SOUVENIRS

By merydaisyrose

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- Dimentica tutte le volte che ho detto di odiarti. Io non ti odio. Odio quando non ci sei, odio quando sei s... More

PROLOGO
1 - Won't go home without you
2 - Because of you
3 - Human
AVVISO
4 - Last friday night
5 - Follow me
6 - Haven't met you yet
8 - F*ck you (very very much)
9 - Miss you
10 - Bad Day
11 - Troublemaker
12 - Living in sin

7 - My immortal (love)

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By merydaisyrose

Canzone per il capitolo:
"My immortal" Evanescence

"Piangerò così tanto quando te ne andrai. Perché so che arriverà il momento, quel momento in cui ripenserò ai tuoi occhi e non li ricorderò più"

(Susanna Casciani)

SETTE

Harry era seduto al tavolo della cucina, intento a reggere un'animata discussione con il frigo e le sue stupide calamite.

- Amnesia! -

Harry imprecò a labbra strette e il suo ginocchio andò a sbattere rumorosamente sul bordo del tavolo.

Cristo.

Il dolore lancinante e la scossa di brividi che lo pervase aumentarono, se possibile, ancora di più il mal di testa. Gli sarebbe scoppiata di lì a poco, ne era certo.

- Amnesia - disse di nuovo, guardando il frigo con occhi esasperati.

Non ottenendo risposta, Harry si portò le mani alle tempie massaggiandole lentamente ed in modo maniacale. Successivamente piegò la schiena e si accasciò, di peso, sul tavolo. Sbattendo ripetutamente la fronte sul marmo scuro.

La superficie fredda a contatto con la sua fronte bollente gli diede la parvenza di un momentaneo sollievo. Respirò profondamente e alzò di nuovo gli occhi sul frigo, sulla calamita di Parigi per essere precisi.

Determinato a ricevere risposte.

- Amnesia, o almeno così ha detto Louis -

La causa di quell'atroce mal di testa e, Harry ne era certo, di un'imminente e sicura pazzia era stata appunto una chiamata da parte di Louis.

Lo aveva mandato lui stesso a prendere.. Lei. Harry non ne aveva la minima intenzione, ma non poteva certo lasciarla marcire dentro quelle mura impregnate di morte. O no?

O si? Subito dopo si era pentito anche di aver dato tali ordini. Ora Daisy avrebbe dovuto convivere sotto il suo stesso tetto fino a nuova sistemazione.

La Simco d'altronde era stata chiara: niente separazioni drastiche, attendere nuovo ordine. E vaffanculo agli ordini, aveva imprecato Harry tra i denti.

Lui non la voleva in casa insieme a lui, non voleva più condividere niente con Daisy. Avrebbe certo potuto farla dormire da Louis, o da uno dei ragazzi.

No.

Non se ne parlava neanche per scherzo. Daisy non avrebbe dormito proprio con nessuno.

E questa non era gelosia. Maledizione!

Poco importava poi, che non ricordasse nulla, che si fosse dimenticata tutto. (Avrebbe tanto voluto essere al suo posto). Anzi meglio, si disse.

Si sarebbe evitato incomprensioni, discussioni e litigi inutili. Non le doveva nessuna spiegazione per il semplice fatto che per lei, lui non era più nessuno.

Chissene frega.

Represse quella fitta al cuore che lo aveva colpito nel pensare che lei non si ricordava di lui. Di quello che erano stati insieme.

Harry distolse gli occhi dal frigo, non ritenendolo più degno della propria attenzione, prese dalla tasca larga della camicia, rigorosamente lasciata aperta fino al quarto bottone, la sua armonica.

Cominciò a suonare melodie scomposte, note senza un particolare senso, gli occhi a studiare l'orologio sulla parete e la mente a chiedersi quanto avrebbe potuto metterci Louis a tornare da quel maledetto ospedale.

Sentiva un vuoto allo stomaco, come una mancanza che preme e ti schiaccia il torace, qualcosa che ti impedisce di respirare: aveva fame.

Aveva sicuramente fame.

In pochi minuti aveva preparato un sandwich dalla consistenza poco appetibile, ma dall'odore molto invitante. Lo addentò contento di buttarsi dietro le spalle i pensieri, quando sentì il motore di una macchina ruggire nella via.

Harry si strozzo con il sandwich, la propria saliva, il respiro e l'anima.

Tossì rumorosamente chiedendosi disperato perché Louis non ci avesse messo più tempo. Si diede un contegno (per la miseria) e si diresse ad aprire la porta di casa, ignorando la pelle d'oca che il rivederla gli stava provocando.

Quando la vide scendere dalla macchina l'unica cosa che provò Harry fu odio.

