il Giuramento Parte 6

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- Essere il figlioccio del comandante portava diversi vantaggi, don Nicò!

- Non mi è difficile da immaginare Francè!

« Un Capitano addirittura, che al mio arrivo in caserma iniziò col far valere il suo grado nei miei confronti, ordinando a me dei servizi sempre nella fine della settimana, cambiò il suo atteggiamento, e in seguito mi propose, su suo interessamento, tanto per pavoneggiarsi, la mia promozione a sergente.

Sorridendo, gli risposi: "Grazie signor Capitano, ma non credo questo sia possibile!ˮ.

Allontanandomi da lui, sogghignai "Sciocco..., l'hanno già fatto; e a un grado molto più alto!ˮ.

« Mi piaceva addestrare le reclute, specie nell'uso delle armi, e ad alcuni, poi destinati al corso di armiere, della loro manutenzione.

Non disdegnavo però, come già accennato, il servizio ronda e quello di comandante della squadra a guardia nella polveriera, o quella di servizio presso il Sacrario Militare.

In polveriera, lontana dal centro abitato, il silenzio era assoluto, e la vista del mare, non lontano, mi gratificava del temporaneo isolamento dal resto del mondo, tranne che dai miei soldati.

Lì c'era un elicottero, che, di mattina presto e poi ancora di sera, ogni giorno atterrava nello spazio preposto.

Tra i miei compiti, c'era anche il dover attendere alle operazioni di atterraggio e di decollo del velivolo.

Era l'elicottero a servizio di un generale dell'Aeronautica, che portava con sé sempre un cane, un Cocker Spaniel.

Una volta, il giorno di fine turno, di pomeriggio inoltrato, arrivò il camion che portò la squadra per sostituirci, e che avrebbe dovuto riportare noi in caserma; quella volta, il camion era seguito anche da una Jeep con un ufficiale a bordo.

Dopo aver portato a termine le operazioni di avvicendamento, e comandato ai miei soldati di salire armi e bagagli sull'autocarro ed eravamo pronti per andare via, mentre mi accingevo a salire in cabina, l'ufficiale mi disse che dovevo andare con lui, e il camion doveva seguire la Jeep.

Il piccolo convoglio, Jeep in testa seguita dal camion, a velocità moderata si diresse verso la città. Quando uscimmo dalla circonvallazione, anziché svoltare a destra per la caserma, il Tenente ordinò all'autista di svoltare a sinistra: in direzione di Carbonara.

Scendemmo tutti davanti a un seggio elettorale: c'erano le votazioni politiche quel giorno. Stando al fianco dell'ufficiale, salimmo alcuni gradini ed entrammo nell'edificio. Dietro di me entrarono tutti i miei soldati, una decina, con ognuno il suo Garand in spalla.

Io, invece avevo con me la pistola di ordinanza al cinturone e la carabina Winchester M2, che tenevo con la mano sinistra e facendola pendere a canna in giù.

All'ingresso c'erano alcuni uomini delle forze dell'ordine, che ci guardarono meravigliati, ma nessuno di loro obbiettò nulla. Entrammo, e, come da ordini ricevuti dal Tenente, ci sparpagliammo per ogni sezione.

In fondo al corridoio c'era un carabiniere, che, vedendoci, ci corse incontro preoccupato, notai, della presenza in quel luogo di militari armati di tutto punto; l'ufficiale gli andò incontro e parlò con lui mentre io mi tenni a distanza, e non sentii cosa gli disse.

Nel frattempo mi guardai intorno; i votanti presenti si mostrarono anch'essi incuriositi e meravigliati della presenza di militari armati in un seggio elettorale, e ci guardarono con stupore.

Cosa ci facessimo noi la: sinceramente non lo capii neanche io.

Dopo alcuni minuti il carabiniere, seguito dal Tenente, si recò in una stanza vuota, dove però su di una scrivania c'era un apparecchio telefonico. Alzò la cornetta, compose un numero e aspettò: fu evidente che stava chiamando il suo comando.

Il GiuramentoWhere stories live. Discover now