Te dimmi dove sei, mi faccio...

By Dallapartediultimo

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Sequel di "Dietro a te, er Colosseo nun se vede" Sono passati cinque anni da quando Sara aveva rivelato a Nic... More

PREMESSA.
1- Ne abbiamo parlato tanto, mamma.
2- Non ti ci mando solo perchè siamo in chiesa.
3- Osteogenesi imperfetta congenita.
4- Déjà-vu?
5- Tu sei destinata alla città eterna.
6- Forse non sarei nemmeno dovuta tornare.
7- Ho fatto na cazzata, Cassiolì
8- Peccato che io con te non ci voglio parlare.
9- Ogni volta che ti sono accanto non capisco più un cazzo.
10- Non è mai troppo tardi, anche se sono passati cinque anni.
11- Riapriamo 'sta scatola insieme?
12- Ma che me stai a da? 'A cartina de Roma?
13- Sei bella come Roma.
14- Te dimmi dove sei, mi faccio tutta Roma a piedi.
15- Sapevi che prima o poi sarebbe successo, no?
16- Ma so anche che da qualche parte la mia Sara c'è ancora.
17- Quinto piano, sopra tutti?
18- Ti passo a prendere alle 8?
19- Per te, mi giocherei anche l'ultimo frammento di cuore.
20- E non nascondere le lacrime, che tanto scendono in basso.
21- Io sono tutta cuore, Niccolò è fatto di paranoie e paure.
22- Vorrei soltanto amarti.
23- Ora del decesso, 11.42.
24- E' bravissimo anche a consolarti, no?
25- Ti porto a Napoli, bimba.
26- Voglio portarti a vedere il miglior tramonto di sempre.
27-Tu amore, regalami un sorriso.
28- Gà, dimme che stai a scherzà.
29- Se ti avessi chiamato tu non me lo avresti permesso.
30- Sono ancora incazzata, ma in questo momento ho bisogno di te.
31- Gabriè, m'hai portato il panino col salame, vero?
32- Ho bisogno de te, na carbonara e un bicchiere de vino rosso.
33- Resti stasera?
34- Moriconi, che hai combinato?
35- Me lo fai un sorriso?
36- Essere felici insieme.
37- Camilla sarebbe stata orgogliosa del suo papà.
38- Sei la donna mia, nun te deve nemmeno guardà.
40- E ci avrei scommesso su noi due, una vita intera sempre in due.
Sequel

39- L'amici e la donna mia nun se toccano.

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By Dallapartediultimo

Mi era capitato rare volte di svegliarmi con il silenzio più assoluto, puntualmente Sara, la mattina, riusciva a svegliarsi prima di me, nonostante non avesse nemmeno una sveglia attiva, mentre io, nemmeno con almeno quindici sveglie riuscivo ad aprire gli occhi. Ma la visione che mi trovavo ogni volta che scendevo le scale era qualcosa di iddiliaco, a Sara non bastava il caffè per dare una carica alla sua giornata, aveva bisogno della sua amata musica e vederla mentre ballava e preparava la colazione allo stesso tempo, con solo una mia maglietta addosso che le copriva poco e niente, era qualcosa che non avrei sostituito con nulla al mondo. Quella mattina però mi svegliai con il più totale silenzio e con l'assenza di Sara, il che ogni volta era come un colpo al cuore dato che mi sembrava sempre di essere tornato indietro di qualche anno, con la differenza, stavolta, che Sara non se ne era andata ma stava semplicemente salvando la vita di bambini poco fortunati. Stare con la miglior neuropsichiatra infantile comportava anche questo, notti in solitaria e reperibilità continua, arrivavano anche chiamate in piena  notte quando un bambino si aggravvava a tal punto da richiedere il suo aiuto, sapevo quanto si sentisse in colpa Sara ma io ero così fiero ed orgoglioso di lei, per il lavoro che stava facendo, che mai e poi mai avrei cambiato qualcosa di tutto ciò, tranne quelle piccole volte in cui le chiamate arrivavano in un nostro momento di intimità. Non c'era nessuna ragione al mondo però che mi avrebbe convinto ad iniziare la giornata senza un suo bacio, così decisi di andarla a prendere, dato che amava molto camminare e andare al lavoro a piedi, tanto che il giorno seguente aveva deciso di percorrere il suo tragitto senza usare la macchina, sopratutto ora che il buio scendeva ad orario molto tardo e la sera le temperature si abbassavano leggermente, nonostante l'afa e il clima molto secco di Roma. Dato che quella mattina erano appena le nove, avrei trovato il tempo di portarla a fare colazione prima di portarla a casa a dormire mentre io mi sarei recato in studio, avevo anche avvertito Adriano e Gabriele che sarei andato in studio più tardi, ottenendo però, come risposta da quest'ultimo, che avrebbe fatto un pò tardi anche lui, dato che sarebbe dovuto passare anche lui in ospedale, dato che Sara doveva darle dei documenti relativi alla nascita di Riccardo. Quando però arrivai in ospedale la scena che mi trovai davanti era qualcosa che mai mi sarei aspettato di vedere. La mia donna teneva in mano quei documenti che avrebbe dovuto consegnare a Gabriele, riuscì a ben capire la preoccupazione e la paura nel suo viso, nonostante fossi ancora lontano, ma quando vidi ciò che stava avvenendo a pochi passi da lei, capì il motivo delle sue emozioni. Gabriele si stava scagliando quasi con violenza su di Marco, mentre dal suo labbro usciva del sangue, nonostante non sapessi esattamente cosa fosse successo, il mio istinto mi portò a correre verso di lui per staccarlo dal corpo del biondo che era steso a terra e si rialzò soltanto in quel momento. Sara sembrò tirare un sospiro di sollievo nel vedermi ma nei suoi occhi notavo ancora quella preoccupazione che aveva pochi minuti prima.

