MAYBE YOU

Par crystal_blue00

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𝑇𝐻𝐸 "π‘Œπ‘‚π‘ˆ" 𝑆𝐸𝑅𝐼𝐸𝑆 #1 Blaire ha perso tutto e si trova bloccata in un limbo di dolore da cui uscir... Plus

Capitolo primo *Blaire*
Capitolo secondo *Boyd*
Capitolo terzo *Blaire*
Capitolo quarto *Boyd*
Capitolo quinto *Blaire*
Capitolo sesto *Blaire*
Capitolo settimo *Boyd*
Capitolo ottavo *Blaire*
Capitolo nono *Boyd*
Capitolo decimo *Blaire*
Capitolo undicesimo *Boyd*
Capitolo dodicesimo *Blaire*
Capitolo tredicesimo *Blaire*
Capitolo quattordicesimo *Boyd*
Capitolo quindicesimo *Blaire*
Capitolo sedicesimo *Boyd*
Capitolo diciassettesimo *Blaire*
Capitolo diciottesimo *Blaire*
Capitolo diciannovesimo *Boyd*
Capitolo ventesimo *Blaire*
Capitolo ventunesimo *Boyd*
Capitolo ventiduesimo *Blaire*
Capitolo ventitreesimo *Blaire*
Capitolo ventiquattresimo *Boyd*
Capitolo venticinquesimo *Blaire
Capitolo ventiseiesimo *Boyd*
Capitolo ventisettesimo *Boyd*
Capitolo ventottesimo *Blaire*
Capitolo ventinovesimo *Blaire*
Capitolo trentesimo *Boyd*
Capitolo trentaduesimo *Blaire*
Capitolo trentatreesimo *Blaire*
Epilogo *Boyd*

Capitolo trentunesimo *Blaire*

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Par crystal_blue00

Passarono due giorni senza che io avessi sue notizie: né una chiamata, né un messaggio, niente di niente.

Sapevo di avergli fatto capire in tutti modi che tra noi era finita, ma ero volubile, stupida e ancora estremamente volubile: non ero ancora pronta al fatto che lui rinunciasse del tutto a noi.

Ero cosciente di avergli spezzato il cuore quella maledetta sera del bacio in macchina, ma non sapevo cosa mi fosse preso. 

Era come una calamita per me ed averlo così vicino dopo tanto tempo, mi aveva dato alla testa.

I suoi occhi così pieni di speranza mentre mi stringeva... non me li sarei mai scordati.

In un primo momento avevo creduto che farlo soffrire mi avrebbe fatto stare meglio, forse per un perverso meccanismo di compensazione, ma avevo scoperto che erano tutte cavolate.

Se avvertivo il suo dolore, stavo possibilmente peggio.

Finii di passare l'aspirapolvere in cucina e mi diressi in bagno per fare una doccia, ma il mio telefono si animò improvvisamente. 

Fui tentata di ignorarlo, ma alla fine il buonsenso vinse sulla mia pigrizia ed accettai la chiamata che proveniva da un numero sconosciuto.

"Pronto?"

"Bee! Per fortuna hai risposto, sono Luke. Ti ricordi di me?" esclamò una voce profonda, che collegai immediatamente all'amico di Boyd pieno di tatuaggi e dal carattere esuberante.

"Hey Luke, certo che mi ricordo. Come ti posso aiutare?" chiesi io, sedendomi sul bordo della vasca da bagno.

"Blaire, so che è un enorme favore quello che ti sto chiedendo, soprattutto ora che tu e Boyd non state più insieme, ma avrei bisogno che tu facessi un salto a casa sua per controllare"

"Controllare cosa?" chiesi io, stupita dalla richiesta.

"Cazzo, non so come dirtelo... Boyd non risponde né me né a Chloe da tre giorni. Non è da lui e siamo molto preoccupati. Ovviamente andremmo noi, ma siamo bloccati ad Orlando e non ci sono aerei disponibili fino a venerdì" mi spiegò.

