L'Accademia

By GiulSma

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•Primo volume della serie Le cronache dei Prescelti Celestiali• "Avete presente quella sensazione di inquietu... More

Premessa
1|L'Accademia
2|Il Gruppo 7
3|Gli Élite
4|Il Campo dei guardiani
5|Ametron
6|Athariel
7|Croce sul cuore
8|Le sfide (parte 1)
9|Le sfide (parte 2)
10|Il nuovo membro
11|Giuramento
12|Il primo allenamento con gli Élite
13|Love is in the air
14|Benvenuta Marta
15|Prove contro prove
16|Giustizia
17|Missione (parte 1)
18|Missione (parte 2)
19|Missione (parte 3)
20|Missione (parte 4)
21|Missione (parte 5)
23|La fine di un sogno durato troppo
24|L'Albero Dorato
25|Casa dolce casa
⚜️Curiosità⚜️
Gerarchie, commenti e teorie
Come leggere LCDPC
Ringraziamenti

22|Dichiarazione di guerra

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By GiulSma

Era la sera del 30 ottobre 2019. Mi ero accovacciata sopra il solido rampo di un abete secolare, ad osservare la luce che proveniva dalle finestre dell'Accademia.
Mi era stato detto poco prima di entrare nel dormitorio che Paul era stato catturato e torturato dal direttore e che una ragazza aveva fatto pressione a Gregorio per organizzare una spedizione per salvarlo.

Così aveva mandato me, una tredicenne inesperta. Quell'uomo aveva troppe aspettative su di me, ma non volevo deluderlo. E poi non era stata del tutto sbagliata l'idea di mandare solo me. 
Non davo nell'occhio e poi ero l'unica dei guardiani che conosceva ogni corridoio ed entrata dell'Accademia. 

Scesi dall'albero senza fare rumore. Mi bruciavano le mani perché le avevo sfregate sulla corteccia ruvida, ma era un dolore sopportabile, nulla in confronto a quello che aveva patito Paul. 

Paul... povero Paul... dovevo andare assolutamente a salvarlo.

Mi incamminai lungo un sentiero di foglie, piccoli massi ricoperti di muschio e cespugli fino ad arrivare alla rete che delimitava il territorio dell'Accademia. 
Da lì in poi sarebbe iniziata la vera sfida. Non era un gioco, rischiavo di morire se non stavo attenta. 

Presi un grosso respiro e passai sotto la rete di ferro, facendo attenzione a non impigliarmi la felpa nei pezzi di ferro sporgenti. Non dovevo lasciare tracce. Io ero un fantasma per loro e dovevo rimanerlo, almeno fino a quella sera.

Il mio più grande ostacolo erano le telecamere. In realtà non credevo che qualcuno potesse essere tanto attento da guardare ogni telecamera dell'Accademia (cioè quasi un centinaio, che si alternavano ogni tot minuti) per tutta la notte. Conoscevo le guardie, molte erano pigre e stanche di tutta quella tranquillità. Infatti trovavano divertenti le risse e i battibecchi tra studenti, almeno avevano uno spettacolo a cui assistere durante le loro ore di servizio. 

Mi appiattii nell'erba. Era cresciuta molto e, secondo la routine mensile dell'Accademia, l'avrebbero tagliata il primo novembre. Mi era andata di fortuna, in un certo senso, avevo qualcosa che celasse la mia presenza. 

Strisciai lentamente per tutto il campo, fino ad arrivare a qualche metro dall'entrata. Quella era la parte più difficile. Un paio di guardie sorvegliavano l'esterno e si alternavano con i propri colleghi ogni cinque minuti. Ad ogni cambio ci mettevano circa sette secondi. 
Rimasi lì a cronometrarli per circa una decina di minuti, contando i secondi nella mente.

Quando ci fu il cambio di guardia, mi alzai dal nascondiglio e iniziai a correre. Mi sentivo leggera, come se l'aria non mi stesse facendo resistenza, anzi, mi stava spingendo verso l'entrata. 
Superai la porta di vetro e mi nascosi dietro al portone della mensa mentre due guardie sbucavano dal corridoio vicino e prendevano il posto delle altre. 

Primo ostacolo: superato. 

Ora dovevo superare il secondo: uscire dal mio nascondiglio e trovare Paul. 

