ansia avviciandomi a Brooklyn afferrando prontamente la sua mano.

"No, è tutto apposto signorina Sparks, lei non aspetta alcun bambino." sorride il dottore.
Io e Brooklyn tiriamo via un respiro di sollievo.
Usciamo da lì e mi accendo una sigaretta.
"B... Quello che è successo quella sera non dovrà più succedere..." dico incerto ma con tono duro.
"Io lo farò finquando tu lo farai." mi risponde a tono
"Non puoi farlo"
"Perché tu si?" e a quella domanda rimango di sasso.
La guardo è poggiata allo schienale della mia Audi R8 con le braccia incrociate sul petto e mi fissa.
"È complicato" ammetto
"Parlami Ciro, è quasi un anno che noi due stiamo insieme e non mi hai mai parlato di nulla, come possiamo mandare avanti una relazione così?" mi urla contro.
E in quel momento inizio a capire che è davvero così, è quasi un anno che stiamo insieme e lei non sa praticamente nulla di me.
Mi fermo ad un parco e la invito a scendere.

"Vedi è complicato parlarne per me...
Non è bello ricordare certi avvenimenti della mia vita..." sospiro.
Lei mi fissa come per invitarmi parlarle ancora, con quell'espressione e quello sguardo dolce che mi fa sciogliere ogni volta che la guardo.
"Mia madre è italiana e mio padre era americano... mio nonno era un narcotrafficante e purtroppo quando mio padre era piccolo, uccisero mio nonno...
Così mia nonna fu costretta a cambiare paese, per essere più al sicuro..."
Prendo fiato e continuo
"Vennero in Italia, a Napoli, dove mio padre conobbe mia madre e si fidanzarono e sposarono, così sono nato io, sono figlio unico..."
quasi piango al ricordo di certe cose che ho visto da bambino, ma mi faccio coraggio e guardo Brooklyn negli occhi
"Beh mia madre era una tossicodipendente e deduco lo sia ancora, mio padre la picchiava... io avevo 5 anni quando arrestarono mio padre, mia madre andò in comunità ed io in collegio. All'età di 11 anni mia nonna mi ritirò dal collegio ed ho vissuto con lei nei quartieri spagnoli, dove ho iniziato a frequentare cattive compagnie che mi hanno portato a fare cose che non dovevo fare, mia nonna lo scoprì e quando feci 15 anni mi portò qui a New York dicendomi che mio padre era morto e che mi aveva lasciato la casa che possiedo." Sospiro ancora
"Lei torno in Italia con mia madre quando ho compiuto 16 anni... dovevo pur vivere qui da solo e l'unico mestiere che mi riusciva era il ladro... così ho messo su la banda ed eccomi qui..."
Guardo in basso ma percepisco lo sguardo compiaciuto di Brooklyn che non dice nulla ma mi stringe così forte a se da farmi dimenticare tutto ciò che le ho appena detto e farmi pensare solo alle sue braccia che mi avvolgono.
"Che ne pensi se ci fumassimo una canna?" Mi chiede sorridendo
Io la guardo, titubante le sorrido e iniziò a rollarla, ci aspetta una lunga notte.

Decidiamo di fumarla a casa mia nell'idromassaggio lei va a prepararsi ed io prendo una bottiglia di prosecco e dei petali di rose così per creare l'atmosfera.

Lei mi bacia ed entriamo nella vasca, brindiamo e accendo la canna fatta con il blunt, iniziamo a fumare e la guardo, cazzo è così bella.
Le passo la canna, lei fa un tiro e tossisce, io ridacchio è così ingenua e semplice...
"Brooklyn devo dirti una cosa..." guardo in basso
"Cosa è successo?" Mi guarda con occhi preoccupati
Sospiro. "Ho ucciso io quell'uomo di cui parlavano al tg prima che mi arrestassero" sussurro più a me che a lei. Sento il suo sguardo bruciarmi addosso, ma prendo coraggio e continuo "ho ucciso un carabiniere, beh l'ha ucciso uno della banda però era perché era venuto ad arrestarmi.." ammetto
Lei ride amaramente e fa per alzarsi dalla vasca.
Le prendo la mano "ho picchiato tuo padre perché ci doveva dei soldi, fa uso di droghe pesanti... e mi ha pregato di non dirlo a patto che lui mi accettasse come tuo ragazzo.."
lei esce dalla vasca infila l'accappatoio
"Non so se posso fidarmi ancora di te." Sussurra freddamente  e va fuori dal bagno.
Sono un coglione.

Romanzo Criminale. Where stories live. Discover now