UNCONDITIONALLY

De wendygoesaway

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L'amore salva, oppure uccide? ⚠️⚠️⚠️ Trigger warning ⚠️⚠️⚠️ Ci sarebbero un'infinità di motivi per cui inser... Mais

CAPITOLO UNO - silence
CAPITOLO DUE - rebirth
CAPITOLO TRE - tko
CAPITOLO QUATTRO - dawn
CAPITOLO CINQUE - wake up
CAPITOLO SEI - blind
CAPITOLO SETTE - hurricane
CAPITOLO OTTO - wonder
CAPITOLO NOVE - ruthless heart
CAPITOLO UNDICI - monster
CAPITOLO DODICI - fra mille baci di addio
CAPITOLO TREDICI - only for the brave
CAPITOLO QUATTORDICI.1 - stand tall
CAPITOLO QUATTORDICI.2 - stand tall
CAPITOLO QUINDICI - point break
CAPITOLO SEDICI - ghost riders
CAPITOLO DICIASSETTE - fiori di Chernobyl
CAPITOLO DICIOTTO - treading water
CAPITOLO DICIANNOVE - farfalla d'acciaio
CAPITOLO VENTI - city of fallen angels
CAPITOLO VENTUNO - paper moon
CAPITOLO VENTIDUE - l'arte di essere fragili
CAPITOLO VENTITRE - if the world was ending
CAPITOLO VENTIQUATTRO - ENDGAME.
CAPITOLO VENTICINQUE - a forma di origami
CAPITOLO VENTISEI - angels and demons
CAPITOLO VENTISETTE - under my skin.
CAPITOLO VENTOTTO - till the last breath
CAPITOLO VENTINOVE (prima parte) - piccola stella senza cielo
CAPITOLO VENTINOVE (seconda parte) - piccola stella senza cielo
CAPITOLO TRENTA - loner
CAPITOLO TRENTUNO - interlude
for you
CAPITOLO TRENTADUE - la di die
CAPITOLO TRENTATRE - sweet lullaby
CAPITOLO TRENTAQUATTRO - TELL ME ABOUT TOMORROW
CAPITOLO TRENTACINQUE - YA'ABURNEE
CAPITOLO TRENTASEI - NEW MOON
!!!
EPILOGO - BANYAN TREE
GRAZIE

CAPITOLO DIECI - rondini al guinzaglio

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De wendygoesaway

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Buona lettura! 💘

capitolo dieci - rondini al guinzaglio

dove basta un minuto intenso per vivere sempre

Benjamin

Ero a casa degli Hastings con mio padre perchè potesse parlare a me e Victoria della situazione e di ciò che sarebbe accaduto da quel momento in poi. Dopo che avevano arrestato Michael e dopo che io e Richie avevamo lasciato la deposizione al detective John era arrivata, a me, Vic e Sam, la comunicazione per la convocazione in tribunale per il processo. Dal momento in cui Michael era finito dietro le sbarre, la polizia aveva elementi sufficienti per dare il via al processo giudiziario ed eravamo chiamati in tribunali tutti e tre, nonostante l'imputata fosse soltanto Victoria, a quanto sembrava, io e Sam eravamo chiamati a testimoniare.

Leonard, Alexander e noi tre ci trovavamo seduti al tavolo rotondo della cucina: Victoria giocava con le sue dita nervosamente mentre la mia mano era posata sulla sua coscia per cercare di tranquillizzarla. Alla fine a Sam avevano estratto la pallottola e gli avevano messi i punti, che sarebbe andato a fare controllare due settimane più tardi e forse, se la ferita stava guarendo bene, glieli avrebbero anche tolti. Gli era andata bene, era andata a tutti bene, nessuno si era fatto male pesantemente come l'ultima volta, a parte Victoria. Moralmente era a terra: se prima spiccicava qualche parola ogni tanto, anzi qualche sussurro per l'esattezza, con me e Sam, da qualche giorno a quella parte entrambi ci eravamo resi conto che non lo stava più facendo. Eravamo preoccupati, in tutta onestà, perché invece che migliorare era peggiorata e non sapevamo cosa fare e come comportarci, dal momento che nemmeno il dottor Dustin aveva soluzioni. Sam mi aveva detto che l'uomo gli aveva spiegato che non stava facendo progressi e che, a giudicare dal suo sguardo e da come si svolgevano le sedute, stava peggiorando sempre di più. Temeva che la situazione potesse sfuggirci di mano dopo l'ultimo evento, ma io speravo che avremmo potuto risolvere presto tutto, visto che al processo mancavano pochi giorni e quello avrebbe chiuso il cerchio definitivamente.

Quel pomeriggio, finalmente, Vanessa sarebbe passata di lì assieme a Carter e sarebbero rimasti fino alla sera per passare un po' di tempo tutti insieme. Aveva pensato Sam a invitarli, affermando che forse rivedere la sua amica avrebbe fatto a Victoria, un po' di normalità e risate fra amici. Nessuno di noi parlava con Katherine dal giorno in cui si era presentata a casa mia con Ryan, e io non avevo più ne visto ne sentito mio fratello: una parte di me sperava se ne fosse andato dalla città, l'altra parte, invece, sapeva che non fosse così.

Ad ogni modo, mio padre sembrava preoccupato, e continuava a fissare sia me che Victoria, che Sam, come se stesse cercando di capire qualcosa o di comunicare attraverso lo sguardo che prometteva tutt'altro che buone notizie. - La situazione è cambiata. - Disse d'un tratto scoccandomi un'occhiata. - Voi siete sicuri di averci detto tutto quello che c'era da sapere su quella sera? - Domandò tirandosi il colletto della polo confuso e incollando, automaticamente, lo sguardo in quello di Victoria, che aveva alzato gli occhi in preda al panico.

- Sì - risposi io al suo posto. - Le cose sono andate esattamente come vi abbiamo riferito. -

- Abbiamo un problema, in questo caso - a quel punto i suoi occhi incrociarono i miei e scosse il capo.