Il mio cuore ebbe un sussulto mentre analizzavo le sue parole e dovetti fare un respiro profondo per calmarmi: Boyd non aveva smesso di sentire solo me, ma anche sua sorella e il suo migliore amico.

Poteva essergli successo qualcosa?

Dio, ti prego, ti prego fa che stia bene...

"A quando risale l'ultima volta che l'hai sentito?" chiesi, cercando di tenere ferma la voce.

Mi tremavano le mani mentre la mia mente cominciava ad analizzare tutti gli scenari più terribili.

"Dopo che l'hai riportato a casa dalla festa. L'ho chiamato perché speravo foste riusciti a parlare, ma quando mi ha risposto ho subito capito. Mi sono proposto di andare da lui, ma mi ha detto che preferiva stare da solo e da quel giorno ha smesso di farsi sentire. L'avrò chiamato qualcosa come duecento volte... non so cosa fare, cazzo" disse agitato e lo immaginai a camminare su e giù per la stanza.

Oddio, un'altra volta era colpa mia.

Aveva smesso di rispondere dopo che io lo avevo respinto e mi si riempirono gli occhi di lacrime mentre mi portavo una mano davanti alla bocca.

"Mi dispiace tanto... è tutta colpa mia" riuscii a sussurrare nel telefono, sentendomi un'idiota.

"Hey Bee, no! Non dirlo nemmeno per scherzo! Chiunque capirebbe la tua posizione, ha fatto ciò che ha fatto e ti ha perso. Non è colpa tua" mi consolò lui, parlandomi dolcemente.

Il cuore mi martellava nel petto mentre pregavo tutti i santi del Paradiso che stesse bene.

Se gli fosse successo qualcosa... Se lui...

L'unica cosa che sapevo, era che non potevo vivere in un mondo in cui lui non c'era.

Anche se mi aveva mentito e tradito, anche se odiavo quello che mi aveva fatto.

Il mio amore per lui superava ogni cosa.

"Non ho le chiavi del suo appartamento, Luke" dissi, recuperando un po'di sanità mentale.

Dall'altro capo della linea sentii un sospiro di sollievo:

"Ci andrai, quindi? Dannazione, Blaire, grazie mille! Mi occupo io di telefonare al portiere, tu entra dall'ingresso principale e dii che sei lì a nome di Luke Walker"

"Va bene" conclusi, scattando in piedi.

Ci salutammo, lui mi ringraziò ancora e poi riattaccai.

L'ansia sembrava divorarmi da dentro: mi attanagliava lo stomaco e i pensieri, non riuscivo ad ignorare le fitte di paura alla pancia mentre mi vestivo in velocità e mi infilavo le scarpe.

Dovevo scoprire quello che stava succedendo al più presto e tranquillizzarmi, così evitai di andare a piedi e chiamai un taxi, che mi portò alla meta in pochi minuti.

Entrai dall'ingresso principale del palazzo e fui accolta da un portiere in divisa blu, che appena mi vide, si alzò in piedi.

"Buongiorno, signorina. Posso aiutarla?" mi chiese con un sorriso gentile.

Era un anziano signore ben oltre alla sessantina, con radi capelli grigi tirati all'indietro e degli occhialetti tondi poggiati sul naso adunco.

"Sono Blaire Cannon, il mio amico Luke Walker deve averla chiamata poco fa per avvisarla del mio arrivo" spiegai, ricambiando il sorriso.

"Oh, certo! Ho ricevuto poco fa la chiamata del signor Walker e sono contento che lei sia passata a controllare. È strano che il signor Newmann resti serrato a casa per giorni, solitamente esce a correre la mattina all'alba, puntuale come un orologio" esclamò, aprendo un cassetto e afferrando un mazzo di chiavi.

Non appena vide l'evidente stato di agitazione che mi pervadeva, si affrettò ad aggiungere: 

"Ma sono più che certo che starà benissimo e che le nostre preoccupazioni saranno presto smentite!"

