Paper Houses

By scoglionat4

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Se un giorno qualcuno mi avesse chiesto di dare la mia prima impressione su di lui, avrei probabilmente rispo... More

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Quasi sempre bello - II Atto
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Defenceless
Non ti sopporto

Affogare nel Po

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By scoglionat4


“Non ci credo che l’hai detto a papà.”

“Onestamente nemmeno io, ma doveva succedere.”

Era stato diverso parlarne a lui rispetto che a mamma o a Milo, perché nella testa di papà io non ero mai davvero cresciuta.

Certo, mi lasciava libertà, mi lasciava i miei spazi, mi lasciava la mia vita, ma era come se tutto quello che succedeva fuori da quella porta non fosse reale, perché una volta sorpassata la soglia di casa io tornavo ad essere la piccola Luce che si lanciava sul divano a guardare i cartoni con un bicchiere di latte tra le mani, e quella era realmente una parte di me.
Peccato che fosse anche però all’incirca l’unica che lui riuscisse a vedere. Perciò, sentirsi dire “ti devo presentare il mio ragazzo” quasi gli aveva fatto venire uno scompenso cardiaco.

“Il...cosa?” Aveva chiesto, allentandosi i bottoni della camicia attorno al collo.

Portava i capelli lunghi fino alle spalle, aveva della barba abbastanza evidente ed era diverso da qualsiasi altro papà che avessi mai conosciuto.
Quando veniva a prenderci a scuola, da piccoli, tutti quanti si giravano a guardarlo perché nessuno era come lui, con gli stivali a punta, le numerose collane e i suoi strambi cappelli.
Ma una come mia madre avrebbe potuto innamorarsi solamente di un uomo come lui, nettamente riconoscibile, diverso, unico nel suo genere.

E, ops, a me era successa la stessa cosa.

“E dopo essersi strozzato cos’ha fatto?” Continuò mio fratello, palesemente divertito da tutta quella situazione.

“Niente, che vuoi che abbia fatto. Mi ha domandato perché fosse stato l’ultimo ad essere informato, ha giocato un po’ a fare l’offeso, dopodiché mi ha minacciato. Esattamente come mi aspettavo.”

“Ti ha minacciata?”

“Non proprio a me.” Risposi, guardando il soffitto. “Tancredi.”

“Ah, be’, abbastanza prevedibile. Qualunque cosa abbia detto papà, io rilancio di dieci volte. Se ti vedo di nuovo stare male come la scorsa settimana gli strappo la carne a morsi, avvertirlo pure.”

“Scordatelo, Mini. Credo sia già sufficientemente spaventato.”

E lo era.
E mi divertiva.
E probabilmente ero una cattiva persona.

Ma quando mi sarebbe mai ricapitato di lasciare che si mostrasse così recidivo e palesemente ansioso? Probabilmente mai, dovevo approfittarne, oltre che vendicarmi, così, quando quel pomeriggio mi chiamò in preda al panico, decisi che gli avrei rinfacciato proprio tutto.

“Ora finalmente mi capisci, mh? Non fai più lo splendido come quando eravamo dai tuoi e mi prendevi per i fondelli perché tremavo come una foglia?”

“Guarda che è proprio tutto un altro tipo di situazione.” Tentò miseramente di pararsi il culo, senza riuscirci, perché non gli avrebbe creduto neanche un mollusco. “Tu sei la prima figlia femmina, tuo padre a quest’ora starà comprando un lancia fiamme.”

“Non è affatto diverso.” Insistetti, infilando nel carrello una bottiglia di vino mentre mantenevo il cellulare schiacciato tra l’orecchio e la spalla. “Tu sei l’unico figlio maschio, credevo che Serena mi avrebbe mangiata viva e invece mi manda quotidianamente il buongiorno e la buonanotte.”

“Okay, primo, non ne avevo idea, e questa cosa deve finire il più presto possibile.”

“Piantala.” Lo ammonii, sorridendo. “So che adori il fatto che andiamo d’accordo. Il secondo punto invece?”

“Il secondo punto è che sono il primo, tu non lo eri. Invece tuo padre mi vedrà come una specie di lupo cattivo che ha rubato la tua virtù e ti ha portato nel mondo degli adulti.”

