L'Accademia

By GiulSma

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•Primo volume della serie Le cronache dei Prescelti Celestiali• "Avete presente quella sensazione di inquietu... More

Premessa
1|L'Accademia
2|Il Gruppo 7
3|Gli Élite
5|Ametron
6|Athariel
7|Croce sul cuore
8|Le sfide (parte 1)
9|Le sfide (parte 2)
10|Il nuovo membro
11|Giuramento
12|Il primo allenamento con gli Élite
13|Love is in the air
14|Benvenuta Marta
15|Prove contro prove
16|Giustizia
17|Missione (parte 1)
18|Missione (parte 2)
19|Missione (parte 3)
20|Missione (parte 4)
21|Missione (parte 5)
22|Dichiarazione di guerra
23|La fine di un sogno durato troppo
24|L'Albero Dorato
25|Casa dolce casa
⚜️Curiosità⚜️
Gerarchie, commenti e teorie
Come leggere LCDPC
Ringraziamenti

4|Il Campo dei guardiani

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By GiulSma

...Fatum

Mi risvegliai senza le coperte, tremando come una foglia.
Me le ero tolta durante un sogno agitato di cui purtroppo non riuscivo a ricordarmi.
Mi capitava spesso di fare degli incubi ma quello... quello era diverso.

Andai in bagno a sciacquarmi la faccia.
L'acqua gelida aiutò a svegliarmi meglio di quanto avrebbe mai potuto fare quell'assordante sirena.

Guardai di sfuggita lo specchio ed eccola là, ancora quella spada alata.
Già... mi stava perseguitando.

Come se fosse la cosa più normale del mondo fissai attentamente quel simbolo, poi feci spallucce e misi a posto l'asciugamano.
Ero impazzita. Non c'era altra spiegazione. 

Ma proprio quando stavo per andarmene sentii il mio avambraccio bruciare. Non fraintendetemi, non intendo i tipici bruciori interni che si hanno quando ci si fa male, intendo proprio quando la pelle brucia a contatto col fuoco vero o di qualcosa di ardente.
Ebbene, proprio su quel punto, nel bel mezzo del mio avambraccio, era apparso un marchio.

E indovinate un po'? Era sempre lei, quella dannata spada con le ali.

Sì. Ero pazza. Decisamente pazza.

Il marchio era rosso, leggermente in rilievo, ma soprattutto abbastanza visibile.
Temendo le reazioni negative dei miei compagni e dello staff dell'Accademia, lo fasciai con delle bende trovate nel mobiletto nascosto dietro lo specchio e coprii la mia finta ferita con la manica della divisa.

Fuori pioveva ancora, si sentiva l'odore dell'erba bagnata provenire dalle uniche aperture della stanza.

Trovai Eleonora con i piedi sopra la scrivania, intenta a vedere fuori dalle finestrelle sottili.

«Buongiorno» la salutai porgendole una mano per aiutarla a scendere.

«Ciao. Sto cercando di vedere la pioggia»

«La vedrai dalle finestre quando andremo in classe»

La ragazza sbuffò e saltò giù rifiutando il mio aiuto. «Va bene» Poi notò un pezzetto della benda che stava penzolando dalla mia manica. Non l'avevo fissata bene. «E quella cos'è?»

Con nonchalance rimisi dentro il pezzetto di benda. «Mi sono fatta male l'altro giorno. Una bruciatura, niente di che, l'ho medicata»

«È per questo che tenevi la felpa agli allenamenti?» mi chiese avvicinandosi, come a voler controllare lei stessa la mia finta ferita.

Provai a ricordarmi del nostro allenamento di qualche giorno prima. I ricordi erano incompleti. Li avevo rimossi, come rimuovevo spesso molte cose.
Se erano inutili le cancellavo, ero fatta così.
Motivo per cui dopo una verifica mi dimenticavo ogni cosa.
Per non entrare nei dettagli della questione, diedi per scontato che avessi tenuto su la felpa, proprio come aveva detto lei e annuii per rassicurarla.

