Paper Houses

By scoglionat4

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Se un giorno qualcuno mi avesse chiesto di dare la mia prima impressione su di lui, avrei probabilmente rispo... More

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Quasi sempre bello - II Atto
In ogni momento
Vandalo
Affogare nel Po
Tancredi
Paper Houses
Defenceless
Non ti sopporto

Inusuale e basta

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By scoglionat4

"Okay, perciò hai intenzione di parlare o terrai quellʼespressione da pesce lesso ancora per molto?"

"Espressione da pesce..." Ripetè, come se fosse in trans. Ma stava bene? "Cercavo solo un modo carino per dirtelo."

"Non c'è un modo carino per dirmi che una ragazza che è interessata a te da dieci secoli e mezzo e per di più rientra nella tua cerchia di amici e colleghi ti ha cercato, soprattutto non se mantieni quella faccia da funerale. Perciò, che è successo?"

"Appunto, amici e colleghi. Mi ero totalmente dimenticato che compie gli anni tra poco, ci ha invitati tutti quanti a una specie di... non so cosa cazzo sia, comunque dovremmo stare via due giorni. Vuole fare le cose in grande perché è il suo ultimo compleanno da teen ager."

Io, davvero, avevo cercato in tutti i modi di non farmela stare antipatica, perché pensavo realmente le cose che avevo detto, ovvero che l'unica sua colpa fosse stata quella di essersi presa una cotta per Tancredi, e come potevo biasimarla?
Era successo anche a me.
Il fatto che poi lui non avesse messo i paletti necessari doveva averla fatta andare leggermente fuori di testa, facendola vivere in una dimensione tutta sua, ma non pensavo fosse una cattiva persona.
Solo che.
Solo che era così fottutamente bella, si conoscevano da molto tempo, e nonostante tutto le immagini di lui che le morsicava le guance e la stringeva in quei dannati tik tok ogni tanto ancora facevano capolino nella mia mente, perciò proprio non ce la facevo, a farmela piacere.
E, piccolo particolare da non dimenticare, si erano baciati. Più di una volta.
Solo pensarci mi faceva accapponare la pelle, ero ridicola.

Ma poi, perché due giorni di festeggiamenti? Chi cazzo era, Chiara Ferragni?

Comunque, tentai, per quanto possibile, di non far pesare troppo le mie insicurezze, tentai di non risultare la fidanzata pazza che faceva le scenate, sperando che lui si accorgesse ugualmente del mio malessere.

Tentai, perché tentar non nuoce.

"Capito. E dove, mh-" Mi schiarii la voce. "Dove andrete?"

Mi sembrò di vedere la sua mascella (per quanto fosse una mascella, dato che aveva i lineamenti di un bambino di otto anni) staccarsi e cadere per terra.
Aprì la bocca per parlare, ma la richiuse subito dopo. L'avrei preso a ceffoni a breve, mi stava facendo innervosire ancora di più quel suo atteggiamento da finto tonto.

"Perciò per te non è un problema che io ci vada?"

In quel momento mi sentii insignificante, piccola e stupida, perché mi sembrò, per la prima volta da quando lo avevo incontrato, che non mi conoscesse affatto. Tancredi, fin dal nostro primo scambio di sguardi, aveva sempre avuto l'abilità di leggermi dentro, di capire cosa stessi pensando prima ancora che lo facessi io, per questo riusciva sempre a prendermi in giro, per questo sapeva come rigirare le mie domande, per questo mi faceva tanto arrabbiare.
E allora perché non leggeva l'urgenza con cui i miei occhi lo stavano chiamando, perché non capiva che ciò che mi usciva dalla bocca non era vero? Oppure lo capiva, ma semplicemente non gli andava di ammetterlo perché era più semplice così?

"So che devi andarci." Continuai, ormai rassegnata al fatto che non mi avrebbe fermata. "Non si tratta solo di svago, o sbaglio?"

"No, infatti." Sospirò. "Le persone si aspettano di vedermi lì, sarebbe strano se io non ci fossi al suo compleanno, capisci?"

"No, cioè, sì, certo. Probabilmente tutte le sostenitrici della vostra coppia si strapperebbero i capelli. E poi si tratta della tua immagine, devi andarci."

"Sì, questo l'hai già detto. Sei sicura che non sia un problema?"

