Capitolo 6

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Canzoni per il capitolo:

Burnin up: Lauren D'Elia.

Blame: Calvin Harris ft John Newman.

War of hearts: Ruelle.

Devi mettere una pietra sopra al passato, dicevano. Sì, avrei dovuto mettere uno scoglio dalle notevoli dimensioni e dall'ingente peso sul bacio tra me e Luke. Nonostante fossero già passati quattro giorni, durante i quali mi ero comportata come una emarginata sociale, non facevo altro se non pensarci regolarmente. Ogni secondo era buono per una sgradevole dose di autolesionismo.
Devo ammettere, però, che nemmeno Luke aiutava a farmi sentire meglio e in pace con me stessa; giustappunto si comportava peggio di uno stronzo perennemente inacidito. Pensavo che il primato in quel preciso ambito toccasse a me, ma evidentemente mi sbagliavo. C'era, effettivamente, chi mi superava.
Ad esasperare la situazione, nonostante a me non importasse minimamente con chi lui si allietava a trascorrere i suoi pomeriggi all'insegna del divertimento, c'era Cassidy. La mia adorata amichetta dal magnetismo insormontabile. Non capivo cosa ci trovasse di tanto spassoso nel trascorrere ore intere in sua compagnia; il bello di tutta la situazione surreale era che in realtà a lui quella povera ragazza dalla fervida immaginazione non interessava minimamente, almeno da ciò che ero riuscita a captare dalle chiacchierate notturne tra lui e Ashton. Sì, perché nel corso dei giorni - forse per affievolire la mia noia e curiosità - ero arrivata a fingermi anche una spia della CIA professionista, appostandomi dietro la sua porta dopo esser sgattaiolata furtivamente dalla mia stanza, provando a non destare sospetti in mia madre, così da origliare ore e ore di conversazioni davvero prive di fondamento.
Avevo appreso molte cose, ad esempio: a Luke non piaceva troppo rimanere in una stanza dove mi trovassi anche io, perché era come rimanere intrappolati con un fantasma al quale avevano tolto le facoltà oratorie. Ma cosa si aspettava da me, esattamente? Che andassi da lui e facessi finta di non averlo praticamente costretto a baciarmi quasi contro la sua volontà? Mi sentivo già abbastanza in imbarazzo, e sopportare anche il fatidico momento "dobbiamo parlare di quello che è successo quella notte", non rientrava di certo tra le voci che avrei voluto eliminare dalla mia lista "cose da fare prima di passare a miglior vita".
Non so bene se fu colpa mia, o solo perché Luke era davvero uno stupido idiota, ma era come se si stesse avvicinando a Cassidy. Non che ci trovai qualcosa di male; per quel che mi riguardava potevano affrontare il tramonto in sella ad un cavallo bianco, con pizzi e tulle - del vestito di lei - che pendevano in giù verso un prato fiorito ed incontaminato. Magari, in quel caso, il suddetto cavallo avrebbe potuto inciampare dopo averli erroneamente pestati, ed entrambi avrebbero fatto una fine terribile, mentre io me ne stavo ad osservare la scena con in mano una confezione di popcorn al burro, incapace di trattenere le risate. Sì, in quei giorni mi reputavo una persona col gene della cattiveria penetrante e raggelante, senza riuscire a provare alcun dispiacere per aver augurato loro una capatina innocua al pronto soccorso. Sì, ragazza cattiva non si avvicinava nemmeno a ciò che fossi davvero.
Alcuni avrebbero potuto definirla gelosia, ma no, non lo era affatto. Si trattava di principio. Principio perché lui aveva fatto di tutto pur di farmi passare una settimana angusta, e per di più gettandomi tra le fauci velenose della sua nuova amica del cuore.
Però, ero comunque contenta; Michael, Ashton e Calum si erano mostrati agguerriti pur di difendermi. Non era facile sfuggire alle unghie aguzze di un capo cheerleader iroso come Cassidy. Però sospettai che Michael lo facesse anche per poter prenderla in giro più di quanto si limitasse a fare prima. Che fosse per il primo motivo o per il secondo, poco interessava. Per questo avevo trovato in Michael un amico degno di questo appellativo.