E per non far mancare nulla a quella bizzarra mattinata la sirena suonò.
Il volume sembrava persino più alto dell'altra volta.

Dopo qualche secondo cessò di torturare le mie povere orecchie e mi abbandonai sulla sedia della mia scrivania.
Ricontrollai i compiti svolti il giorno prima mentre Eleonora andava a cambiarsi, infine, quando tornò, raggiungemmo il nostro gruppo per la colazione.

«Buongiorno» ci salutò Marisol versando il latte in una ciotola di plastica dura.
Ricambiammo il saluto e ci concentrammo sul pasto restando in silenzio.

Quella mattina la mensa era stranamente silenziosa a parte qualche piccolo chiacchiericcio da parte dei primi gruppi.
Martin stava sonnecchiando sulla spalla di Isabelle, Lucas era perso nei suoi pensieri ed Elisa stava consultando una tabella con tutte le attività che avremmo dovuto fare quel giorno.

«Perché sono tutti così taciturni?» chiesi stropicciandomi gli occhi.

«Perché a breve ci saranno delle valutazioni sul comportamento e sulle prestazioni scolastiche» mi rispose Elisa mettendosi in tasca il foglio. «Da domenica i professori inizieranno a valutarci e poi stileranno una classifica. Lo fanno per aumentare la competizione e l'impegno»

«E anche per reclutare un nuovo Élite» si intromise Lucas.

«Quindi queste valutazioni servono a decidere chi è il migliore dell'Accademia per poterlo ricoprire di privilegi?» chiesi confusa.

«Non è esattamente così» mi rispose Elisa.

«Sceglieranno i primi dieci della classifica e li faranno competere tra loro per decretare chi è all'altezza del compito da Élite»

In quell'istante mi venne in mente un piano per poter sfruttare quella situazione a mio favore.
Se ipoteticamente fossi diventata un membro degli Élite avrei potuto avere accesso a molte cose tra cui le armi e sarei riuscita a far evadere tutti da lì una volta scoperta l'uscita. Però c'era una falla in quel piano: il numero di guardie era troppo grande.
Mi sarei dovuta sbarazzare di alcune di loro e ciò andava contro ogni mio principio quindi abbandonai momentaneamente quella parte di piano.

«E chi potrebbe vincere?» chiesi.

«Solo il più forte» mi rispose Lucas.

«Oppure LA più forte» lo corresse Marisol.

«Sì sì, come vuoi. Fatto sta che vinceranno solo coloro che sono più fedeli al direttore. Girano voci che qualcuno del gruppo 3 stia iniziando a raccogliere le scommesse su chi possa diventare il nuovo membro. Il montepremi sono due giornate di puro svago dove i perdenti devono farti i compiti»

«Che idiozia» commentò Marisol. «Scommettono sulle persone come si scommette sulle bestie. Chiunque prenda parte a questa iniziativa non può considerarsi migliore del più stupido dei tacchini»

Lucas gonfiò le guance irritato. «Cos'hai contro i tacchini?»

«Sono stupidi... come te»

Elisa si intromise per farli smettere. «Nessuno del gruppo 7 riuscirebbe comunque ad entrare a far parte degli Élite, ma c'è la possibilità di ottenere una settimana di relax totale se si ha il punteggio complessivo migliore tra tutti i gruppi. Puntiamo un po' più in basso ma facciamolo per bene, ci siamo capiti?»

Annuimmo e restammo di nuovo in silenzio.
Un ragazzo dai capelli bruni e ricci e dagli occhi castani proveniente dal gruppo 2 si avvicinò ad Elisa e le diede una pacca sulla spalla.

«Ecco qui la nostra Elisa, l'ingenua sognatrice. Ti ricordi di me? Certo che sì, come ci si può dimenticare di Nicholas Casanova, il primo quattordicenne del gruppo 2 che riuscirà ad ottenere il posto da Élite?»