''Mi spiegate che cazzo è successo là fuori? Gabriè, perchè lo stavi prendendo a pugni?'' Una volta che le acque si erano leggermente calmate e Marco si era allontanato da noi, Sara ci invitò a seguirla nel suo studio, sia perchè voleva medicare Gabriele, anche se era una neuropsichiatra infantile quello era un compito che ti insegnano ai primi anni di specializzazione, sia perchè sapeva che da lì a poco sarei esploso e voleva evitare di dare spettacolo, sopratutto perchè sapeva che i paparazzi potessero trovarsi anche dietro l'angolo, tanto che non riusciva nemmeno a guardarmi in faccia, teneva lo sguardo basso tanto da farmi comprendere quando si sentisse in colpa. Io, però, avevo necessità di avere delle risposte, tanto che non esitai a chiedere appena la mia donna chiuse la porta dello studio, avevo appena fermato Gabriele mentre stava prendendo a pugni un uomo, per modo di dire, il che non era da lui dato che in trent'anni non aveva mai alzato le mani su nessuno ed era sempre stato il più calmo del gruppo, ma dato il soggetto in questione, non ero certo di aver preso la scelta giusta.

''Stava a mettè le mani addosso a la donna tua, lei gli stava a chiedè di lasciarlo e lui nun la lasciava. C'ho provato a dirglielo con le bone'' Gabriele sembrava alquanto dispiaciuto del gesto che aveva appena fatto, eppure per me quella era una grande dimostrazione d'affetto seppur nel momento e nel luogo sbagliato, ma vedere come uno dei miei migliori amici difendesse Sara in mia assenza mi faceva sentire di aver preso la scelta giusta questa volta, Sara era davvero la donna della mia vita e i miei amici lo avevano capito prima di me, l'avevano sempre difesa davanti a tutto e tutti e l'avevamo sempre trattata come una di noi, cosa che non avevano mai fatto con Chiara, capendo sin da subito che persona era e che non fosse degna di stare al mio fianco, almeno così dicevano. Sara, al contrario del mio amico, era rimasta in assoluto silenzio e ancora non mi aveva degnato di uno sguardo, da quando ero arrivato, anzi si era allontanata da noi, avvicinandosi ad uno scaffale per prendere l'occorrente per medicare il mio amico, che, dopo qualche minuto, ancora perdeva sangue dal labbro.

