L'Accademia

By GiulSma

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•Primo volume della serie Le cronache dei Prescelti Celestiali• "Avete presente quella sensazione di inquietu... More

Premessa
1|L'Accademia
2|Il Gruppo 7
3|Gli Élite
4|Il Campo dei guardiani
5|Ametron
6|Athariel
7|Croce sul cuore
8|Le sfide (parte 1)
9|Le sfide (parte 2)
10|Il nuovo membro
11|Giuramento
12|Il primo allenamento con gli Élite
14|Benvenuta Marta
15|Prove contro prove
16|Giustizia
17|Missione (parte 1)
18|Missione (parte 2)
19|Missione (parte 3)
20|Missione (parte 4)
21|Missione (parte 5)
22|Dichiarazione di guerra
23|La fine di un sogno durato troppo
24|L'Albero Dorato
25|Casa dolce casa
⚜️Curiosità⚜️
Gerarchie, commenti e teorie
Come leggere LCDPC
Ringraziamenti

13|Love is in the air

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By GiulSma

Era una noiosa mattina di lunedì. Mi trovavo nella classe degli Élite ad ascoltare una lezione di matematica e non sapevo se il professore stesse parlando arabo o ero io che non capivo nulla (molto probabilmente è la seconda).
Nello studio non andavo molto bene, era difficile reggere il passo con ragazzi che avevano un quoziente intellettivo minimo di duecento. Persino Oliver era più bravo di me! OLIVER!

Guardai fuori dalla finestra in cerca di qualcosa di interessante. Le guardie si erano appena date il cambio e alcuni ragazzi si stavano allenando all'aperto. A parer mio quel giorno faceva troppo freddo per uscire, ma era anche vero che quei professori provavano un certo gusto nel vedere i propri studenti soffrire, soprattutto se erano dei novellini.

Il cielo si era appena annuvolato e i caloriferi interni all'aula si erano accesi riscaldando la stanza.
Quel piacevole tepore mi faceva desiderare di chiudere gli occhi e sonnecchiare, ma fui costretta a rinunciare al piacere di un'ottima dormita, poiché se lo avessi fatto il professore mi avrebbe probabilmente tirato il pesante libro di testo in testa (perdonate il gioco di parole).
Nemmeno un'Élite scampava alle punizioni, a maggior ragione se era appena arrivata.

Mi voltai verso Bryn in cerca di un cenno o di un qualcosa che potesse indurla a chiacchierare un po', ma lei era troppo presa a scrivere per accorgersi di me.
Fu allora che incrociai lo sguardo con Thomas. I suoi occhi color del cielo scintillarono di gioia per un attimo, poi si spensero e le sue guance si tinsero di rosso.

Il nostro incontro durò meno di due secondi: il ragazzo distolse lo sguardo velocemente e poi si coprì la faccia che gli era diventata totalmente rossa.
Mi accorsi solo dopo che anche la mia lo era e che avevo delle fastidiose farfalle nello stomaco che non mi facevano concentrare.
Cos'era quell'emozione?

Ritornai a guardare la mia pagina del quaderno completamente vuota e iniziai a prendere appunti, seppur controvoglia.
Pensavo che gli Élite fossero più agevolati rispetto agli altri per quanto riguardava i compiti e lo studio, invece avevano il doppio di cose da fare.
L'unica cosa positiva dell'essere importante in quel posto erano i grandi privilegi che ci venivano dati durante i pasti e i momenti liberi.

La campanella mi salvò la vita e si concluse così la mia prima giornata in quella classe.
Le cinque ore mattutine erano passate tra dissezione di povere rane, esperimenti, lezioni di matematica e fisica e brevi intervalli.

Uscii dalla classe insieme agli altri ragazzi e mi concessi un quarto d'ora di pausa per sgranchirmi le gambe e chiacchierare con Bryn.

«Quindi? Com'è andata la tua prima giornata in una classe da Élite?» mi chiese con un sorrisetto divertito.

«Direi che è andata piuttosto bene, ma io avrò quella rana sulla coscienza per sempre» risposi trattenendo un conato di vomito al solo pensiero.

La capogruppo scoppiò in una fragorosa risata. «Sei davvero divertente» Il suo volto cambiò improvvisamente e diventò seria. Mi stupivo di quanto potesse essere bipolare quella tredicenne. «Noi Élite non proviamo pietà né per gli animali né per le persone. Noi siamo addestrati per combattere e uccidere, avere pietà dei nemici non fa altro che renderci deboli. Cresci un po', Giulia»

Deglutii a fatica allontanandomi di un passo. Era spaventosa quando faceva la sua faccia minacciosa, mi ricordava la Bryn dei primi giorni, quella che mi aveva inseguita nel bosco per uccidermi.