La capogruppo roteò gli occhi. «Noi vorremmo mangiare in pace, non abbiamo bisogno di una mosca che ci ronza intorno. Ci stai infastidendo»

«Uh! Infastidirvi? No no, non sono venuto qui per infastidirvi, ma per avvisarvi. Volate basso, perché quel posto è mio»

Mi intromisi. «Sì sì, è il tuo "tesssoro". Lo abbiamo capito. Perché non te ne vai e basta? Lasciaci in pace»

Si avvicinò a me. «Un volto nuovo, ma che sorpresa. Piacere, sono Nicholas Casanova e sarò il nuovo Élite. Puoi già iniziare a baciare la terra dove cammino»

Ridacchiai. «Ma che gran faccia tosta. Non sai che esiste qualcosa chiamato "gufare"? Più dici che avverrà una cosa e più accadrà il contrario»

«Puoi stare certa che io vincerò! Quando dico una cosa è perché ho la vittoria in pugno»

Elisa si intromise. «Nicholas, ora bas-»

Il ragazzo si voltò furioso e le diede uno schiaffo. «Muta! Osa rivolgermi ancora la parola e giuro che la prossima volta non ci andrò così piano»

Mi alzai dal tavolo sentendo il sangue ribollirmi nelle vene. Come osava fare del male alla nostra capogruppo?

«Ehi Nicholas. Hai detto che hai la vittoria in pugno» Sorrisi. «Be' ho anch'io qualcosa in pugno. La tua faccia»

Gli mollai un gancio destro dritto sul suo bel faccino da provocatore, sperando che si pentisse di aver fatto del male ad Elisa.

Ero pazza. Decisamente pazza.

La capogruppo mi afferrò tirandomi indietro. «Giulia ma sei impazzita?»

Be'... sì. Non si era capito?
La persona più silenziosa è sempre quella che si tiene più cose dentro.

«Questa me la paghi» Nicholas si rialzò tenendosi una mano sopra il naso sanguinante. «Hai scelto la persona sbagliata da inimicarti»

Furioso come non mai se ne andò via sbattendo forte i piedi, seguito da alcuni membri del suo gruppo che facevano a gara per chi lo avrebbe portato prima in infermeria.

Per quanto soddisfacente era stata la mia azione, tutto ha una conseguenza e la subii dopo pranzo.

Una guardia venne a chiamarmi mentre ero seduta sull'erba. "Il direttore richiede la tua presenza" riportò stringendo il suo fucile.

Entrai nell'ampio ufficio del direttore e rimasi in piedi, in attesa che qualcuno parlasse o mi dicesse cosa fare.
Non ero mai finita nei guai, di solito ero la cara piccola santarellina a cui piaceva seguire le regole e disprezzava chi faceva esattamente quel che avevo fatto io: rispondere ad una provocazione.

Ma non me ne pentivo. Nicholas aveva bisogno di un bel pugno e io glielo avevo dato. Fine della storia.

No.

La tensione era alta, così alta che volevo solo fuggire ma le guardie che avevo dietro me lo avrebbero impedito.
Così mi tenni occupata in attesa che il direttore dicesse qualcosa ispezionai tutta la stanza concentrandomi su cose del tutto inutili come la targhetta dorata con la scritta "Dott. J. R. Slave" o l'enorme bandiera col simbolo dell'Accademia dietro di lui.

Il direttore appoggiò i gomiti sulla scrivania. «Questo è il tuo secondo giorno all'Accademia, giusto?» Annuii lentamente. «Immagino che tu non abbia ancora capito come si vive qui. Ma non preoccuparti, avrai tempo per scoprirlo a tue spese» Dall'ombra della stanza sbucò fuori la ragazza dagli occhi smeraldo con le braccia incrociate e un ghigno beffardo in volto. «Ad ogni modo, la qui presente Breyanna, mi ha riferito che hai avuto un atteggiamento irriverente nei confronti di lei e del suo gruppo, così come anche un ragazzo del gruppo 2 che ho trovato col naso sanguinante. Ebbene, ora mi sorge una domanda: hai intenzione di crearmi problemi?»