Mr. Slave doveva averlo nascosto in un luogo insonorizzato e inaccessibile a tutti meno che alle persone autorizzate a lui. Un posto... Guardai in basso. ...sottoterra. 
Era lì, percepivo la sua presenza.

Dovevo fare in fretta. Sbirciai dal vetro superiore della porta. Notai la telecamera in alto. Si spegneva e si riaccendeva a intervalli di... Iniziai a contarli. ...dieci secondi. 
Dovevo percorrere tutto il corridoio in dieci secondi. Togliamone la metà per aprire il portone e le cose si facevano impossibili. Ma fallire non era un'opzione. 

3... 2... uscii mezzo secondo prima che la telecamera si spegnesse, correndo verso il mio obiettivo: le scale. 
Sentii la stessa sensazione di leggerezza di poco prima. Stavo per scendere le scale quando sentii la vibrazione di sei paia di scarponi. 

Presa dal panico, iniziai a scendere velocemente e mi nascosi in un armadio di metallo nel corridoio, usato per metterci dei tubi da giardinaggio. Un tempo pensavo che fosse inutile, ma dovevo ricredermi, mi aveva appena salvato la vita.

Dalle piccole fessure superiori, riuscii a vedere le sagome dei sei ragazzi attraversare il corridoio.

«Perché dobbiamo andare nella cella di Paul a quest'ora della sera?» chiese Andrew stropicciandosi gli occhi dalla stanchezza.

«Perché lo ha ordinato il direttore» rispose Bryn come se fosse ovvio. 

«Secondo voi, Mr. Slave ce lo lascerà torturare?» chiese Olivia aggiungendosi alla discussione.

«Sì. E lo farei con grande piacere» riconobbi la voce di Thomas. Era inespressiva e aveva una punta di crudeltà. Non era il ragazzo che conoscevo, era la sua versione più oscura, la stessa che aveva picchiato a morte i due poliziotti. Quei due uomini potevano benissimo avere una famiglia e Thomas non si era accorto di averla distrutta. Uccidere era un atto imperdonabile, tanto quanto ferire spontaneamente qualcuno. 

Tutto quello mi sembrava una follia. Io, intrappolata in un armadio, mentre cercavo di salvare un londinese che conoscevo appena. Ma non volevo vederlo morire, non se lo meritava, anzi, nessuno se lo meritava. Nemmeno Slave. La vita è un dono, perché sprecarlo? Perché distruggere quella altrui? Non capivo cosa ci provassero le persone a fare una cosa simile. Si sentivano meglio dopo? Si sentivano potenti?
Anzi, sapete cosa? non mi interessava, non avevo intenzione di scoprirlo.

Aspettai che il corridoio fosse libero e uscii dal mio nascondiglio. Non c'erano guardie a sorvegliare il corridoio né telecamere che potessero testimoniare cosa stesse accadendo per non compromettere la figura pubblica di Mr. Slave. 

Il portone d'ingresso delle celle era chiuso a chiave e la serratura era magnetica. 

"Dannazione!" Sbattei un pugno contro la serratura e questa si incurvò all'interno, aprendo il portone. Il pezzetto di metallo cadde a terra. "Oh... ops".

Spinsi quell'ammasso di metallo spesso trenta centimetri ed entrai in un corridoio totalmente vuoto e spoglio. Da lì non avrei avuto più alcun nascondiglio. 
Avanzai in punta di piedi, tenendo la schiena incollata al muro.

Il corridoio finiva poco dopo dividendosi in altre due strettoie. Mi avvicinai e sbirciai dentro entrambe, sentendo dei lamenti provenire da quella dietro di me. 
Tornai dietro l'angolo, appiattendomi contro il muro. 
Il cuore mi stava esplodendo nel petto. 

"Hai Ametron" ricordai a me stessa. "Non sei del tutto indifesa".

La voce dura di Mr. Slave spezzò il silenzio. «Non ha ancora detto nulla. Spero che voi riusciate a cavargli fuori qualcosa, qualsiasi cosa»

«Possiamo usare tutti i metodi che vogliamo?» Era la voce di Thomas. 

"No... no, non è vero, lui non è così"

«Basta che lo facciate parlare» 

Sentii i passi di Slave avvicinarsi. No. NO. NO NO NO NO NO! Mi avrebbe scoperta!
Il mio respiro diventò sempre più rumoroso man mano che il mio battito accelerava. Mi tappai la bocca.

