A · Breathe · Ω

By StarCrossedAyu

117K 6.5K 3.3K

[Storia di FareaFire e StarCrossedAyu] |¦ ⭐ Classificata nella Long List degli Italian Academy Awards - Fanf... More

Introduzione
01. A e Ω
02. Gelo e Calore
03. Ostilità e Attrazione
04. Rischi e Vantaggi
05. Insicurezza e Complicità
06. Imprevisto e Inesorabile
07. Amarezza e Rassegnazione
08. Raro e Spontaneo
09. Ardore e Premure
10. Confidenze e Catene
11. Unione e Violenza
12. Riconciliazione e Partenza
13. Amore e Ritorno
14. Abitudini e Inconvenienti
15. Legami e Stranezze
16. Trionfo e Malessere
18. Shock e Disperazione
19. Scelte ed Addii
20. Frammenti e Decisioni
21. Sorpresa e Contatto
22. Rimorsi e Sintonia
23. Respirare
24. Timore e Batticuore
25. Epilogo
AB... O - Breve guida all'Omegaverse

17. Inizio e Fine

2.7K 211 108
By StarCrossedAyu

⚠️ Trigger Warning ⚠️
In questo capitolo ci sono lievi riferimenti a disturbi alimentari e sangue. Leggete con cautela ❤️



Le settimane che seguirono la chiusura del caso furono le più calde mai ricordate negli ultimi vent'anni. Il sole d'agosto faceva sciogliere l'asfalto stesso e molte più persone restavano negli uffici fino a tardi. La scusa degli straordinari era una buona occasione per scroccare aria condizionata, e respirare così un'ora in più.

La differenza non si fece sentire, invece, per Eren e Levi. Le loro routine quotidiane li legavano indissolubilmente alle rispettive scrivanie, o alla sala relax, o alla scala tra il 38° ed il 39° piano, sempre deserta, su cui si rifugiavano per restare un po' soli.

Trascorrere del tempo insieme era diventato, anche se Levi non l'avrebbe mai pensato possibile, ancora più difficile. Perché ora, tutti gli occhi erano puntati su Eren. Sul giovane Beta che aveva "soffiato" il caso di Ackerman e l'aveva pure vinto. Non pochi scherzavano e lo provocavano, mettendolo in guardia.

«Ti fotterà la promozione se continua così!»

«Non sei neanche un po' geloso del nuovo pupillo di Smith, che ti ha sostituito?»

E Levi era geloso, sì, anche se non per i motivi che pensavano loro. Notava le visite di tutti quei colleghi all'ufficio del suo – segreto – compagno; notava le fusa che la sua nuova assistente Omega – dono di Smith – sembrava pronta a fargli.

Nonostante sapesse in cuor proprio che Eren era suo soltanto, non riusciva a impedirsi di ringhiare sommessamente ogni qualvolta il ragazzo veniva convocato nell'ufficio del capo, tornando con indosso il suo odore che trasudava potere e dominio.

Inoltre, Levi era preoccupato. Le nausee di Eren non si erano placate, al contrario, e il suo lento e costante dimagrimento lo teneva in perenne stato di allerta. Erano un paio di chili ma sul suo fisico già scarno, ai suoi occhi, risultavano abbastanza evidenti. La già poca carne che lo ricopriva era andata assottigliandosi, palesando al tatto la durezza delle costole. Ogni volta che gliene faceva cenno, Eren sminuiva la faccenda addebitando il tutto allo stress provato durante il caso Miller, o al forte caldo che avrebbe debilitato persino un toro.

E Levi, puntualmente, fremeva perché sentiva che qualcosa non andava per il verso giusto. Si assicurava che mangiasse in modo regolare, equilibrato, sano, tuttavia i suoi sforzi parevano servire a nulla.

Il cibo però non era l'unica anomalia. L'appetito sessuale era un'altra cosa che era diventata impossibile da prevedere.