Mi sorrise in modo rincuorante e io non potei far altro che ricambiare nuovamente con tutta la convinzione di cui fui capace.

Girò il bancone e mi si avvicinò, dirigendosi poi all'ascensore con me al seguito.

Avevo il cuore a mille mentre vedevo i numeri dei piani aumentare sul display dell'ascensore e la paura mi attanagliava talmente lo stomaco, che quando le porte metalliche si aprirono, scattai fuori e corsi verso la sua porta.

Il portinaio mi raggiunse quasi subito e, afferrato il grande mazzo, aprì la porta dell'appartamento a prima vista deserto.

"Boyd?" chiamai subito una volta entrata, cercandolo con lo sguardo.

La casa inghiottì la mia voce e mi restituì solo un silenzio che mi attorcigliò le budella.

"Boyd!" urlai di nuovo, con il panico nella voce.

Il portinaio mi toccò il braccio per richiamare la mia attenzione e mi indicò la poltrona in fondo al salotto, da dove in effetti spuntavano dei capelli scuri.

Mi precipitai verso quella direzione e il mio cuore ebbe un sussulto quando lo vidi: era abbandonato sul morbido tessuto, gli occhi chiusi e un livido violaceo sulla fronte.

Intorno a lui erano sparse numerose bottiglie vuote di birra, vino e whisky economico.

Mi coprii la bocca con la mano e un singhiozzo di stupore e dolore mi salii in gola, ma mi ricordai della presenza del portinaio e cercai di agire il più razionalmente possibile.

Gli afferrai il viso tra le mani e lo scossi leggermente:

"Boyd, mi senti? Sono Blaire. Svegliati, ti prego" mormorai, con la voce che mi tremava.

Mi accostai al suo viso per controllare che respirasse e quando me ne accertai, quasi piansi per il sollievo.

Mi sentivo così colpevole...

Quello non era il mio Boyd: quel ragazzo privo di conoscenza e distrutto dall'alcool non poteva essere lui.

Andai verso la cucina e bagnai un panno d'acqua fresca, per metterglielo sulla fronte.

"Signorina, vuole che chiami il 911?" si intromise il mio accompagnatore, rompendo quel silenzio quasi irreale.

Ero sul punto di accettare, ma quando appoggiai il panno sulla sua pelle bollente, Boyd emise un mugolio che mi ridiede speranza.

"No, nel caso lo farò io tra qualche minuto. Grazie mille per l'aiuto" risposi, sorridendogli il più sinceramente possibile.

Il mio cuore era in pezzi, in pezzi microscopici.

"Come preferisce, signorina. Buona fortuna e per qualsiasi cosa non si faccia problemi a chiamarmi"

Detto ciò se ne andò chiudendo la porta dell'appartamento dietro di sé.

Mentre gli passavo il panno su tutto il viso per cercare di rinfrescarlo, mi sentivo morire dentro: perché si era ridotto così?

Non potevo sopportare l'idea di lui che beveva fino a svenire. Di lui che si faceva deliberatamente del male.

Singhiozzai e gli accarezzai il viso che, mio malgrado, tanto amavo.

"Fragolina..." biascicò piano, con gli occhi chiusi, riscuotendomi immediatamente.

Aveva la voce talmente roca da sembrare appena udibile, eppure lo sentii come se avesse urlato.

"Sono qui" confermai e lui aprì di scatto gli occhi velati.

Allungò una mano verso di me, ma mancò la mira e non mi toccò.

Cercò di sedersi dritto, ma perse l'equilibrio e lo afferrai prima che cadesse.

"Stai fermo!" lo ammonii, ma lui sembrò non sentirmi.

"Fragolina, mia fragolina... sei qui" biascicò ancora, mentre gli occhi gli si chiudevano di nuovo.

"Ti devo portare a letto" dissi, più a me stessa che a lui.

Cercai di alzarlo, ma gli sollevai solo il braccio.