«Non so nulla» rantolò Paul. 

Slave si fermò e tornò sui suoi passi. Pericolo scampato, per ora. 

«Continui a mentire. Ho passato anni a perfezionare la mia osservazione, so riconoscere quando qualcuno mente»

«Forse non lo sai fare abbastanza. Sto dicendo la verità»

«Ecco che menti ancora. Paul, pensavo tu avessi imparato che non puoi nascondermi nulla. Tu puoi vedere oltre al Velo, tu sei venuto a contatto col Mondo Nascosto e hai scoperto qualcosa di importante, qualcosa che voglio sapere»

Paul sogghignò nonostante il dolore. «Perché non te lo fai dire da Lidia, invece? Conosce il Mondo Nascosto meglio di me. O vuoi dire che non hai il pieno controllo sulla tua sottoposta?»

Slave rimase in silenzio.

«Come pensavo, lei non appartiene a te. Lei è qui per controllarti, non sei tu a controllare lei. Tu sei solo un burattino nelle mani di un burattinaio più potente di te. E io lo conosco, so di cosa è capace, so che lo temi»

«Non sai di cosa parli»

«Invece lo so bene. Anzi, so tutto, avevi ragione. Io ho mentito sin dall'inizio, perché se Lidia avesse voluto, ti avrebbe dato lei stessa le informazioni che cerchi sul Mondo Nascosto, su una possibile nuova specie. Ma non l'ha fatto. Tu mi hai catturato solo per potermi strappare questa confessione e Lidia ti ha assecondato, contando però sul fatto che io non ti avrei detto nulla» Scoppiò a ridere nervosamente. «È così ironico! Tu brami il sapere più di ogni altra cosa, non curandoti di te stesso o di chi hai intorno. Se Lidia non vuole che tu sappia queste cose, come pensi che reagirebbe il suo padrone? O meglio, è anche il tuo»

«Lui non verrà mai a saperlo»

«No? Sei seriamente così cieco? Tra le tue guardie ci sono innumerevoli spie. Forse qualcuno legato strettamente al tuo padrone ci sta ascoltando in questo momento e presto farà rapporto. Verrai punito, perderai ogni cosa. Vuoi ancora tenermi prigioniero? Vuoi ancora rischiare?»

Slave rimase in silenzio, riflettendo su cosa fare. Poi lo immaginai fare un cenno con la mano, come faceva sempre, e chiamare: «Oliver» 

Si sentì uno sparo. 

"NO"

Le urla di Paul riempirono il corridoio. «NON PARLERÒ!» Un altro sparo. 

"Basta..." Estrassi Ametron. "Basta".

«Parla e verrai curato» 

Paul scosse la testa. «So bene come funzionano le tue "cure". Sono un ottimo modo per fare il lavaggio del cervello ai tuoi studenti, proprio come a quel povero ragazzo. Ho sentito parlare di lui mentre conducevo delle ricerche su di te, per distruggerti. Credevi di poterlo rendere un soldato perfetto e invece hai fallito. Fallirai anche con me»

«Non credo, sai? Ho la prova che le mie ricerche sono servite a qualcosa»

«E dov'è?»

Slave mise fieramente le mani sulle spalle di Oliver. «Proprio qui»

Paul rise. Dalla sua bocca usciva un rivolo di sangue e saliva. «Tu sei pazzo»

«No, io sono geniale. Sono invincibile. I capi militari pagherebbero miliardi per mettere le mani sul mio siero. Ma dovrò dare loro una dimostrazione e se non vorrai essermi utile dandomi delle informazioni, allora lo sarai dopo che avrai il siero in circolo»

"Che faccio?" Strinsi l'impugnatura. "Come sconfiggo Slave e tutti gli Élite?" 

Appoggiai la testa al muro e alzai lo sguardo. Fissai la luce. Poi una lampadina si accese poco sopra la mia testa: idea. 

«Cosa possiamo fare noi?» Era ancora la voce di Thomas. 

«Vai a chiamare i dottori, devono curare Paul» 

Sentivo i suoi passi frettolosi. In pochi secondi arrivò alla fine del corridoio. 

E mi vide. 

Lo tirai per il braccio prima che potesse fare alcun tipo di verso, poi gli tirai l'impugnatura della spada sulla tempia e lui si accasciò sopra di me. 
Lo trascinai vicino all'entrata e lo lasciai lì. 

