UNCONDITIONALLY

By wendygoesaway

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L'amore salva, oppure uccide? ⚠️⚠️⚠️ Trigger warning ⚠️⚠️⚠️ Ci sarebbero un'infinità di motivi per cui inser... More

CAPITOLO UNO - silence
CAPITOLO DUE - rebirth
CAPITOLO TRE - tko
CAPITOLO CINQUE - wake up
CAPITOLO SEI - blind
CAPITOLO SETTE - hurricane
CAPITOLO OTTO - wonder
CAPITOLO NOVE - ruthless heart
CAPITOLO DIECI - rondini al guinzaglio
CAPITOLO UNDICI - monster
CAPITOLO DODICI - fra mille baci di addio
CAPITOLO TREDICI - only for the brave
CAPITOLO QUATTORDICI.1 - stand tall
CAPITOLO QUATTORDICI.2 - stand tall
CAPITOLO QUINDICI - point break
CAPITOLO SEDICI - ghost riders
CAPITOLO DICIASSETTE - fiori di Chernobyl
CAPITOLO DICIOTTO - treading water
CAPITOLO DICIANNOVE - farfalla d'acciaio
CAPITOLO VENTI - city of fallen angels
CAPITOLO VENTUNO - paper moon
CAPITOLO VENTIDUE - l'arte di essere fragili
CAPITOLO VENTITRE - if the world was ending
CAPITOLO VENTIQUATTRO - ENDGAME.
CAPITOLO VENTICINQUE - a forma di origami
CAPITOLO VENTISEI - angels and demons
CAPITOLO VENTISETTE - under my skin.
CAPITOLO VENTOTTO - till the last breath
CAPITOLO VENTINOVE (prima parte) - piccola stella senza cielo
CAPITOLO VENTINOVE (seconda parte) - piccola stella senza cielo
CAPITOLO TRENTA - loner
CAPITOLO TRENTUNO - interlude
for you
CAPITOLO TRENTADUE - la di die
CAPITOLO TRENTATRE - sweet lullaby
CAPITOLO TRENTAQUATTRO - TELL ME ABOUT TOMORROW
CAPITOLO TRENTACINQUE - YA'ABURNEE
CAPITOLO TRENTASEI - NEW MOON
!!!
EPILOGO - BANYAN TREE
GRAZIE

CAPITOLO QUATTRO - dawn

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By wendygoesaway

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Buona lettura! 💘

CAPITOLO QUATTRO - dawn

but you'll never be alone, i'll be with you from dusk till dawn

Benjamin

Mio fratello.
Non potevo crederci.
Mi domandavo come fosse possibile che Ryan fosse a Stratford, e mi domandavo soprattutto perché ci fosse, dato che il suo posto non doveva essere quello. Non doveva essere lì, non doveva avvicinarsi a Katherine ne a nessuno di loro. Cosa era appena successo? Avevo avuto una visione o era lui veramente? Continuavo a non capire, e Victoria mi stava fissando in preda al panico, senza sapere nemmeno lei cosa fare e come comportarsi. Mi alzai di scatto, barcollando e tenendomi la mano sul petto a causa dei dolori improvvisi alla ferita. Presi il cellulare e chiamai Leonard con urgenza e con le mani tremanti, mentre mi avviavo a prendere la pasticca di antidolorifico prescritta dall'ospedale.

Vic era piuttosto confusa e avevo inoltre la sensazione che fosse arrivato il momento della verità, anche se io personalmente non ero ancora pronto a raccontarla. C'erano storie, dentro di me, che le avrei raccontato a cuore aperto, ma la storia del motivo per cui erano quasi tre anni che non lo vedevo non ero ancora pronto a raccontarla. Temevo il momento in cui fosse venuta a saperlo, temevo che non mi avrebbe più guardato nello stesso modo, con quell'oceano di amore che leggevo sempre nei suoi occhi. Ero certo che se lei avesse scoperto cosa era successo davvero quel giorno, avrebbe visto soltanto un oceano di sbagli, un castello di errori che con una folata di vento inaspettata stava per cadere.

Sentii la mano di Vic posarsi sulla mia spalla e subito dopo le sue braccia si strinsero al mio torace e posò la testa sulla mia schiena, stringendomi come se volesse dirmi che sarebbe andato tutto bene, come se stesse cercando di proteggermi dal male. Posai la mano libera sulla sua e mi voltai baciandole la testa mentre aspettavo che Leonard mi rispondesse, cercando disperatamente un suo bacio, che era tutto ciò che sarebbe stato in grado di salvarmi in quel momento. Nonostante mio fratello, mi sembrava di essere incastrato in quel momento con lei, in un limbo temporale in cui esistevamo soltanto noi due. Una bolla d'amore che nessuno sarebbe stato in grado di distruggere. Fu per quel motivo che quando mio padre non rispose, e non lo fece nemmeno mia madre, posai il telefono sul tavolo e tornai a concentrarmi su di lei. Sapevo che voleva che le parlassi, ma in quel momento non volevo assolutamente farlo. Volevo tornare indietro all'ora prima, su quel divano, e rimanere bloccato in quell'ora per tutta la notte, o anche tutta la vita.
E fu proprio quello che feci: la presi per mano, e la portai con me al piano di sopra fermandomi ogni tanto a baciarla sulle scale.

