L'Accademia

By GiulSma

11.4K 512 4.1K

•Primo volume della serie Le cronache dei Prescelti Celestiali• "Avete presente quella sensazione di inquietu... More

Premessa
1|L'Accademia
2|Il Gruppo 7
4|Il Campo dei guardiani
5|Ametron
6|Athariel
7|Croce sul cuore
8|Le sfide (parte 1)
9|Le sfide (parte 2)
10|Il nuovo membro
11|Giuramento
12|Il primo allenamento con gli Élite
13|Love is in the air
14|Benvenuta Marta
15|Prove contro prove
16|Giustizia
17|Missione (parte 1)
18|Missione (parte 2)
19|Missione (parte 3)
20|Missione (parte 4)
21|Missione (parte 5)
22|Dichiarazione di guerra
23|La fine di un sogno durato troppo
24|L'Albero Dorato
25|Casa dolce casa
⚜️Curiosità⚜️
Gerarchie, commenti e teorie
Come leggere LCDPC
Ringraziamenti

3|Gli Élite

548 27 215
By GiulSma

Nella mensa era appena entrato un gruppo di studenti privilegiati che, a giudicare dal grande numero di armi contenute nelle loro cinture, dovevano essere degli studenti addestrati per diventare delle guardie speciali o qualcosa del genere. Insomma, delle persone importanti, gerarchicamente parlando.

Dopo aver fatto la loro spettacolare entrata in scena e aver richiamato l'attenzione di tutti, il loro capitano, una tredicenne dai capelli neri e dai misteriosi e furbi occhi smeraldo, iniziò a parlare in tono solenne continuando a guardarci uno ad uno con sufficienza. «Rivolto a tutti i capogruppo: il direttore vuole vedervi tutti dopo pranzo. Assenze ingiustificate non saranno tollerate» Si rivolse infine a noialtri. «Quanto a voi, novellini, spero che abbiate studiato e siate pronti ad impegnarvi, la famosa settimana sta arrivando»

Sogghignò nel vedere le espressioni intimorite dei novellini e se ne andò seguita dagli altri Élite.
Anche loro ci guardavano con sufficienza, come se fossimo tante piccole e insignificanti formichine.
Spocchiosi.

Ci sedemmo finalmente al nostro tavolo e iniziammo a mangiare velocemente. Avevamo già perso troppo tempo a stare ad ascoltare quei ragazzi.
Marisol si avvicinò a me. «Quelli che hai visto sono gli Élite. Se ti interessa te ne posso parlare durante il periodo di svago in cortile»
«Volentieri, voglio proprio capire chi si credono di essere quei palloni gonfiati. Ci guardano come se noi non fossimo nulla al loro confronto! Non è giusto!» inforcai violentemente delle carote, rischiando di spezzare la forchetta di plastica dura.
«Fidati, noi non siamo veramente nulla al loro confronto. Siamo solo... novellini»

༺ 𓆩♱𓆪 ༻

Finito di mangiare uscimmo nel cortile dell'Accademia che era una vasta distesa di erba tagliata talmente bene che sembrava quella di un campo di calcio, circondata da una rete di ferro verde che la separava dal bosco.
Quel posto era senza uscite o entrate, come aveva fatto il furgone ad arrivare fin lì?
C'era lo zampino di quella strega, ne ero sicura.

Gli Élite erano seduti sulla loro panchina vicino al muro esterno dell'accademia e circondati da tutti i novellini che volevano fare i lecchini con loro per ottenere qualche trattamento di favore.

«Come ti ho già detto» disse Marisol avvicinandosi al mio orecchio. «Loro sono gli Élite e quindi sono dei ragazzi dall'intelligenza e dalle abilità fuori dal comune, quasi sovrumane. Sono stati scelti dal direttore Slave in persona e sono stati addestrati per essere spietati e soprattutto dediti alla causa del direttore»

«In pratica sono i suoi pupazzetti goth e aggressivi» sintetizzai.

La ragazza dagli occhi smeraldo mi rivolse un'occhiata sprezzante, come se avesse sentito ciò che avevo detto, poi ritornò a parlare con un ragazzo del gruppo 3 che le stava facendo la corte.

Martin tirò la manica della divisa Marisol e si rivolse anche ad Isabelle. «Voi che siete femmine, potreste aiutarmi a scegliere un fiore che piaccia ad una ragazza?»

