19|Missione (parte 3)

295 14 91
                                    

Dopo aver deciso un piano alternativo, ci dividemmo in gruppi perlustrammo la zona intorno a Hyde Park. Più che perlustrazione, per me fu un modo per esplorare quella parte di Londra. Certo, se fossi stata in un'altra occasione, magari con i miei genitori, l'avrei visitata meglio. Uno dei miei sogni era vedere il museo di Sherlock Holmes, nel punto dove dovrebbe stare la sua casa. Ovvio, non era la vera casa, lui era un personaggio nato dalla mente di Arhur Conan Doyle, ma volevo prendermi un souvenir! Almeno uno! Uno piccino piccino...

Stare in gruppo con Bryn e Andrew non era poi così male. Andy, così lo chiamavano gli altri, era emozionato come me e pregava Bryn di fare una piccola deviazione per visitare un po' di luoghi, ma niente da fare. Slave le aveva messo pressione addosso, portandola a dare troppa priorità alla missione. 

Mentre camminavamo, il mio pensiero corse al povero Thomas, che doveva fare coppia con Oliver. Certo, erano amici, ma ora il pistolero era diverso, oserei dire anche inquietante
Non parlava quasi mai ed era sempre in uno stato di allerta nonostante il suo sguardo sembrasse stanco. 
Al minimo rumore scattava. 

Quando stavamo decidendo un nuovo piano, lui aveva percepito il volo di un uccello a cento metri di distanza e gli stava per puntare una pallottola in mezzo a quel povero corpicino. 
Credeva fosse un messaggero nemico. Forse lo era davvero, ma non avrei permesso che uccidesse un povero uccellino innocente. Se fosse stato un piccione avrei capito, ma un uccellino paffutello no.

Perlustrai assieme a Bryn e Andrew l'entrata del parco. Ci mischiammo tra i numerosi turisti, cercando di non sembrare sospetti. 
Comprammo, per la gioia mia e di Andrew, dello zucchero filato ad un carretto lì vicino e camminammo insieme dentro il parco. 
Il grigio del cielo esaltava il verde dell'erba, creando più contrasto. In giro molti alberi avevano già perso gran parte della loro chioma. Ormai eravamo in pieno autunno, Halloween era a breve e in giro si riuscivano già a vedere delle decorazioni di quella festa. 
La gente a Londra la prendeva molto sul serio. 

«Le microspie sono state piazzate. Parte di noi le controllerà a distanza, altri resteranno sul posto» disse Bryn finendo di sistemare la piccola telecamera. Era un quadratino piccolo come una caramella. «Andrew, avvisa gli altri che qui abbiamo finito. L'incontro è nel luogo deciso prima. Da lì andremo in hotel dove sono stati allestiti i monitor»

«Alcuni dovranno rimanere qui, giusto?» chiese Andrew.

«Sì, faremo a turni. Saremo sempre in quattro sul posto, io farò il doppio turno. Tu ora pensa a raggiungere gli altri, io e Giulia continueremo a girare intorno a questo punto. Sento che Paul è vicino, molto vicino»

«Se lo dici tu, ci credo» Andrew alzò le mani. «Ora vado, buona fortuna»

Schiacciò un pulsantino sulla sua auricolare Bluetooth. La teneva intelligentemente nascosta sotto il berretto di lana, così come tutti. 
Comunicò agli altri di incontrarsi di fronte al cafè. Ma per cafè si intendeva stazione dell'autobus. Avevano optato per usare nomi in codice fuorvianti per evitare che venissimo rintracciati. 
Paul era uno studente scaltro, non ci saremmo stupiti se avrebbe trovato il modo di intercettare le nostre comunicazioni.

Io e Bryn prendemmo due strade diverse. Lei andò a sinistra, io a destra.
Avevo una gran sete e non vedevo chioschetti in giro. Poi mi accorsi di una fontanella in lontananza. 

"Acqua!" 

Mi avvicinai cautamente e iniziai a bere, facendo attenzione a non bagnarmi troppo. Essendo bassa non dovevo neanche piegarmi troppo. Ero dell'altezza giusta, per una volta. Finalmente una magra consolazione. 

«Posso bere io, ora?» disse una voce dietro di me. 

Mi allontanai dalla fontanella, asciugandomi la bocca con la manica. E poi lo vidi. 
Era un ragazzo a prima vista normale. I suoi occhi color ambra si posarono su di me per un attimo, prima che si accovacciasse per bere. 

«Ci voleva un po' di acqua» disse sorridendo soddisfatto. «Grazie»

«A-aspetta!»

«Sì? Che c'è?»

«Tu... come ti chiami?»

Il ragazzo ridacchiò confuso. «Se vuoi fare colpo su di me, sappi che ho una ragazza»

«Cosa? No! Voglio solo sapere il tuo nome»

«Paul. Paul Benson»

L'avevo trovato. Dovevo solo schiacciare un pulsantino e tutti si sarebbero precipitati lì. La missione si sarebbe conclusa nel migliore dei modi e il direttore ci avrebbe premiati tutti. 

«E tu immagino sia una dei piccoli scagnozzi di Slave venuti a cercarmi» 

Mi si gelò il sangue nelle vene. 

«Credevi che non me ne fossi accorto? Vi ho seguiti per tutto il tempo. Anzi, ho anche notato il vostro anello debole: te»

Indietreggiai. «Cosa vuoi fare?»