Una volta in camera mia chiusi la porta alle mie spalle e restai a fissare la mia ragazza come se fosse un diamante, il mio diamante, e sperando che brillasse in quel modo per sempre. Victoria piegò la testa di lato, mi fece un timido sorriso e si avvicinò fino a posare le mani sul mio petto e alzandosi in punta di piedi per baciarmi. Prima di farlo mi guardò dritto negli occhi e sollevò le sopracciglia, come se mi stesse chiedendo se fossi sicuro di quello che stavo per fare, e come risposta ottenne un bacio tutt'altro che delicato, tanto che la feci camminare all'indietro e la feci sdraiare sul letto, accarezzandola e amando ogni centimetro del suo corpo con una tale intensità che mi stavo spezzando fra le sue braccia, proprio perché ero certo che lei avrebbe ricongiunto i pezzi.

In quel momento Ryan non contava assolutamente niente, contavano solo i suoi sospiri e i suoi baci da brivido sul mio collo, le sue mani che mi accarezzavano, il mio corpo che si muoveva perfettamente in sincronia con il suo ed il fatto che, anche se sapevo non fosse il momento più opportuno per farlo, non riuscivo a fermarmi.
Più ne avevo più ne volevo, avrei passato la notte così guardando l'alba e amandola ogni secondo di ogni minuto di ogni ora, in silenzio, dichiarandole amore baciandola e intrecciando le nostre dita, facendola diventare parte di me e diventando parte di lei ancora, ancora, ancora e ancora.

Perché io sapevo che la realtà era una sola: ci sarebbe sempre stato un po' di noi nell'altra persona, anche quando non eravamo insieme, eravamo una melodia troppo bella, per essere dimenticata. A volte era un po' triste, ma era comunque la melodia che mi rendeva più felice, e lo sarebbe sempre stata.

***

- Cosa significa che Ryan è qui? - Leonard mi aveva richiamato dopo aver visto le mille chiamate che gli avevo fatto e che avevo fatto anche ad Elizabeth. Era impossibile che lui non lo sapesse.

- Non lo so, papà, dimmelo tu. Te ne stavi occupando tu, io che ne so. - Sbottai scocciato. Victoria, al mio fianco, si stava infilando la mia maglietta e mi fissava con aria preoccupata. Battei le palpebre e le scostai una ciocca di capelli dal viso, attirandola a me e stringendola fra le braccia. Sentivo le sue dita scorrere sul mio petto, accarezzare la ferita, o meglio il cerotto sopra la ferita e la sentii sospirare dolorasamente, così, mentre parlavo con il mio tutore, le baciavo la testa e le accarezzavo la schiena mentre lei nel frattempo si accoccolava a me e mi accarezzava ad occhi chiusi.

- Io non so un cazzo, Benjamin. Lo sai, non sono il suo avvocato, non mi chiamano per ogni cosa. - Lo sentii sospirare dall'altro capo della cornetta, agitato. Sapevo che si stava allentando la cravatta e aveva portato il viso al cielo, come sapevo esattamente quanto fosse una frustrazione per lui il fatto che la gente non facesse quello che gli veniva detto. - Sei sicuro che fosse lui? - Domandò.

- Lo vedo che non sai un cazzo, Leonard. - Sbuffai arricciando il naso. - Ma che diavolo di domanda sarebbe? Secondo te non riconosco mio fratello? -

- Senti fai una cosa... - Lo sentii uscire da una stanza e spostarsi in una più silenziosa. - Che cosa stai facendo adesso? Sei ancora con Victoria? - Chiese.

Riportai gli occhi su di lei che aveva il respiro rilassato e sospettavo si fosse addormentata fra le mie braccia. - Credo stia dormendo. Comunque sì, è qui. - Non volevo dirgli che era letteralmente sopra di me, anche perchè a stare a sentire il dottore avrei dovuto stare a un chilometro da lei per evitare che la situazione mi sfuggisse di mano dato che non dovevo far aumentare le pulsazioni cardiache in nessun modo, ma mi chiedevano un po' troppo, infatti la situazione mi era sfuggita di mano di parecchio e parecchie volte, ma poco m'importava.

