Eleven.

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[ DREY ]

Lo sguardo di Irama puntato su di me, mi trasmetteva ansia e timore. Conoscevo quello sguardo, lui era sempre stato un tipo geloso ma non lo ammetteva mai a parole, te lo faceva capire con poche mosse.
Era solito a serrare la mascella; le labbra tendevano ad assumere la forma simile ad una retta. Stringeva i pugni fino a far diventare le nocche rosse ed i suoi occhi assumevano un colore ben diverso dal solito, un grigio scuro che non aveva bisogno di spiegazioni.
Ma cosa dovevo fare io? Lui era stato tutto il giorno appiccicato a Carmen, non mi aveva calcolato minimamente, non si era avvicinato a me neanche un secondo.
Ero stanca di rincorrere le persone, ero stufa di sentirmi in colpa per cose futili ed inesistenti.

Stava andando via nonostante il tentativo di Biondo nel fermarlo. Quest'ultimo si era voltato verso di me, mi stava chiedendo perdono con uno sguardo solo, come per dirmi "ci ho provato".
Io scossi la testa, non era colpa sua, non doveva scusarsi.

«Allora?» la voce del ragazzo sconosciuto fece tornare la mia attenzione su egli stesso. Intanto, Nicole ed Emma erano tornate e mi stavano guardando come per sapere lui chi fosse.
«Non ti stavo ascoltando» mi sollevai dalla sedia «Scusa, devo andare» fu l'unica cosa che riuscii a dire. Presi le due ragazze per le braccia e le trascinai con me verso il mio migliore amico e Carmen.
«Mi chiamo Marco!» sentii la voce del ragazzo come fosse un eco, non mi interessava minimamente sapere il suo nome, in realtà.

Ci allontanammo da quel luogo e la prima cosa che feci, fu abbracciare Biondo che mi strinse a sé.
«Si è innervosito» bisbigliò come fosse un segreto.
Sapevo che era così ma che colpe avevo?
Lo sguardo di Carmen era fisso su di me, scuoteva il capo come se stesse guardando un essere spregevole.
«Puoi anche evitare di guardarla» fu Nicole, questa volta, ad interventire al posto mio, rivolta alla castana, la quale sbuffò sparendo dalla nostra vista.
Dove stava andando? Stava raggiungendo Irama?
Intanto, Ale era ritornato; era andato a far compere con i due membri della sua band, Mario e Davide.
Nicole mi chiese se potesse andare o se avessi bisogno di lei, la rassicurai posando un bacio sulla sua guancia calda.

Eravamo rimasti io, Biondo ed Emma.
Mi presero sotto braccio e continuammo a girare Roma.

***

Eravamo arrivati alla Fontana di Trevi, avevamo camminato tanto.
Avevamo scattato qualche foto a noi stessi ed alla meraviglia che avevamo davanti; i miei occhi, però, furono catapultati su uno degli scalini più nascosti: Irama era seduto lì, con Carmen e potei aver la prova del suo rifiuto nei riguarda della giovane.
Lei pareva essere stizzita da ciò e difatti andò via.

Non riuscii a resistere, mi avvicinai a lui lasciando i miei due compagni soli vicino al bordo della fontana.
Salii due a due le scale fino ad arrivare all'ultima sul lato; mi sedetti al suo fianco, tenendo lo sguardo fisso sulla fontana.

Si accorse di me quasi immediatamente, potevo percepire i suoi occhi fulminei scivolarmi addosso, era arrabbiato.
«Sei stato tutto il giorno con lei e poi ti arrabbi per due chiacchiere che ho scambiato con un ragazzo» le parole uscirono dalla mia bocca come fossero spinte dall'olio «Sei incoerente» conclusi, guardando ovunque tranne verso di lui.
Ero sicura che stesse facendo una delle sue smorfie infastidite, lo conoscevo fin troppo; ne ebbi la conferma quando posai lo sguardo sulla sua figura, stava torturando il suo labbro inferiore.
«Lei mi ha costretto» controbatté convinto.
«Ti ha per caso puntato un fucile? Non mi pare.» lo dissi con un tono acido tanto quanto il muriatico.
«È una cozza» sospirò.
Mormorai qualcosa di incomprensibile che non capii neanch'io; lui si alzò dal suo posto e andò chissà dove.
Passai le mani sul viso, esausta; scappava sempre, non reggeva un confronto.