“Tancredi, ho perso la mia virtù anni fa, non mi hai rubato proprio niente. Sarebbe molto più facile se tu la smettessi di comparare le situazioni e ammettessi semplicemente che era normale che io fossi nervosa a Roma tanto quanto lo sei tu adesso.”

Be’, sai che non lo farò.” Sospirò. “Non so neanche perché ci perdi del tempo. E questa cosa della virtù...chi è stato? Quando?”

“Santo Dio, la mia prima volta è stata in quarta superiore con una ragazzo con il quale mi sono frequentata per un poʼ, sono passati quanti, quattro anni? Non facciamo scenate per questo.”

“Volevo solo saperlo. E non l’hai più-”

“Perché ne stiamo ancora parlando?” Sbottai, facendo voltare una signora davanti a me.

“Non lo so, forse preferisco concentrarmi su questo ragazzo e desiderare ardentemente di ucciderlo piuttosto che pensare alla tua famiglia che uccide me.” Rispose, con quel tuo tipico fare tragico. “Seppelliscimi con le Jordan ai piedi e la Playstation tra le mani, per favore.”

“Finiscila, pezzo di deficiente. Ti mando l’indirizzo, vieni alle otto.”


“Sarà qui tra dieci minuti, qualcuno di voi vuole dirmi perché vi state guardando le sue foto su instagram?” Mi lamentai, posizionando i bicchieri in tavola.

“Cominciamo bene, che cazzo è questa roba? Ha una ragnatela sul braccio?”

Scoppiai a ridere, la scena di mio padre con il cellulare ad un palmo dal naso mentre scrutava i tatuaggi del mio fidanzato era qualcosa che non mi sarei scordata tanto facilmente.
Poteva sembrare strano, ma io ero piuttosto tranquilla. Certo, era stato difficile e anche imbarazzante informarli, e certo, era importante che andasse tutto liscio, ma una parte di me sapeva già che non ci sarebbero state troppe complicazioni.
Tancredi era un bravo ragazzo, sotto sotto, non mi avrebbe mai torto un capello e nonostante mi avesse fatto stare male non era mai stato per qualcosa di oggettivamente intenzionale.
In più, per quanto papà potesse essere possessivo, mio fratello iper protettivo e mia madre puntigliosa, tutti e tre mi avevano sempre lasciato la possibilità di scegliere da sola cosa fare della mia vita, di sbagliare e di rialzarmi. Ero piuttosto sicura che gli sarebbe piaciuto alla fine, ma anche se non fosse successo, sapevo che non avrebbero tentato di mettermi i bastoni tra le ruote.

“Già, è proprio una ragnatela, e non capisco perché ti scandalizzi in questo modo, qui dentro l’unico senza tatuaggi è Milo, solamente perché è ancora troppo piccolo.”

“I nostri tatuaggi hanno un minimo di senso, vorrei proprio sapere da dove gli è venuta la brillante idea di imprimersi una ragnatela sul corpo a vita.”
Proseguì mio padre, evidentemente deciso a trovare il pelo nell’uovo anche solo da un semplicissimo scatto. “E ha quel cerchio da mucca nel naso.”

“E anche il naso da mucca.”

“Eh?” Mio fratello alzò la testa di scatto. “Come sarebbe, non lo difendi?”

“Difenderlo io? Piuttosto mi farei affogare nel Po.”

Arrivò con cinque minuti di anticipo, e, come sospettavo, con lo skateboard.
Gli avevo detto “tu e il tuo skateboard siete invitati a cena” a mo’ di battuta, ma conoscendo ormai l’importanza che dava a quel genere di cose sarebbe stato strano vederlo apparire lì senza.

Andai ad aprirgli il cancelletto con un sorriso a trentadue denti, mentre lui sembrava letteralmente sul punto di tirar fuori il testamento dalla tasca.

“Wow, ero anche io così pallida quel giorno?”

“No, brutta stronza, eri peggio. Cadaverica.”

“Se lo dici tu.” Tentai di avvicinarmi, ma lui si spostò prontamente, facendomi rimanere lì come una scema. “Scusa, ma che fai?”

“Che faccio? Non ti bacio, non ti sfiorerò nemmeno col pensiero, non voglio ritrovarmi castrato. E se ci stanno spiando dalla finestra?” Spiegò, allungando il collo per vedere dietro le tende.