Giorni e giorni passavano senza che Eren gli permettesse di toccarlo; e poi, veniva svegliato nel pieno della notte dal suono di fusa, denti contro il collo ed una mano calda già affondata nei suoi pantaloni.

L'Alpha non sapeva come gestire quegli avvenimenti, all'apparenza concomitanti e senza alcun filo conduttore. Un'idea però si era fatta strada nella sua mente senza più abbandonarla.

La situazione era lentamente degenerata dall'ultimo calore di Eren. Febbre e desideri si erano improvvisamente spenti dopo un solo giorno, in modo totalmente innaturale. Eppure, laddove Levi vedeva una fonte di preoccupazione, il ragazzo aveva visto solo un colpo di fortuna ed assunto i soppressori con largo anticipo, stroncando definitivamente anche quegli unici tre giorni in cui al suo corpo era concesso di essere davvero sé stesso.

Voleva che smettesse. Che non fosse più costretto a celare la propria dinamica, e vivesse una vita alla luce del Sole, senza temere ripercussioni sul lavoro. Che abbandonasse ogni proposito di vendetta.

Ma come poteva convincerlo quando era così vicino alla meta? Quando il profumo della vittoria lo annebbiava al punto da non capire che il suo stato di salute era preoccupante...?

«Sì, tranquillo, domani chiamo il medico...!»

Mesi di scuse, dove il ragazzo accantonava l'argomento per dedicarsi ad altro.

Levi si tolse le lenti da lettura, strofinandosi stancamente gli occhi. Raccolse il cellulare, aprendo i messaggi e iniziando a scriverne uno.

[20:09] Sei ancora in ufficio?

Un paio di minuti ed arrivò la risposta.

[20:12] Chiudo il laptop e arrivo. Solito posto.

L'attesa di Levi non durò a lungo. Una manciata di minuti nella penombra silenziosa del parcheggio sotterraneo e qualcuno bussò al suo finestrino. Due colpi veloci ed uno lento, il segnale che Eren insisteva a voler usare anche se Levi poteva benissimo vedere, dall'interno, chi si avvicinava.

Le sicure scattarono, permettendo al ragazzo l'ingresso prima di sigillare nuovamente l'abitacolo. Quando sollevò il volto, celato dalle ciocche castane, il cuore di Levi ebbe un tuffo che nulla aveva a che vedere con la gioia di rivederlo.

Il colorito solitamente dorato della sua pelle era di un preoccupante grigio, il viso adornato da occhiaie profonde e le iridi spente, esauste.

Eren si sporse debolmente verso il compagno, intenzionato a baciarlo in segno di saluto, ma mancò del tutto il bersaglio. L'Alpha si era abbassato verso la pedaliera, alla ricerca della borsa del fidanzato.

«Che diamine stai– Ehi! Non toccare la mia roba!»

Non gli diede ascolto, infilandovi la mano e incontrando immediatamente ciò che cercava. Ed era pesante, più di quanto avrebbe dovuto essere.

Levi tirò fuori il contenitore porta-pranzo, intoccato. La sua espressione era neutra, all'apparenza, ma il suo odore palesava scontento e preoccupazione.

«Non hai mangiato.»

Non era una domanda, piuttosto un'accusa. Si sentiva peggio di un carabiniere, nel comportarsi in quel modo, ma pareva quasi che Eren credesse di poter vivere di sola aria e nient'altro, a volte.

«Ci ho provato, d'accordo? Ci ho provato, ma dopo un morso mi è venuto da vomitare. Ho dovuto smettere, prima di rovinare il lavoro dell'ultima settimana con i succhi gastrici!» rispose, incrociando le braccia.

Il suo atteggiamento, così come il suo odore, erano sulla difensiva.

Calò uno strano silenzio, intervallato solo dai loro respiri. Si aspettava una sfuriata, il solito "discorsetto" sull'alimentazione che ormai sembrava recitasse come un mantra.

Invece, Levi tacque. Si limitò a fissarlo per un minuto buono, prima di riporre il tutto al proprio posto.