I loro volti si illuminarono. «Certamente!» risposero in coro prendendolo a braccetto da entrambi i lati e andando verso il giardino botanico dell'Accademia.

Andai a sedermi sull'erba accanto ad Eleonora che stava strappando dei poveri e innocenti fili d'erba.
Le accarezzai la spalla e le sorrisi amichevolmente cercando di far scomparire dal suo volto quel broncio deprimente.

«Tutto bene?» le chiesi a bassa voce.

«A parte il fatto che siamo state rapite e portate in un'accademia-prigione... sto bene» mi rispose.

«Capisco che sei piuttosto scossa, ma io e te dobbiamo imparare ad andare avanti. Se si rimane per troppo tempo ancorati al passato si rischia di perdere di vista il futuro...» Sospirai. «Se pensi troppo al nostro rapimento chiuderai la mente e non riuscirai neanche a pensare ad un solo modo per andarcene da qui. Bisogna essere forti mentalmente per sopravvivere in un posto come questo e sperare un giorno di andarsene...»

Mi rivolse uno sguardo malinconico. «È impossibile. Noi non riusciremo ad andarcene»

Rimanemmo in silenzio per un po' a contemplare il cielo nuvoloso e dei filetti di erba tagliati alla perfezione. Chiunque fosse il giardiniere, era un uomo che sapeva fare perfettamente il suo lavoro.

Eleonora si voltò a guardare il gruppo di ragazzi vestiti di nero e ruppe il silenzio. «Marisol ti ha spiegato chi sono?»

«Sì» risposi. «Per rendere l'idea ti dirò che sono un incrocio tra la versione economica degli shadowhunters e degli assassini che si sentono superiori a tutto e a tutti» spiegai utilizzando un po' di ironia per sdrammatizzare. «Detto seriamente: sono un gruppo di Elitari armati dal quale bisogna tenersi alla larga, soprattutto se si è appena arrivati. Qui vige la legge del più forte e i novellini appena arrivati saranno sicuramente soggetti a nonnismo, una sorta di bullismo da parte dei più grandi»

«E perché?»

«Perché qui è così, come anche il mondo. Più sei debole e più ti schiacciano, ecco perché non bisogna mai mostrarsi vulnerabili soprattutto in posti come questi...»

«Hai visto dei documentari sulla vita in prigione?»

«Sì, da cosa l'hai capito?»

Ridacchiammo andando verso il nostro gruppo che si era riunito vicino all'entrata.
Tutti erano attorno a Martin che stava facendo vedere il suo meraviglioso giglio blu.
Appena lo vidi ebbi una strana sensazione di deja vu, ma mi ripresi subito dopo sorridendo al mio nuovo compagno.

«Che bel fiore, per chi è?» chiesi.

Martin arrossì imbarazzato. «È per una ragazza del gruppo 1... Ci conosciamo ormai da nove mesi e mi piace davvero troppo»

Fu triste sapere che Martin, un ragazzo così dolce e innocente, era stato per più di nove mesi in quel posto orribile.
Ma la domanda principale era: come si poteva resistere così tanto in un posto del genere mangiando ogni giorno del cibo insapore e assistendo a delle lezioni noiose e complicate?

Isabelle gli scompigliò i capelli e lo abbracciò forte. «Sei dolcissimo! La fortunata che riceverà questo bellissimo fiore si sentirà incredibilmente onorata»

«Isabelle... Soffoco!» disse l'altro con voce strozzata.
Lo lasciò andare e insieme si sedettero per terra.

Martin mi porse un filo di metallo preso dalla rete di ferro in fondo. «Tienilo, facci ciò che vuoi. L'ho trovato per terra e mi sembrava figo, ma ho una dama a cui donare un fiore»

Lo presi in mano mostrandogli un sorriso forzato. «G-grazie»

Non avevo la minima idea di che farci.
Poi mi venne in mente un ricordo. Mia madre mi aveva insegnato poco tempo prima a modellare i fili di alluminio con le pinzette. Avevo fatto un fiorellino, la cosa più semplice.
Ma volevo mettermi alla prova quella volta. Niente pinze, solo la forza delle mie piccole dita e la mia immaginazione.

Il caso vuole (be' non del tutto) che io riprodussi l'immagine di quella spada alata che tanto mi perseguitava.
Volevo veramente capire cosa significasse.