“Sei proprio uno stronzo, noi siamo stati insieme con i tuoi genitori nella stanza accanto e ora nemmeno vuoi baciarmi, complimenti.”

“Per lʼultima volta, era diverso.”

“Per lʼultima volta, non lo era.”

Lo guidai verso l’interno della casa, ma mi fermò per un braccio prima di entrare. “Elena, Dario e Milo, giusto?”

Annuii, compiaciuta, per poi suggerirgli di lasciare il suo mezzo di trasporto fuori dalla porta.

Tancredi non indossava alcun genere di giacca, non che ci fosse bisogno di specificarlo, faceva fatica in inverno, figurarsi ora che le temperature si erano alzate, comunque, questo permise a mio padre di incollare gli occhi sulla tanto chiacchierata ragnatela non appena si strinsero la mano.

Era fottutamente strano quel quadretto, fottutamente surreale.

Si era sentito così anche lui, nel vedermi preparare il caffè insieme a Serena?
Con il cuore in gola per la felicità di avere quasi tutta quanta la sua vita racchiusa in una sola stanza?

Milo lo superava in altezza, l’avevo sempre saputo ma non glielʼavevo mai detto, così lo notai mandarmi la prima occhiataccia della serata, che diceva ‘sono più basso di un maledetto quindicenne e nemmeno mi avvisiʼ o qualcosa del genere.

“Mamma ha fatto le lasagne.” Me ne uscii, quando ebbero finito il giro delle presentazioni e calò un silenzio imbarazzante. “Ci mettiamo a tavola?”

Annuirono tutti, e prendemmo posto. Fu strano sedermi accanto a Tancredi e mandare mio fratello a capo tavola, ma sapevo che a quel piccoletto infondo non dispiaceva, lo faceva sentire importante.

“Allora, Luce dice che vi siete conosciuti in radio.”
Parlò mamma, porgendogli un piatto stra colmo.

“Sì, sì, in radio. Mi ha intervistato, cioè ci ha intervistato, a me e i miei amici.” Rispose lui, sembrava che si fosse seduto su un cuscino di spine, più che su una sedia. Era così carino, avrei tanto voluto riempirlo di bacini per tutta la faccia per poi sentirmi dire che gli veniva lo sbocco.

“Lele è uno di quelli, no? Quello che mi aveva scritto?” Domandò mio fratello.

“Sì, Lele è uno… uno di quelli.”

“Uno di quelli cosa?” Mio padre sembrò cascare dal pero, come se non gli avessi spiegato che genere di lavoro facessero. Probabilmente lo stava facendo apposta.

“Mh” Tancredi tagliò un pezzettino minuscolo della sua porzione. “Uno dei miei amici, noi abbiamo un gruppo, siamo in quattro. Lavoriamo sui social.”

“Sui social.” Ripetè papà, senza smettere di fissarlo. “Capito.”

“Papi, dai, non metterlo a disagio. Te ne avevo già parlato io.”

“Tu non avevi detto che avresti preferito affogare nel Po piuttosto che difenderlo?” Intervenne Milo.

Tutti ci guardarono, probabilmente aspettandosi che Tancredi si arrabbiasse o una qualsiasi reazione da persone normali, che noi, però, non eravamo.

“È così.” Risposi io. “Ma c’è un limite a tutto, non ha nemmeno iniziato a mangiare e già gli fate l’interrogatorio.”

“Scusami se tento di capire come si mantiene il compagno di mia figlia.”

“Dario!” Lo sgridò mamma. “Smettila, Luce ci ha già informati a sufficienza, e poi, mica stanno per sposarsi. Questo ragazzo è un amore, non lo vedi?”

“Un amore lui?” Scherzai, guadagnandomi la seconda occhiataccia. “Ora vado davvero ad affogarmi.”

Poi mi resi conto che quella era stata la prima vera volta in cui avevo associato le parole lui e amore ad alta voce.

Avrei decisamente dovuto rifarlo al più presto.

Ciao stelline,
come state?
volevo dirvi che..... rullo di tamburi, siamo in dirittura di arrivo.
eh già, non manca molto e questa storia, che nel corso di queste settimane è diventata un poʼ mia figlia, finirà.
però ho una cosa in mente.
voi nel frattempo ditemi cosa ne pensate del capitolo, vi voglio bene.

Canyon 🦋

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