- Che tipo di problema? - Domandò Sam. In quel momento si stava tenendo il braccio e aveva smorfie doloranti, però si avvicinò ugualmente a sua sorella, che aveva lo sguardo tremante, ma fisso negli occhi di mio padre.
A giudicare da come Victoria lo stava guardando, sembrava che si aspettasse l'inferno sulla terra, e a dire il vero Leonard stava preoccupando anche a me. Io ero stato contento di ricevere la comunicazione del processo perché ero consapevole che almeno un cerchio si sarebbe chiuso, ma a giudicare dall'espressione turbata di mio padre temevo che sarei dovuto essere tutt'altro che felice.

Alexander, dal canto suo, si sfregò gli occhi e sospirò rumorosamente. - Tesoro - Disse richiamando Victoria. - Le accuse su di te sono cadute. - Spiegò posando le braccia sul tavolo. - Più o meno. -

- Che? - Domandammo in coro io e Sam.

- Papà ma questa è una buona notizia, perché dovremmo avere un problema? - Dissi sorridendo e stringendole la mano.

- Benjamin... - Lasciò la frase in sospeso e sospirò rumorosamente distogliendo la sguardo dai miei occhi e facendo in modo che il sorriso sulle mie labbra sparisse nel giro di pochi secondi. Quando cominciava una frase in quel modo e mi osservava con quello sguardo, non c'erano mai buone notizie. - Quando hanno interrogato Michael, ha dichiarato l'esatto opposto di quello che avete dichiarato voi. - Esclamò lasciandosi andare sulla sedia.

- Scusa Leonard ma Ben è rimasto ferito, Paul gli ha sparato, come possono credere alla versione di Michael? - Domandò Sam confuso.

- Michael ha dichiarato che il primo a sparare è stato Benjamin e che, dopo che tu hai sparato lui ha sparato a te. Dalla versione di Michael, Victoria non ha fatto niente, se non essere presente fisicamente come te, Sam. Fra l'altro ha detto che prima della sparatoria, tu gli sei piombato addosso e gli hai dato un calcio, o lo hai spinto non ricordo bene. Paul sarebbe morto dopo lo sparo di Ben, ma prima di farlo gli ha sparato. So che sembra strano ma a quanto sembra la sua versione non è così assurda secondo la polizia e quindi Benjamin è... -

Prima che lui finisse la frase lo interruppi e rabbrividii al solo pensiero, ma avevo capito perfettamente, che cosa aveva detto. - Sono accusato di omicidio colposo, vero? - Leonard annuì, Victoria spalancò gli occhi e si voltò a guardarmi sull'orlo di una crisi isterica e Sam non riusciva ad esprime una parola a causa dello shock. - Perché non sono venuti ad arrestarmi? -

- Se tu al processo ti dichiari colpevole, secondo il procuratore, ti daranno meno anni. - M'informò mio padre. - Il giudice è disposto a un patteggiamento, alla collaborazione. Di norma ti avrebbero già arrestato, ma non hanno ancora verbalizzato il mandato di arresto. Non so per quanto riuscirò a temporeggiare. -

- Non è andata così, papà, lo sai vero? - Gli chiesi guardandolo negli occhi. - Ti abbiamo detto la verità. Tu ci credi, dimmi che credi a noi. -

- Benjamin noi vi crediamo - A quel punto intervenne Alexander, che fino a quel momento aveva fissato la sua figliastra con il cuore fra le mani. - Ma non siamo noi a doverci credere. Purtroppo hanno le prove e, comunque, finché Victoria non parla anche la testimonianza sarà difficile. -

- Che diavolo significa che hanno le prove? - Sam alzò la voce disturbato dalla faccenda tanto quanto me. Io mi sarei anche preso la colpa per Victoria, ma il problema era che non riuscivo a capire fin dove si sarebbe spinto Michael, dove lui e chi lo stava aiutando volessero andare a parare, quale fosse il loro obiettivo e perché lo stessero facendo. Non mi importava di finire dietro le sbarre, se era per amore, lo avrei fatto ad occhi chiusi.

- Sulla pistola che hanno fatto analizzare c'erano anche le tue impronte, oltre che quelle di Victoria. - Spiegò Leonard arricciando il naso. - Sembra che abbiano decretato che fosse scontato avere le impronte di lei, naturalmente perché la pistola era la sua. - Non era possibile: la pistola che aveva Victoria quella sera io non sapevo nemmeno che esistesse. Non l'avevo toccata, non sapevo che l'avesse. Quello fu il momento in cui capii che c'era davvero qualcun altro dietro a tutta quella faccenda, e la cosa mi fece ribollire la rabbia nel sangue così tanto da dover stringere i pugni e i denti.

Victoria prese a scuotere la testa confusa e in modo psichedelico, come se non stesse credendo a ciò che stava succedendo. Si alzò da tavola e si prese la testa fra le mani camminando avanti e indietro con il respiro pesante e tremando come una foglia.

- Va bene - Bisbigliai. Distolsi lo sguardo dalla mia ragazza e lo posai su mio padre, che mi osservava con gli occhi fuori dalle orbite. - Ok - sospirai - lo farò: mi assumerò tutte le colpe io, a patto che Victoria non venga toccata. -

- Benjamin - In quel caso fu Alexander a parlare mentre Victoria si avvicinava a me con gli occhi di chi aveva appena visto un fantasma e non sapeva come esprimersi. Era contrariata, parecchio, ma non avevo intenzione di cambiare idea. Se le cose stavano così, non avevo alternative: io dovevo proteggerla. - Non puoi prenderti colpe che non hai, non possiamo permettertelo. -

Vic s'inginocchiò ai miei piedi, prendendomi le mani e spingendomi a guardarla negli occhi. Scuoteva il capo con le iridi brillanti, che chiedevano di non farlo, che supplicavano di lasciar perdere. Soltanto che io, in quello sguardo, riuscivo a vedere solo l'oceano pieno di amore che nutrivo per lei. Quell'amore che cresceva sempre di più, ogni secondo di ogni minuti, l'amavo un po' di più. Stava trattenendo le lacrime, quelle che chiamavo lacrime della disperazione, quelle che dovevo far sì che non cadessero più, perché mi spezzavano il cuore. - Ascoltami bene - Mi abbassai accarezzandole il viso e baciandole la fronte, le asciugavo le lacrime e tenevo gli occhi chiusi, per non crollare proprio mentre mi stava guardando. - È soltanto per te, che lo faccio. - Le spiegai stringendo la presa sulla sua mano che teneva la mia, sulle nostre dita intrecciate. - È l'unico modo che ho per proteggerti. E poi non ti devi preoccupare, la verità verrà a galla, prima o poi. Tutti i nodi vengono al pettine. Farò in modo che sia così. -

- Ben qui non si tratta di bugie o verità - A quel punto intervenne anche il suo gemello, che sembrava fuori dalla grazia di Dio. - Leonard, Alexander: posso chiedervi di lasciarci soli un attimo? Vorrei parlare con Ben, soltanto noi tre, per favore. - Si voltò verso i due uomini, entrambi disperati, che non sapevano più che cosa fare.