"Mi dispiace" Fargli del male era come fare del male a me stessa. "Mi dispiace tanto".

E subito dopo aver messo a dormire lo spadaccino migliore, mi gettai nel pericolo senza pensarci. Fu una mossa stupida, kamikaze, da impulsiva, ma fu efficace. 
Lanciai la spada contro la luce. Il metallo fece contatto con le scintille che esplosero e mandarono tutto in cortocircuito. 

Ora ero immersa nel buio. 

«Proteggete il direttore!» Era la voce di Bryn. 

Non so come, ma riuscivo a vedere nonostante il buio. Un miracolo, una benedizione al momento giusto. 

Schivai i ragazzi silenziosamente, come un fantasma. 
Entrai nella cella aperta di Paul e gli comunicai la mia presenza mettendogli una mano sulla spalla sporca di sangue. Era a torso nudo e a piedi scalzi. La schiena era solcata da innumerevoli tagli e tutto il suo corpo era costellato di lividi. 

"Ti porto al sicuro"

Proprio come avevo distrutto la serratura elettronica, spezzai le catene che lo tenevano imprigionato come se fossero bastoncini di legno. 
Il rumore allarmò gli Élite. 

«Il prigioniero!» La voce di Olivia era troppo vicina. 

Raccolsi Paul e me lo caricai in spalla, approfittando di quel momento di forza improvvisa. 
Mi ringraziò dandomi una lieve pacca sulla schiena, poi lo portai via facendo lo slalom tra i prescelti che muovevano le loro armi alla cieca. 

Oliver invece sembrava solo aspettare il momento giusto. Lui ci sentiva. Uno sparo partì dalla sua pistola, ma girai l'angolo e la pallottola colpì il muro, rimbalzando sulla caviglia di Mr. Slave.

Sfondai la porta con un calcio, allarmando le guardie. Era buio, totalmente buio. Le guardie si muovevano come api impazzite alla ricerca della loro regina. 
Poi si sentì uno scatto, e partirono le luci di emergenza.

"Dannazione!"

Riuscivo a distinguere i passi furiosi degli Élite dietro di me. Aumentai il passo, salendo le scale e percorrendo velocemente il corridoio principale. 

«Tu» Scorpione. Davanti a me. L'uomo che mi aveva rapita. 

Ero pronta a mettere giù Paul e affrontarlo, costi quel che costi, ma non sembrava intenzionato a farmi del male. 

«Seguimi» 

Gli Élite e le guardie si stavano avvicinando. Accettai l'aiuto di Scorpione, che mi liberò dal peso di Paul e ci nascose dentro la mensa, ancora buia. 
Chiuse il portone con una chiave che sembrava minuscola nelle sue mani grandi e piene di calli. 

«Perché ci stai aiutando?» chiesi a bassa voce. 

Scorpione sorrise. «Tu ricorda me... non importa. Tuo amico è ferito»

Ignorai il suo accento insolito e mi concentrai su Paul. Con due proiettili nelle gambe non avrebbe potuto correre. Dovevamo arrivare al lago prima che venisse dichiarato lo stato di allarme e scattassero le misure di contenimento, proprio come accadeva nei film. 
Mi sembrava di essere finita in un film distopico.

Scorpione estrasse un impacco di foglie dalla sua tasca e le analizzò una ad una, facendosi luce con una piccola torcia. 
Lo osservai incuriosita mentre sceglieva una foglia e la applicava sul buco nella gamba di Paul. 
Vidi le piccole vene verdi della foglia espandersi e scendere lungo la ferita, recuperando il proiettile. Una volta chiuso nella loro morsa, Scorpione strappò la foglia e tappò la bocca al ragazzo prima che potesse urlare. La ferita si rimarginò in un attimo. 

Ripeté il procedimento per l'altra, poi disse: «In mio villaggio, le foglie sono sacre. Curano veloce»

Paul lo ringraziò dandogli una potente stretta di mano. «Dobbiamo andarcene, sta per partire il protocollo di sicurezza» 

«Seguitemi» disse Scorpione. 

Lo raggiungemmo dietro la cucina e ci mostrò una porta che dava sul locale spazzatura. «Da qui in poi... correte»

«Va bene. Grazie, Scorpione»

Una volta aperta, schizzammo fuori e corremmo come se la nostra vita dipendesse da questo. Il che era esattamente la verità. 