Ma ci fu quella frazione di secondo, quell'attimo lontano anni luce da tutto. Incastrato tra la consapevolezza di averla di nuovo davanti e l'odio successivo. Un momento in cui Harry avrebbe voluto scoppiare a piangere forte, perché erano due mesi che non l'abbracciava, che la sua carne non toccava la pelle di lei. Perché, cristo, aveva avuto una tremenda, logorante e primitiva paura di perderla, perderla per sempre. Perché era di nuovo qui davanti a lui e respirava, e dio, se lei respirava ad Harry parve di poter finalmente ricominciare a respirare lui stesso.

Solo un attimo, il ragazzo neppure se ne accorse che il suo mondo aveva ricominciato a ruotare. Non ci fece caso, solo un attimo. Poi odio.

Daisy aveva il cuore in gola e il cervello che scoppiava. Quando vide Harry tutto quello che provò fu niente.

Ma ci fu quella frazione di secondo, quell'attimo lontano anni luce da tutto. Incastrato tra la consapevolezza di non conoscerlo per nulla e l'imbarazzo successivo. Un momento in cui il cuore di Daisy batté più forte, quasi a voler uscire e correre tra le mani forti di chi l'aveva fatto suo. Un istante in cui le pupille della ragazza si ingrandirono tanto da riempire le intense iridi, come a voler abbracciare con le palpebre ciò che gli occhi avevano amato all'inverosimile. Un attimo in cui il cuore riconobbe ciò che alla mente non era dato di ricordare.

Solo un attimo, la ragazza neppure se ne accorse che qualcosa la spingeva a camminare avanti. Non ci fece caso, solo un attimo. Poi imbarazzo.

Harry vide la esile figura di Daisy venire avanti, era dimagrita molto notò, vide i capelli e vide le piccole mani di lei a pettinarli insicura. Lo sguardo cadde sulle sue gambe, e pensieri poco casti minacciavano di comparire nella mente.

Per un instante soltanto desiderò abbandonarsi al più primitivo e tenero degli istinti, e ammettere quanto..

No.

Daisy guardò Harry aspettarla sulla porta di casa. Aveva delle belle gambe, strette nei pantaloni neri, più belle dal vivo, si disse. Si vergognò l'attimo dopo di tali pensieri, dedicandosi così al volto. I riccioli lunghi, scomposti, spettinati, che impedivano la vista di quegli occhi così verdi e così intensi. Avrebbe voluto scostargli i capelli dal viso con le dita, questo pensiero la fece arrossire.

Harry alzò anche gli occhi sul suo viso, perse parecchi secondi su quel sorriso senza pretese, tra l'imbarazzato e il sincero. Il sorriso di Daisy.

Gli venne la nausea.

Fece saettare velocemente gli occhi nei suoi, si incrociarono per qualche secondo. Daisy, l'attimo dopo, li abbassò velocemente.

Era imbarazzata? Si vergognava, di lui? Allora era proprio vero che non ricordava niente, pensò Harry. Ghignò leggermente ignorando la fitta nel petto, se solo Daisy avesse ricordato, si sarebbe vergognata per ciò che aveva fatto. Per ciò che aveva fatto a lui.

D'altro canto Daisy faceva guizzare lo sguardo a destra e a sinistra, cercando a tratti la figura di Louis, fermandosi talvolta a fissare le punte dei piedi, solo una volta aveva incrociato gli occhi di Harry.

Pochi attimi prima di rimanere bruciata, vi aveva letto.. Odio?

Non era possibile, lui era il suo ragazzo, no? L'imbarazzo e l'inadeguatezza la stavano artigliando sempre di più, mentre disperatamente cercava in fondo alla sua anima un appiglio, un ricordo, un qualcosa che la riportasse da Harry.

Niente.

I suoi occhi incrociarono quelli di Louis. Il viso teso del ragazzo la inquietò ancora di più. Cosa Louis non le aveva detto? Sentiva che mancava un pezzo a quel puzzle in bilico nella sua mente. Qualcosa non andava e più si avvicinava ad Harry più questa sensazione spiacevole aumentava.

Scappare? Daisy rivolse uno sguardo supplichevole a quello blu del ragazzo; quest'ultimo sorrise in modo tirato e debole, facendo segno a Daisy di andare avanti da sola. Lei deglutì rumorosamente.

Harry incontrò gli occhi di Louis con fare duro ed imperativo, un veloce cenno del capo convinse il giovane dagli occhi ceruli a risalire in fretta sulla limousine.

- Ti chiamo dopo ok? - aveva detto a Daisy.
Lei aveva annuito pietrificata prima di dirigersi, a passo incerto, verso la figura di Harry.

La limousine ripartì sgommando e l'unico rumore rimasto ad aleggiare nell'aria fu il tonfo dei passi di Daisy sul ghiaino. E il respiro corto di Harry e a seguire quello affannato di Daisy quando si trovarono a pochi centimetri di distanza.

Stavano di nuovo respirando lo stesso ossigeno.