Alexander annuì e lanciò uno sguardo a Leonard, che teneva gli occhi fissi su di me come se attraverso quel gesto potesse trasmettermi i suoi pensieri. A dire la verità, non serviva che lo facesse, sapevo già cosa stava pensando, ossia che era una stupidaggine. - Ben ci vediamo più tardi - Esclamò alzandosi dalla sedia. - Non fare stupidaggini, pensaci bene. Vado al commissariato a vedere come stanno messi e se posso fare qualcosa, non muoverti da qui, ti chiamo io. -

Distolsi lo sguardo e sospirai rumorosamente, leccandomi il labbro nervoso e chiudendo gli occhi alzando il viso al cielo. Non volevo pensarci, non mi serviva, avevo già preso la mia decisione. Osservai i due uscire dalla porta e, una volta averlo fatto, Sam si alzò in piedi e prese a camminare come un pazzo per la stanza. - Sei impazzito? - Scattò battendo le ciglia freneticamente. - Ma che cosa ti dice il cervello? Stai esagerando adesso, mi sembra che tu stia oltrepassando il limite un po' troppo spesso, ultimamente. Fatti un esame di coscienza Benjamin perchè qui non si tratta più di giusto o sbagliato, di proteggere o meno Victoria, di amarla o meno, si tratta di andare sotto la cura di un bravo psicanalista perché sei completamente fuori di testa. Non ti permetterò di fare una cosa del genere, sono stato abbastanza chiaro? - Disse poi arricciando il naso.

- Sam stanne fuori, non devo chiederti il permesso - Replicai osservandolo senza sciogliere la presa dalle mani di Victoria.

La ragazza mi tirò le braccia per chiamarmi, piegò la testa di lato e quando incrociai il suo sguardo mi si spezzò il cuore. Scuoteva la testa e mi supplicava con quei pezzi di cielo che amavo tanto, ma era proprio per quel cielo che io ero disposto a rinunciare a tutto. Non capivano, nessuno poteva capire e nessuno avrebbe mai capito quello che c'era tra di noi. In quei mesi di era creato qualcosa di indissolubile, un legame che andava al di sopra di ogni immaginazione, così viscerale che ero davvero disposto a rinunciare alla mia vita, per lei. Non me ne importava niente del resto, dovevo proteggerla e quello era l'unico modo.

- Stanne fuori? - La voce di Sam si alzò improvvisamente e mi venne incontro facendo in modo che Victoria si spostasse e tornasse a sedersi sulla sedia, sbattendo la testa sul tavolo e rimanendo ferma in quella posizione mentre io e suo fratello discutevamo. - Mi stai prendendo per il culo, Ben? - Mi alzai in piedi per fronteggiarlo, faccia a faccia. Mi diede uno spinta con il braccio sinistro e mi guardò come se fossi impazzito del tutto, anche se sapevo non avesse tutti i torti. - Ci siamo dentro tutti e tre in questa storia del cazzo. Quella sera c'eravamo io, te e lei. Noi abbiamo la coscienza a posto Ben, quella di Victoria era legittima difesa, lo sappiamo noi due, lo capirà lei e lo sa anche la polizia. Tu ti rendi conto che se ti fai arrestare, se confessi, rovini tutto? Lo sai questo vero? Abbiamo detto la verità Ben, soltanto la verità. Non abbiamo mentito a nessuno, non ti possono arrestare perché tu non hai sparato, non hai ucciso nessuno e non vedo nemmeno con quale logica possano pensare che lui ti abbia sparato dopo che tu hai sparato a lui. Benjamin per favore, è legittima difesa nessuno finirà dietro le sbarre, ma soltanto se tu fai funzionare la testa e la smetti di fare cazzate. - Mi guardava sperando che capissi e sapevo avesse ragione ma ormai non c'era più niente da fare.

- Hanno le prove Sam! - Esclamai prendendomi la testa fra le mani. - Tu lo sai che se sospettano di me fra non molto verranno ad arrestarmi e mio padre non può fare niente per impedirlo? Lo sai questo vero? È inutile stare qui a girarci intorno, Michael ha vinto, vostro padre ha vinto, lasciami fare l'unica cosa che posso fare, adesso come adesso, per proteggerla! -

Sam chiuse gli occhi in preda all'ira mescolata al panico, poi tornò a fissarmi come se fossi impazzito o stesso raccontando di alieni e dell'apocalisse zombie. - C'è qualcuno che fa il lavoro sporco lì dentro e tu lo sai meglio di me, è inutile che stiamo qui a girarci intorno, troveremo quel qualcuno e ne usciremo puliti perché non abbiamo fatto niente! Niente Ben, assolutamente niente. Perché mentire adesso? A quale scopo? Perché devi confessare qualcosa che non hai fatto dopo che hai dichiarato che la versione che ho raccontato io era vera? Perché? Dimmi perché! - Tuonò sopra di me.