«Va bene.»

Avviò il motore, inserì la prima e lasciò il parcheggio sotterraneo. Eren, ancora imbronciato, guardava fuori dal finestrino pur di evitare ogni contatto visivo che desse qualsivoglia spunto a riprendere quella conversazione. Quando lo vide svoltare dal lato opposto a quello che avrebbe dovuto imboccare, il ragazzo si girò verso il corvino.

«Dove stiamo andando?»

Levi cambiò delicatamente marcia, apparentemente tranquillo. Con tono atono, inflessibile, rispose a quella domanda in modo conciso.

«In ospedale.»

Due parole che sembrarono galleggiare nell'aria, in attesa che Eren le assorbisse ed elaborasse.

«Che cosa?!»

Saltò sul sedile. Si mosse così in fretta che la cintura di sicurezza si bloccò, trascinandolo di nuovo contro allo schienale.

«Non dirmi che è per me! Levi, non fare l'idiota!»

Con un movimento fluido, l'altro girò lo sterzo. Era calmo, persino troppo, visto il luogo in cui erano diretti.

«Non faccio l'idiota, Eren, ma la persona responsabile. Hai bisogno di farti visitare.»

E mentre posava il palmo sul cambio lucido, il ragazzo percepì ciò che fino a quell'istante aveva ignorato: la tensione, l'inquietudine, il patimento e – sì – la rabbia di Levi che dal basso risaliva lentamente come un miasma inarrestabile. Ci aveva provato a celare il proprio stato d'animo, davvero, e per un po' ci era anche riuscito. Alla fine, però, il fisico lo aveva tradito, trasudando ogni sua singola emozione.

«Levi fermati. Per favore, parliamone un attimo. Ti stai preoccupando, lo so, ma...»

«Ti prego... Per favore, non farlo. Non voglio, ascolta... Per favore... Levi... E-ehi...»

«Fanculo, ho detto no!»

Attraverso tre brevi stadi, tutti della durata del percorso di alcune strade, Eren fece del proprio meglio per impedire a Levi di decidere per lui. Ma neanche il profumo più dolce ed attraente che potesse produrre da Beta ebbe il minimo effetto, ed il ragazzo si trovò costretto a passare alle maniere forti.

Allungò una mano e strappò dal cruscotto in cui erano inserite le chiavi dell'auto, facendola inchiodare con un orribile rumore di freni d'emergenza e i numerosi clacson degli automobilisti che si trovavano dietro di loro.

Si portò le mani dietro la schiena, appiattendosi contro lo sportello. Trattenne il fiato, aspettando la sua reazione.

Le nocche dell'Alpha sbiancarono, stringendo il volante con forza sempre maggiore, mentre la collera aumentava di secondo in secondo. Non si preoccupò di accendere le quattro frecce, fare cenno ai conducenti alle loro spalle di effettuare il sorpasso - non che aspettassero il suo permesso, ovvio. Calò il capo, quasi sfiorando la pelle nera dello sterzo con la fronte, le ciocche scure a coprire il suo sguardo.

«Dammi le chiavi, Eren.»

Era terrificante il modo in cui dalla sua voce non trasparisse altro che indifferenza, quando il suo corpo inviava ben altri segnali.

Eren non rispose indietreggiando, se possibile, ancora di più.

«Eren.»

«Non voglio andare in ospedale. Se-se questo è l'unico modo per fartelo capire» disse, chiudendo forte le mani a pugno dietro di sé. «I-io non ho paura di te.»

«Io ce l'ho, invece.»

Levi sollevò volto, scoprendo le iridi di ghiaccio che pareva si stessero sciogliendo, tanto erano lucide.

«Ho una fottuta paura del cazzo che neanche immagini, Eren. Sono mesi che stai così e mai una volta hai anche solo pensato di chiamare il medico. Sei tu che mi costringi a fare questo, perché non capisci che sono preoccupato da morire?!»