- Va a controllare se è davvero lui. -

Quando sbuffai scocciato Victoria si scostò e alzò gli occhi incrociando il mio sguardo, mentre io m'incantai ad accarezzarla delicatamente, come se fosse un piccolo fiore di cui prendersi cura. Mentre la guardavo, mi faceva pensare al fiore di ciliegio: delicato, puro. Simboleggiava la rinascita, quel fiore, ed io ero certo che prima o poi sarebbe rinata, e sarebbe stata più bella e lucente che mai, avrebbe raggiunto il suo massimo splendore proprio nel momento esatto in cui credeva di non farcela più. – Non ho voglia pà – Dissi sconsolato senza smettere di accarezzarla. – Dovrei uscire, andare in un locale, cercarlo... Non mi va, non so se sono pronto a rivederlo. -

- Ti sto chiedendo di andare a vedere se è davvero lui, non devi per forza farti vedere, cercalo e avvicinati senza che lui ti veda, così ti accerti se è Ryan o meno e poi vieni via senza farti vedere. – Per lui era facile, lui se ne stava per i fatti suoi con sua moglie chissà dove a festeggiare con i genitori di quei figli di papà che frequentavano il college insieme a noi. Mi sentì sbuffare ed io sentii lui sospirare, immaginai che stesse alzando gli occhi al cielo, tanto che feci la stessa identica cosa, piuttosto scocciato. – Smettila di fare i capricci, Benjamin. Alzate il culo da quel letto, credo che ci siate già stati abbastanza, andate a cercare Ryan e richiamami. -

Non ammise repliche, tanto che mi attaccò il telefono in faccia e mi lasciò come un fesso a fissare il display. Victoria rimase a guardarmi, attendendo spiegazioni, mentre io volevo soltanto restare a guardarla per il resto della mia miserabile vita. – Dobbiamo andare al locale dove sta quella fessa della tua migliore amica. – Dissi piegando la testa di lato e accarezzandola.

A quel contatto, Victoria piegò la testa in modo da far aderire la sua guancia alla mia mano, facendomi sentire come se avessi un fiore tra le mani. Era la cosa più bella che io avessi mai visto, un'incantatrice nata, una fatina che soltanto guardandola era in grado di farti volare. Aveva gli occhi chiusi, le lunghe ciglia erano illuminate dai raggi della luna, le gote arrossate a causa dell'amore che avevamo appena condiviso, le labbra gonfie dai baci ed il respiro spezzato. Eravamo ancora a stretto contatto, la mia mano libera accarezzava la sua pelle e si fermò sopra al suo cuore, che batteva veloce tanto quanto il mio. Non avrei mai smesso di amarla, di fare quello che stavamo facendo fino a poco prima, mai in tutta la mia vita. – Resta con me stanotte – Sussurrai posando la fronte sulla sua dopo averle lasciato un bacio delicato. Victoria sorrise, poi aprì gli occhi e li incastrò nei miei. Quando mi guardava in quel modo mi scioglievo così tanto che se mi avesse chiesto di buttarmi tra le mie fiamme e morire, lo avrei fatto. Mi domandavo spesso, guardandola, se lei si rendeva conto del modo in cui appariva ai miei occhi, tanto che me li sarei strappato soltanto per farle vedere come la vedevo, per farle capire perché mi aveva rubato il cuore. Ero certo che si sarebbe vista così bella e incantevole, che lei stessa si sarebbe innamorata dell'alone di mistero che la circondava, mostrandola a tutti come una foto sfuocata, che più osservavi più nitida e bella si faceva.

Vic, invece che rispondere, mi stampò un bacio sulle labbra e mi fece crollare all'indietro cascando di schiena sul letto, facendomi ridere e ridendo lei insieme a me. Quelli erano gli unici momento in cui mi era concesso sentire la sua voce, per cui cercavo in tutti i modi di farla ridere, un po' per distrarla e un po' per puro egoismo: ero in crisi dastinenza, sentivo nelle ossa la mancanza della mia canzone preferita, la sua voce. Quel bacio mi bastava come risposta, per cui, dopo averla baciata ancora, ancora, ancora e ancora, trovai la forza di alzarmi dal letto e rivestirmi, senza togliere gli occhi di dosso alla mia ragazza che si stava a sua volta vestendo e preparando per uscire.

- Che palle Vic, non ho voglia di andare a cercarlo per tutto il locale. – Per tutta risposta, Victoria allungò la mano e mi fece un mega sorriso, così la afferrai, intrecciai le nostra dita e uscii di casa sospirando, con la testa che girava al solo pensiero di riavere mio fratello davanti.