Tutti i membri del mio gruppo si raccolsero per osservarlo meglio e si complimentarono con me per la mia abilità nel modellare fili di metallo.
Non era un granché, sapendo che potevo fare di meglio, ma mi accontentai lo stesso, specialmente dopo aver sentito i complimenti di Eleonora che ancora non sapeva della mia abilità.

Eleonora mi diede una lieve gomitata. «Dovresti farlo vedere anche ad altre persone, è davvero bello»

«Non so, a me sembra un oggetto inutile» abbassai la voce. «Un po' come gli Élite. Inutili, spocchiosi e stupidi»

Sentii dei passi dietro di me.
Dagli sguardi terrorizzati dei miei compagni di gruppo che erano di fronte a me intuii che alle mie spalle c'era qualcuno di spaventoso.
Mi voltai e mi ritrovai davanti proprio chi non volevo vedere.

«Inutili, spocchiosi e stupidi, eh?» ripeté Miss Occhi-Smeraldo. «Credo sia più la tua descrizione. Ma aggiungiamoci anche... "nei guai". Già, direi proprio che sei nei guai. Dovresti badare di più a quel che dici»

Rimasi immobile, pietrificata. Non avevo mai provato così tanta paura, ma perché?
Era una ragazza proprio come me, non aveva nulla in più. Cosa mi bloccava?

«Oh no, mi sa che ho rotto la novellina. Non parla più» mi prese in giro provocando la risata di tutti i membri del suo gruppo.

Strinsi i pugni, odiavo quando qualcuno rideva di me. Poteva insultarmi, minacciarmi o persino farmi del male, ma ridere di me no.

Un tuono rimbombò sopra le nostre teste, preannunciando l'arrivo di un temporale, uno degli ultimi dell'anno.

Ma nonostante ciò l'attenzione di tutti, in particolare del capo degli Élite, era su quell'insignificante pezzetto di metallo. «Come fai a conoscere quel simbolo?»

Spezzai l'incantesimo di Medusa e riuscii finalmente a parlare, anche se a voce molto bassa. «Non lo conosco. Io l'ho solo modellato così»

«Dammelo»

Glielo porsi senza fiatare. Non volevo mettermi nei guai, non durante il mio primo giorno lì, non con loro.

Una volta che il pezzetto di metallo fu in mano sua, se ne andò via portandosi dietro il suo gruppo e tutta la sua schiera di lecchini e amanti.
Quanto odiavo quando la gente si comportava così, come se fossero Dio sceso in terra e tutti gli altri fossero dei piccoli vermi striscianti che dovevano piegarsi solo e soltanto al loro volere.
Ma chi si credeva di essere? Non era meglio di me, non era meglio di nessun altro.
Era una persona, era carne viva che camminava, non era niente. Eppure avevo paura.
Perché le davo potere, perché tutti glielo davano, e così lei diventava invincibile.

Mi rimproverai per essere stata così stupida da dire ad alta voce quelle cose.
Mi ero appena creata una nuova nemica, tra l'altro potente. Piccola me, eri un disastro.

Ritornai dentro l'Accademia insieme ai membri del mio gruppo perché aveva iniziato a piovere.
Ci ritrovammo in un ampio corridoio pieno di caloriferi e poco dopo Elisa ci raggiunse.

«Il direttore ha indetto un'assemblea di tutti gli studenti perché questa settimana ci sono stati molti nuovi arrivati...» ci avvisò la capogruppo riprendendo fiato dopo la corsa che aveva fatto per venircelo a dire.

«E quando sarebbe questa assemblea?» chiese Marisol.

«Adesso» rispose Elisa guardando la fiumana di ragazzi diretta verso l'auditorio.

Li seguimmo mettendoci in fila dietro la nostra capogruppo ed entrammo dentro un enorme auditorio pieno di sedie come quelle del cinema che si tiravano giù per sedersi.
Davanti ai posti da sedere vi era un palco sopraelevato in legno con un leggio di quercia al centro.
Nel sipario rosso fuoco, che in quel momento era aperto, vi era disegnato sopra il simbolo dell'Accademia in nero.