Quel discorso era stato un crescendo, fino a sfociare in un urlo liberatorio. Eccolo, Levi: messo all'angolo dal terrore irrazionale che qualcosa accadesse al proprio Omega, abilmente camuffato da Beta.

Stavolta sì, Eren ebbe paura. E Levi respirò da lui anche l'odore pungente del senso di colpa.

Mise le chiavi sul cruscotto, ma l'Alpha non cercò di prenderle. Tutte le sue forze erano concentrate nel tentare di non crollare di fronte agli occhi del suo compagno, unico centro dei suoi pensieri.

«Levi... Levi ascoltami.» Facendosi forza, gli posò le mani sul viso. Fece in modo che potessero guardarsi, si specchiò in tutta quella preoccupazione sforzandosi di non soccombere. «So che hai paura... Ma non... Se andassi in ospedale sarebbe troppo pericoloso. Mi fermerebbero, rovinerebbe ogni cosa...»

Il respiro dell'uomo era irregolare, reso tremulo dall'ansia che lo distruggeva come poco altro, prima di allora.

«Cosa vuoi che faccia, mh?» esalò a fatica. «Che resti a guardare mentre scompari nei tuoi stessi vestiti? O che collassi, magari mentre scendi una rampa di scale...?»

«Quattro giorni» rispose subito, scuotendo la testa. «Dammi quattro giorni e partiremo. La prossima è la settimana del calore... La passeremo dove vuoi. Sette, anzi... Dieci giorni interi. Solo noi, niente farmaci. Prometto...»

A quella proposta, lo stomaco contratto di Levi sembrò distendersi appena, sciogliendo in parte il nodo che lo attanagliava. Sgranò leggermente gli occhi, tentando di leggere in quelli di Eren qualche segnale che avrebbe potuto tenerlo in allerta. Eppure, sembrava sincero. Gli sfiorava le guance coi pollici, tentando di distendere la pelle in un'espressione più serena di quanto non fosse.

Doveva scegliere.

Quattro giorni in cui poteva accadere tutto oppure assolutamente niente.

Quattro maledetti giorni, dopo i quali Eren gli avrebbe finalmente concesso di prendersi cura di lui come non poteva fare in quel momento.

Quattro dannati giorni, ai quali ne sarebbero seguiti dieci da semplice Omega e nient'altro.

Serrò le palpebre, sforzandosi di non assecondare l'istinto che gli urlava di non ascoltare, di non temporeggiare ulteriormente, e la coscienza che invece lo incitava a fidarsi.

«D'accordo...» seguì le sue carezze, lasciandosi andare contro la sua mano. «Ma se la situazione precipita, ti ci trascino per i capelli in ospedale. Sono stato chiaro?»

«Oh, Lee...» disse, stringendolo tra le braccia. Al concerto di clacson attorno a loro adesso si era aggiunto un coro di voci che sbraitavano insulti e maledizioni. «Grazie... Andiamo a casa, ora... Sono sicuro che dopo un bagno caldo riuscirò a mangiare qualcosa, se sono con te...»

«Okay...»

Le imprecazioni di un tassista, che si era affiancato alla loro vettura, interruppe il momento facendo girare Levi di scatto quando udì pronunciare una sequela infinita di blasfemie.

«Tu e tua madre! Fila via, se non vuoi che scenda dall'auto!» ringhiò in risposta agli epiteti coloriti dell'altro conducente, ed Eren ridacchiò. Levi sembrava stare decisamente meglio, grazie a quella promessa.

Si rimisero in marcia, le dita intrecciate e un pacato silenzio che accompagnava il viaggio verso casa, con l'Alpha che guidava con una sola mano. Parcheggiarono, presero l'ascensore, giunsero al piano senza scambiarsi una singola parola. Solo timidi sorrisi, piccole coccole appena accennate. E quando varcarono la soglia dell'appartamento, finalmente, si abbracciarono stretti.