Era almeno una trentina di centimetri più alto di me e pesava approssimativamente il doppio, quindi avevo bisogno che mi aiutasse.

"Si, andiamo a letto, amore" biascicò ridacchiando ed io alzai gli occhi al cielo.

"Avanti, muoviti: aiutami e cerca di alzarti"

Lo tirai per entrambe le braccia e lui si diede una spinta in avanti, così miracolosamente riuscimmo nell'impresa.

Lui mi si appoggiò addosso e seppellì il viso nel mio collo, mentre io lo sorreggevo.

"Non sai quanto ti ho sognata... c'eri solo tu. Ci sei sempre solo tu. È un inferno, cazzo" farneticò, mentre lo trasportavo verso la camera da letto.

Cercai di farmi scorrere addosso le sue parole.

È ubriaco, continuavo a pensare.

Tutto ciò che dice è influenzato dall'alcool.

Con uno sforzo immane e barcollando per il peso, riuscii a trasportarlo fino in camera e a distenderlo sul letto.

Lui si abbandonò con la testa sul cuscino e richiuse immediatamente gli occhi, così ebbi un attimo per guardarmi intorno e riprendere fiato: le varie volte in cui ero stata in quella stanza, mi si era sempre presentata in ordine perfetto, invece quella volta sembrava fosse passato un tornado.

Sul pavimento erano disseminati una quantità disparata di vestiti, come se qualcuno in preda alla rabbia gli avesse lanciati alla rinfusa fuori dall'armadio.

Boyd era ancora disteso sul letto con gli occhi chiusi e nella stanza era caduto il silenzio, così mi curvai a raccogliere le t-shirt da terra e iniziai a piegarle, giusto per tenermi occupata.

"Le lenzuola non hanno più il tuo profumo. Devi tornare a dormire con me" disse all'improvviso, facendomi sobbalzare.

Misi l'ultima maglietta impilata insieme alle altre nell'armadio e sospirai, giusto per contenermi.

"Boyd, sono venuta qui perché Luke e Chloe volevano sapere se tu stessi bene, tra noi non è cambiato nulla" mormorai, girandomi a guardarlo appoggiata contro l'armadio.

"E a te? A te interessa sapere come sto?" mi chiese, e mi parve così indifeso che dovetti trattenermi per non correre ad abbracciarlo.

"Ma certo. Ci tengo a te, lo sai" mormorai.

Lui parlò senza distogliermi lo sguardo di dosso per un millisecondo, come se volesse imprimersi nella mente ogni mio dettaglio:

"Mi ami?" chiese alla fine e i miei battiti cardiaci aumentarono così tanto, che temetti il cuore mi uscisse dal petto.

"Boyd..."

"Mi ami, Blaire?" chiese in un tono disperato, quasi supplichevole, come se aspettasse quella risposta per poter continuare a respirare.

Venire in quell'appartamento era stata la peggiore idea che potessi avere.

Ero ancora troppo innamorata, ogni sua parola era come un coltello che affondava senza pietà nella mia carne, ed ero sicura che non ne sarei uscita indenne.

Si crede che il cuore possa spezzarsi una volta sola : ebbene, non è così.

Il mio cuore continuava a spezzarsi in continuazione, sentendo l'urgenza e la disperazione che grondavano dalla sua voce.

Soffocai le lacrime e non risposi.

Lui mi guardò ancora per un attimo e poi, quando capì che non gli sarebbe giunta risposta, cercò di alzarsi dal letto, ma io gli fui subito accanto.

"Che diavolo cerchi di fare?" urlai, mentre con le braccia cercavo di tenerlo disteso.

"Ho bisogno di bere" mormorò lui, senza riuscire a guardarmi.

Spalancai gli occhi e lo mollai solo per tirargli uno schiaffo in pieno volto, accecata dalla rabbia:

"Mi prendi per il culo? Ti ha dato di volta il cervello, per caso? Ti sei quasi ucciso a forza di sbronze. Cos'è che vuoi? Vuoi finire in coma? Vuoi passare direttamente sotto terra?" urlai fuori di me, con le guance in fiamme.

