Paper Houses

By scoglionat4

80.4K 3.9K 750

Se un giorno qualcuno mi avesse chiesto di dare la mia prima impressione su di lui, avrei probabilmente rispo... More

Graffiti
Verde e Grigio
Regole
Ci guadagnerebbe me
Sbagliato
Colpa dellʼalcol - I Atto
Quattro passi in più verso di te
Paraocchi
Astronauti
Polpettone
Via Dei Matti Numero 0
Colpa dellʼalcol - II Atto
amoR
Io e lui
Inusuale e basta
Quasi sempre bello - I Atto
Cavaliere
Niente e tutto
Viola
Quasi sempre bello - II Atto
In ogni momento
Vandalo
Affogare nel Po
Tancredi
Paper Houses
Defenceless
Non ti sopporto

Come prenderlo

3.1K 147 41
By scoglionat4

“Sposta la gamba dalla mia coscia, pesi.”

“Cristo santo, non posso crederci. Peserò anche la prossima volta che mi costringerai a sedermi sulle tue ginocchia e vorrai baciarmi per diciotto ore. Non toccarmi più per tutto il resto del viaggio.”

Viaggio, già.
Ero così fottutamente nervosa, c’era solo bisogno che lui si comportasse come il solito acido rompicoglioni di sempre.

Abbiamo programmato di scendere a Roma il prossimo weekend.”

“Oh, okay. Vedo se riesco a riorganizzare le cose in radio così riusciamo a vederci più spesso in questi giorni, se nel fine settimana non ci sei.”

“Penso che dovresti riorganizzarle, sì, ma in un altro modo.”

“Smettila con gli indovinelli di merda, che significa?”

“Hai detto di non esserci mai stata, sinceramente è inaccettabile. Ti invio il tuo biglietto sul cellulare, vieni con noi.”

Se mi piaceva che fosse così imprevedibile?
Ancora non l’avevo capito.
Di certo non mi faceva impazzire l’idea che decidesse tutto e mi avvertisse allʼultimo momento, come se non avessi un lavoro e una famiglia a cui rendere conto, come se dovessi semplicemente ascoltarlo ed obbedire ad ogni sua decisione.
Ma, dʼaltro canto, quel suo modo di essere non lo rendeva mai banale o noioso.

Tancredi era insopportabile, stronzo e rompiscatole, ma non noioso.

In ogni caso, avevo parlato con il mio capo e mi ero ammazzata di registrazioni nei giorni precedenti in modo tale da essere in pari con le puntate, e per quanto riguardava i miei genitori avevo dovuto inventarmi una stronzata colossale con l’aiuto dei miei amici e di mio fratello.
Io avrei anche rivelato tutto, il problema era la tempistica. Non puoi non parlare a tua madre e tuo padre di un ragazzo per settimane, e poi saltartene fuori con la magnifica idea di partirci insieme. Sarebbe scoppiata una lite infinita perché si sarebbero fatti mille paranoie, e il peggio era che avrei dovuto dargli ragione, perché vista dal loro punto di vista sembrava proprio che stessi andando dall’altra parte dell’Italia con il primo sconosciuto che passava per strada.

Ecco perché gli avevo detto invece che io, Tommy e Les saremmo andati alle terme per il fine settimana, e avevo pregato in ginocchio quei due di non farsi vedere in giro. Sapevo che era credibile, perché ogni tanto lo facevamo davvero.
Mi sentivo tremendamente in colpa, in realtà, perché non avevo forse mai raccontato una bugia tanto grande, l’unica cosa positiva era che almeno Milo sapeva la verità.

C’era però qualcosa che mi turbava di più, e non era difficile capire cosa fosse.
Per una famiglia alla quale menti, ce n’e un’altra alla quale devi raccontare la verità, o almeno una parte.
Se ero felice di andare a Roma e vedere finalmente con i miei occhi una delle città più belle del mondo? Certo.
Se mi andava bene fare tutto ciò alloggiando a casa di Tancredi? Be’, un po’ meno.
Dio solo sapeva quanto avevo insistito per prendermi una semplice camera d’albergo, ma non c’era stato verso, ci eravamo urlati addosso tutta la settimana.

“Mi spieghi il senso, per cortesia? Ma non ti rendi proprio conto di quanto sia assurdo prenotarti un hotel quando ho una cazzo di casa?”

Già, una casa nella quale vivono delle altre persone che nemmeno sono al corrente della mia esistenza, ma sì dai, piombiamogli lì tra capo e collo, dove potrà mai essere il problema?”

“Avviserò tutti, ovviamente, oppure mi credi una specie di organismo unicellulare senza un minimo di intelligenza? Pare che so’ stupido, porco due.”