In colpa, Eren si premurò di mangiare sempre, il più possibile. Anziché fare pasti interi, fece tanti spuntini durante l'intera giornata, bevendo acqua e zucchero, e tutti gli integratori che Levi gli propinava alla sera.

Si comportò bene, perché ciò che aveva odiato di più era l'aver ridotto il suo Alpha in quella condizione. Il loro amore che avrebbe dovuto renderli più forti, li stava distruggendo. E la causa era sempre, solo lui.

* * * * *

Tenne fede alla parola data. Una richiesta di ferie arretrate arrivò alle Risorse Umane, e Smith fu più che lieto di accordare una vacanza al suo secondo uomo migliore, non mancando di promettergli che al suo rientro avrebbe avuto una piacevole notizia da dargli.

«Vuole promuovermi! O meglio, parlarmi della promozione! Ne sono sicuro, assolutamente sicuro!»

Levi accennò un sorriso a tutto quell'entusiasmo.

«È una buona cosa.»

Avrebbe dovuto gioire a quella prospettiva, lo sapeva, anzi se lo augurava ormai da tempo: era il traguardo da tagliare affinché Eren rallentasse quella folle corsa.

Il suo incarnato, però, non smetteva di preoccuparlo. C'erano volte in cui fissava il vuoto, tenendosi la pancia come se quel semplice gesto potesse placare i conati. Il fatto che mangiasse poco ma con frequenza certamente aiutava la sua causa, tuttavia il malessere che lo affliggeva non sembrava abbandonarlo.

Accolse con sollievo l'inizio delle loro brevi ferie. Ora che in ufficio si era sparsa la voce che Levi frequentava un Omega, il fatto che avesse richiesto un periodo di ferie a tre mesi di distanza dall'ultimo non solo non aveva suscitato alcun sospetto, ma aveva anche sollevato un gran polverone di risatine e ipotesi su chi fosse lo "sfortunato/a" amante che intratteneva Ackerman nel proprio letto.

Ovviamente, non rispose a nessuna di esse. Eren si era assentato il giorno precedente, come da loro consuetudine e già lo aspettava a casa. L'Alpha non stava più nella pelle all'idea di sentire i suoni delle fusa, il calore ustionante di quel corpo che in ogni suo centimetro pareva fatto di fuoco. Respirare l'odore di zucchero e caramello in ogni stanza della casa.

Ed in parte, questo suo ultimo desiderio venne soddisfatto. L'impronta di un Omega aveva già contaminato l'intero appartamento, cancellando ogni altro odore. Eppure, insieme agli aromi caldi, c'era anche qualcosa di freddo.

Dolore. Malessere.

La ventiquattrore venne abbandonata all'ingresso insieme al suo prezioso contenuto, cadendo con un tonfo sordo sul pavimento. La distanza che separava l'Alpha dalla camera dal salotto, dove la presenza del compagno era più forte, venne colmata con poche e veloci falcate.

Eren era disteso sul divano, rannicchiato con un morbido cuscino tra le braccia, il viso pallido e una smorfia disgustata in volto.

«Eren.»

Il suo nome gli uscì dalle labbra come fosse una preghiera, la voce intrisa di preoccupazione e pietà per lo stato in cui versava da ormai troppo tempo.

Le iridi del ragazzo parvero illuminarsi però nel vedere Levi, finalmente al suo fianco e pronto a prendersi cura di entrambi.

«Lee...!» sorrise e, nonostante l'aspetto stanco, all'uomo pareva la cosa più bella del mondo, capace di illuminare anche il luogo più buio.

«Che succede? Ti senti male?» domandò, anche se la risposta era scontata.

«Debole... Mi fa male la pancia.»

Con l'aiuto dell'Alpha, riuscì a mettersi seduto e subito appoggiò le labbra al collo bianco e perfetto, inspirando l'unico profumo capace di farlo sentire meglio.

«Non vedevo l'ora che tu tornassi...» mormorò, leccandogli lentamente la ghiandola dell'uomo, e Levi sospirò in risposta. Lo strinse a sé, strofinando il naso tra i suoi capelli spettinati e inspirando il suo profumo dolce.