Ci sedemmo nei posti più in alto di tutti perché eravamo arrivati per ultimi e tutti gli altri più avanti erano già stati presi.
Meglio così, più stavo lontana dalla mente psicopatica che aveva ideato quel malefico posto e più sarei stata meglio.

Si sentiva un brusio di voci emozionate all'idea di vedere il direttore. Sembravano addirittura più felici di vedere lui che un concerto degli One Republic, cosa che mi scandalizzò non poco.
Come si poteva essere così felici nel sentir parlare l'uomo che aveva organizzato centinaia di rapimenti e schiavizzato altrettante menti?
Nessuno l'aveva mai vista così? Sicuramente erano tutti troppo occupati ad ottenere privilegi e buoni voti per accorgersene.

Tutti con la testa bassa a farsi comandare, avevano già imparato come fare gli adulti.

Una guardia fornì a me e al mio gruppo delle cuffie per ascoltare meglio il direttore quando ci avrebbe parlato. Le indossai notando che non avevano alcun filo, erano Bluetooth.
Le prime cuffie così che mettevo in vita mia. E io che speravo di riceverle per Natale.

Le luci si spensero e si accese solo un riflettore sul palcoscenico. Eleonora mi afferrò la mano ansiosa.
Un uomo alto sui trentacinque anni, vestito con un completo elegante nero, si mise davanti ad un leggio al centro de palco e provò il microfono.
Tutti riuscivamo a sentirlo benissimo nelle nostre cuffie.
Nonostante fossi lontana una quarantina di metri da lui, riuscivo a distinguere i lineamenti del suo volto bianco cadaverico. Ma usciva di tanto in tanto dal suo ufficio a prendere del sole?
I suoi capelli neri si intonavano col suo vestito e i suoi freddi e misteriosi occhi azzurri mi ricordavano due ghiaccioli all'anice (che tra l'altro all'epoca neanche mi piacevano).

Tutti quanti iniziarono ad applaudire con enfasi, persino gli altri ragazzi del gruppo 7, allora decisi di farlo anch'io, seppur malvolentieri.

Dopo l'applauso l'uomo iniziò a parlare. «Per tutti coloro che sono appena arrivati, mi presento: sono il direttore Jonathan Slave, ma potete chiamarmi semplicemente Mister Slave. Se siete qui è perché siete stati selezionati accuratamente da me e dalla mia squadra di scienziati e informatici. Ho grandi progetti per voi piccole menti geniali» Indicò un telo bianco dietro di lui dove era proiettata un'immagine di una cartina del mondo. «Vedete questo? È il mondo che tutti noi conosciamo e sarà completamente nostro»

Chi gli aveva dato i soldi per fare tutto quello?!
Se era disposto a tanto, significava che aveva i mezzi per conquistare effettivamente il mondo.
Tutto si stava evolvendo di bene in meglio in quell'Accademia. Stava persino aumentando la mia voglia di impegnarmi... a fuggire da lì insieme ad Eleonora e, già che c'ero, al mio gruppo.
Non mi sarei mai messa al servizio di quel mostro. 

«Tutti i vostri desideri verranno realizzati in questo posto dopo una lunga sessione di apprendimento che durerà fin quando non avrete diciott'anni, l'età giusta per iniziare a lavorare nelle mie agenzie sparse per tutto il mondo e fare carriera. Volete questo, non è vero?»

Tutti annuirono come se fossero stregati dalla sua voce. Anche Eleonora lo fece. Ma cosa stava succedendo? Perché ero l'unica ad aver mantenuto il controllo su se stessa?
Tutte quelle domande mi stavano mandando in fumo il cervello e come se non fosse già abbastanza, il direttore ricominciò a parlare.

«Cercherò di essere un punto di riferimento per voi, quasi un padre. Vi offrirò i migliori insegnamenti, vi preparerò a dovere per il futuro... vi renderò potenti» Si voltò verso gli Élite. «Tutto in cambio della vostra più cieca fedeltà. Prendete esempio dagli Élite, i miei allievi migliori. Loro sono stati così fedeli e obbedienti da meritarsi la mia più totale fiducia» Si rivolse a noialtri. «Anche voi vorreste diventare come loro?» Tutti quanti annuirono. «Eccellente... Allora impegnatevi al massimo per rendermi orgoglioso di voi. Dichiaro ufficialmente chiusa l'assemblea, buon pomeriggio di studio»

Detto ciò le luci si riaccesero e tutti incominciarono ad applaudire con enfasi, persino Eleonora.
"Che cosa le ha fatto?" pensai preoccupata.
Le misi una mano sopra la spalla e presi una scossa talmente forte che risvegliò la mia amica dalla trance in cui era caduta. Si tolse le cuffie e si guardò intorno spaesata, poi posò il suo sguardo su di me.