Stava scoppiando il caos e lo sapevamo benissimo tutti quanti, ma prima o poi sarebbe arrivato quel momento, ne ero consapevole fin dall'inizio. - Poliziotto corrotto o meno non fa alcuna differenza Sam! - Gridai. - È come cercare un ago in un pagliaio! Sono convinto anche io che ci sia qualcuno che fa il lavoro sporco e li ha sempre aiutati ed è appunto per questo che ormai abbiamo perso. Non ti sei mai accorto che non tornava qualcosa fin dall'inizio? Quando lei è stata rapita e nessuno muoveva un dito per cercarla, quando Paul chiamava e non rintracciavano le telefonate - Urlai imitando le virgolette. - Quando è scappato, quando Michael ti ha rotto la gamba e quando Paul mi ha fatto picchiare dai fratelli. Quando Michael è fuggito dopo la sparatoria, quando ha lasciato la lettera e quando è entrato in casa. C'è tutto che non va, tutto che non quadra fin dall'inizio, tu pensi davvero che si possa fare qualcosa adesso dopo che tu questo circo è iniziato da mesi? Sei un illuso Sam, un illuso, lo siete tutti quanti. Non sarà mai legittima difesa se la versione di Michael è credibile, e se non ci finirò io dietro le sbarre ci finirà tua sorella. È questo che vuoi? - Mi guardava senza respirare e con i capelli stretti nel pugno. Scuoteva il capo con le lacrime agli occhi ed era come se si rifiutasse di accettare le mie parole, la realtà dei fatti. Lui sapeva che avevo ragione, che non c'era niente da fare. - Rispondimi Sam, è questo quello che vuoi? -

Prima che potesse rispondere suonarono il campanello. Victoria scattò sull'attenti e mi scoccò un'occhiata restando ferma ed immobile, in piedi, al suo posto. Era un triangolo da brivido: io, Sam e lei che ci scambiavamo continue occhiate, come se fossimo consapevoli che avevamo appena perso la guerra. Suonarono un'altra volta e fui certo di avere sentito il cuore di Victoria spezzarsi e cadere in frantumi su quel pavimento. Guardai Sam e piegai la testa di lato sollevando le sopracciglia, indicandogli che ormai era fatta.
Suonarono una terza volta e, alla fine, Sam andò ad aprire.

L'uragano Vanessa fece il suo ingresso nel grande salone della villa seguita dal mio migliore amico e non appena li vidi rilassai le spalle e portai il viso al cielo, Victoria tornò a sedersi e Sam riprese a respirare. - Andate a fare in culo, stronzi - Esclamai indicandoli. - Ci avete fatto venire un infarto. -

Il sorriso dei ragazzi morì all'istante e non appena la bionda posò gli occhi sulla sua amica notando quanto a terra era, si voltò a guardare me ed il fratello, preoccupata. - Che sta succedendo? - Chiese battendo le palpebre.

Carter rimase fermo con le mani in tasca a fissarmi con gli occhi stretti a fessura. Non ci fu nemmeno bisogno che qualcuno gli dicesse che avevo causato io quel disastro, perché lo capì semplicemente osservandomi. - Che hai fatto? - Domandò scrutandomi con i suoi occhi azzurri.

Scossi il capo e guardai Victoria, piccola e innocente fra le braccia della sua amica, che le baciava la testa e la coccolava come se fosse sua figlia. Quando avevo scoperto della loro amicizia ero rimasto abbastanza sconcertato: la mia ex ragazza che diceva alla mia ragazza di essere la sua migliore amica, per certi versi mi metteva a disagio. Però, guardandole insieme, sorridevo. Vanessa era cambiata molto grazie a Victoria e soprattutto ero super convinto che avesse bisogno di una persona come lei nella sua vita, come Victoria aveva bisogno di Vanessa. La bionda era la parte solare, esuberante e sempre sorridente, fra le due metà, e Victoria aveva proprio bisogno della forza d'animo che possedeva Vanessa. Così come lei aveva bisogno di Victoria per il cuore enorme che possedeva, per la sua dolcezza e la sua purezza, per l'arte che aveva nell'essere fragile. Sapevo che, se fossi finito dietro le sbarre, sarebbe stata in buone mani, nonostante non avessi la forza per lasciarla.

- Non ho fatto nulla - Risposi tornando ad osservare il mio migliore amico.

- Non ancora - Intervenne Sam.

- Sam non ricominciare - Sbottai scoccandogli un'occhiata.

- Non ho mai finito - Esclamò lui di rimando. - Avanti di' a Carter cosa vuoi fare, sono proprio curioso di sentire cosa ha da dire a riguardo. -

- Stai zitto Sam, stai zitto - Tuonai guardandolo come se potessi incenerirlo.

- No che non sto zitto, cazzo se non sto zitto! - Riprese a gridare come se facendolo potesse farmi cambiare idea, ma non aveva capito assolutamente niente: io non avevo intenzione di smuovermi dalla mia idea, lo avrei fatto, che a lui piacesse o meno. - Non ti permetterò di assumetti una colpa che non hai per proteggere mia sorella, che sarebbe comunque scagionata perché è stata legittima difesa Benjamin, legittima difesa, te l'ho già detto. -

- Oh Cristo, ci risiamo - Roteai gli occhi al cielo e sbuffai teatralmente scuotendo il capo. - Devo ripetere quello che ti ho già detto o la finiamo qui? Tanto non cambio idea - Feci spallucce e tornai a guardare Victoria, che nel frattempo mi fissava da interminabili minuti con aria disperata.

- Non puoi farlo Ben - Sussurrò Vanessa. - Non puoi lasciarla sola -

- Ma lei non sarà sola - Risposi guardando la mia amica. - Ci siete voi, e c'è Sam -

- Tu sei pazzo - Carter s'intromise nel discorso fissando il vuoto e rimanendo a braccia conserte. Aveva un'espressione neutrale, una di quelle che mi spaventavano di più. Solitamente esprimeva i suoi pensieri ed esternava le sue emozioni, soprattutto a me, attraverso lo sguardo e l'espressione del viso, ma in quel momento non riuscivo a decifrarlo. - Tu sei chiaramente impazzito - Ripetè.

- Avete finito? - Domandai guardando negli occhi tutti quanti, uno ad uno. Non capivano, nessuno di loro capiva, non ci arrivavano proprio. Ormai eravamo spacciati ne più ne meno, che alternative avevamo? Non ce n'erano. Non c'era soluzione, non c'erano altre possibilità, era così che doveva essere, avevamo perso.