Alcune guardie ci videro e provarono a spararci, ma vennero abbattuti da Scorpione. Non so perché ci avesse aiutati, ma gliene ero grata. 
Paul alzò la rete per me e ci sgusciai sotto. Poi venne il mio turno di tenerla su e lui mi raggiunse. 

«Andiamo» disse, prendendomi per il braccio.

Corremmo in mezzo all'oscurità del bosco. Spesso ci imbattevamo contro ragnatele o rami affilati. Paul sembrava non curarsi del dolore. Era un ragazzo con l'animo di ferro, anzi, d'acciaio. Nulla riusciva a scalfirlo. 

Ed eccolo, finalmente: il lago. 

Sentivamo dei passi dietro di noi. Si facevano più vicini, seguivano le nostre tracce. 

Afferrai la mano che mi stava porgendo Paul e con un balzò saltammo nel lago. 

Eravamo salvi. 

༺ 𓆩♱𓆪 ༻

Ad accoglierci venne una ragazza alza, dai corti capelli neri, raccolti in una coda minuscola. 
I caldi occhi castani erano iniettati di sangue, non aveva dormito a causa dell'ansia di non poter più rivedere il ragazzo che amava.

«Paul!» gridò, gettandosi su di lui. 

Il ragazzo gemette inizialmente, poi si lasciò andare e diede un bacio alla sua ragazza. «Ti ho mai detto che sei meravigliosa alla luce della Luna?»

«Sì, ma non mi stancherò mai di sentirlo»

Arrossii dalla vergogna e indietreggiai, toccandomi un graffio sanguinante. Avevo ancora un affare in sospeso prima di muovere guerra all'Accademia, ma prima dovevo andare da Lara a farmi curare alcune ferite. 

«Giulia» mi chiamò Paul. «Hai tutto il mio appoggio se vorrai porre fine all'impero Slave, ma dovrai concedermi il piacere di essere a capo di quella spedizione»

«Ma sei appena tornato! E le tue ferite...» protestò la ragazza. 

«Non preoccuparti, Viola, ora farò una visitina ai guaritori e poi sarò pronto a combattere»

Viola sospirò. «Se ti farai ancora male giuro che non te la farò passare liscia» Aiutò il suo ragazzo a reggersi in piedi. «Mi fai sempre preoccupare. Sei uno sconsiderato!»

Forse le mie ferite potevano aspettare. Avrei risolto prima la mia piccola questione in sospeso.

༺ 𓆩♱𓆪 ༻

«Dove pensi di andare?»

Shirley si bloccò con una mano sopra la maniglia e lo sguardo seccato dal suo stesso ragazzo.
Era lì, in mezzo al buio della loro camera, con i capelli legati in una treccia nera e con un cappotto sopra il pigiama.

«Non sono affari tuoi, Drake»

«Ho il diritto di sapere dove va la mia ragazza nel cuore della notte, specie se c'è un'emergenza in corso. Non voglio che tu ti faccia male»

Shirley digrignò i denti. «Sento che qualcosa non va»

«Basta, Shirley, basta. Ogni volta che fai così non succede mai nulla di buono. Rimani qui, resta con me»

«Non posso. Non le senti le guardie che corrono da una parte all'altra del corridoio? È successo qualcosa e io devo scoprirlo»

Drake lanciò le coperte e si rizzò in piedi correndo a bloccarle l'uscita. «No. E poi cosa potresti mai fare tu? Hai solo uno stupido coltellino smussato, non puoi difenderti con quello»

«Posso eccome. Tu non sai...» Abbassò lo sguardo. «Tu non sai cosa mi hanno insegnato»

Drake si mise davanti a lei. «Non importa. Ora tornatene a dormire»

«Non sei mio padre! Non puoi ordinarmi una cosa simile»

Le prese la testa tra le mani accarezzandola dolcemente. «Shirley, ti voglio bene e voglio proteggerti. Senza di te non so come farei. Se ti ferissero andrei nel panico, sarei perso... Non posso perderti. Non immagino nemmeno un futuro senza di te, perché ti amo»

La ragazza si allontanò bruscamente da lui, trattenendo le lacrime. «Be' io potrei stare senza di te, anzi, lo desidero»

«Come puoi dirmi una cosa simile?»