Aspettai un po' a rispondere. «Le assicuro che non avevo la minima idea di fare nulla che potesse nuocere a me o agli altri, io non sono così, mi creda. È che questo posto mi ha resa... diversa. Non so spiegarmi il perché, sento solo che nulla sarà come prima»

Negli occhi del direttore balenò una luce inquietante. Sembrava incuriosito da qualcosa che avevo detto. «Immagino che sia proprio così. Questo posto ha il potere di cambiare molte vite, ma in meglio, non in peggio» Si schiarì la voce e fece un segnetto rosso su un fascicolo con la mia foto. «Al terzo richiamo che riceverai ti verrà data la Poenitentia Maxima. Ti consiglio quindi di moderarti e riprendere il controllo delle tue azioni»

Lo ringraziai tenendo la testa bassa come mi era stato consigliato dalle guardie prima di essere portata lì.
Non ero allo stesso livello di un uomo come Slave, non avevo quindi il diritto di guardarlo negli occhi.

«Prima che tu vada ho una domanda per te» continuò. Adorava proprio parlare eh? Tra discorsi motivazionali e ramanzine non so quale di questi fosse il peggiore.

Sul tavolo venne messo il pezzetto di ferro che avevo modellato il giorno prima.
Pensavo che lo avessero buttato, fuso o rotto, invece era stato lucidato e scrostato come se fosse una reliquia.

«Sai che cos'è questo?»

Annuii con leggero scetticismo. «È un filo di ferro a forma di spada con le ali»

«Questo lo so anch'io. Ora dimmi di più»

«Ma io... non so proprio nulla»

Sbatté le mani sul tavolo. «Non mentirmi. Posso punirti anche adesso»

«Non le sto mentendo! Non so veramente nulla»

Sospirò rumorosamente, pizzicandosi con due dita il ponte del naso. «Portatela via»

«Posso aggiungere una cosa, direttore?» si intromise Bryn.

«Certamente» le concesse Slave.

«Mi piacerebbe ricevere delle scuse da parte della novellina per essere stata trattata in quel modo così... fastidioso» disse ghignando.

Infida. Infida e bellissima Bryn, ti odiai come si odia l'assassino di un gattino innocente e paffutello.

Presi un grosso respiro e a malincuore le porsi le mie scuse, ma nulla mi impedì di pensare gli insulti più coloriti che non osai dirle.

Il direttore mi congedò e ritornai nel cortile insieme al mio gruppo che mi riempì di domande e rimproveri, soprattutto Eleonora che più di tutti si era preoccupata per me.

Raccontai loro tutto ciò che mi aveva chiesto il direttore e come gli avevo risposto e ottenni il loro appoggio.

Sentii improvvisamente un frusciare d'erba provenire dalla mia destra. D'istinto mi rialzai e indietreggiai sentendo l'odore del pericolo imminente.

«Fai bene ad avere paura, novellina» disse Bryn mostrandomi con un ampio gesto delle braccia i suoi compagni di gruppo. «Ho apprezzato le tue scuse, ma non bastano. Noi Élite abbiamo una punizione più adeguata per chi ci manca di rispetto» Diventò improvvisamente seria. «Ti do cinque secondi per scappare, poi ti darò la caccia finché non di avrò conficcato il mio pugnale nel petto»

Detto ciò iniziò a contare.
Le mie gambe si mossero da sole, spinte dal mio istinto di sopravvivenza.
C'era una rete alta tre metri con sopra del filo spinato.

«Tre!» urlò Bryn chiaramente arrabbiata.

Spinsi la rete e notai che in un punto si poteva alzare. Qualcuno doveva esserci passato sotto più di una volta prima di me.

«Due!»

Passai sotto senza curarmi di essermi sporcata di terra e corsi dentro il bosco, inconsapevole di aver appena infranto la regola principale dell'Accademia: non superare il confine.

«Uno!»

I membri dell'Élite corsero verso di me con le armi sguainate.