- Tu lo capisci vero che una volta che tu avrai confessato, vero o no quello che tu dirai, non potrai più tornare indietro? E lo sai che mentire alla polizia è un reato? Lo sai, Ben? - Vanessa si avvicinò a me e quando vide che non avevo la minima intenzione di guardarla in faccia mentre parlava perché ero troppo impegnato ad osservare Victoria, sperando che capisse le mie interazioni, con una mano prese il mio viso e mi spinse a guardarla negli occhi. - Guardami in faccia quando ti parlo - Sbottò seccamente. I suoi occhi scuri incontrarono i miei e fui certo che, se non fosse che non era possibile, ci furono scintille quando si scontrarono i nostri sguardi. Scintille di rabbia, per lo più. Conoscevo abbastanza Vanessa da riuscire a percepire che stava tentando di comprendermi, ma che le era più difficile di quanto immaginasse. - Benjamin: non si torna indietro, quando lo dirai, rovinerai tutto. -

- Mi hanno accusato di omicidio, Vanessa - Replicai piegando la testa di lato. - Se non è oggi sarà domani, ma mi arresteranno perché se sono sospettato di omicidio non possono non farlo. Lo sai benissimo anche tu. Se non lo hanno ancora fatto è solo perché non hanno ancora il mandato, ma sai anche tu che lo faranno. - Spiegai con tutta la calma del mondo, quasi ne rimasi stupito. - Hanno le prove. - Aggiunsi sollevando le sopracciglia. A quel punto la vidi vacillare e, come avevo immaginato, capii di avere ragione. - Andiamo Vanessa, studi giurisprudenza, sai benissimo anche tu che ho ragione. -

- Che genere di prove? - Chiese senza distogliere lo sguardo.

- Le sue impronte - Esclamò Sam. - Hanno le sue impronte sulla pistola -

- Allora sì - si voltò a guardare lui ed il suo ragazzo e sospirò. - Siamo fottuti. - Concluse arricciando il naso. - V, ti va di bere un tè? Credo di averne bisogno - Sbuffò sfregandosi il viso con le mani. Victoria annuì e si alzò in piedi, mentre Vanessa le si avvicinò e le fece un sorriso.

Vidi gli occhi azzurri della ragazza illuminarsi per la prima volta dopo giorni, dopo quel gesto. Vanessa abbassò leggermente la schiena dopo aver fatto qualche passo avanti e Vic prese la rincorsa e le saltò a spalle ridendo e stringendo le braccia attorno al suo collo. Erano belle da osservare, quando erano insieme: sembravano due stelle, nonostante senza la terza si notasse che mancava qualcosa.

- Mi devi ancora raccontare di Katherine - Sentii dire dalla bionda mentre lasciavano la stanza.

Sam mi fece un gesto del capo ed incrociai il suo sguardo. - Vado con loro, tanto qui ormai è tempo perso. - Decretò.

Rimasi così da solo con il mio migliore amico, che arricciò il naso e prese posto sulla sedia. Feci lo stesso e gli allungai una delle birre che avevamo portato per noi prima e la stappai con l'accendino senza distogliere lo sguardo da Carter, che continuava a fissarmi con una sufficienza tale da mettermi i brividi. - Sputa il rospo, a me non puoi mentire Woods, cosa c'è sotto? Quali sono le tue vere intenzioni? - Chiese stringendo gli occhi a fessura.

Sorrisi perché ero sicuro che lui avrebbe capito, che non gli ci sarebbe voluto tanto per farlo. - Devo arrivare a Michael. - Risposi bevendo un sorso di birra.

- Per fare cosa? - Chiese senza tralasciare il tono ironico. - Vuoi ucciderlo in carcere? Ma sei pazzo? - Disse ridendo.

- No testa di cazzo - Sbottai lanciandogli un'occhiataccia - Non voglio ucciderlo, anche se ti confesso che l'idea mi è passata per la testa un paio di volte mentre lo avevo davanti. Lo avrei davvero ucciso se ne avessi avuto l'occasione, credimi. -

- Tu e Vic siete una coppia di serial killer - Scoppiò a ridere e bevve un sorso di birra anche lui. - Tipo Bonnie e Clyde. Mi fate un po' ridere, anche se per la disperazione. - Esclamò. - Mi fate impazzire così tanto che quando te ne esci con certe stronzate non mi fai neanche più incazzare, mi fate proprio disperare, è una cosa incredibile. - Scosse il capo e portò la bottiglia alle labbra ancora una volta.

- Ma noi non siamo ladri - Risposi ridendo. - E nemmeno assassini -

- Hai ragione - rispose - siete due pazzi malati. Dimmi cosa hai intenzione di fare stavolta, così posso prenderti a cazzotti più liberamente, almeno so cosa combini. -

- Voglio capire chi è il poliziotto corrotto. - Spiegai. - Da qui non posso farlo, è inutile, è come cercare un ago in un pagliaio -

- Quando è il processo? - Chiese arricciando il naso e tornando a guardarmi.

- Fra una settimana, dieci giorni, una cosa del genere - Non ero sicuro al cento per cento perché non mi ricordavo la data precisa, ma la comunicazione arrivava circa dieci giorni prima, in genere.

- Una settimana è tanto, Ben - Storse il naso sospirando rumorosamente. - Una settimana è lunga, si parla di una prigione, non di una vacanza. -

- Lo so - Replicai - Ma come ho già detto a Sam, verranno a prendermi comunque, tanto vale approfittare della situazione -

- Tu sei malato, fattelo dire - Mi disse battendo le palpebre. - Questa è una pazzia, lo sai vero? Potrebbe essere un suicidio. -

- Carter non mi restano altre possibilità, posso fare soltanto questo per lei, soltanto così posso chiudere questa storia. - Sbuffai sconsolato e facendo spallucce.

Carter scosse il capo con gli occhi lucidi, ma alla fine portò il viso al cielo e fece spallucce. - Tanto non ti posso più fermare. - Sussurrò poi. - Ma stai pur certo che appena questa storia finirà, perché ti assicuro che finirà, io ti prenderò a cazzotti e a testate nei denti per tutte queste stronzate che ti stanno passando per la testa ma che non posso impedirti di fare. Te lo posso giurare su quanto ho di più caro. -

Scoppiai a ridere e, per il resto del tempo in cui le ragazze se ne rimasero a spettegolare e ridere fra loro, restammo lì a chiacchierare e prenderci in giro come se non avessimo altre preoccupazioni. Gli volevo davvero bene, nonostante fosse un idiota era l'unico vero amico che avevo da quando mi ero trasferito dai Woods, e non potevo fare a meno di volergli bene. Sapevo quanto lui tenesse a me per lo stesso motivo mio, Sam era un'aggiunta, ma avevamo passato due anni soltanto io e lui, e alla fine nonostante tutto, era stato piacevole.