Questo pensiero a Daisy parve sciocco e troppo romantico, Harry lo percepì invece come l'ennesimo furto, l'odio aumentò.

Le ginocchia di Daisy tremavano, i muscoli di Harry fremevano.

Avrebbe dovuto abbracciarlo?
Voleva davvero abbracciarla?

Daisy raccolse le ultime briciole di coraggio che le rimanevano in corpo e parlò incerta, la voce le uscì più stridula di quanto credesse. Arrossì esibendosi in uno dei suoi migliori sorrisi:
- Ehm, ciao.. Harry -
- Entra -

Il sangue di Daisy si congelò all'istante.

Entrò convinta sempre meno di quella situazione e sempre più di voler scomparire in qualche abisso terreno all'istante.

Harry la guardò entrare, gli occhi a studiarla e ripassarla un milione di volte ancora. La bevve come l'alcolizzato beve vino dopo mesi di astinenza. La guardava e, benché questa cosa gli provocasse un senso di disgusto nei confronti di se stesso, continuava a farlo.

Non poteva farne a meno.

Daisy non si guardò neppure intorno. Cercava di scacciare quei pensieri funesti dalla sua mente. Era forse arrabbiato con lei? Cosa poteva aver mai fatto? Perché si comportava così?

Sentiva lo sguardo del ragazzo bruciare sul suo corpo. Percepiva Harry studiarla, come a volerla imparare, come se si fosse scordato come era fatta. Non sapeva quanto si sbagliava.

Si morse il labbro a sangue. Il non sapere la stava uccidendo e la sensazione di non essere desiderata impiegò poco a prendere possesso del suo corpo.

Non avrebbe parlato, questa volta avrebbe rispettato un religioso silenzio, attendendo le possibili parole di lui. Sarebbero arrivate?

Avrebbe dovuto dirle qualcosa? Pensò Harry.

- Come stai? -
Una luce di speranza si accese sul volto di Daisy e ad Harry vennero i brividi dal disgusto.
Parlava senza guardarla, i muscoli della mascella tesi, il pugno stretto tanto da sbiancare le nocche. Sentiva gli occhi di Daisy incerti provare a cercarlo.

- Oh.. Io bene, è stato..
- Grandioso. Sono contento -

Dio, ma dove erano arrivati? Harry sentì la bocca riempirsi di un gusto troppo amaro da sopportare, sarebbe impazzito. La ragazza, dalla sua, percepì, di nuovo per la seconda volta, che la sua speranza veniva, brutalmente, uccisa.

Quella casa, quella stanza, quell'aria, quella situazione divennero presto ingestibili per entrambi.

Gli occhi di Daisy minacciavano di riempirsi di lacrime di nervosismo da un momento all'altro.
Chi era costui per permettersi di trattarla così?

Gli occhi di Harry minacciavano di velarsi di lacrime di rabbia a breve.
Chi era costei per permettersi di tornare nella sua vita e fare ancora così male?

Non ce l'avrebbe fatta, non avrebbe retto un secondo di più in quella stanza con lei, doveva andarsene. Se non lei, se ne sarebbe andato lui.

- Ti mostro la tua camera -
Assenso.
- Immagino tu non ti ricorda dov'è? -
Dissenso.
- Io devo andare fuori -
Muta.
- La borsa te la porta io -

Daisy seguì Harry, con lo sguardo e la dignità in pezzi, in ogni minimo gesto vuoto e meccanico, lo seguì a salire le scale in silenzio, lo guardò entrare nella prima camera a sinistra e poggiare il borsone nero a terra, lo seguì dentro, lo guardò negli occhi per trovarli apatici.

Lo ascoltò, con il cuore silenzioso e la rabbia innescata dal nervosismo, scendere le scale, prendere le chiavi e allontanarsi da lei.

"Tu hai cambiato la luce di quegli occhi"

Le tornarono in mente le parole di Louis. Dov'era ora quella luce?

Si trattene fintanto che sentì la porta di quella casa (non sua) sbattere forte, tranciando ogni legame che aveva cercato di instaurare con l'idea di quella sua nuova vita.

Percepì i muri tremare sotto lo schianto, e solo quando fu immersa nel più totale silenzio.. scoppiò a piangere.

Pianse, pianse come mai aveva pianto in vita sua.

SPAZIO AUTRICE
Maaa che triste!!! Ma come sei triste, che schifo. See, me lo dico da sola. Ma io non piango mai davvero.

Fine spin off stupido eheh

Ragazze, sono sotto esame all'università... Sad story.. Quindi forse aggiornerò a giorni alterni. Voi la portate pazienza vero? ❤️

Grazie sempre a chi legge, grazie di cuore a chi ha commentato e a chi ha stellinato (?). Siete fondamentali per questa storia.

Buona giornata !!

Enjoy x

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