«Cosa è successo?» mi chiese con voce tremante.

«I-io non lo so...» risposi incerta e confusa. «Persino tu applaudivi al discorso del direttore. Ma cosa vi ha fatto? Sembrate tutti degli zombie»

«Io sentivo solo una strana frequenza nelle cuffie...»

«Come?»

Eleonora osservò bene le cuffie, tenendole così strette che temetti potesse romperle. «Sì, era come sentire una nota alta per tutta la durata del discorso»

«Tu pensi che sia stata quella nota a rendere tutti così?»

«Ne sono quasi certa» Si guardò intorno e poi si avvicinò al mio orecchio. «Poco fa sentivo tutti i rumori ovattati, eccetto la voce del direttore, e avevo una grande voglia di seguire quell'uomo fino in capo al mondo...»

«Quindi ti stava...»

«...Facendo il lavaggio del cervello. Sì, ma quando mi hai dato la scossa ho ripreso coscienza. Come hai fatto?»

«N-non lo so... Sarà stata fortuna, suppongo»

Dopo quella strana esperienza, come ultima attività del giorno andai insieme al mio gruppo in palestra. Lì un professore paffutello con dei folti baffi grigi, un cappellino bordeaux e un completo da ginnastica del medesimo colore, aveva accolto me ed Eleonora testando le nostre capacità fisiche. Inutile dire che risultai una schiappa totale nella maggior parte delle prove, ma nell'ultima, quella dell'atterraggio, non fui così male.

Il professore fece salire me, la mia amica e già che c'era i miei altri compagni, su una pedana a due metri e mezzo di distanza dal suolo della palestra.
Dovetti fare un grande sforzo per non guardare giù e spaventarmi.

Martin mi sembrava essere diventato di un colorito verdognolo tutto ad un tratto, dopo scoprii il perché. In precedenza si era fatto male cadendo in modo sbagliato dalla stessa altezza e aveva dovuto subire un'operazione al ginocchio fratturato, fatta da Slave in persona.
Be' suppongo che non fosse stato affatto onorato della presenza del direttore e che invece lo avesse terrorizzato ancora di più.
Poverino, mi dispiaceva molto per lui. Era crudele da parte del professore fargli rivivere quel momento.

Mi sistemai la divisa e mi preparai per atterrare. Il professore non ci aveva detto come farlo, ma io, nella mia vita prima dell'Accademia, avendo visto qualche video, letto qualche articolo su Wikihow e soprattutto avendo letto quel capolavoro di Shadowhunters, riuscii a fare un atterraggio niente male scaricando tutto il peso sulle gambe e, per evitare che poi si rompessero, smorzai la forza dell'impatto facendo una capriola in avanti.

Nonostante avessi fatto un atterraggio del genere mi facevano male le gambe e fu così anche per Eleonora che mi imitò e riuscì ad evitare di fratturarsi qualcosa.

Finita l'ora e mezza di palestra al pomeriggio tornammo nelle nostre camere e ci facemmo una bella doccia con l'acqua ghiacciata nel proprio bagno personale.
A noi novellini non era concesso il privilegio dell'acqua calda. Che infami.

Quando conclusi velocemente la mia doccia fredda mi cambiai mettendomi la divisa dell'Accademia e infilandomi gli scomodi scarponcini grigi con cui rischiavo ogni volta di scivolare sulle scale perché erano leggermente più grandi del mio piede.

Prima di cena ci restavano due orette di svago per fare i compiti e studiare per il giorno dopo, cosa che io ed Eleonora fummo obbligate a fare poiché il vicedirettore ci aveva lasciato una discreta quantità di domande sul nostro esperimento fatto in classe a cui avremmo dovuto rispondere con una breve relazione.

Finito di fare quel noioso lavoro suonò la sirena, che stava a significare che la cena era pronta, e tutti gli studenti uscirono dalle loro stanze diretti verso la mensa.
Io e la mia compagna chiudemmo la porta della nostra stanza e seguimmo la fiumana di persone dirette verso la mensa. Non sapevamo ancora orientarci ed era meglio evitare di perdersi in un posto come quello.