Iniziai a correre a perdifiato nel bosco sentendo il vento urlarmi nelle orecchie.
Scivolai in un piccolo ribasso e continuai ad avanzare senza mai voltarmi indietro.
Riuscivo ad udire le loro armi tintinnare da quella distanza e i loro passi, poi uno sparo rimbombò nell'aria, spaventando degli uccellini, e il dardo si conficcò lontano da me.
Stavano iniziando a perdere le mie tracce.

Poco più avanti scorsi un piccolo lago.
L'acqua era torbida e aveva l'aria di essere profonda, un perfetto nascondiglio.

"So già che potrei pentirmene" pensai.

Presi un ultimo grande respiro e mi gettai in acqua cercando di stare il più ferma possibile una volta toccato il fondo.

Per evitare di riemergere in superficie mi aggrappai ad un tronco di legno caduto sul fondale vicino alla riva, sperando che l'ossigeno mi bastasse.
Guardai verso la superficie e nonostante lo sporco riuscii a scorgere le figure ondulate dei ragazzi che si stavano consultando per dividersi i luoghi da perlustrare.

Delle bollicine d'aria mi sfuggirono prima che potessi fermarle tappandomi la bocca con la mano.
Grazie al cielo non vennero notate.

Quando li vidi andarsene emersi subito in superficie respirando avidamente tutta l'aria che potevo prendere.

Improvvisamente sentii qualcosa afferrarmi per la gamba e trascinarmi velocemente sul fondale. Mi dimenai, ma l'essere che mi aveva preso era troppo forte.

Ero stata avvolta da un tentacolo, o una coda, non ricordo. Stavo per svenire a causa della mancanza di ossigeno.

La creatura mi lasciò appena in tempo e potei risalire in superficie, ma invece del bosco trovai qualcos'altro.

༺ 𓆩♱𓆪 ༻


Mi guardai attentamente intorno. Ciò che stavo vedendo non era più il bosco di prima.
Vicino alla riva c'era un ponte di legno che usai per tirarmi su e in lontananza riuscivo a vedere delle piccole costruzioni di legno e pietra. Sembrava una piccola città.

Mi tolsi gli scomodi scarponi pieni di acqua e li rovesciai tirando fuori anche un povero pesciolino blu che era rimasto dentro.

Con i vestiti totalmente bagnati andai a fare un giro di perlustrazione sperando che lì ci fosse qualcuno di amichevole e non qualche servo di Slave o simili.

Sicuramente che quella era un'illusione.
Ero svenuta e il poco ossigeno mi aveva dato alla testa. Sì, doveva essere proprio andata così.

«Ehi tu! Tu, che sei tutta bagnata! Mani in alto!» urlò una voce giovane e femminile.

Sobbalzai e feci come mi era stato ordinato.
La ragazza corse verso di me con dei pattini che non volevano sapere di fermarsi e senza che me ne accorsi ci scontrammo e ci ritrovammo a gambe all'aria.
Fortunatamente l'erba aveva attutito la caduta.

«Ahia! Ma che ti prende?!» mi lamentai.

La ragazza si rialzò permettendomi di vedere il suo volto.
Ci fu un attimo di smarrimento, non mi sembrava di averla mai vista, ma solo perché la ricordavo... diversa.
È una sensazione difficile da spiegare ma vi assicuro che in futuro, quando avrete un'idea migliore della mia situazione, capirete meglio quello che intendo.

Un brivido mi colse alla sprovvista, poi i ricordi riaffiorarono.
E a giudicare dall'espressione dell'altra ragazza era stato così anche per lei.

Ci guardammo attentamente, come fanno due amici di vecchia data quando si incontrano dopo dieci anni di assenza.
Infine, come colte da un'illuminazione divina, ci indicammo a vicenda e urlammo in coro: "Tu!"

La testa mi girava ancora, colpa dell'acqua che mi era entrata nelle orecchie. «Lara, che ci fai in questo posto?» chiesi avvicinandomi abbastanza per scorgere i lineamenti perfetti del suo viso spezzati da un paio di occhiali neri troppo grandi e spessi.
«Semmai lo dovrei chiedere io a te! Come hai fatto ad arrivare al Campo dei guardiani?»