Non feci in tempo a risponderle che Thomas si mise in mezzo tra noi due e ci interruppe tirando fuori un argomento a caso.
Farneticò qualcosa sui professori con una voce leggermente stridula, cercando di distrarre Bryn, e poi mi prese da parte tirandomi per il braccio.

Il suo contatto mi fece rabbrividire e infiammare la faccia. Sentivo le guance pungermi, probabilmente ero diventata rossa, e le farfalle nello stomaco avevano ripreso a volare. Dannazione, dovevo seriamente fare una disinfestazione.

«Fiuu» sospirò Thomas nascondendosi con me dietro un muro. «C'è mancato poco che ti spellasse viva. Negli ultimi giorni è molto stressata, lasciala perdere quando ha uno dei suoi "momenti bipolari". Il direttore le sta mettendo molta pressione»

«Mi dispiace per lei. Perché mi hai portata via? Bryn non mi farebbe mai del male»

«Questo lo dici perché non la conosci bene a fondo. Quando è in uno dei suoi "momenti" è capace di tutto, persino di accoltellare qualcuno a cui vuole bene. Lo ha fatto... ma ora è meglio non parlarne» Si toccò istintivamente un punto dietro al braccio sinistro.

Rimasi in silenzio a fissare le mie scarpe nere. Erano scarpe antinfortunistiche in fibra di carbonio e tessuti ignifughi. Una sola scarpa valeva più del mio appartamento in periferia dove vivevo insieme ai miei genitori.
Slave era davvero pazzo a spendere così tanti soldi, ma forse era la persona più ricca del mondo e nessuno se n'era mai accorto, proprio come era successo per quell'accademia.

Fissai Thomas in quegli occhi profondi come l'oceano e mi accorsi di stare sorridendo in modo totalmente idiota.
Non sapete quante maledizioni mi sono tirata addosso da sola... A distanza di anni penso che non avrei mai dovuto pensare tutte quelle cose, non avete idea di cosa mi è successo...

Le sue guance si tinsero di rosso e iniziò a balbettare con una vocina leggermente stridula cercando di non incontrare il mio sguardo.
Sembravamo due stupidi innamorati: troppo ingenui e timidi per dirsi ciò che provavamo.
Nessuno dei due lo fece mai apertamente e posso assicurarvi che me ne pentii molto presto.

«B-Bene, felice di a-averti aiutata» provò a dire allontanandosi lentamente.

«Grazie»

Il tono di voce che usai stupì persino me: era calmo e pieno di gentilezza. Vederlo così agitato mi aveva fatta sentire in dovere di tranquillizzarlo in qualche modo.

Era una scena così assurda che sarebbe potuta benissimo finire in un film. Chissà se mai qualcuno proverà a ricreare la mia storia in uno studio cinematografico. Sarebbe davvero esilarante vedere una ragazzina dal volto perfetto interpretare il mio personaggio. Eppure non ero molto bella all'età di tredici anni, anzi, non lo ero neanche lontanamente.
Mi sono sempre chiesta come potessero le persone innamorarsi o affezionarsi a me nonostante non fossi proprio il massimo...

Ma torniamo al nostro caro Thomas.
Il suo volto era talmente rosso che temetti stesse male. Lo vidi prendere la mia mano e stringerla gentilmente sorridendo incredulo e poi, con un tono di voce molto basso ma pieno di eccitazione, mi disse: «Ti andrebbe qualche giorno di... ecco... di uscire insieme a fare una passeggiata? Sarebbe... carino»

«Mi andrebbe moltissimo. Facciamo stasera?»

«S-Sì! Insomma... mi va benissimo. Grazie per aver accettato»

Mi faceva così tanta tenerezza che avrei voluto abbracciarlo. Mi sembrava un enorme orsetto di peluche con degli occhi più celesti e misteriosi del cielo stesso.
Era bello, molto bello, e simpatico... Sì, simpatico...

༺ 𓆩♱𓆪 ༻

Eleonora era seduta a braccia conserte sul tavolo da pranzo del gruppo 7 a fissare intensamente la sua bistecca.
La rabbia non era ancora svanita, anzi si era rafforzata. Le dava fastidio che stessi con altre persone e che non le parlassi, ma allo stesso tempo mi allontanava quando cercavo di avvicinarmi a lei e darle un po' di attenzioni.
Era testarda e lo sapeva benissimo, ma non poteva farci nulla.