«Finiamola qui, Drake, o mi costringerai a farti del male»

«No!» urlò spingendola. «Ora mi dici cosa ti prende! Perché ti comporti in questo modo? Perché mi tratti così? Io ti sono stato al tuo fianco per tutto questo tempo. Io sono stato la tua spalla su cui piangere. Io sono stato il tuo piccolo servitore. Io sono stato il tuo ragazzo e tu... tu vuoi finire tutto questo così? Senza darmi spiegazioni?»

La spinse ancora indietro, allontanandola dalla porta. «Non lo accetto. Non puoi farmi questo... tu resti qui, non si discute» 

Shirley gli ringhiò contro. No, quella non era Shirley, era la regina dei ghiacci. Non sarebbe successo nulla di buono. «Allontanati»

«No. No, non lo farò. Perché ti amo e voglio proteggerti»

La regina dei ghiacci scoppiò. «SMETTILA DI RIPETERLO! NESSUNO POTRÀ MAI AMARMI PER DAVVERO! E tu... tu mi vuoi bene solo perché ti è stato imposto... è tutto finto...»

«Cosa... intendi?»

«M... Mr. Slave aveva intenzione di renderti un suo soldato. Avevi il fisico più prestante, potevi persino diventare uno degli Élite, ma sei stato scelto per un altro tipo di programma. Ti... ti hanno iniettato un siero che doveva migliorare le tue abilità, invece ti ha bloccato l'accesso ai tuoi ricordi. Ricordi in cui io ero presente. Mi ero dichiarata a te e tu mi avevi rifiutata, calpestando i miei sentimenti»

«Non capisco...»

Shirley sorrise amaramente. «Ho colto l'occasione al balzo. Ti ho fatto credere che fossimo innamorati e tu sei stato al gioco. Il direttore non si è opposto alla mia idea quindi sono rimasta con te. Tutto ciò che volevo era averti al mio fianco. Volevo qualcuno che mi amasse, ma sapevo che qualunque cosa tu pensassi di provare non sarebbe mai stata vera»

«Shirley...»

«E adesso che sai la verità... ho paura. Ho paura per noi, perché non riuscirai a perdonarmi»

Drake abbassò lo sguardo. «Per tutto questo tempo... tu sapevi ogni cosa? Mi hai mentito, Shirley. Quale... quale mostro psicopatico farebbe una cosa simile? PERCHÉ NON MI HAI DETTO NULLA? Credevo di avere un problema nel cervello! Pensavo di essere pazzo a non ricordarmi nulla del mio passato! Io mi sono fidato di te e tu... tu mi hai tradito»

«Mi dispiace»

Drake diventò rosso dalla rabbia. «Ti dispiace? TI DISPIACE? Dio, Shirley! Come puoi essere stata così egoista? Potevi dirmi ogni cosa!»

«Tu non mi avresti amata»

«Forse avrei fatto bene. Forse non ti meritavi nulla di tutto ciò che ti ho dato» Guardò la porta. «Sai che c'è? Vattene. VATTENE»

Shirley sussultò. Le lacrime le inondavano i suoi occhi di ghiaccio. «Ho perso anche te...» Iniziò a singhiozzare. «No... NO, NON LO ACCETTO»

«E IO COSA DOVREI DIRE! TU... TU...» I suoi occhi si spalancarono quando realizzò chi la ragazza fosse veramente. «Tu...»

Si asciugò le lacrime, tenendo una mano dentro la tasca. Aveva assunto un'espressione folle. «Oh...  quindi alla fine lo hai capito. Be'... immagino che ora mi toccherà fare ciò per cui sono stata addestrata»

Drake indietreggiò. «Cosa vuoi dire?»

Shirley non gli rispose. Si limitò ad avvicinarsi lentamente a lui, come una pantera che aspettava solo il momento di afferrare la sua presa.

Il ragazzo si accorse troppo tardi delle sue intenzioni e si ritrovò con un coltello in pancia.

«Shirley...»

Ma lei scelse di non sentirlo. «Sogni d'oro, Drake. Ora sei contento? Non ho più nessuno»

Nonostante il dolore e la vita che gli stava scivolando lentamente dal corpo, lo sguardo di Drake si addolcì e si accasciò su di lei, abbracciandola e sporcandola col suo sangue. 