Forse avevo sentito male. Mi era entrato qualche pesciolino nelle orecchie?

«Ehi? Ti ho chiesto come sei riuscita a raggiungere il Campo dei guardiani. Tutto bene?» Mi sventolò una mano davanti alla faccia.

Non avevo sentito male, era proprio così. «Campo dei... COSA?!»

Lara si sbatté una mano sulla fronte, sospirando. «Questo è il Campo dei guardiani, un luogo dove noi guardiani possiamo dormire e allenarci per combattere in futuro»

Avevo bevuto troppa acqua. Decisamente troppa. «E io che pensavo che essere rapita e portata in un'accademia fosse la cosa più strana che potesse capitare...» Pensai ad alta voce. «Perché sono qui?»

«Immagino che tu sia stata scelta come guardiana. Ma di solito si arriva dalla Grande Quercia, non dal lago. Non è molto sicuro...» Poi pensò meglio a quel che avevo detto e si bloccò. «Aspetta, sei stata rapita?!»

«A quanto pare...» Starnutii per il freddo. «È una lunga storia. Spero solo che tutto vada per il meglio»
La quattordicenne si sistemò la coda alta e mi prese per il braccio. «Andiamo, ti porto da Gregorio. Lui saprà cosa fare»

Attraversammo le strade piene di sassolini che mi si appiccicavano agli stivaletti grigi ormai fradici e arrivai davanti ad una grande struttura di legno simile ad una baita.

«Questa è la Domus di Gregorio, una casa di legno piena di libri antichi dove abita il capo e un guerriero un po' burbero» mi informò Lara. «Appena verrai accettata dal nostro fantastico capo potrò farti fare un giro più approfondito e darti dei vestiti asciutti, non è il massimo andare in giro completamente fradicia»

L'entrata della casa era sorvegliata da due ragazzi aventi entrambi una mantella verde con un elmo spartano argentato e sotto due spade incrociate del medesimo colore come logo per riconoscere i guardiani.
Tra le spade e l'elmo vi era una striscia orizzontale simile a una pergamena con su scritto "guardiani".
Entrambi impugnavano delle lance e ci stavano sbarrando la strada incrociandole.

«Le persone non autorizzate non possono entrare» affermò un ragazzo dal ciuffo biondo scuro e degli innocenti occhi color nocciola.
Era giovane, aveva solo quattordici anni all'epoca, ed era decisamente poco minaccioso. Anzi, sembrava in procinto di scoppiare a ridere talmente faceva fatica a tenete una faccia seria.

«Luca, smettila di fare il cretino e lasciaci passare. Lei non è un'intrusa, è arrivata qui attraverso il lago» replicò Lara, irritata dal comportamento dell'amico.

«Come siamo simpatici questa mattina» commentò sarcastico facendosi da parte. «Ci vediamo stasera attorno al falò» la salutò facendole l'occhiolino.

Attraversammo l'ingresso inumidendo il parquet con tutte le goccioline d'acqua che scendevano dalla mia divisa ed entrammo in una stanza dove un signore anziano si stava passando una mano tra i capelli argentati mentre leggeva con cura il contenuto di una pergamena ingiallita dal tempo.

In primo momento notò solo Lara, poi quando si accorse di me spalancò gli occhi e si alzò di scatto. A dispetto della sua età sembrava più energico persino di mio padre.

«Tu...» mi disse guardandomi attentamente negli occhi. «Tu sei lei. Non mi aspettavo di vederti subito. Sembri così... oh non importa, meglio così.»

«Non capisco»

Si avvicinò prendendomi per il braccio. «Vieni con me, voglio essere sicuro di una cosa»

«Io continuo a non capire»

Mi portò nella umida cantina della Domus dove un gruppo di uomini era raggruppato attorno ad un tavolo a progettare una strategia in caso di attacco nemico utilizzando un Risiko modificato come cartina.
Ovvio, perché tutte le persone normali facevano questo in una cantina, no?