In realtà non volevo proprio vederlo, non mi sentivo pronto, non credevo di poter essere in grado di reggere un confronto con Ryan, non in quel momento, non così su due piedi. Non avevo mai pensato a come sarebbe stato rivederlo dopo quel giorno, anche perché non avevo assolutamente pensato all'ipotesi che ci saremmo rivisti. Dopo ciò che era successo, credevo non volesse più vedermi. Io me ne ero andato, avevo deciso di cambiare vita, per me stesso, perché era ora di finirla con tutto quel caos che non faceva per me. Non c'era più niente di ciò che avevamo quando eravamo bambini, nulla della famiglia che avevamo, nemmeno una madre. Mia madre era morta nell'istante esatto in cui aveva scoperto della morte di mio padre e non aveva spicciato parola, non aveva reagito, era stato come se la cosa non la toccasse. Nemmeno una lacrima. Quando tornai a casa, proprio perché lui non c'era più, non mi aveva nemmeno abbracciato. Mi aveva accolto, se così si poteva dire, con una tale freddezza che avevo sentito il gelo in ogni cellula del mio corpo. Avevo sempre saputo che lei non aveva mai accettato il fatto che io avessi scelto mio padre a lei, però credevo che fosse consapevole di avere due figli, non uno soltanto.

Quando entrai al locale mi guardai attorno cercando Kat e Ryan, ma non vidi nessuno. Non avevo granchè voglia di stare lì dentro, ma dovevo comunque fare il giro ed entrare in pista per accertarmi che effettivamente non fossero più lì. Era impossibile che Kat fosse già andata a casa, si fermava sempre fino alla chiusura ed era soltanto luna. Mi voltai a cercare Victoria e quando lo feci la trovai esattamente alle mie spalle che sorrideva guardando incantata il cocktail che stringeva tra le mani. Mi lasciai sfuggire una leggera risatina e scossi il capo domandandomi come diavolo avesse fatto a chiedere il cocktail, ma quando la osservai lei alzò le sopracciglia come se mi stesse dicendo che aveva un talento naturale, cosa innegabile.

In quel momento ripensai alla prima volta che l'avevo vista, senza nemmeno sapere chi fosse, ero così incantato dalla sua aria affascinante che non me ne importava nulla del resto. Me la ricordavo, in mezzo alla pista, il bicchiere con il cocktail sollevato in aria, i pensieri persi nella musica, il suo corpo che si muoveva al ritmo che pareva essere scandito dai miei battiti. I suoi movimenti che mi richiamavano come se lei fosse stata il mio polo opposto, come se non ci fosse nient'altro al mondo che il magnetismo che mi spingeva verso di lei. Non sapevo nemmeno chi fosse ma probabilmente l'amavo già, l'amavo anche quando non la conoscevo, l'amavo nella mia vita precedente, ancora quando non esistevo e lavrei amata anche nelle mie vite future, anche dopo la morte. L'amavo e basta.

Sorrisi, presi la sua mano, e la trascinai in mezzo alla pista, giusto per tornare a quel momento e sollevarle il morale. Eravamo due fiori spenti, non desideravo altro che rinascere insieme a lei, però la vita ci aveva tirato un pessimo scherzo ed avevamo entrambi perso la battaglia, al momento. Mi domandavo soltanto se avessimo avuto, un giorno, un modo per riscattarci.

La osservai sorridere e portare il viso al cielo, mentre le luci stroboscopiche del locale coloravano la sua spenta anima, facendomi pensare che indossasse larcobaleno, che fosse cucito addosso a lei, e che tutto ciò che dovevo fare era starle accanto e seguire i suoi colori ovunque. La feci volteggiare, fece una giravolta e posò le labbra sulla cannuccia, posando poi la testa sul mio petto e lasciando che la circondassi con il mio braccio, mentre le mie labbra sfioravano il suo collo e le facevano venire i brividi. Teneva gli occhi chiusi: una volta mi aveva svelato che quando sentiva delle emozioni forti chiudeva gli occhi, perché aveva la sensazione che poteva godersi di più quelle emozioni se fosse stato tutto spento. Con il passare del tempo scoprii che aveva ragione, perché baciandola avevo capito che se avessi tenuto gli occhi aperti anche solo una volta, non mi sarei goduto quel momento, quel contatto, e quell'amore che scorreva nelle mie vene soltanto stringendola.

Il nostro momento fu interrotto da Vanessa che piombò addosso a Vic ubriaca marcia, alle sue spalle Carter che tentava di sorreggerla e la mia ragazza che la stringeva mentre lei si strusciava con la testa sul suo petto. Carter si avvicinò a me, piegando la testa di lato e stringendo gli occhi a fessura. – Che ci fate voi due qui? Non dovreste stare qui, soprattutto tu. -

Roteai gli occhi al cielo e scossi il capo battendo le palpebre, mentre Victoria mi fece un ceno del capo indicandomi che si sarebbe spostata nel retro con la sua amica, mentre io e il mio migliore amico le seguivamo a ruota. – Sono venuto a cercare una persona. – Risposi sospirando.