"Voglio dimenticare, cazzo! Dimenticare te per solo un paio d'ore. Cristo santo, chiedo troppo?! Ma sei dappertutto, fuori e dentro di me! Cosa devo fare? Dimmi. Ti prego, dimmi che cosa devo fare per smettere di pensarti, perché io non ne sono capace. Sei la mia vita, Blaire, non posso vivere senza di te, cazzo. Non più, non ora che ho provato a vivere con te" urlò lui di rimando, riuscendo a mettersi seduto.

A quelle parole mi sentii andare in pezzi, fu come se la mia anima si sgretolasse e caddi in ginocchio davanti a lui, in lacrime.

Era tutto troppo.

Non riuscivo a gestire quelle emozioni che mi sommergevano, come onde che non trovavano mai pace. 

Le boccate d'ossigeno erano troppo brevi, non mi bastavano per restare in vita.

Non appena si accorse di quello che aveva fatto, cercò di accarezzarmi la testa, ma la vista doveva essergli ancora offuscata, perché la mancò.

Alla fine mi prese le guance tra le mani e me le accarezzò con i pollici, asciugandomi delicatamente le lacrime.

"Mi... mi dispiace, Blaire. Non volevo urlare, perdonami. Ti prego, piccola, non piangere" disse poi, con voce affranta.

Mi asciugai le lacrime e mi staccai dalle sue mani, benché desiderassi soltanto raggomitolarmi più vicina a lui possibile.

Trovai il coraggio e alzai lo sguardo, fino ad incontrare il suo:

"Un giorno troverai qualcuno da amare e che ti amerà. Forse noi non eravamo al momento giusto, non eravamo pronti, ma tu sei un ragazzo speciale e sarai felice con quella che sarà l'amore della tua vita. E lei ti amerà, Boyd, perché tu sei capace di farti amare. Ti amerà come ti ho amato io" mormorai, facendomi una violenza.

Pronunciare quelle parole fu l'equivalente di passarsi un rasoio sulla lingua, ma dentro di me sapevo che erano le uniche che ci servivano.

Un'altra avrebbe preso il mio posto, perché ragazzi come lui erano fatti per essere amati.

L'avrebbe amato fino a fargli dimenticare di me. Lo sapevo e quella consapevolezza faceva un male cane, perché ero consapevole del fatto che io, invece, non avrei mai più amato nessuno così tanto.

Mai più in quel modo così totalizzante ed incondizionato.

Boyd scosse la testa e mi guardò come se la sola ipotesi lo spaventasse a morte:

"Come puoi pensare questo? Come può solo venirti in mente che io mi innamori di un'altra? Cristo, Blaire: io ti ho dato tutto. Nessun'altra potrà avere il mio cuore, perché lo hai tu. Né la mia anima. Né i miei pensieri. Dio, né il mio corpo. L'amore della mia vita sei tu! Sei la mia migliore amica, la mia amante... sei tutto per me, Blaire. Senza di te non sarò mai felice, ma sono disposto a rinunciare alla mia felicità se questo significa permetterti di avere la tua"

Le lacrime avevano ricominciato a scorrere sul mio viso mentre riflettevo sul fatto che l'amore era il peggior affare in cui ci si potesse invischiare.

Una volta che eri nel vortice, non ne uscivi.

Sfortunatamente io ero innamorata di lui. Lo ero stata e avrei continuato ad esserlo per il resto della mia vita.

"È l'alcool a parlare" sussurrai, non rendendomi nemmeno conto di ciò che usciva dalla mia bocca.

Ma quando incrociai i suoi occhi disperati e stanchi, quando vidi sul suo volto scavato ciò che io gli stavo facendo passare, ogni ragionamento evaporò dal mio cervello e senza riflettere, unii in un impeto le nostre labbra, buttandogli le braccia al collo.