Carter era quella persona rara da trovare, auguravo a tutti qualcuno così, nella vita.

***

Sentivamo Vanessa cantare a squarciagola da almeno mezz'ora. Fosse stata intonata sarebbe stato anche piacevole, peccato che non fosse così. Lanciai un'occhiata a Sam e Carter, Sam ci aveva raggiunti nuovamente lasciando le ragazze a mangiare pop corn e guardare la tv in camera di Victoria, e nonostante ci fosse la porta chiusa noi tre dal piano di sotto la sentivamo cantare. Non ero certo di voler sapere cosa stessero combinando, sapevo soltanto che se sentivo Victoria ridere allora andava tutto bene.

- È un supplizio - Esclamò Sam battendo le palpebre.

- Carter dovresti davvero dire alla tua ragazza che non sa cantare - Gli dissi sorridendo e bevendo un altro sorso di birra. Era la quinta, da quel pomeriggio, ancora una e probabilmente sarei stato ubriaco.
A quanto sembrava anche le ragazze stavano bevendo, il che mi consolava almeno in parte.

- Perché io? - Domandò il biondo con gli occhi spalancati.

- Perché è la tua di ragazza amico. - Rispose Sam.

- Non ci penso nemmeno, non potete farmi questo! - Scosse il capo e si diede nuovamente all'alcol mentre io e Sam scoppiammo a ridere osservandolo.

- Hai per caso paura di Vanessa, Iron Man? - Gli chiesi sorridendo divertito.

- Vuoi scherzare? - Mi guardò dall'alto al basso e poi si avvicinò al mio viso battendo le palpebre freneticamente. - È ovvio che ho paura di lei, è un diavolo. Sono certo che anche adesso ci sta ascoltando. - Spiegò arricciando il naso.

Sollevai le sopracciglia e scoppiai a ridere così forte che Sam fece lo stesso, ma non per quello che aveva detto Carter, rideva per come io stavo ridendo.

- Ti ho sentito! - Gridò Vanessa dal piano di sopra.

- Visto? È un vampiro ha il super udito! - Borbottò terrorizzato.

- Sei ridicolo, mi spaventi - Gli dissi senza riuscire a smettere di ridere. Era davvero buffo: se ne stava appollaiato sulla sedia, abbracciava le sue gambe e stringeva fra le mani la sua bottiglia di birra come se fosse l'oggetto più sacro che possedesse.

- Anche la tua ragazza è stonata comunque. - Decretò. - E ancora non riesco a capire come sia possibile che non litighiate mai. -

- Infatti Victoria non canta. - Risposi sollevando le sopracciglia. - E certo che litighiamo, in un modo un po' strano, ma litighiamo. Tralasciando il fatto che comunque non ci portiamo dietro i litigi come invece facevamo io e Vanessa che stavamo anche le settimane senza parlarci. Per esempio: quando voi ve ne andrete, litigheremo di sicuro. - Li informai.

- Come fai a saperlo? - Rise Sam scuotendo la testa.

- E come fai a litigarci in questo momento, soprattutto, contando che non parla? - Domandò invece Carter.

- Perché lo so e basta. - Dissi arricciando il naso. - E non preoccuparti che Vic ha mille risorse, possiamo litigare lo stesso, anche se non parla. -

- Don't know if I'll make it 'cause I'm falling under, close my eyes and feel my chest beating like thunder... - Mentre parlavamo continuavamo a sentire Vanessa che cantava con quella sua vocetta fastidiosa e in modo così disperato che stava per farmi venire una sincope.

- D'accordo basta - Esclamai alzandomi in piedi esasperato. - adesso vado a vedere cosa stanno combinando e chiudo la bocca a Vanessa con una mela. -

Salii le scale seguito dai miei amici, incuriositi almeno tanto quanto me. Al piano di sopra tremavano i muri per quanto fosse alto il volume ed erano così concentrare a fare quello che stavano facendo che non ci sentirono nemmeno arrivare.

Mi appostai sulla soglia della porta osservandole abbastanza divertito e con le braccia incrociate al petto. Stavano saltando sul letto e facevano le capriole mentre Vanessa cantava per entrambe e Victoria scuoteva la testa ridendo. Era così bello vederla spensierata, e mi piangeva il cuore sapendo che avrei distrutto tutto in pochi minuti, una volta che i nostri amici avrebbero lasciato la casa.

Fu per quel motivo che, invece che interromperle e fare stare zitta Vanessa come avevo promesso avrei fatto, posai la birra sul comodino e salii sul letto assieme a loro, seguito dal mio migliore amico. San rimase a guardarci e a registrare un video sulla soglia della porta mentre noi quattro, saltavamo sul letto come quando eravamo bambini e Victoria mi guardava con gli occhi così lucenti che per un istante mi sentii come se le avessi appena regalato l'infanzia che aveva perso, come se si sentisse quella bambina che aveva sempre voluto essere.

Accadde in un istante: i nostri amici lasciarono la stanza e rimanemmo soltanto noi due. Ero così concentrato su di lei, sul renderla felice nel poco tempo che mi restava, che non avevo sentito i ragazzi lasciare la stanza e chiudere la porta.

Victoria si fermò e, senza smettere di sorridermi, mi fece una linguaccia e si abbassò raccogliendo un cuscino colpendomi poi in piena faccia lasciandomi di stucco e scendendo dal letto. Presi io l'altro e glielo lanciai addosso, solo che lei lo colpì talmente forte che esplose ed insieme a lui iniziarono a volare per la stanza milioni di piume che sembravano stelle fatte di neve. Saltai giù dal letto e la raggiunsi, lei lasciò cadere il cuscino e mi guardò con aria di sfida, cercando di sfuggirmi nonostante sapesse che sarei riuscito ad afferrarla.