Carter corrugò le sopracciglia e mi guardò storto arricciando il naso e leccandosi il labbro. Sapevo che stesse cercando di capire cosa stava succedendo ma daltro canto non mi andava di parlarne. – Chi stai cercando? – Domandò confuso.

- Quando e se lo troverò te lo dirò. – Gli dissi. – Al momento non lo trovo quindi -

La porta alle nostre spalle si chiuse, la musica diventò soltanto un sottofondo e quando mi voltai, o meglio quando ci voltammo, Katherine stava ridendo ed era girata di spalle, accarezzando il petto di mio fratello senza aver fatto assolutamente caso alla nostra presenza. Lui non la guardava, guardava soltanto me, fisso negli occhi per diversi istanti prima di parlare. – Immagino tu stessi cercando me. – Disse alla fine.

- Ryan – Lo guardai come se fosse un fantasma, come se non fosse davvero davanti a me e come se chiudendo gli occhi potessi scacciare la sua immagine. Sbattei le palpebre ma quando le riaprii lo trovai sempre lì, non se nera andato come speravo. – Che ci fai qui? Come mi hai trovato? -

- Ciao fratello – Replicò piegando la testa di lato e facendo un sorriso. Victoria si avvicinò e mi si mi davanti, guardando prima me e poi lui, così per diverse volte. Ryan incrociò il suo sguardo e quando vidi come la stava fissando, distinto, mi piazzai davanti a lei e le strinsi la mano, con forza, fissando mio fratello con gli occhi a fessura. – Che piacere, pensavo fossi morto. – Esclamò tirandosi dritto.

- Speravo mi credessi morto, in effetti. – Replicai sospirando.

- Poi ho ricevuto una telefonata in cui mi dicevano che a quanto pare eri vivo. – I suoi occhi scuri erano fissi su Victoria. La squadrava da cima a fondo, come se fosse stata unopera darte da studiare.

- Chi ti avrebbe chiamato? E soprattutto cosa ci fai qui, non dovresti stare qui. – Sbottai.

- Vedi, se tu ti fossi interessato del sottoscritto sapresti che sono passati praticamente tre anni, poco meno, da quel momento e quindi... - Fece spallucce e sorrise, facendomi intendere che, a quanto sembrava, non era scappato. – Vedo che non sei solo. – Si avvicinò mentre Katherine corrugava le sopracciglia. – Ma che bel fiorellino. -

Allungò la mano per sfiorarle il viso, ma prima che lo fece presi il suo polso e strinsi con forza, così tanta che mi guardò negli occhi e poi posò lo sguardo sulla mia mano che stringeva, sempre più forte. Sapevo che gli stavo facendo male, ma non è che me importasse chissà quanto. – Non ti azzardare a toccarla o a guardarla, nemmeno mezza volta. – Mi voltai verso Carter e lo osservai attentamente, facendogli un cenno con la testa e indicandogli che doveva portare via sia Victoria, che Vanessa, che Katherine. Lui sapeva benissimo tutta la storia di Ryan, non cera bisogno che gli spiegassi nulla, per questo appena capito chi fosse richiamò le sue amiche e impose a Victoria di lasciare la mia mano. Prima che se ne andasse, però, la ragazza si alzò in punta di piedi e posò la fronte sulla mia, sfiorando il mio naso con il suo e stampandomi un delicato bacio sulle labbra. La strinsi unultima volta e la lasciai andare mentre lei, senza darmi le spalle nemmeno una volta, lasciava lentamente la mia mano e uscì dalla porta, rientrando nel locale e andando poi via con Carter.

- Dimmi cosa ci fai qui, chi ti ha invitato, quando sei arrivato e perché mi hai cercato. Credevo di essere stato chiaro lultima volta che ci siamo parlati, o sbaglio? – Domandai piegando la testa di lato e avvicinandomi di un passo.

- Ben, Ben, Ben - Esclamò allargando le braccia e sorridendo ironicamente. Si passò una mano fra i capelli come era suo solito fare e prese a ciondolare un po a destra e a sinistra. Non era molto cambiato dallultima volta in cui lo avevo visto, era il solito Ryan di sempre, a parte i capelli un po più lunghi e lespressione da schiaffi, più di quanto lo fosse mai stata. – Sono anni che non ci vediamo e non mi dai neanche un abbraccio? -

- Non voglio abbracciarti – Risposi. – Voglio che te ne vai e che non torni -

- Quello arrabbiato dovrei essere io. - Replicò piegando la testa di lato. - Sei mio fratello, e non sei mai venuto a trovarmi. -