«Ho sentito dai ragazzi del gruppo 5 che il professore di educazione motoria è malato» affermò Martin con un largo sorriso. «Ottimo, niente ginnastica! Meritato riposo»

Martin si era già creato delle aspettative molto alte per quel pomeriggio. Peccato che quell'Accademia fosse conosciuta per la sua rigidità e il suo ingegno. Il pomeriggio sarebbe arrivata una supplente che era dieci volte peggio dell'altro: Lidia.

Finito di mangiare restarono in cortile a chiacchierare e rilassarsi sdraiandosi sull'erba soffice e umida.
Eleonora mi vide fallire nell'ennesimo tentativo di avvicinarmi a lei e per questo decise di tornarsene nella sua stanza.

La vista le si era appannata per le lacrime che continuavano a rigarle il viso e per la vergogna si nascose la faccia sotto al cuscino.
Non voleva che nessuno si avvicinasse e la vedesse in quello stato ma allo stesso tempo desiderava che qualcuno la consolasse.

Si sentiva sola e incompresa. Niente e nessuno riuscivano più a farla sorridere e lo stress accademico la stava corrodendo fino al midollo.
Odiava quel posto e, se avesse potuto, lo avrebbe fatto saltare in aria con tutte quelle persone cattive dentro... tipo gli Élite.

Sentì bussare alla sua porta. «Andatevene via!» urlò da sotto il cuscino.
Nonostante il suo ordine la porta si aprì e Marisol entrò nella sua stanza.
Era stata in silenzio per tutto quel tempo, ma ci teneva molto ad Eleonora e non voleva che soffrisse così. Desiderava essere una buona amica e per farlo doveva aiutare la sua compagna.

«Vattene via» mugugnò Eleonora tenendo la faccia incollata al cuscino.

«Andarmene? Non penso sia quello che tu voglia...»

«E chi ti ha detto cosa voglio? Lasciami in pace, voglio stare da sola»

«Eleonora... Sei sempre così testarda con gli amici o è stata l'Accademia a cambiarti?» La ragazza rimase in silenzio, segno che le stava rivolgendo tutta la sua attenzione. «Questo posto è orribile, lo so. Riesce a farti impazzire, a farti desiderare di morire, a cambiare le persone... Anche io avevo un amico, lo sai? Sono stata rapita insieme a lui e avevamo fatto amicizia durante i primi giorni. Eravamo entrambi nel gruppo 3...»

«E poi?» La triste tredicenne le mostrò i suoi dolci occhi nocciola arrossati dal pianto. «Cosa è successo tra voi?»

«Ci siamo separati. Lui voleva essere importante mentre io volevo solo andarmene. Andò a finire che diventò un membro degli Élite e si dimenticò di me... Non mi parla più, non mi rivolge nemmeno il minimo sguardo, ma io... io sono cotta di lui. E come una stupida ci spero ancora»

«Marisol...»

Si asciugò le lacrime e corse ad abbracciare l'amica che era venuta apposta per lei. Si stavano consolando a vicenda, proprio come due vere amiche o addirittura come due sorelle.
È vero, quel posto ha il potere di dividere ma anche di unire. Il gruppo 7 era una famiglia, la migliore di tutte. Erano pochi ma uniti dall'amore reciproco, ecco perché non volevo abbandonarli.

«Non preoccuparti per me, sono solo... piccoli capricci, tutto qui»

«Anche i miei lo sono, eppure tu ti preoccupi per me... Mi dispiace per avervi tenuto il broncio per tutti questi giorni. Mi sono comportata da stupida...»

«No, affatto. È normale starci male, ma bisogna comunque andare avanti. E poi non penso che lei non voglia stare con te. Ogni volta prova ad avvicinarsi con qualche battuta squallida o qualche sorriso gentile...»

«E io la caccio via... È tutta colpa mia»

«Ora non esagerare»

«Non sto esagerando, è la verità! Secondo te... dovrei parlarle?»

«Certo! Dovresti farlo subito!»

La sirena della fine della pausa suonò e una fiumana di ragazzi si riversò nei corridoi.

«Come non detto» riprese Marisol. «Provaci quando sarai veramente pronta. Entrambe avete bisogno di un po' di tempo per pensare...»

«Marisol»

«Sì?»

«Anche tu parlerai col tuo amico?»

«Non penso che sarà possibile»

«Posso almeno sapere come si chiama?»

Dopo qualche secondo di esitazione disse: «Andrew»

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