Mi brontolò la pancia dalla fame per tutto il tragitto, come se mi stesse pregando di nutrirla seduta stante, ma smise quando entrai nella mensa e mi sedetti al tavolo con gli altri membri del gruppo 7.

Per la terza volta in quella giornata, aspettammo il nostro turno per andare a prendere il cibo che si rivelò un po' una delusione. Dopo una giornata passata a fare di tutto e di più ci avevano dato solo una bottiglietta d'acqua, una piccola bistecca, degli spinaci dall'aria discutibile e un cubetto di formaggio spalmabili avvolto in un involucro di alluminio, tipo i Philadelphia ma con lo stemma dell'Accademia al posto del suo logo.

La cucina non era niente male, ma rimpiangevo lo stesso quella di mia madre.
A proposito, come avevano reagito i miei genitori e quelli di Eleonora alla nostra sparizione?
Sicuramente si saranno spaventati a morte e avranno chiamato la polizia per condurre delle ricerche.
Diamine, non avevo proprio pensato a quanti sbattimenti e preoccupazioni avremmo provocato ai nostri genitori. Era come se venire rapite fosse stato l'atto più egoista mai compiuto, ma non era di certo stata una cosa voluta.

Sospirai e tagliai la piccola bistecca con le posate di plastica. Era praticamente impossibile tagliare con quel coltello, quindi inforcavo la carne e la tagliavo con i denti che erano sempre serviti a quello scopo.

«Eleonora» La chiamò Lucas che era sempre stato piuttosto taciturno. «Tu leggevi dei libri prima di essere stata portata qui?»

La mia amica annui. «Ovvio, adoro leggere ancora. Ti ricordo che fino ad un giorno fa io... io ero a casa mia...»

Era incredibile pensare che fino ad un giorno prima si stava vivendo una vita normale e il giorno dopo si era sgretolato tutto. In più quell'accademia stava facendo apparire i giorni lunghi come mesi rendendo il tutto più duro da sopportare.
L'unica cosa che ci rendeva forti era la fiducia che potevamo riporre l'una nell'altra e che ora si era espansa ai nostri gentili e simpatici compagni di gruppo.
In un giorno eravamo riusciti a diventare una piccola famiglia ed era stata l'unica cosa positiva dopo essere stata portata in quel posto.

«Tu invece?» Lucas si rivolse a me. «Ti piace leggere?»

Sorrisi. «Io vivo per leggere. Ho letto di tutto e di più e mi sono creata una cultura generale sui mondi fantastici e sui loro abitanti»

«Qual è il tuo libro preferito?»

Mi si creò un improvviso vuoto nella mente, come se quello che avessi letto fosse stato appena risucchiato via dai miei ricordi. «Ne ho così tanti che non so scegliere tra loro» mentii sperando che si bevesse la mia bugia.

«Ah, quindi anche tu sei una super lettrice. Figo»

Finii la bistecca dura come un pezzo di plastica e rimasi ad ascoltare le conversazioni dei miei compagni di gruppo.
Isabelle sfotteva Martin, Lucas si aggregava, Elisa chiedeva di smetterla e Marisol ed Eleonora si godevano la scena proprio come me.
Erano incredibili. Mi consideravo fortunata nell'essere capitata in quel gruppo e non in un altro pieno di gente snob, almeno avrei mantenuto la mia sanità mentale e i miei ideali invece di essere inglobata in quelli degli altri.

Una volta finito di mangiare uscimmo dalla mensa e andammo in un ampio corridoio pieno di caloriferi bianchi e con solo una panchina di legno dipinta di nero. Sicuramente era solo ed esclusivamente per gli Élite. Se c'erano delle panchine potevano utilizzarle solo loro.

L'unica cosa positiva era che i caloriferi erano a portata di tutti e, se si arrivava prima, ci si poteva mettere attaccati ad uno di essi per riscaldarsi.
La sera faceva tremendamente freddo e a breve ci avrebbero persino dato le divise invernali.
Avrei preferito andarmene possibilmente prima che arrivasse l'inverno o altrimenti avrei saltato le festività con i miei cari e mi sarei abituata fin troppo a quel posto fino a farmi controllare senza accorgermene da quello psicopatico.