- Venire a trovarti? Ah perché sarei anche dovuto venire a trovarti? - Domandai sollevando le sopracciglia. - Tu sei scappato, te ne sei andato e mi hai lasciato lì, da solo, come un cane. Avevo diciassette anni Ryan, e tu mi hai lasciato lì da solo pur di non prenderti le tue responsabilità. Dovevo anche venire a trovarti? Ma fammi il favore di sparire dalla mia vista, oltre che dalla mia vita, e di non avvicinarti alle persone che amo. -

- Cosa si presuppone che io dovessi fare? - Chiese avvicinandosi di un passo. Tra me e lui non era sempre stato così, una volta io vivevo per mio fratello, non c'era niente al mondo che non avrei fatto per lui. Ma poi era cambiato, io ero cambiato, le circostanze erano cambiate. Una volta affrontavamo insieme ogni cosa, non c'era nulla che non facevamo insieme, a partire dal frequentare le stesse persone, nonostante fosse una cosa di relativa importanza e nonostante la differenza di età fra di noi. Ryan era il mio modello di vita, la persona che avrei seguito ovunque, sempre e per sempre, ma quando ero andato via con mio padre, le cose erano cambiate e la mamma non collaborava. Avevo scoperto per caso ciò che faceva, mi aveva chiesto aiuto, e io avevo accettato perché era mio fratello, ma poi era degenerata la situazione, tutto gli era sfuggito di mano e chi doveva rimetterci, secondo lui, ero io. - Eri il più piccolo, anche volendo non avrebbero potuto farti niente. -

- Tu hai la vaga idea di quello che stai dicendo? No dico, te ne rendi conto? - Esclamai. - Tu sai cosa è successo dopo? Sai perché sono finito dai Woods e come ci sono finito? No che non lo sai, perché non te n'è mai fregato un cazzo di me e di quello che mi succedeva, perché tu sei fatto così. Sei egoista, e lo sarai per sempre. Morirai da solo Ryan, perché se non impari a prenderti le tue responsabilità, riconoscere i tuoi errori, se non cambi, finirai per perdere tutto. Anzi, hai già perso tutto, perché io non voglio più saperne di te. -

- Quanto la fai drammatica, Dio mio. - Sbottò mio fratello. Quella sua aria superficiale era una cosa che avevo sempre odiato: sembrava sempre che a lui non importasse di niente e di nessuno, come se nulla lo toccasse o scalfisse. Si credeva invincibile, era una vita che pensava di essere indistruttibile, ma non sapeva che in realtà era sempre stato l'anello debole. La convinzione distrugge, rovina, fa male.

- Hai più sentito la mamma? L'hai più vista? Sai se è viva o morta? Sai dove è? Con chi è? - Gli domandai sollevando le sopracciglia. - Non che non lo sai perché te ne sei sempre fregato. Non te n'è mai importato nulla delle conseguenze delle tue azioni. -

Ryan scoppiò a ridere e scosse il capo mordendosi il labbro. - Tutto ciò che ho fatto, l'ho fatto per lei. Ricordatelo. -

- Ah sì? Che strano modo di aiutare, di dimostrare amore. - Dissi ironicamente alzando le braccia. - Dimmi un po', figlio prediletto, dove sta la mamma adesso? -

Ryan mi guardò dritto negli occhi e serrò la mascella come se avessi toccato il tasto dolente della situazione. Tutti avevano paura di mio fratello, persino mia madre alle volte, ma a me non intimidiva assolutamente. A me face innervosire il suo egocentrismo, voleva apparire come una persona che non era, qualcuno di misterioso, quando in realtà non era così. Era soltanto un viscido egoista, il suo ego, il su orgoglio, dovevano venire prima di qualsiasi altra cosa, anche della sua famiglia, di me, di nostra madre. Lei era una persona così autodistruttiva, quasi quanto Victoria, con la sola differenza che si autodistruggevano in modo completamente differente. Lo avevo capito fin dal momento in cui, quando aveva divorziato, si era messo con quell'essere viscido di nome Isaac. Isaac era un uomo il cui unico passatempo era il poker e lo spaccio di droga, oltre che le strisce che sniffava prima di una partita. Il problema di base era che nel momento in cui si trasferì a casa nostra, quella diventò un casinò. Sera sì e sera no venivano diversi uomini a giocare, e mia madre era la loro stripper, in pratica. Portava stuzzichini, riempiva i bicchieri, svuotava i posacenere e camminava per la casa indossando baby doll, come se si trovassero in un night club a giocare a poker. Era per quel motivo, per tutto quello schifo, se alla fine avevo deciso di trasferirmi da mio padre. Io odiavo Isaac con tutto il mio cuore e non capivo davvero come mio fratello potesse vivere in quella casa, ma dopo la morte di mio padre, dopo essere tornato, avevo capito. - Vedi che non rispondi? - Esclamai. - Ti sei mai preoccupato di cercarla, di sapere che fine avesse fatto, di sapere se Isaac le avesse fatto del male, oppure se lo avesse cacciato? No, ovviamente no. -

- E come pensi che potessi farlo? - Gridò sopra di me imponendomi di stare zitto. - Io ero in prigione Benjamin, non ero per i fatti miei a grattarmi la pancia! E tu, tu che sei mio fratello, in due anni, non sei mai venuto a trovarmi, mai una cazzo di volta. Io capisco tutto, capisco che quello che ho fatto sia sbagliato, ma potevi venire a chiedermi come stavo, soltanto una volta, non mi sembrava la fine del mondo! - Tuonò.