Appena mi videro smisero di parlare e mi fissarono come se fossi un fantasma.
Che cosa vedevano in me? Mi sembrava di vivere in uno di quei film dove la protagonista era tutta un: "ho sempre saputo di essere diversa da tutti, e infatti lo ero", e poi veniva trascinata dentro un vortice di avventure dove trovava il vero amore che spesso era uno dei cattivi, lo baciava e con la magica magia dell'amore lo convertiva e vivevano insieme felici e contenti.

Ma io non ero diversa, io ero uguale a tutti. Ero la più anonima delle ragazzine, così anonima da risultare invisibile.
Non ero fatta per il pericolo, per le avventure, per quelle cose che succedevano solo nei libri e nei film. Io ero e volevo essere la solita sfigata che veniva calcolata solo da poche persone (ma buone), senza problemi e troppi pensieri per la testa.
Ma soprattutto volevo andarmene tutta intera da quella stupida Accademia e tornarmene a casa.

Gregorio mi prese alla sprovvista e mi tirò su la manica della divisa rivelando le bende bagnate che dovevano coprire il simbolo.
Le tolse velocemente facendo però attenzione a non farmi male e rivelò il mio marchio nuovo di zecca.
Che cosa bizzarra ricevere il marchio che cambierà per sempre la tua vita in un bagno.

Gregorio iniziò a fare avanti e indietro per la stanza. «Com'è possibile? Tu, proprio tu, che dovevi... No non ha importanza. Ma ancora non capisco. Perché proprio tu hai il loro marchio sul braccio. Sai almeno cosa significa?»

«Ehm... no... So solo che mi è apparso stamattina e che non ho voglia di rimanere con un marchio del genere per tutta la mia vita anche se è solo un po' rosso»

L'uomo si mise una mano sulla fronte. «Per tutti gli angeli, allora le dicerie erano vere... non hanno scelto la primogenita della famiglia cardine dei Mikael»

«Come, scusi?»

Mi ignorò. «Dovremo fare un bel lavoro con te»

Mi spazientii. «Potrei sapere cosa sta succedendo?»

Gregorio mi prese per le braccia e mi sorrise dolcemente. «Benvenuta al Campo dei guardiani. Lara provvederà a farti fare un giro e a spiegarti un po' come funziona qui. Tu sappi che da oggi in poi sarai una guardiana come tutti»

«Eh?!»

Senza neanche accorgermene mi ritrovai di fronte ad una casetta di legno con Lara e un altro ragazzo di fianco a lei.

Lei si schiarì la voce prima di iniziare a spiegarmi tutto. «Lui è Daniel, uno dei guardiani della classe Guaritori» disse indicando il ragazzo alla sua destra. Aveva l'aria innocente, con quei capelli mori perfettamente ordinati e quegli occhi verdi e curiosi. «Hai ricevuto una vocazione da guardiana, giusto?»

«A quanto pare... ma non ho ancora capi-»

«Allora è bene che tu sappia alcune cose in più su questo Campo» continuò ignorandomi. «Tutti i ragazzi che vedi sono dei guardiani che un giorno non molto lontano combatteranno la più grande delle minacce: i Temibili 10, dieci persone scelte direttamente dai principi dell'inferno e dal diavolo per distruggere il mondo e schiavizzare ogni suo abitante. E qui arriviamo noi. Siamo stati scelti dal Consiglio millenario della Città Aurea per proteggere e sostenere i Grandi 7, i prescelti che terranno testa ai Temibili 10» Prese fiato. «Ma ora è meglio che mi concentri sui guardiani. Sono divisi in quattro gruppi: guaritori, come me e Daniel, protettori, guerrieri, come Luca, e fabbri. Questi ultimi sono i guardiani più grandi che si occupano della fabbricazione delle nostre armi-. Questo è quanto. Domande?»

«No» Bugia. In realtà ne avevo migliaia, ma non riuscivo a formulare una frase di senso compiuto da quanto ero confusa.

Avevo bisogno di tempo per riprendermi, pensare e trovare uno psicologo che curasse la mia pazzia perché tutto quel che stavo vedendo era assolutamente frutto di un brutto scherzo che mi aveva giocato la mia mente.