«Hai mandato giù qualcosa...?» gli chiese, gorgogliando preoccupato.

L'Omega fece le fusa, un suono debole e affaticato.

«Tutto quello che mi hai lasciato, Alpha...» rispose, sprigionando orgoglio e soddisfazione all'idea di aver eseguito bene il compito lasciatogli.

Levi quasi non riusciva a riconoscerlo. Sembrava che Eren fosse stato messo a dormire e nei deliri di febbre e malesseri, una persona totalmente diversa ora parlasse con la sua voce e muovesse il suo corpo.

Intrecciando le dita tra le ciocche d'ebano, lo scostò quanto bastava per poterlo guardare negli occhi, resi lucidi dal calore. La sua pelle scottava, resa umida da un sottile strato di sudore, e il suo organismo stava provvedendo a fornire tutto ciò che occorreva loro per sedare le fiamme che presto avrebbero appannato ogni ragione: gli umori del ragazzo già colavano tra le sue cosce, richiamando il compagno in maniera inconfondibile.

Le ghiandole dell'Alpha, in particolar modo quelle già marchiate, pulsavano vigorosamente. Tuttavia, in quell'invitante tripudio olfattivo, la nota stonata dovuta al malessere di Eren non gli permise di cedere alla propria parte animale.

«Hai bisogno di riposare. Vieni, ti aiuto a spogliarti.»

«Oh, sì per favore...!» annuì, tentando di leccarlo ancora. La presa del corvino, delicata ma salda, non glielo permise.

«Ho detto che devi riposare, Eren.»

«Ma io ti voglio...!» guaì, piagnucolando.

«Anche io, ma non adesso. Non vado da nessuna parte...»

Lasciandogli un bacio a fior di labbra, lo sollevò tra le proprie braccia, portandolo in camera da letto.

L'Omega si calmò, una volta immerso nell'acqua fresca della vasca da bagno. Più la sua temperatura scendeva, più Eren tornava in controllo di sé stesso. Arrivò a chiedergli scusa per il modo in cui l'aveva praticamente molestato, sul divano, tentandolo per costringerlo a cedere ed accoppiarsi con lui.

«Col senno di poi, credo che avrei perso i sensi all'improvviso.»

Levi, alle sue spalle, lo massaggiava con la morbida spugna, tentando di lavar via qualunque male lo affliggesse.

«Lo credo anche io. Lo stomaco come va...?»

«Oh... Meglio.» E sembrava davvero così. Aveva smesso di lamentarsi ed anche l'odore era tornato, se non alla completa normalità, almeno tanto da permettere all'uomo di tirare un sospiro di sollievo.

«Credo che avessi parecchi ormoni arretrati da bruciare» rise, muovendo le gambe nell'acqua.

Nel sentirlo più energico, il corvino si concesse di sorridere. Eren era lì, con lui, e avevano ben 10 giorni a disposizione per comportarsi e viversi da coppia normale.

«Abbiamo tutto il tempo per farlo...»

«Vogliamo iniziare?»

Eren tentò di trascinarlo in acqua a tradimento, ma ancora una volta, Levi si oppose. Una cena ed una notte intera di riposo erano la priorità. Il giorno dopo avrebbe preso in considerazione l'idea di cominciare a cedere, anche se per una volta era piacevole sentirsi pregare.

Asciutto e vestito con morbidi abiti nuovi, cenarono insieme guardando un vecchio film che passava in quel momento su un canale casuale, che era stato acceso. L'odore dolciastro dell'Omega fertile arrivava ad ogni respiro nei polmoni di Levi, che ripeteva a sé stesso quanto lui fosse più forte dell'istinto ed Eren più importante del suo richiamo.

Mangiarono, col ragazzo tenuto costantemente d'occhio dall'altro: un pasto leggero per non arrecargli fastidio, ma nutrirlo comunque in modo adeguato.