Eleonora mi tirò la manica della divisa attirando la mia attenzione. «Cosa faremo d'ora in poi? Le giornate qui durano come mesi e io... voglio tornare a casa»

Sentivo le lacrime salire e pregare di uscire, ma non glielo permisi. Non potevo mostrarmi debole di fronte alla persona che più di tutte credeva in me e nel mio futuro piano per fuggire da lì.

«Ti ho fatto una promessa, no?» dissi con voce tremante. «Usciremo da qui insieme, ma lo faremo quando avremo capito tutto di questo posto, ovvero avremo visto tutti i suoi luoghi. Ci dovrà pur essere un modo per uscire...»

«Lo spero...»

«Ciò che dobbiamo fare ora è pregare e stare a vedere cosa ci riserverà il futuro»

Mi mise la testa sopra la spalla. «Grazie...»

Rimanemmo in silenzio ad osservare tutti gli altri studenti parlare. Sulla panchina si erano seduti solo gli Élite, come volevasi dimostrare, ed erano accerchiati da molti membri del gruppo 1.
La ragazza dagli occhi smeraldo mi diede un'occhiata di sfuggita, ma bastò quella per farmi capire che non voleva essere fissata da una come me.
Distolsi lo sguardo scocciata e aspettai che la sirena suonasse così da poter andare finalmente a letto.

Dopo che suonò presi Eleonora per mano e andai nella nostra stanza memorizzando il percorso.
Appena chiusi la porta si sentì uno scatto e capii che sarebbe rimasta bloccata per tutta la notte per impedirci di uscire.
Strano che ci fossero i blocchi alle porte ma non delle videocamere, che il direttore fosse a corto di budget? No, era alquanto impossibile.

Scossi la testa e andai a mettermi il pigiama e a lavarmi i denti. Ero completamente a pezzi dopo una giornata così movimentata e anche Eleonora sembrava esserlo.
Lei più di tutte soffriva per il rapimento, avrei dovuto in qualche modo aiutarla, ma come? Potevo solo offrirle la mia vicinanza, nulla di più.
Mi sentivo impotente come al solito...

Mi distesi sul letto facendomi sfuggire un "Oh" di sollievo e poi guardai la mia migliore amica fare lo stesso.

«Giulia, secondo te, perché ci hanno scelte?»

«Non lo so... Suppongo che abbiano scelto te per la tua intelligenza e me perché ero insieme a te quando volevano rapirti»

«Anche tu sai essere intelligente...»

«No, per niente... L'intelligenza a livello di matematica e cose del genere non è il mio campo. Se ci pensi non sono nemmeno brava ad elaborare strategie. Faccio un po' tutto a caso e poi il caso vuole che funzioni...»

«Non buttarti giù così. Hai un grande potenziale»

«Per cosa?»

«Per tutto, se ti impegni»

Le sorrisi debolmente, poi sentii un suono acuto provenire da dentro la stanza e le luci si spensero di colpo cogliendomi di sorpresa. Non ero un'amante del buio o delle tenebre in generale e solo il loro pensiero mi faceva battere forte il cuore dalla paura.

«Buonanotte» mi disse Eleonora accarezzandomi il braccio per poi infilarsi sotto le coperte.

«Buonanotte...» sussurrai iniziando a chiudere le palpebre. «Una promessa... è una promessa... Ti porterò fuori di qui...»

Mi sorrise debolmente poi entrambe cademmo in un sonno profondo.

Continue Reading

You'll Also Like

1.2K 340 126
Tania, Asada, Regha e Isked scoprono di essere le quattro gemelle figlie della passata regina di Locus solo ricevendo una lettera che le esorta a to...
4.5K 193 25
L'amore può sbocciare tra due cuori completamente opposti? A quanto pare si e Leah e Paul c'è lo dimostrano. Eccomi qua con un'altra storia, questa...
86.6K 7.2K 83
[1° classificata nella sezione paranormale, Nuovi Talenti | Lista Zeus, servizio recensioni Pantheidi] 🌙 Primo romanzo della trilogia "Wicked Eyes" ...
162K 2.7K 37
Charlotte Morgan e una 16enne italiana che ha dovuto cambiare città per il lavoro dei suoi genitori. Ha avuto molte delusioni e decise di non avere p...