- Ma se non sai nemmeno cosa sia successo dopo, che cosa parli a fare Ryan! - Urlai a mia volta. - Cosa cavolo pensi che abbia lasciato la mamma a morire in quel tugurio? Questo è ciò che davvero pensi? Veramente? -

- Onestamente Benjamin? - Sollevò le sopracciglia incrociando le braccia al petto e tirando su con il naso. - Sì, sì è proprio quello che penso, dato il posto in cui vivi adesso, dato le persone dalle quali sei circondato. Non mi piacciono i figli di papà, lo sai bene, e vedere che mio fratello fa parte di un gruppo di persone che per tutta la vita non ha fatto altro che calpestarci, mi fa un po' pena. -

- Stai zitto, cazzo. Stai zitto. - Sbottai dandogli le spalle e stringendo i pugni fra i miei capelli.

- Stai zitto perché? - Chiese ridendo. - Hai dimenticato tutto? Ti sei dimenticato dei corridoi della scuola, dove eravamo l'attrazione principale per i bulli? Dov'è finito il fratello umile che ho sempre visto in te? Dov'è finito il fratello che faceva di tutto per me, anche quando non lo chiedevo? Dov'è finito il Benjamin che viveva giocando a pallone per strada, insieme ai suoi amici? Quello che lavava i vestiti ogni giorno perché non poteva permettersene altri? Dove sta? Perché io non lo sto vedendo in questo momento. -

- I Woods mi hanno salvato la vita, Ryan. - Risposi stringendo i denti. - Mi hanno salvato dalla strada, mi hanno salvato da te. Tu mi hai lasciato solo in mezzo alla strada, e sei scappato. Ti sei dimenticato di avere un fratello nel momento in cui più te ne conveniva. Un fratello che ti ha sempre dato tutto e ha fatto di tutto per te, anche ciò che non avrebbe dovuto fare, immischiandosi dove non avrebbe dovuto immischiarsi. I Woods mi hanno salvato, che ti piaccia o no, sono la mia famiglia adesso. -

- E di me ti sei dimenticato? - Domandò con gli occhi lucidi. - Della mamma, te ne sei dimenticato? -

- Come potrei dimenticare mio fratello e mia madre. Chi pensi che sia Ryan? Sono sempre lo stesso di quando eravamo bambini. - Dissi arricciando il naso.

- Non è vero. - Piegò la testa di lato e sorrise amaramente. - Tu mi odi, lo vedo che mi odi. -

- Io non ti odio. - Dopo aver sentito le sue parole mi si era fermato il cuore: non avrei mai potuto odiarlo. - Come potrei odiarti? Sei mio fratello, sangue del mio sangue. -

- E allora perché non sei mai venuto a trovarmi? - Domandò con gli occhi tremanti.

Era così strano averlo davanti di nuovo, potergli parlare e sentire la sua voce ancora. Non avrei mai pensato che un momento del genere sarebbe potuto esserci, però mio fratello era proprio davanti a me, proprio in quel momento. - Io non lo so. Ero arrabbiato, triste, solo. Poi ho - Scossi il capo e sospirai rumorosamente sbattendo le palpebre freneticamente, come se quel movimento potesse darmi la certezza che lui non era una visione, ma era realmente lì. - Poi ho incontrato Victoria e... E tutto è diventato un casino. Non ho più avuto la possibilità di pensare a te, o a me, o a ciò che era successo, o alla mamma e ad andare da lei. Ho chiesto a Leonard di cercarla, lui l'ha trovata e ha l'indirizzo, da tempo. Mi ha detto che quando sarei stato pronto me lo avrebbe dato e mi avrebbe accompagnato da lei. Non ho mai smesso, mai, di amarvi, di pensare alle mie origini, nonostante non sia mai venuto a trovarti. Sono successe cose che tu non puoi nemmeno immaginare, Victoria è diventata la mia priorità su ogni cosa, ma non ho mai smesso di pensare a te, a come stavi e a come stava la mamma. Nonostante fosse passato tutto in secondo piano per altri motivi. -