Sentivo la testa girarmi. Avevo ancora i vestiti bagnati e nessuno si era ancora preoccupato di aiutarmi a trovare qualcosa di caldo.
Avevo la febbre, molto probabilmente.

Restare in piedi era diventato difficile, così come ascoltare le parole dei due guardiani.
E, come direbbe Dante, caddi come l'uom cui sonno piglia.

༺ 𓆩♱𓆪 ༻

Riaprii improvvisamente gli occhi e mi rizzai a sedere così velocemente che non mi accorsi della persona che era seduta sul lettino con me.
Le nostre teste cozzarono forte, ma così forte che venni rispedita sul cuscino gemendo dal dolore.
Misi a fuoco l'immagine della persona davanti a me e mi accorsi che il povero sciagurato che avevo colpito era proprio Daniel.

«Dove mi trovo?» chiesi con un filo di voce.

«Sei nell'infermeria» mi rispose Lara stringendomi la mano preoccupata.

Mi sfuggì una risata isterica. «Allora non era un sogno... Il Campo esiste veramente... Sicuri di non essere invece dei semidei?»

Lara inclinò la testa confusa, poi, quando capì il mio riferimento, spalancò gli occhi e scosse la testa ridacchiando. «Non siamo semidei, siamo guardiani. Gli dei greci non esistono in questa dimensione» Fece una breve pausa. «Come ti senti? Sei svenuta mentre che ti stavo spiegando come viaggiare da un posto all'altro usando un bastoncino marchiato o una pietra del portale. Quando tornerai nel mondo normale potrebbe esserti utile...»

«Mi dispiace, ma ero fradicia e poi la febbre...»

«Oddio, scusami! Non mi ero neanche lontanamente preoccupata di come stessi» Onesta, ma sbadata. Sì, era proprio la Lara che avevo conosciuto tempo prima.

Daniel si intromise sfoggiando il suo caratteristico sarcasmo nelle situazioni più sgradevoli. «Sarai pure una delle più abili guaritrici, ma non riesci nemmeno ad accorgerti che una persona sta male. Devo farti un corso accelerato su come si chiede "ti senti bene?"»

Lara lo ignorò e mi porse un bicchiere d'acqua.

L'acqua mi ricordò del lago, e il lago dell'Accademia. Quanto tempo era passato?
A quanti guai stavo andando incontro con la mia assenza prolungata?

«Devo andare» dissi sforzandomi di restare in piedi.

«Non se ne parla! Sei troppo debole!» mi rimproverò Daniel mettendo le mani sui fianchi, arrabbiato.

«Sto bene. E se voglio continuare a stare bene devo andarmene ora. Dovrò affrontare un direttore arrabbiato per la seconda volta in una giornata... Non importa, come faccio a tornare da dove sono venuta?»

Lara sospirò arrendendosi alla mia testardaggine. «Devi immergerti di nuovo nel lago»

Immaginavo che non sarebbe stato piacevole.
Arrivammo alla fine di un molo di legno dall'aria antica e traballante e ci salutammo.
Lara mi abbracciò, cogliendomi di sorpresa.
Avevo ancora una strana sensazione su di lei, ma non le diedi peso pensando che fosse solo colpa della febbre... o della mia pazzia.

Finiti i saluti mi tuffai in acqua e tornai nel mondo normale.

༺ 𓆩♱𓆪 ༻

Mi ritrovai sdraiata per terra, vicina alla riva fangosa del laghetto e mi rialzai.
La divisa dell'Accademia era asciutta, il mal di testa era scomparso e mi sentivo come se avessi fatto un pisolino rigenerante dopo una lunga giornata di studio.

Gli alberi coprivano la visuale, ma per fortuna riuscii a ritrovare la strada per tornare grazie ai segni che avevo lasciato durante la mia corsa per sfuggire agli Élite.

Passai sotto la rete e mi guardai intorno.
Tutti i ragazzi erano fuori a chiacchierare e a giocare tra loro.
Ma erano immobili. Come se il tempo si fosse fermato.

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