Percepii, pochi minuti dopo, una mano sulla mia spalla; alzai lo sguardo ed era in piedi di fronte a me, con una rosa tra le mani.
Non riuscii a trattenere un sorriso e le mie guance si colorarono di un rosso pari al fuoco.
Si piegò sulle gambe, posando i gomiti sulle mie ginocchia; me la porse, con un sorriso stampato sul viso.
Era così bipolare, quel ragazzo.

La accettai, ringraziandolo con un bacio sulla guancia, lasciandolo a bocca asciutta.
«Come la prima volta che si siamo visti» ammise divertito riferendosi al bacio mancato.

Flashback.

Stavamo camminando mano nella mano, per le stradine affollate di Napoli; c'erano i mercatini di Natale, i miei preferiti. Era la nostra prima uscita e mi sentivo così strana.
«Aspetta qui» ordinò, sparendo in un viale; chissà cosa doveva fare.
Decisi di avvicinarmi ad una panchina e mi accomodai su di essa, guardando la gente che, felice, faceva le compere per le festività.
Quella città era piena di gioia, di allegria, di passione, di amore. Lì erano tutti fratelli, tutti si volevano bene ed era buffa come cosa.
Io vivevo lì da tanto ma non avrei mai smesso di ammirare quel luogo.
Mi sentii una mano sul ginocchio, abbassai lo sguardo e vidi Irama, piegato sulle gambe, con una rosa in mano.
Io sorrisi, era un gesto estremamente sincero. Ero sicura di essere diventata rossa come un pomodoro. Presi la rosa e mi avvicinai al suo viso; lo vidi socchiudere gli occhi e trattenni una risata, evitando le sue labbra e posando un dolce bacio sulla sua guancia.
Lui risollevò immediatamente le palpebre e mi guardò misto tra deluso e basito, ed io scoppiai a ridere.

Fine flashback.

«A cosa pensi?» Chiese, spostando una ciocca di capelli dal mio viso.
«Un po' a tutto» replicai, incrociando i nostri sguardi.
Era ancora piegato davanti a me, mi stava scrutando da secondi che sembravano non aver fine. I suoi occhi erano gli stessi di tempo fa, il suo modo di osservarmi non era cambiato di una virgola. Mi studiava, cercava di leggermi dentro ed ogni volta che lo faceva, mi sentivo amata. Era tutto strano, ci eravamo persi e poi ritrovati, ci eravamo amati e odiati, ci eravamo distrutti e poi aggiustati.

I miei pensieri furono interrotti dalla sua mano che afferrò la mia, costringendomi ad alzarmi. Iniziò a correre, conducendomi chissà dove.
Mi portò al Gianicolo, il luogo più bello di sempre.
Mi strinse la mano per rassicurarmi ed io sorrisi.

Ormai era quasi buio, avevamo passato la giornata fuori casa ma non ero stanca, se avevo lui accanto. Era la mia forza tanto quanto il mio punto debole.
Saliti in cima non mi ero neanche accorta di essermi mossa, ero immersa nei miei pensieri.
Mi guidò fuori ad un balconcino, mi sporsi di poco e si vedeva tutta la città.
Le luci sembravano infinite, era tutto illuminato da lampioni e l'effetto era un vedo-non vedo. Era immensa.
Le sue braccia circondarono il mio bacino e la mia schiena aderì al suo petto, mentre il suo mento si appoggiò sulla mia testa.
Mi teneva stretta a sé come se non volesse più lasciarmi ed io non volevo che lo facesse.
Sapete qual era la sensazione più bella del mondo? Per me era semplicemente sentire il suo calore quando mi abbracciava, era sentire il suo profumo e sentirmi a casa, sentirmi decisamente a posto con il mondo perché quando ero tra le sue braccia tutto il resto non contava più, io mi sentivo al sicuro e non avrei desiderato nulla di meglio, nulla di diverso da lui.
In passato mi ero soffermata a pensarlo così tante volte che mi procuravo dolore autonomamente. Avevo sognato così tante volte di tenerlo accanto che quella situazione mi sembrava surreale.
Avevo voglia di riaprire il mio cuore, di fidarmi ancora di lui, di sentirmi amata, di vivere le mie giornate con la consapevolezza che, alla fine, Irama mi avrebbe aspettata senza mai andar via.

«Drey» pronunciò il mio nome come fosse la cosa più preziosa del mondo «Ti dedico Roma» rabbrividii.

Tornerai da me. [ IRAMA ]Where stories live. Discover now