Paul scosse la testa. «Io nulla. Voglio vivere in pace e ammirare la mia città, ma sembra che il direttore abbia altri piani per me, non è così?»

«Credo di sì»

«E dimmi, tu ti aspetti seriamente che io vi segua nella tana del lupo? Sai, mi fai pena. Pensi veramente che quell'uomo possa darti il potere che cerchi?»

Strinsi i pugni irritata. «Io non ho bisogno del potere!»

«No? E allora cosa brami?»

«Voglio portare tutti fuori dall'Accademia»

Paul scoppiò in una fragorosa risata. «Pensi di convincermi che sia vero?» Ma poi notò che io non stavo ridendo. «Oh tu lo vuoi davvero»

«Esattamente. Voglio capire come hai fatto a fuggire. C'è qualche tunnel segreto?»

Il ragazzo scosse la testa. «No. Niente tunnel. Io sono fuggito per miracolo. Mi ha aiutato la mia ragazza, era un'esterna»

«Quindi è per questo che sei cambiato e hai aperto gli occhi» riflettei. «Perché ti sei innamorato? Perché hai ritrovato il tuo cuore?»

«Una cosa simile, sì»

Mi pizzicai con due dita il ponte del naso. «Un'esterna... non ci sono città nelle vicinanze» Poi venne l'illuminazione. «Ma c'è un lago»

Paul indietreggiò preoccupato. «E quindi? È un lago»

Scossi la testa. «No, non è vero e tu lo sai. Tu sai il segreto di quel lago. Tu... tu sei un guardiano»

Senza accorgermene venni scaraventata contro un albero. «Cosa sai dei guardiani? Che cosa ha scoperto Slave»

«Slave non sa nulla, credo. Non so molto dei guardiani, ma so che sono una di loro»

«Dimostramelo»

Lo spinsi indietro, esponendo il mio braccio al freddo londinese di fine ottobre. Il marchio era perfettamente visibile. 
Paul per poco non mi svenne davanti. «Quello... Oh, sì, immagino che tu abbia ragione» Si passò una mano tra i capelli mori. «Allora dici la verità. Vuoi veramente salvare tutti. Ma è una follia!»

«No, non per me»

«Tu sei pazza»

«Dimmi qualcosa che non so»

Paul sbuffò. «Non potrai mai farcela da sola»

«Infatti ho bisogno di aiuto. Ho bisogno di te e dei guardiani. Ho un piano, devo solo provare a convincere tre paia di persone a rivoltarsi contro Slave e il resto è fatto»

«Come la metti con le guardie? Sono armate di fucili e non solo»

«Troverò una soluzione anche per quelli»

Il ragazzo sospirò. «Vedrò cosa posso fare per aiutarti. Qualsiasi nemico di Slave è mio amico. Ma prima facciamo le cose per bene» Mi porse una mano. «Io sono Paul. Paul Benson, nel caso tu te lo fossi dimenticata. E tu sei...?»

Gli strinsi la mano. «Giulia. Quindi abbiamo un accordo? Tu aiuti me e io aiuto tutti quanti a fuggire?»

«Sì. Ora basta parlare, i tuoi amichetti hanno quasi raggiunto il centro di controllo e sentirebbero la nostra conversazione» Indicò il piccolo microfono sull'albero. «Microspie, ricordi?»

«Oh giusto...»

Paul mi sistemò il cappello, coprendomi bene l'auricolare. «Ora va molto meglio. Tieni la schiena più dritta, ti fa apparire più sicura e minacciosa» Mi diede un buffetto sulla fronte e se ne andò, mischiandosi tra i turisti. 

Mi incontrai con Bryn poco più lontano da lì. «Visto nulla?»

«No, ma l'acqua delle fontanelle è davvero buona»

Bryn sospirò esasperata. «Si sta facendo buio. Conviene raggiungere gli altri al centro di controllo»

Non so perché, ma ero emozionata di possedere un segreto grande come quello di aver incontrato Paul. Mi faceva sentire importante e felice. Sembrava che avessi ritrovato un po' della mia speranza andata perduta. 
Sarebbe stato bello poterla trasmettere a tutti gli studenti oppressi da Mr. Slave. 
Una volta tornata, avrei voluto urlare a tutti che sarebbero stati salvi e che non dovevano preoccuparsi, invece dovevo stare in silenzio. 

Il segreto pesava solo all'inizio, mandando di tanto in tanto scariche di adrenalina improvvise. Tempo un'ora e l'effetto si sarebbe affievolito quanto bastava per soffocarlo.

Grazie alle precise indicazioni di Andrew, arrivammo davanti al The Marble Arch London, nel quartiere di Westminister a meno di un chilometro da Hyde park.

Una volta entrati nell'hotel venimmo accolte dal proprietario che ci mostrò la stanza allestita con tutti i monitor, nel seminterrato. 

«Ancora niente?» chiese Bryn. 

Thomas scosse la testa. «Voi avete trovato qualcosa?»

Sì. «No» risposi, provando a mostrarmi delusa. Mi veniva molto bene mentire, forse avrei dovuto fare l'attrice da grande, altro che combattere una guerra!

«Allora restiamo qui e aspettiamo» disse Bryn estraendo un coltello. «Prima o poi farà una mossa falsa e noi» conficcò il metallo nel tavolo, «lo cattureremo, costi quel che costi»

Deglutii a fatica, immaginandomi Paul al posto del tavolo, con un buco nel petto. 
Povero Paul, non sa in che guaio si è cacciato.


L'AccademiaWhere stories live. Discover now