«Mi dispiace, non avrei dovuto dirti quelle cose. Non te le meritavi... avrei dovuto capirti, cercare una soluzione insieme a te» Il dolore si fece più intenso, le gambe iniziarono a cedergli. E iniziò a piangere, perché sapeva cosa stava per succedergli. «Sono stato un idiota, mi dispiace, mi dispiace, piccola, mi dispiace tantissimo... mi dispiace... Ma non dire mai più che tu non hai nessuno, hai me» Le accarezzò il volto inumidito dalle lacrime, lasciandole una scia di sangue. «Mi avrai sempre. E se non sopravvivrò... e se dovrò morire questa notte... voglio che tu mi senta sempre vicino a te. Forse non ho accettato la tua proposta all'inizio, ma la accetto ora. Shirley...» Perse ogni forza. «...ti amo»

Cadde a terra. Di fronte agli occhi sconvolti di Shirley. 

Lo aveva ucciso.

La pozza di sangue si dilatò fino a bagnare i piedi del letto. Un lago terrificante, ma la ragazza riusciva a guardare solo nel punto dove prima Drake le stava sorridendo. Aveva fermato il tempo sull'ultima immagine del ragazzo e sulle sue ultime parole. 

«No...» Guardò il cadavere del suo amore scomparso. «No... no, non è vero. NO»

La puzza di sangue le penetrò nelle narici. Aveva bisogno di prendere aria. Aveva bisogno di vedere qualcuno che potesse tranquillizzarla. 

Fuggì via, lasciandosi il cadavere di Drake alle spalle, ma non il suo fantasma. 

Spalancò la porta della stanza di Lidia.

La strega notò il sangue e sorrise. «Chi è stato lo sfortunato?»

«D... Dr...» Non riusciva più a dire il suo nome. Non si sentiva più degna nemmeno di pensare a lui. Aveva distrutto ogni cosa. Aveva perso tutto

Si abbandonò alla follia e scoppiò a ridere. Rideva e piangeva, preoccupando Lidia.

«So cosa si prova a perdere qualcuno che ami. Il dolore è terribile, ma può essere trasformato in qualcos'altro: oscurità. Tu ora sei piena di oscurità, devi impararla a plasmare. Resta qui, noi due dobbiamo fare un lungo discorso»

Shirley si asciugò le lacrime, abbracciando la strega. «Ti ascolto»

༺ 𓆩♱𓆪 ༻

«Lo avete sentito? È stato ritrovato il cadavere di Drake nella stanza di Shirley» disse Olivia pallida dalla paura. «Forse è stato Paul. No, ipotesi stupida, lui era troppo ferito... Forse è stato quello che l'ha portato fuori. O forse è stata Shirley...»

Bryn tirò un pugno alla parete della stanza attirando l'attenzione dei suoi compagni. «Via di qui. Andatevene via»

Andrew si alzò dalla poltrona di pelle nera e le mise una mano sulla spalla. «Bryn, calmati. Paul non era così rilevante. La vita del direttore aveva più importanza, abbiamo fatto bene a prioritizzare lui al posto che il fuggitivo. È nostro dovere proteggere Mr. Slave prima di ogni altra cosa» E poi, inaspettatamente, la abbracciò con la stessa gentilezza che si riserva per una sorella minore. «Vai a riposarti, ormai non possiamo fare più niente»

«No, non riesco» 

«Allora rimani qui a riflettere. Hai bisogno di concederti di piangere, per una volta. Lascia che la tristezza scorra via da te. Ti lasceremo il tuo spazio»

«Rimarrò io con te» disse Thomas. Il ragazzo aveva già le lacrime agli occhi. 

Andrew sorrise ad entrambi, poi uscì dalla stanza seguito da tutti gli altri compagni. 
Tornarono tutti nelle loro camere, anche se nessuno riuscì ad addormentarsi.

«Perché...?» iniziò Bryn.

Thomas la strinse forte, raccogliendo le sue lacrime e il suo dolore. «Andrà tutto bene»

«Come può andare tutto bene? Giulia è stata uccisa, Paul è fuggito, Slave è ferito e io ho distrutto la mia amicizia con Shirley. Vorrei... vorrei poter tornare indietro e impedire ogni cosa»

Thomas si morsicò il labbro inferiore. C'era qualcosa che Bryn doveva sapere, qualcosa che aveva visto un'ora prima nel corridoio.

«Giulia è-»

«È viva» disse una voce dietro di loro. «Vi spiegherò tutto con calma» Sorrisi. «Mi siete mancati»

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