Niudimescmi cola iu mecsmi uanna dudem

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La sera, alle sette, il mio smartcoso vibra.
O é una chiamata, o é un invito su qualche giochino anti-social molto social.
Vogliono sbronzarsi e strafarsi in compagnia, e come dire di no, qui, nella patria semaforica dell'ignoranza in vena?
Prendi tu la macchina?
No, io non ho la benza.
Allora la prendo io.
No, tu guidi come i piccioni.
Quanto costa?
Cosa?
La serata?
Portati venti euro.
No, sono troppi.
Morto di fame.
Pre-serata al parco e poi serata al- dov'é che dobbiamo andare?
Insomma, un marasma di messaggi e chiamate solo per provare a divertirsi.
Ci si organizza sul fatto che bisogna organizzarsi e si é talmente presi dall'attività che, organizzando, non si organizza nulla.
Almeno, di solito funziona così.
Ma 'sta sera é diversa.
Alle 11, la seconda boccia di vino riempie il mio stomaco, c'é gente, c'é musica, c'é altro alcol, ma non ci sono più soldi nel mio portafoglio.
"Niudimescmi cola iu mecsi uanna dudem" è la frase del remix di chissà quale canzone.
Non penso sia il ritornello.
In questo genere di serate uno si porta dietro grandi speranze.
Qualcosa che alzi lo spread della vita, ma che non abbassi il pil del divertimento e che non faccia giungere l'inflazione alcolica a metà serata.
Tutti sperano in cose come limoni, sparatorie, rapine a mano armata, femminicidi, esplosioni.
Grandi avventure, insomma.
Invece si sta in piedi. In gruppo. Fattissimi.
"Niudimescmi cola iu mecsmi uanna dudem".
Si ondeggia. A destra e a sinistra. Occhi chiusi.
Poi momento droga, dalla più legale alla più illegale.
Poi di nuovo in piedi, in gruppo. Si formano cerchie di persone che ballano insieme solo perché si conoscono. Quando giunge un estraneo, egli viene respinto con grande audacia dai maschi alfa del gruppo, e l'ecosistema torna nell'equilibrio originario.
Ancora più fatti, é il locale che ondeggia, non le tue anche, e le braccia si muovono non perché lo vuoi tu, ma perché lo vogliono le giga-casse che falciano ritmicamente i tuoi arti in cerca di compagnia.
Il diggèi é gasato, pensa che dopo 'sta serata la sua vita avrà una svolta.
Mette un nuovo pezzo, agita le mani, le alza e le abbassa scuotendo la testa con espressione goduta.
"Niudimescmi cola iu mecsmi uanna dudem".
Ancora.
A nessuno interessa, e  giù ancora a ondeggiare.
All'improvviso, colpo di scena:
"Niudimescmi cola iu mecsi uanna dudem "accelera, cosicché la frase melodica risulta un "Niudimescmicolaiumecsmiuannadudé".
Il diggéi stasera vuole farci sognare.
"Niudimescmicolaiumecsmiuannadu-du-du-du-du-du-du".
Lo Chopin delle discoteche ci stupisce con una variazione in -du- minore, che all'improvviso accelera, come se stesse cadendo dallo spazio dritto dritto sulle nostre teste "du-du-du-dududududududududududu..." il ritmo aumenta sempre di più, la folla alza le mani, salta, io mi ritrovo a ondeggiare in un'umida giungla di ascelle.
Il diggèi abbassa di colpo il volume.
Fiatella sospesa.
Poi arrotolando in senso orario sé stesso al suo polso, che a sua volta era arrotolato sul pollice e l'indice arrotolati sulla rotella del volume, il nostro Chopin si srotola in senso anti-orario per sfondarci i timpani con l'ennesimo "Niudimescmi cola iu mecsmi uanna dudem".
Devo vomitare.
"Niudimescmi cola iu mecsmi uanna dudem" mi accompagna per tutta la fuga dalla dance-hall all'uscita.
Il volume là dentro é così alto che lo sento pure vicino al parcheggio.
Per fortuna non sbocco.
Per prendere fiato, mi accendo una sigaretta di droga legale.
Penso sia illegale vivere in questo modo.

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