Alla fine la presi per la vita e la attirai al mio petto mentre lei rideva e si dimenava, nonostante sapessi che non voleva che la lasciassi andare. Inspirai il suo profumo alla vaniglia e chiusi gli occhi sfiorando il suo collo con le labbra, mentre lei infilava le dita fra i miei ricci e alla fine si voltò di scatto, si alzò in punta di piedi e mi attirò a se, stringendomi così forte che pensai che la mia anima si stesse fondendo alla sua. La amavo così tanto che mi veniva da piangere al pensiero di non poterla vedere e toccare per una settimana intera, ma tutto ciò che stavo facendo era soltanto per poter riuscire a vivere in pace e a chiudere quel dannato cerchio che ci impediva di essere felici come meritavamo di essere.

Victoria si avvicinò al mio viso e, senza bisogno di parlare, mi baciò delicatamente, dolorosamente e sfiorando le mie labbra come se temesse che facendo più forza ci saremmo fatti del male. Le miei mani riempivano il suo corpo di carezze mentre lei indietreggiava fino ad arrivare al letto e si lasciò cadere seguita da me, che continuavo a baciarla sperando di morire fra le sue braccia, insieme a lei, fusi in una sola persona, in un momento tanto doloroso quanto indimenticabile.

Eravamo solo pelle, anime ed ossa, persi l'uno nell'altro da sempre, consapevoli entrambi che sarebbe stato per sempre. Ero certo soltanto di una cosa: dell'amore che mi faceva impazzire, del sentimento che provavo per lei e che ero certo non potesse mai finire, perché era come se ad ogni bacio scrivevamo una pagina di diario tutta nostra, che sarebbe terminata con noi due insieme, per tutta la vita. Vivi o morti saremmo stati insieme, nel bene o nel male e nemmeno la morte ci poteva separare.

Mi sentivo un po' come una rondine, quando ero insieme a lei. Oltre che rappresentare i viaggi e la libertà, la rondine rappresentava l'eterno ritorno. Io sarei sempre tornato da lei, sempre. Oltre al fatto che il mio viaggio era stare insieme a lei, un viaggio senza meta è destinazione, il luogo in cui avevo lasciato il mio cuore per sempre, sarei sempre ritornato tra le sue braccia perché lei era la mia casa, il mio amore, il mio cuore. E dove sarei potuto andare, cosa sarei potuto essere, senza il mio cuore?

Continuavo a baciarla e lei continuava a spogliarmi dalle mie paure, oltre che a spogliarsi dalle sue, mentre morivo e ritornavo in vita di continuo ad bacio, ad ogni abbraccio e ad ogni suo respiro che si mescolava al mio. Non importava più chi fossi, cosa avessi fatto, dove fossero spariti tutti quanti e se e perchè eravamo rimasti soltanto noi due, perché io l'amavo da morire e per me esisteva soltanto lei. Era lei la ragione per cui ogni mattina aprivo gli occhi, solo e soltanto lei.

- Io ti amo da morire - Le dissi disperatamente racchiudendo i suoi sospiri fra le mie labbra. Alzò leggermente la testa dal letto per farsi più vicina per approfondire di più quel bacio disperato che mi stava facendo perdere la testa mentre ero parte di lei e non riuscivo più a respirare per quanto amassi quei nostri momenti. - Voglio che tu te lo ricordi, sempre. -  le sussurrai all'orecchio mentre l'accarezzavo. - Sempre - Baciai il suo collo e infilai la testa fra i suoi capelli per nascondere le lacrime che minacciavano di uscire da un momento all'altro. - Sei tu la cosa più importante. - Bisbigliai di nuovo mentre lei faceva aderire il suo corpo al mio con disperazione. - Adesso - Dissi scorrendo con i polpastrelli delle dita sul suo braccio, fino ad arrivare al palmo della sua mano. Lo sfiorai delicatamente e intrecciai le nostre dita tornando a guardarla negli occhi e deglutendo con forza quando sentii i nostri cuori battere insieme e all'unisono. - E per sempre. -

La vidi annuire e chiudere di nuovo gli occhi mentre con la mano libera mi supplicò di stare zitto e tornò a baciarmi, invetrendo la posizione e sedendosi a cavalcioni su di me. Allacciò le gambe dietro alla mia vita e in quel momento diventammo realmente una cosa sola, mentre l'unico rumore che si sentiva erano sospiri e scoccare dei baci, disperati tanto quanto lo eravamo noi due.

Avevo un guinzaglio legato al collo che mi imponeva di allontanarmi da lei, ma quel momento era soltanto nostro per cui chiusi gli occhi e tornai a pensare soltanto a lei, che si faceva piccola piccola fra le mie braccia e si abbandonava a me di continuo, come se quella giornata potesse finire soltanto con noi persi l'uno nell'altra.

***

Carter e Vanessa se n'erano andati ed io e Victoria eravamo al piano di sotto a bere un tè. Sam stava camminando per la stanza storcendo il naso e continuando a scuotere il capo come se stesse ancora pensando a quel pomeriggio e alle mie intenzioni, ma anche se avesse provato in tutti i modi a farmi cambiare idea non ci sarebbe riuscito. Victoria, dal canto suo, era sempre più agitata, nonostante avessi tentato di tranquillizzarla ed in quel momento roteava la tazza di tè fra le dita e teneva il viso basso con lo sguardo rivolto al tavolo.

Quando posai la mano sulla sua coscia, alzò gli occhi ed incrociò il mio sguardo, spezzandomi definitivamente il cuore. La vedevo la crepa del suo cuore nel suo sguardo, e per un momento pensai di morire di morire di dolore perché la sentivo nell'anima quella tristezza che si portava appresso, quella voglia di fuggire da tutto e lasciarsi andare, nonostante sapessi che stesse tentando di non crollare sia per il suo gemello che per me. Era proprio quello che mi spezzava il cuore: sapere che lei avrebbe voluto lasciarsi andare, ma non poteva farlo.