Nel letto, si lasciarono andare a coccole e fusa, sospiri e ringhi sommessi, mentre le loro mani si rincorrevano senza sosta, sfiorando lembi di pelle che andavano incendiandosi ad ogni tocco.

Fu così che si addormentarono, le labbra di uno su quelle dell'altro, stretti in un tenero abbraccio.

* * * * *

Strana cosa, il sonno.

Quello stato di pace, dove l'unica preoccupazione dovrebbe essere quella di dormire, recuperare le energie per affrontare una nuova giornata. Si entra in un mondo solo nostro, un rifugio dell'inconscio, dove tutto è concesso e nulla impossibile.

Non una mosca volava, mentre la coppia dormiva. I suoni della città arrivavano attutiti, i respiri unico rumore bianco che si ripeteva, senza pause.

Non c'era quindi nessun razionale motivo che avrebbe dovuto portare Levi ad aprire gli occhi, in largo anticipo sul primo raggio di sole. L'1:04 di notte. Riposavano da poco più di due ore.

Le coperte del nido li avvolgevano completamente, formando una sorta di bozzolo protettivo tra loro ed il mondo.

Eren era avvinghiato al suo petto, silenzioso, fresco, una mano sul cuore. Le loro gambe intrecciate, una cominciava a dargli problemi di circolazione.

La mosse con delicatezza, per non svegliarlo... E la stoffa del suo pigiama rimase attaccata alla pelle. Come se fosse stata bagnata, intrisa. Possibile che avessero sudato così tanto? Gli Omega non producono umori, senza una stimolazione diretta, sicuramente non nel sonno. Cos'era, allora, che aveva impregnato entrambi?

Facendo leva sul gomito, col braccio opposto, andò a spostare le lenzuola.

Il suo cervello passò in una frazione di secondo dall'essere intontito al completamente sveglio e lucido. Eppure quel breve istante, a Levi, parve durare secoli. Quell'attimo in cui assimilava ciò che i suoi occhi vedevano e cosa comportava.

Rosso.

Un unico colore, intenso e brillante in alcuni punti, scuro e opaco in altri. Quella tinta vermiglia, tra le cosce di Eren, ebbe il potere di congelarlo sul posto mentre sbiancava di colpo.

Sangue. Sangue. Sangue.

Una sola parola che si rincorreva nella sua mente, stringendogli cuore e stomaco in una morsa ferrea.

«E-Er...» Persino la voce lo aveva abbandonato. «Eren...? EREN!!»

Il suo Omega, apparentemente dormiente, aveva il respiro irregolare, leggermente affannato, il viso di un colorito innaturale.

Levi si mosse come se il suo corpo non gli appartenesse, guidato da una forza oscura mentre assisteva alla scena da spettatore esterno.

Eren tra le braccia, chiavi dell'auto, sedile posteriore, folle corsa, Eren, suono di clacson, lampioni accecanti, Eren, pronto soccorso, aiuto, aiutatemi, barella, Eren, Eren, Eren...

«Eren!»

«Aspetti qui, non può fare altro» gli intimò un'infermiera, prima di svanire dietro una porta bianca lasciandolo in un corridoio spoglio e vuoto.

Solo.

Continue Reading

You'll Also Like

4.2K 155 12
ATTENZIONE!!! La visione di questo libro potrebbe farti diventare un ragazzo mezzo scemo e mezzo volpe e metterti alle calcagna criminali che si vest...
18.9K 1.4K 25
Torino, un' estate diversa dalle solite 29/06 --- 🥇 in #dusanvlahovic
7.9K 798 21
Dinadan, principe del regno di Xazzynad, è pronto ad affrontare un lungo viaggio per poter conoscere parte importante del suo destino. Durante il per...
103K 673 3
La I e la II parte sono disponibili su AMAZON, KOBO e GOOGLE BOOKS, Anteprima dei due primi capitoli. - - - - - - " Sotto tutti quei inibitori che...