Boyd gemette nella mia bocca e mi afferrò immediatamente i fianchi, distendendosi sul letto e trascinandomi con sé.

I nostri baci erano bagnati di lacrime, ma non avrei saputo dire con esattezza se fossero state le mie o le sue.

Era un disastro, era tutto sbagliato, ma per la prima volta dopo giorni mi sentii a casa, come se tutto dentro di me fosse tornato al suo posto.

I vestiti volarono via, in quel momento erano solo un ostacolo per i nostri corpi che avevano bisogno di tornare a respirare insieme.

Restammo solo io e lui, ad amarci guardandoci negli occhi, comunicandoci con gli sguardi ciò che con le parole non saremmo mai riusciti ad esprimere.

Era masochistico, ma quando ci stendemmo uno accanto all'altra con il respiro affannoso, non desiderai di essere in nessun altro posto ad eccezione di quel letto, tra le braccia di quel ragazzo.

"Ti amo talmente tanto" mormorò Boyd, intrecciando le dita alle mie e portandosele alla bocca per baciarle.

Tutto sarebbe stato più facile se avessi dimenticato ciò che mi aveva fatto e fossi tornata con lui, ma sapevo di non essere ancora pronta.

Il mio cuore poteva dimenticare, ma la mia mente non ero certa lo potesse fare.

Aveva riferito ad uno psicologo ogni mossa o azione che avevo fatto in quei mesi di relazione, aveva agito come lo psicologo gli diceva di agire, ingannandomi per tutto il tempo.

Gli avevo aperto me stessa, confidandogli cose che nessun altro al mondo sapeva e lui le aveva passate sotto banco, usandomi.

Non potevo passare sopra a tutto quello.

Non ancora.

Non ero pronta.

Staccai la mano dalla sua e mi alzai, cominciando a raccogliere i miei vestiti disseminati sul pavimento e ad indossarli.

"Devo andare" dissi senza guardarlo.

Se solo avessi alzato lo sguardo verso di lui, sapevo che la mia determinazione sarebbe venuta meno.

"Ti prego, non farlo" implorò, scattando a sedere e guardandomi con gli occhi che ormai non erano più velati, ma limpidi e vigili.

Si alzò e si infilò i boxer, cercando di venire verso di me, ma lo fermai prima che mi raggiungesse:

"Quello che abbiamo fatto è stato un terribile sbaglio che non si ripeterà. Sono stata debole, ma ora me ne devo andare. Ricordati di chiamare Luke e di rassicurarlo"

Mi infilai la maglietta e presi la borsa, poi mi diressi verso la porta, ma il suo braccio scattò fulmineo a bloccarmi il polso.

"Se te ne vai, ricomincerò a bere. Ricomincerò, ma questa volta non mi fermerò, Blaire. Resta solo per questa notte, ti supplico. Poi te ne andrai e io smetterò di cercarti. Ma stanotte... ne ho bisogno, ti prego"

Il mio cervello analizzò velocemente pro e contro della situazione e poi improvvisamente, come spesso mi succedeva quando ero con lui, smisi di pensare.

Lui si sarebbe ucciso a forza di sbronze e io non lo avrei mai permesso.

Senza dire nulla, lasciai cadere la borsa a terra e mi distesi nuovamente sul letto, togliendomi le scarpe.

Mi raggomitolai su un fianco e quasi subito sentii il braccio di Boyd cingermi talmente forte che credetti di fondermi con lui.

Seppellì la faccia tra i miei capelli e inspirò forte, prima di ricoprirmi la clavicola di baci.

Nessuno dei due si mosse, ne parlò, né si addormentò durante tutta la notte: restammo solamente lì in silenzio, a goderci quella vicinanza.

Fu uno dei momenti più belli e tristi della mia vita.

Alle prime luci dell'alba, quando Boyd si addormentò, scivolai fuori dal letto e, in perfetto silenzio, lasciai il mio cuore dentro all'appartamento in cui tanto avevo amato.



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