Cercai di farmi forza, pensando alle cose positive che avevamo vissuto in quelle settimane, ripetendomi che una semplice festa non avrebbe mai potuto spazzarle via tutte.

"Tancredi." Gli presi una mano, iniziando poi a giocherellare con le sue dita. Mi calmava. "Tu l'hai vista la monetina, prima che scomparisse nell'acqua? Voglio la verità."

"Credevo pensassi che fosse stupido."

"Be', è così. Ma ho comunque bisogno che tu me lo dica."

Snodò le nostre mani, in modo tale da poter utilizzare le sue per prendermi il viso.
Lo guardai a lungo, e lui guardò me.
In quel modo.

"L'ho vista, ti giuro che l'ho vista."

"Sì, va' a quel dannato compleanno."


Non aveva risposto alla mia domanda, comunque, ma parlandone anche con gli altri capii che lei aveva noleggiato una specie di baita in montagna e avrebbero festeggiato lì.
Per carità, era una delle idee più fighe che avessi mai sentito, ma diciamo che già non ero entusiasta di quella situazione, e avrei decisamente preferito un semplice party ordinario, magari direttamente a Milano, alla fine del quale ognuno se ne sarebbe tornato a casa propria.
Ma chi ero io per mettere bocca sull'ultimo compleanno da adolescente di Giulia Paglianiti?
Appunto, nessuno.

In ogni caso, inizialmente mancavano quindici giorni a quell'inferno, ma man mano che diminuivano, aumentava la mia voglia di fumare.
Sembravo una cazzo di ciminiera e l'avevano notato tutti, a parte Tancredi, dato che glielo tenevo nascosto di proposito. Celeste invece continuava a sgridarmi, e mia madre minacciava di frugarmi nella borsa e farmi tutte le sigarette a pezzi.

Mamma Elena era bassina come me, si tingeva i capelli di rosso mogano da quando ne avevo memoria e aveva due grandissimi occhioni celesti, esattamente come quelli di Milo. Io, ovviamente, avevo ereditato invece quelli di papà.
Non era molto paziente, le piacevano le culture diverse dalla nostra, leggere e aveva il pollice non verde, verdissimo.

Si stava facendo una tisana in quel momento, mentre io finivo di asciugare i piatti, dato che ovviamente mio fratello aveva saltato il suo turno scomparendo per giocare alla Playstation, esattamente come qualcun altro di mia conoscenza.
In ogni caso, lei mi stava guardando da sotto la sua tazza con l'espressione tipica di chi ha da chiederti qualcosa.

"Mamma, che c'è?" Sbottai, riponendo una fondina nel mobile.

"Sei diversa."

"Come?"

Fece un sorso, poi strinse le labbra in una linea, facendosi più seria. "Non so, sei diversa in questo periodo, e non mi riferisco solo al fatto che negli ultimi giorni a quanto pare hai deciso di distruggerti i polmoni, lo noto da un po'. Non sei quasi mai a casa e quando ci sei sembri avere la testa da tutt'altra parte. C'è un ragazzo, vero?"

L'avevo detto che le mamme avevano i superpoteri, anche se non doveva essere molto difficile saltare a quelle conclusioni dato che ormai tra il lavoro, i miei amici e Tancredi puntavo piede in casa solamente per dormire.

Be', d'accordo. Forse era arrivato il momento, dopotutto.

"Potrebbe."

"Potrebbe?" Inarcò le sopracciglia. "Allora è un sì!"

Annuii. Ovviamente, era la prima volta che affrontavamo quel tipo di discorso, considerando che io non avevo mi avuto una relazione, ed era strano. Mi sentivo come se fossi sul punto di esplodere dall'imbarazzo.

"Oddio! E com'è lui?"

"Uhm" mi passai lo strofinaccio tra le mani, sudando leggermente. "Piccolino, con gli occhi verdi, ha un po' di tatuaggi e la testa dura come il granito."

"Non può essere più dura della tua."

"Io non ci giurerei." Ridacchiai.

"Be', se davvero è più cocciuto di te voglio proprio conoscerlo, ci sarà da ridere."

Ci avevo pensato qualche volta, ma non avevo mai realmente preso in considerazione l'idea, come una di quelle cose che sai che prima o poi dovranno accadere ma non te ne preoccupi, perché sicuramente saranno più poi che prima. Improvvisamente quel poi non mi sembrò più tanto lontano.