- Sam - Sussurrai guardando il nostro amico. - Mi lasceresti da solo con Victoria qualche minuto, per favore? -

Sam annuì e, dopo aver lasciato un bacio sulla fronte a sua sorella, uscì dalla stanza e ci lasciò da soli. Ruotò la sedia e mi prese le mani baciandone il dorso e pregandomi silenziosamente di restare con lei. - Ehi, ascolta bene - Sussurrai posando la fronte sulla sua. Le sorrisi sperando che servisse a qualcosa, ma in realtà sapevo che non sarei riuscito a consolarla in quel modo, ero consapevole che non sarebbe bastato. - Sarà soltanto fino al processo. Scopriremo la verità e tornerà tutto come prima, anzi sarà meglio. Risolveremo questa faccenda una volta per tutte e saremo felici, staremo bene. - Victoria scosse il capo e le cadde una lacrima, strizzò gli occhi e tirò su con il naso mordendosi il labbro con disperazione e lasciandosi cadere sul mio petto e piangendo. - Andrà tutto bene amore mio, te lo prometto. - Le dissi accarezzandole la schiena. - Ti prometto che finita questa storia, sarà davvero per sempre. - Continuai baciandole di continuo la guancia e facendola sorridere tra quelle strazianti lacrime. - Ti amo troppo per permettere che ti facciano ancora del male, questa storia finirà, chiuderemo il cerchio e saremo felici. Sarò il tuo supereroe amore, ti prometto che questa volta ti salverò, non fallirò, te lo giuro. -

Victoria scosse il capo e riprese a singhiozzare, gettandomi le braccia al collo e stringendo con forza, con così tanta forza che sentii il suo cuore battere forte contro il mio petto e la strinsi forte a mia volta, sperando che quel momento non finisse mai. La sentivo più vicina che mai, in quel momento, e stare con lei era bello tanto quanto lo era vedere la pioggia nel mezzo del deserto. Il paradiso non sembrava così lontano, quando ero insieme a lei, e mi sentivo talmente legato a lei che un minuto senza di lei, era come un anno senza pioggia.

Non feci in tempo a sciogliere l'abbraccio e sorridere perché suonarono al campanello e scattai in piedi insieme a lei. Andammo nell'atrio e trovammo Sam, Nicole e Alexander davanti alla porta che fissavano tutti e tre con gli occhi fuori dalle orbite ed il fiato sul collo. Contando che era ora di cena non stavano aspettando nessuno, perciò

Alexander prese un respiro profondo e spalancò la porta. Come immaginavo, ci trovammo davanti la pattuglia della polizia, con mio padre dietro che scuoteva il capo disperato e si teneva una mano sul cuore tentando di non farsi prendere dal panico. - Mi dispiace, Ben - Sussurrò in tono quasi impercettibile, se non avessi letto il suo labiale probabilmente non avrei nemmeno capito le sue parole.

- Benjamin Woods? - Portai il viso al cielo e feci un passo avanti alzando le braccia in segno di resa e sospirando rumorosamente.

Mi voltai verso Victoria e le baciai la testa, mentre lei singhiozzava con Sam che stringeva fra le braccia. - Ti amo - Le dissi spingendola a guardarmi negli occhi. - Ricordati che ti amo - Dissi di nuovo. - Torno presto amore mio, te lo prometto. - Presi il suo viso fra le mani e le asciugai le lacrime facendole un sorriso più sincero possibile. Era così piccola fra le braccia di suo fratello, era così disperata che mi si spezzava il cuore. Le luci rosse blu della sirena le illuminavano il viso e pensai che fosse la cosa più bella del mondo, nonostante si stesse sgretolando sotto al mio sguardo. - Tornerò da te. Sei forte, non lasciarti andare. Resta in piedi, non crollare. Resta in piedi Victoria, per favore, ti prego, fallo per me. Andrà tutto bene, ma tu resta in piedi, resta con me. - La baciai un'ultima volta poi la lasciai andare mentre Sam la stringeva e le baciava la testa di continuo tentando di tamponare il dolore, come gli era possibile. Alexander mi diede una pacca sulla spalla e quando lanciai un'occhiata a Nicole osservandola piangere.

- Prenditi cura di lei Sammy, ti prego. - Il ragazzo aveva gli occhi lucidi ma annuì ugualmente, nonostante tutto mi fece un sorriso mentre io camminavo all'indietro e mi consegnavo alla polizia.

Sospirai profondamente e dopo aver osservato Leonard, allungai le braccia e chiusi gli occhi tentando di trattenere le lacrime. - Benjamin Woods, la dichiaro in arresto per l'omicidio di Paul Illman. Lei ha il diritto di rimanere in silenzio. Qualsiasi cosa dirà potrà essere e sarà usata contro di lei in tribunale. Ha diritto a un avvocato durante l'interrogatorio. Se non può permettersi un avvocato, gliene sarà assegnato uno d'ufficio. - Sprofondai nel buio mentre vedevo il detective John tirare fuori le manette e guardarmi con un sorriso dolceamaro.

- Non servono le manette - Intervenne Leonard indicandomi. - Sono io il suo avvocato, vi raggiungerò in auto direttamente al commissariato. -

Il detective John annuì mentre mi affiancava e mi spinse ad entrare in auto di mia spontanea volontà. Mentre salivo lanciai uno sguardo al viale degli Hastings e vidi Victoria correre fuori seguita da Sam. Piangeva con una disperazione tale da sentire le fibre del mio cuore strapparsi violentemente e dolorosamente alla sue grida, soprattutto quando la sentii gridare il mio nome così forte da farmi pensare che si fosse strappata le corde vocali.

Mentre osservavo la sua figura farsi più piccola con le mani e la fronte posate sul finestrino, mi ritrovai a pensare che in quel momento non ero altro che una rondine al guinzaglio, e che era stretto talmente forte che mi stava soffocando anzi, più passava il tempo, più stringeva.

Chiusi gli occhi e mi abbandonai a quei cupi pensieri, mentre l'unica mia compagnia era la voce di Victoria che gridava il mio nome in loop continuo, un loop infernale ed eterno che mi avrebbe distrutto nello stesso momento in cui mi sarei addormentato.

________

Ciao ciao ciaaaaao angeliiiii
come state?

NON AMMAZZATEMI PLISSSSS

Lo so che tutto ciò è un po' creepy e da brivido, però credetemi era davvero necessario. Io spero non mi stiate minacciando troppo e che non mi stiate odiando :(

Vi voglio bene
ila
x

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