''Sara, tu non dici niente? Non riesci nemmeno a guardarmi?'' Nonostante la spiegazione del mio amico, io sentivo l'esigenza di ascoltare ciò che avesse da dire la mia donna, eppure lei non sembrò avere alcuna intenzione di parlare, forse per timore di una mia reazione o forse semplicemente per la presenza del mio amico. Non avevo ancora ben chiara la situazione eppure mi stavo sempre più convincendo, sopratutto dalla reazione di Sara, che spostare Gabriele da Marco era stata una pessima scelta, ma, se così fosse stato , non mi sarei fatto problemi a finire io il lavoro, in fondo avevo giurato su mia figlia che prima poi sarebbe successo. Mi sentivo al limite, avevo sopportato fin troppo, avevo sopportato ciò che aveva detto su Camilla e le mani addosso su Sara, ma ora, non ero sicuro che la mia donna riuscisse a tenermi calmo ancora per molto. Non ero un tipo manesco, non lo ero mai stato e non avevo mai alzato le mani su nessuno, ma Marco aveva oltrepassato ogni limite possibile.

''Devo medicare Gabriele'' Soltanto in quel momento, la mia donna alzò lo sguardo su di me, erano le prime parole che pronunciava da quando ero arrivato in ospedale. Avevo bisogno di risposte ma la conoscevo fin troppo bene, percepivo la sua paura, e se era del tempo quello che le serviva avrei aspettato. Mi sedetti sulla sedia, mettendo le mani tra i capelli cercando di riacquistare un minimo di lucidità per poter sostenere una conversazione con la mia fidanzata, percepivo ogni sua singola emozione come se fosse la mia e sapevo che se avessi sbagliato anche una singola parola, tutto ciò avrebbe portato soltanto ad urlarci contro senza giungere a nessuna conclusione. Sara medicò il labbro di Gabriele, fortunatamente non aveva bisogno di punti, tanto da lasciare le giuste indicazioni al mio amico, per far in modo che nei prossimi due giorni non dovesse tornare in ospedale per essere medicato, ma poteva farlo tranquillamente Priscilla. Il ragazzo prese anche i moduli sulla nascita di Riccardo, quelli per cui si era recato in ospedale quella mattina, per poi salutarci calorosamente e lasciare l'ospedale. 

''E quindi?'' Quasi che non aspettai che Gabriele chiuse la porta dell'ufficio per prendere parola, Sara era sempre più schiva nei miei confronti, sapevo quanto era spaventata nel parlarne, sopratutto dato che ultimamente le più grandi litigate le facevamo per causa sua, non che io e Sara fossimo una coppia che litigasse poco, ma allo stesso ci amavamo tanto. La vidi sedersi nella sedia accanto a me, i suoi occhi erano spenti e lei non riusciva nemmeno a mantenere lo sguardo su di me.

''Non è successo niente Nì, che ti devo dire?'' Erano solo poche le parole che era riuscita a pronunciare, capivo perfettamente il motivo per cui non voleva parlarne eppure era arrivato il momento di farlo, ero passato a sopra a fin troppe cose e avevamo evitato l'argomento per troppo tempo. Pian piano stavo perdendo completamente la mia lucidità e non sapevo esattamente dove mi avrebbe portato la mia impulsività.

''Sà me devi parlà, nun vojo sentì scuse'' Percepivo quando la mia donna fosse ferita e capivo perfettamente il motivo per cui stesse evitando, in tutti i modi, di affrontare quell'argomento. Avevo bisogno di risposte ma allo stesso tempo avevo bisogno che lei si aprisse con me. Sara aveva il brutto vizio di chiudersi sempre a riccio e di volersela cavare sempre da sola, in ogni situazione, eppure, a volte, non si rendeva conto che c'erano delle situazioni più grandi di lei che non avrebbe dovuto affrontare da sola perchè l'avrebbero sovrastata completamente. Sapevo bene il perchè di questo comportamento, non aveva mai avuto nessuno che era riuscita ad amarla come meritava e con il tempo, esperienza dopo esperienza, aveva imparato a doversela sempre cavare da sola, perfino io avevo fatto l'errore di essermene andato, lasciandola più volte da sola. Il mio tono era alquanto calmo, almeno per i miei standard, dovevo spronarla a farla aprire con me e urlargli contro non sarebbe servito a nulla, se non ad ottenere l'effetto opposto.

''Niccolò senti. non c'è niente da dire. ti ho già spiegato tutto l'altro giorno a casa'' La sua frase mi portò inevitabilmente a sbuffare, Sara era parecchio testarda e quando si metteva in testa una cosa difficilmente riuscivi a farle cambiare, ma lei sapeva bene che tra di noi era sempre una lotta. Io e Sara caratterialmente eravamo uguali, era per questo che finivamo per scontrarci sempre, tra di noi non esistevamo vie di mezzo, o ci urlavamo contro fino a perdere  il fiato o ci amavamo come, forse, nessun'altro fino ad ora era riuscito a fare, perfino Gabriele e Adriano a volte mi confessavano di invidiare il nostro amore, nonostante gli avessi fatto cercare di capire più volte che, anche io e Sara, come tutte le coppie, avevamo i nostri alti e bassi.

''Tu nun m'hai detto niente l'altro giorno Sara, hai detto che ne avremmo riparlato, ma non lo stai facendo. Io me sto ad alterà, me parli o te devo tirà le parole col cucchiaino fori dalla bocca?!'' Sapevo che cambiando tono non avrei ottenuto nulla di più, ma purtroppo, nonostante tutta la mia buona volontà non riuscì a controllarmi, facendo però solo intendere che mi stessi alterando, nonostante questo però mi avvicinai a lei, costringendola a guardarmi, sia per farla stare più tranquilla dato che ebbi quasi l'impressione che stesse tremando, sia per farle capire che non ce l'avevo con lei, dato che sapevo non avesse nessuna colpa. Due giorni prima, quando Sara tornò a casa con il livido sul polso, lasciai correre capendo che quella era stata una giornata pesante e aveva soltanto bisogno di qualcuno che le stesse vicino, di qualcuno di cui si fidava ciecamente e che sapeva non potesse fargli del male, di me, ma nonostante questo ci eravamo ripromessi di parlarne, cosa che, ovviamente, non era ancora accaduta.

''Niccolò, voleva solo parlare, non capisco perchè ne state facendo tutti una tragedia'' Sara non amava essere protetta, era convinta di riuscire sempre a cavarsela senza l'aiuto di nessuno e quando ciò nun succedeva si alterava parecchio. Era per questo che, probabilmente era rimasta infastidita dal gesto di Gabriele, che, sicuramente, aveva fatto il tutto con le migliori intenzioni del mondo e questo, lo sapeva bene anche lei dato che conosceva benissimo i miei amici ed era a conoscenza del fatto che ogni miserabile avrebbe fattto di tutto per difenderla, perchè anche lei, così come Gaia e Priscilla, era una di noi, nonostante le sue mille paranoie che la portavano a sostenere che i miei amici la trattassero in quel modo solo perchè fosse la mia donna e la madre di mia figlia.

''Quindi Gabriele dice cazzate?'' Sia io che Sara sapevamo che non pensavo davvero che Gabriele mi avesse detto una cazzata, così come entrambi sapevamo che quella frase avesse il solo e unico scopo di spronare la mia donna a parlare, eppure ciò che ottenni era esattamente l'opposto, Sara non solo era rimasta nel più totale silenzio ma aveva anche spostato lo sguardo da me, per di più, si era anche alzata sedendosi successivamente nella sua poltrona, dalla parte opposta della scrivania

''Quanto sei testarda. Te lo chiedo per l'ultima volta, che cazzo è successo? O parli adesso o puoi anche evitare di aspettarmi a casa stasera perchè non torno'' Mi misi le mani tra i capelli, ormai quella situazione mi stava completamente esasperando, ma soltanto  in quel momento Sara alzò lo sguardò verso di me, non sarei mai riuscito a non tornare a casa da lei ma sapevo che quello era l'unico modo per far sì che si aprisse. Sara era una persona fin troppo testarda ma ormai la conoscevo fin troppo bene da sapere come prenderla, era la persona che ti chiedeva aiuto soltanto nel momento in cui si rendeva conto che una situazione la stava distruggendo, quando era troppo tardi ed io stavo evitando in tutti i modi che ciò accadesse, facendole capire che era quello il momento in cui doveva aprirsi con me e facendole sentire tutto il mio appoggio.

''Quindi adesso mi minacci? Non potete venire tutti qua e prendervela con lui, è sempre il mio ex, una persona con cui ho condiviso momenti importanti e a cui voglio bene'' Sapevo che Sara quelle parole non le pensava davvero ma sentirgli dire che era una persona con cui aveva condiviso momenti importanti e allo stesso tempo a cui voleva bene era stato un colpo al cuore per me. La tattica della mia donna la conoscevo bene, ferire prima di essere ferita, la corazza prima di tutto e quella, in quel momento, se la stava costruendo con il nome di Marco, difendendolo anche davanti a me, ma i suoi occhi non lasciavano trapelare altro se non quanto fosse ferita.

''Sara, ma che cazzo dici? Lo stai anche a difendè? Ma te senti quanno parli? Spero che tu nun stia a parlà seriamente'' Il mio tono era cambiato notevolmente, tanto che non mi accorsi di star urlando, se non quando lei abbassò lo sguardo sentendosi in colpa per le parole che aveva usato con Marco, avevo sempre evitato l'argomento per paura che Sara potesse rivelarmi quanto il suo ex era migliore di me in qualcosa e forse, soltanto in quel momento, mi resi conto di quanto quella era stata una scelta sbagliata, Sara aveva la necessità di parlarne, non poteva farlo con le sue amiche perchè non avrebbe mai accettato di dare ragione a loro che ci avevano visto lungo prima di lei e io, non le avevo mai dato l'opportunità di farlo, pensando che non ce ne era bisogno.

''NIccolò, dopo oggi non lo vedremo più. Possiamo dimenticare tutta sta storia?'' Capì soltanto in quel momento ciò che provava davvero Sara, lei non stava male per ciò che era successo negli ultimi mesi, o almeno quello era un aggiunta, lei stava male perchè non riusciva ad ammettere a se stessa quanto si fosse sbagliata su di Marco, non si dava pace pensando e ripensando alla vera natura del ragazzo che aveva amato, con cui aveva condiviso tre anni della sua vita, con cui aveva convissuto, mangiato, dormito, pianto e, purtroppo per lei, con cui aveva anche fatto l'amore. Non riusciva a realizzare che tutto ciò che aveva provato e sentito, ogni emozione, era soltanto per una maschera che lui si era creato, perchè il vero Marco era tutta un altra persona.

''No Sà, nun ce devi manco pensà. Hai un cazzo de livido sul polso, te lo ricordi?'' Il mio tono era cambiato completamente, seppur non del tutto calmo, ma quello sembrò far cambiare ogni visione alla mia donna, portandola a parlare. Aveva gli occhi lucidi, avvicinò una mano alla mia che io subito afferrai per farle capire che qualsiasi cosa fosse successa adesso c'ero io e nessuno gli avrebbe fatto più del male, sapeva che su di me non c'era modo di sbagliarsi dato che mi conosceva fin troppo bene. Prese un enorme respiro, per poi iniziare a parlare attirando tutta la mia attenzione.

''Voleva solo parlare e io non volevo, quindi mi ha bloccato al muro e mentre mi dimenavo è arrivato Gabriele'' Non era stata di molte parole ma quelle mi erano bastate per far scattare in me quel circuito della rabbia che mi portò ad alzarmi per poi lasciare un bacio sulle labbra della mia donna, sia per calmare lei, sia, forse, per calmarmi io stesso evitando di fare qualche cazzata di troppo, per cui poi, me ne sarei pentito amaramente. Non riuscì più a ragionare tanto che il mio corpo si muoveva da solo, uscendo dall'ufficio di Sara per cercare Marco, che fortunatamente trovai subito, dato che lo vedevo scherzare con una sua collega a pochi passi dalla porta dell'ufficio. Sara, ovviamente, aveva capito le mie intenzioni tanto che la sentivo richiamarmi anche se la sua voce arrivava alla mie orecchie ben ovattata, ormai era la rabbia a controllare il mio corpo e che mi portò ad arrivare a pochi passi dal corpo di Marco.

"C'hai fatto tu alla donna mia?! Abbi il coraggio di parlare e non tirarti indietro." Marco sembrava reticente tanto quanto la mia donna, solo che lei lo faceva per me, lui lo faceva per aizzarmi, aveva in volto un sorrisino strafottente che non vedevo l'ora di togliere e, nonostante avessi cercato di mantere la calma la mia mano si era mossa da sola. Il mio pugno si era poggiato a dir poco violentemente sul naso di Marco e forse gliel'avevo rotto, ma non mi sarebbe affatto dispiaciuto.

''Sara, il tuo ragazzo non sta molto bene'' Marco si era rivolto alla mia donna, mentre lentamente si alzava da terra, che non gli aveva rivolto nemmeno lo sguardo, almeno fino a quel momento in cui si era girata verso il biondo rivolgendogli soltanto un occhiattaccia che esprimevava tutto il suo disprezzo verso quell'uomo, anche se uomo non era proprio il termine corretto da usare per lui. Sara prese la mia mano, era impressionante come bastava il tocco della mia fidanzata a farmi calmare e farmi riacquistare almeno un minimo di lucidità, che mi permise di non andare oltre, lasciandolo inerme a terra.

''L'amici e la donna mia nun se toccano. Ritieniti fortunato che ce sta lei, perchè altrimenti stavolta te ce facevo rimanè qua per terra'' Sara mi trascinò via fino a quando non ci trovammo di nuovo dentro il suo ufficio. Nel corridoio si era formata la calca di gente e la mia fidanzata voleva evitare a tutti i costi che qualcuno avrebbe potuto vedere la scena, qualcuno che si sarebbe divertito a scriverci qualche bell'articoletto. Notai soltanto in quel momento che dalla mia mano usciva del sangue, ovviamente non mio, ma di quel verme che era Marco, anche se le mie nocche erano rosse per tutta la rabbia che ci avevo messo nel tirare quel pugno.

''Nì..'' Avevo le mani tra i capelli e la mascella serrata, ormai il mio corpo era un fascio di nervi. Lei aveva pronunciato quella parola debolmente, impaurita dalla mia reazione e con il timore che potessi prendermela anche con lei, ma nonostante tutto non la feci finire di parlare che decisi di prendere parola.

''Lo so Sà, te prego de nun dì un cazzo'' Sara aveva preso la mia mano e lentamente, ma sopratutto con tutta la dolcezza del mondo, cercava di medicarla. Quando il tuo uomo prende a pugni il tuo ex davanti a tutto l'ospedale dove lavori di certo la cosa non ti fa piacere, nemmeno se il tuo ex è un tipo come Marco, quindi non mi meravigliava il fatto che Sara potesse essere parecchio incazzata, anche se, dalla sua espressione, sembrava più sollevata che arrabbiata, eppure avrei voluto chiudere l'argomento una volta per tutte, sopratutto dato che quello era  l'ultimo giorno in ospedale e, sopratutto, a Roma di Marco, ma tutto ciò avrei voluto farlo tra le mura di casa nostra.

''Andiamo a casa?'' Era riuscita a sorprendermi ancora una volta, dimostrandomi tutta la pazienza che aveva con me, qualsiasi altra ragazza avrebbe perso la pazienza dopo un mese ma lei no, nonostante tutto, io e lei eravamo ancora qui dopo ben quattordici anni, il che mi faceva convincere giorno dopo giorno che lei, era davvero la scelta più giusta che avevo preso in tutta la mia vita tanto da sposarla anche in quell'istante, anche se magari non in ospedale. Sara mi dimostrò di non essere per niente arrabbiata ma bensì di aver bisogno del suo uomo al suo fianco, tanto che non la feci nemmeno finire di medicare la mia mano che la spostai, non senza sentirla borbottare qualcosa di incomprensibile a chi era di madre lingua italiana, per poi prendere il telefono e chiamare Adriano avvertendolo che non sarei riuscito ad andare in studio e chiedendogli se  riuscivano a cavarsela da soli ottenendo come risposta di non preoccuparmi e di prendermi cura di Sara, non che ci fosse bisogno che me lo dicesse lui. Ovviamente Gabriele aveva raccontato il tutto ad Adriano, che difficilmente riusciva a farsi gli affari suoi e vedendo Gabriele con un labbro spaccato, ero pur certo che non si fosse rispiarmato nemmeno una delle sue mille domande.

''Nun so che lingua stai a parlà perchè me pare ostrogoto, ma nnamo a casa piccolè'' Erano appena le dieci di mattina ma la risata di Sara era la cosa più bella che potessi vedere in quel momento, tanto che fece sorridere anche me, fino al momento in cui improvvisamente tornò seria, il che mi fece preoccupare, giusto per qualche secondo, il tempo che passò prima che lei appoggiò delicatamente le labbra sulle mie, ovviamente non persi tempo ad approfondire quel bacio stringendola a me come se fosse la cosa più rara e preziosa che avevo. E soltanto nel momento in cui si era rifugiata tra le mie braccia, sentì tutte le sue paure e preoccupazioni svanire pian piano.



Buonasera, anche oggi pubblicare ad orario normale non mi piace. E' un capitolo abbastanza forte e non è stato facile scriverlo, spero che comunque vi piaccia, ci terrei che me lo facciate sapere se vi va.

@IpocondriaUltimo12 @liliana_lapertosa Grazie, i perché li sapete ♥️🌹

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