"Ve lo porterò, in futuro. Innanzitutto devo ancora dirlo a papà."

"Solo a papà? Milo lo sa?" Ci pensò per meno di un secondo, dopodiché si rispose da sola. "Certo che lo sa, ecco perché è diventato ancora più apprensivo, di recente. Se entro una certa ora non sei a casa inizia ad agitarsi come se si aspettasse di vederti comparire a Chi l'ha visto da un momento all'altro."

"Effettivamente è peggiorato, da quanto sa di questa cosa mi aspetta sempre a letto e mi sgrida di continuo."

"E questa cosa" Enfatizzò l'ultima parola. "Ha un nome?"

Sorrisi. "Tancredi."

"Tancredi? Bello, mi piace un sacco."

"Ti rendi conto di aver appena approvato il mio ragazzo solamente per via del suo nome?"

"Che c'è?" Mi spintonò giocosamente. "Lo sai che vado matta per i nomi inusuali."

"Lui è inusuale e basta."

"Ancora meglio."




Non avevo mai avuto una compagnia numerosa di amiche femmine, ai tempi della scuola mi era capitato di uscire in cinque o sei qualche volta, ma niente di particolare, per lo più eravamo sempre state solamente io e Celeste a trascorrere pomeriggi tra ragazze.

Per questo imparai da loro cosa significasse passare ore ed ore a cercare dei vestiti adatti per una festa in compagnia. Perché avere a che fare con quattro persone rispetto che con una sola è molto diverso, soprattutto se le persone in questione sono vanitose tanto quanto la strega di Biancaneve.

Avevamo perso Gian qualcosa come dieci volte, negli ultimi cinque minuti, mentre Diego si era fermato davanti ad una vetrina di scarpe circa sei anni prima e non si era mai più ripreso. Non c'era nemmeno bisogno di specificare che Tancredi si trovava con lui, aveva una fissazione malsana per le calzature.
Io avevo deciso di arrendermi, sprofondando sulla panchina più vicina mentre aspettavo che finissero.

"Hai l'accendino?" Domandai a Lele, quando si affiancò a me. Ecco perché era il mio preferito, aveva costruito un outfit che gli stava una bomba in un'oretta, dopodiché mi aveva sempre fatto compagnia. "Credo di aver perso il mio."

"Forse è perché lo tiri fuori di continuo. Da quando fumi in questo modo?"

Come mai non lo sapeva? Semplice, perché non volevo metterlo in mezzo. Non volevo che parlasse a Tancredi del mio stato d'animo e di quanto fossi in ansia per quel maledetto compleanno.

"Se te lo dico devi promettere di stare zitto."

"Lo sai che sono una tomba. Cos'hai? È per Giulia?"

"Sì, certo che è per Giulia. Mi fido di lui, ma lei prova questa sorta di amore platonico malsano nei suoi confronti, e sapere che staranno due giorni appiccicati mi mette ansia. E l'ansia la scarico così."

"Farti venire il cancro non è un buon metodo per scacciare l'ansia." Disse, rubandomi il pacchetto dalle mani. "E comunque, se può farti stare meglio, la controllerò io, va bene? Cercherò di evitare che si avvicini troppo, non che Tancredi non sappia respingerla da solo, ma comunque gli farò da guardia del corpo, se questo ti farà smettere di fumare."

"No, Lele, non esiste che ti rovini il divertimento a causa mia. Ridammi semplicemente le mie sigarette e giura di chiamarmi spesso."

"Non ti ridarò proprio niente." Insistette. Poi alzò lo sguardo, facendomi cenno che il mio ragazzo e il suo amico ci stavano raggiungendo. "E non mi importa, è una festa come un'altra, mentre invece tu rischi di stare male sul serio."

"Sei sicur-"

"Sono sicuro, ora non parliamone più, stanno arrivando."

hey,
eccomi tornata a rompervi i coglioni.
spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto e ricordatevi sempre che anche se non vi conosco vi voglio bene, a qualcuno più di altri, devo ammetterlo (riferimenti puramente casuali a nonsopensare che addirittura perde tempo a menzionarmi nei suoi capitoli) e ricordatevi di farmi sapere cosa ne pensate.
vi mando un abbraccio,

Canyon 🦋

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