- Vuoi davvero che me ne vada? - Mi domandò. - Se è quello che vuoi lo farò. Voglio solo che tu sappia che mi dispiace, per tutto quanto. Che ogni giorno, in quel buco, pensavo soltanto a te e a quanto ti avessi deluso, invece che prendermi cura del mio fratellino come avrei dovuto fare. Mi piacerebbe tentare di sistemare lo cose, provare a... Non so, recuperare il nostro rapporto. -

- Dammi tempo, Ryan. Te l'ho già detto, sono successe tante cose, e io ho bisogno di respirare un attimo. Non so se voglio davvero che tu te ne vada. - Ero sincero, perché nel profondo del mio cuore mio fratello mi era mancato. Però sapevo com'era fatto, sapevo quanto fosse abile nel mentire, e non mi fidavo per niente di lui. Avevo bisogno di tempo per pensare, per riflettere, per capire tante cose. Ero quasi morto, c'erano in ballo troppe cose e troppi casini da risolvere, dovevo respirare e tornare a camminare, prima di poter correre. - Te lo chiederò per l'ultima volta e voglio che tu sia sincero: cosa ci fai qui? Cosa sei venuto a fare? Hai bisogno di aiuto, di soldi? -

Ryan mi guardò dritto negli occhi, e prima di rispondere si soffermò a pensare. C'era qualcosa, me lo sentivo nel profondo delle viscere, che mi stava nascondendo qualcosa, lo sentivo che stava mentendo, che non mi stava dicendo delle cose, non riuscivo a fidarmi. - Niente. - Rispose qualche istante dopo. - Non mi serve niente, te lo giuro. Sono venuto soltanto per te. Fidati di me, almeno stavolta, ti prometto che non ti deluderò, permettimi di restare, di entrare a far parte della tua vita di nuovo. -

Non riuscivo a rispondere, lo guardavo soltanto negli occhi, cercando di leggerci dentro per provare a capire se mi stesse dicendo la verità. Avrei voluto credergli, lo avrei voluto davvero, ma non ce la facevo. C'era qualcosa nella mia testa che urlava che non mi sarei dovuto fidare, qualcosa che mi diceva che avrebbe portato guai, eppure non riuscivo a lasciarlo andare via così.
Mi ritrovai perciò ad annuire, nonostante la poca convinzione, e mi ritrovai fra le sue braccia, mentre rideva allegro e mi stringeva come quando eravamo bambini. Io ero fermo e lo lasciavo fare, mentre il mio cervello continuava a gridare che fosse sbagliato, ma alla fine cedetti e lo abbracciai a mia volta, perché mi era comunque mancato.

Uscii dal locale con un altro peso sul cuore, con un pensiero in più e un guaio in più perché era questo che era Ryan Sanchez: un guaio ambulante, una bomba ad orologeria.

Lo osservai allontanarsi tenendo le mani in tasca, convinto che lo avrei rivisto a breve. Scossi il capo e tirai su con il naso, mordendomi il labbro e estraendo il telefono dalla tasca componendo il numero di Leonard. - Ciao, sono io. - Dissi quando rispose. - è lui, è proprio lui. Sembra che abbia scontato la pena o qualcosa del genere. - Leonard rimase in silenzio, ma sentii i rumori sotto che indicavano sospiri confusi e pensierosi. - Ho soltanto una cosa da chiederti: aiutami a tenerlo d'occhio, perché nasconde qualcosa. -

Al suo silenzio non dissi altro, chiusi la telefonata e tornai sui miei passi, andando dalla parte opposta per tornare a casa, ma quando mi voltai trovai lei, seduta sulla panchina ad aspettarmi in silenzio, con una sigaretta sulle labbra e gli occhi fissi su di me. Aveva la testa piegata di lato e un sorriso dipinto sulle labbra. Mi avvicinai a lei e m'inginocchiai ai suoi piedi facendomi sufficientemente vicino da poter posare la fronte sulla sua e accarezzarla.

Victoria gettò il mozzicone a terra e accarezzò il mio viso, mise un braccio dietro al mio collo e mi abbracciò con forza. Posai poi la testa sulle sue gambe, sedendomi in terra e sentendo solo in quel momento, soltanto mentre lei mi accarezzava la testa, un estremo bisogno di piangere, che non riuscii proprio a respingere.

Fu così che passammo il resto della notte, attendendo l'alba: lei seduta su quella panchina, io seduto per terra coccolato dalle sue mani fra i miei capelli, e i suoi baci silenziosi quando mi sentiva singhiozzare. In quel momento di buio totale, di crisi profonda, pensavo soltanto a quanto lei e il suo amore, fossero la mia luce, la mia alba.

_____

Hello lovely peopleeeee
scusate il ritardo ma sono alle prese con l'editing di un altro libro per il cartaceo e in più ho avuto dei giorni abbastanza difficili.
Spero che il capitolo vi piaccia ugualmente e che non mi odierete per questo ritardo.

Vi voglio bene
Ila
x

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