Dopo che quei quattro giorni passarono con la rapidità di una lumaca intenta ad attraversare la Muraglia Cinese, potei trovare sollievo solo quel sabato mattina, dove a svegliarmi non ci pensarono certamente gli uccellini con il loro cinguettio armonioso, ma bensì mia madre armata di scodelle e arnesi culinari che non avevo mai visto prima di allora. E io che avevo sperato di poter dormire qualche oretta in più, proprio perché non avevo scuola; invece lei non voleva cedere alle cattive abitudini della pigrizia, altrimenti avrebbe dovuto formattarmi come un apparecchio elettronico.
Munita di acciaieria, cominciò a produrre un assordante rumore caustico orripilante, tanto che rischiai un lieve infarto. Mi alzai velocemente, urlando a perdifiato pensando che l'armata russa ci stesse attaccando nel cuore della mattinata, ma quando la sentii sghignazzare e acclamare il sole come una sacerdotessa azteca, tentai di pensare a vari incantesimi di stregoneria che avevo visto solo in Charmed, per poterle fare perdere tutta quella voglia pimpante che si portava dietro, fuori dalle lenzuola.
«Che problemi hai?» domandai a voce alta, voltandomi verso il comodino per controllare la radiosveglia malconcia dovuta alle varie battaglie eroiche che avevamo avuto, e constatai quanto fosse esageratamente presto per essere un fine settimana all'insegna del dolce far nulla. Erano solo le nove.
La sentii appoggiare gli utensili rumorosi verso la parte finale del materasso, ai miei piedi, e intravidi un sorrisino dolce farsi spazio tra le labbra accuratamente colorate di rosso scuro.
Facendo più attenzione, onestamente, sembrava esser pronta per uno di quegli eventi mondani di alta classe, dove solo le persone di un certo livello sociale prendevano parte. Non che sfoggiasse uno di quegli abiti lunghi, da sera, con lo spacco, ma stava indossando un prendisole verde scuro, coi sandali con la zeppa del medesimo colore.
«Perché sei vestita così?»
«Perché? Non posso indossare un vestito senza prima chiedere a te il consenso?» inarcò un sopracciglio, sfidandomi.
Ma certo, mamma, perché dovresti mai chiedere il permesso a me?
«Perché mi hai svegliata?» domandai, ignorando la sua folgorante frecciatina inutile, calciando il lenzuolo dal corpo, mentre sulle gambe nude cominciò a formarsi uno strato delicato di pelle d'oca.
Mi sedetti, facendo penzolare le gambe oltre il lato destro del letto, aspettando con negligenza una sua risposta.
«Abbiamo una ospite. È una ragazza davvero dolcissima.»
Oh, mio Dio.
«Fammi indovinare... Capelli scuri, occhi del medesimo colore, e pelle così liscia e abbronzata da farla sembrare una modella brasiliana?» arricciai il naso, grattandone la punta con l'indice.
Lei sbarrò gli occhi, annuendo come se avessi appena descritto una dea; anche se, per quanto potesse starmi antipatica, la ragazza in questione sembrava essere davvero una divinità greca, dalla indubbia bellezza.
«La conosci?»
«No, e non è che abbia tutta questa voglia di intrattenermi con la sua compagnia.»
Lei roteò gli occhi, esasperata, e si passò le dita sulla mascella delicata, battendo il medio sopra il mento.
«Non esser ineducata, tesoro. Vieni a conoscerla, ti piacerà, ne sono sicura», affermò risoluta, con un timbro che non ammetteva repliche.
Era divertente; l'ultima volta che mi avesse detto una cosa del genere risaliva al giorno della partenza. Aveva detto che mi sarebbe piaciuto Luke - come persona, sia chiaro - e non aveva mai avuto torto come in quel momento. Io e lei avevamo differenti concezioni per poter definire una persona davvero brava, o comunque in grado di farcela andare a genio.
Non potevamo essere più diverse, io e lei, almeno in quell'ambito.

Worst Love [Luke Hemmings]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora