7 - My immortal (love)

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Canzone per il capitolo:
"My immortal" Evanescence

"Piangerò così tanto quando te ne andrai. Perché so che arriverà il momento, quel momento in cui ripenserò ai tuoi occhi e non li ricorderò più"

(Susanna Casciani)

SETTE

Harry era seduto al tavolo della cucina, intento a reggere un'animata discussione con il frigo e le sue stupide calamite.

- Amnesia! -

Harry imprecò a labbra strette e il suo ginocchio andò a sbattere rumorosamente sul bordo del tavolo.

Cristo.

Il dolore lancinante e la scossa di brividi che lo pervase aumentarono, se possibile, ancora di più il mal di testa. Gli sarebbe scoppiata di lì a poco, ne era certo.

- Amnesia - disse di nuovo, guardando il frigo con occhi esasperati.

Non ottenendo risposta, Harry si portò le mani alle tempie massaggiandole lentamente ed in modo maniacale. Successivamente piegò la schiena e si accasciò, di peso, sul tavolo. Sbattendo ripetutamente la fronte sul marmo scuro.

La superficie fredda a contatto con la sua fronte bollente gli diede la parvenza di un momentaneo sollievo. Respirò profondamente e alzò di nuovo gli occhi sul frigo, sulla calamita di Parigi per essere precisi.

Determinato a ricevere risposte.

- Amnesia, o almeno così ha detto Louis -

La causa di quell'atroce mal di testa e, Harry ne era certo, di un'imminente e sicura pazzia era stata appunto una chiamata da parte di Louis.

Lo aveva mandato lui stesso a prendere.. Lei. Harry non ne aveva la minima intenzione, ma non poteva certo lasciarla marcire dentro quelle mura impregnate di morte. O no?

O si? Subito dopo si era pentito anche di aver dato tali ordini. Ora Daisy avrebbe dovuto convivere sotto il suo stesso tetto fino a nuova sistemazione.

La Simco d'altronde era stata chiara: niente separazioni drastiche, attendere nuovo ordine. E vaffanculo agli ordini, aveva imprecato Harry tra i denti.

Lui non la voleva in casa insieme a lui, non voleva più condividere niente con Daisy. Avrebbe certo potuto farla dormire da Louis, o da uno dei ragazzi.

No.

Non se ne parlava neanche per scherzo. Daisy non avrebbe dormito proprio con nessuno.

E questa non era gelosia. Maledizione!

Poco importava poi, che non ricordasse nulla, che si fosse dimenticata tutto. (Avrebbe tanto voluto essere al suo posto). Anzi meglio, si disse.

Si sarebbe evitato incomprensioni, discussioni e litigi inutili. Non le doveva nessuna spiegazione per il semplice fatto che per lei, lui non era più nessuno.

Chissene frega.

Represse quella fitta al cuore che lo aveva colpito nel pensare che lei non si ricordava di lui. Di quello che erano stati insieme.

Harry distolse gli occhi dal frigo, non ritenendolo più degno della propria attenzione, prese dalla tasca larga della camicia, rigorosamente lasciata aperta fino al quarto bottone, la sua armonica.

Cominciò a suonare melodie scomposte, note senza un particolare senso, gli occhi a studiare l'orologio sulla parete e la mente a chiedersi quanto avrebbe potuto metterci Louis a tornare da quel maledetto ospedale.

Sentiva un vuoto allo stomaco, come una mancanza che preme e ti schiaccia il torace, qualcosa che ti impedisce di respirare: aveva fame.

Aveva sicuramente fame.

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