Avvisare tutti. Non avevo neanche avuto il coraggio di chiedergli di cosa li avesse avvisati.
Viene una mia amica? Una persona che frequento? La mia.. okay, no. Quello no, cioè, nessuno dei due aveva ancora pronunciato quelle parole e mi stava venendo il complesso che forse avrei dovuto farlo io, perché lui si era già esposto a sufficienza, per i suoi standard. Non che ci fosse bisogno del ‘vuoi metterti con me?ʼ come all’asilo, però sarebbe venuto un momento in cui avremmo dovuto definire il nostro rapporto, era inevitabile.
Erano passate due settimane dall’episodio della discoteca, e da allora il cambiamento più grande era stato quello delle affusioni, ci baciavamo, molto, o comunque il tempo in cui non bisticciavamo lo passavamo molto più appiccicati di prima.
Non c’era stata occasione di andare molto oltre, francamente, perché casa mia era off limits e la sua assomigliava ad un bed and breakfast, mancavano solo la reception e una banconista che tenesse la lista degli ospiti.
E poi, sbam, tutto a un tratto “vieni a Roma, da me.”
Mi stavo letteralmente cagando addosso, non era per niente normale conoscere i suoi familiari dopo così poco tempo e lo sapeva anche lui.
Non che noi avessimo fatto le cose in maniera molto normale, ma quello era… be’, diverso.
Eppure io ci stavo andando. Dovevo essere impazzita, è proprio vero che chi sta con lo zoppo impara a zoppicare.

“Bene, fantastico. E chi voleva toccarti, eri tu quella sdraiata addosso a me.”

“Come fate?” Sollevai la testa verso gli altri. Lele e Gian erano di fronte a noi, mentre Diego aveva il posto parallelo al loro, con accanto un signore che dormiva da quando eravamo partiti. “Come fate a sopportarlo da così tanto tempo vivendoci perfino insieme? È la persona più irritante che io abbia mai conosciuto.”

“Non facciamo, infatti. Con lui si litiga minimo dieci volte al giorno.” Mi rispose Gian, facendo ovviamente scatenare l’ira del cazzone seduto di fianco a me.

“Bell’amico che sei.”

“Bro” Sʼintromise anche Lele. “Io ti amo, lo sai, sei la mia vita, ma delle volte dai delle risposte talmente di merda che ti appenderei al muro.”

“Va bene, mi odiate tutti. Una volta tornati a Milano traslocherò, ora andatevene affanculo.”

Sfilò le airpods dalle tasche e se le infilò nelle orecchie, voltando poi la testa verso il finestrino.
Evidentemente non ero l’unica ad essere nervosa.

Mi sembrava che l’aria in quella stazione fosse maledettamente pesante, mi sembrava di non riuscire più a far funzionare i polmoni e sentivo che avrei vomitato a breve.
L’ultima volta che avevo provato quella sensazione probabilmente era stato il giorno dell’orale della maturità.

“No, raga, non ce la faccio. Arrivo lì e sbocco.”

Ecco, le parole che avevo usato in quel caso si applicavano perfettamente alla situazione.

“Be’, noi andiamo. Cercate di farvi sentire e non ammazzatevi, se ci riuscite.” Disse Gian.

“Ci provo.” Risposi, per poi salutare tutti e tre.

Tancredi non parlava, non capivo se fosse perché si sentiva come me o per via del battibecco avvenuto sul treno.
E pensare che era solo venerdì pomeriggio, quel weekend si prospettava una vera delizia.

“Mamma dice che papà ormai è partito da un po’, starà arrivando.” Parlò finalmente, leggendo un messaggio sul cellulare.

“Oh-okay. Non credevo venisse qualcuno a prenderci. Merda!” Imprecai, quando lo zaino che stavo portando su una spalla si spalancò, facendo fuori uscire metà del contenuto. “Cazzo, devo averlo chiuso male prima quando ho tirato fuori il caricatore, ma perché succedono tutte a me?”

Continuai a lamentarmi, raccogliendo dal marciapiede tutti i miei vari astucci contententi creme e trucchi vari.

“Ei” Sì chino, porgendomi un gomitolo di elastici per capelli. “Calmati.”

“Calmarmi?” La voce ormai mi usciva stridula come quella di una vecchia strega. “Già, perché tu invece sei calmissimo, davvero, mi trasmetti molta tranquillità.”

“Senti, non porto una persona a casa da una vita e l’ultima volta che è successo è andata anche bene ma-”

“No, no!” Lo fermai, rialzandomi in piedi. “Non voglio saperlo, zitto. L’ultima cosa che mi serve in questo momento è pensare di avere anche un metodo di paragone.”

“Chi è geloso adesso?” Incrociò le braccia al petto, sollevando l’angolo della bocca.

L’avrei ucciso e poi avrei bruciato i resti. Ma gli sembrava il momento?

“Gelosa di che cosa? Non gira tutto attorno a te, sai. Ho solo paura di non piacere alle persone che dovranno ospitarmi per i prossimi due giorni.”

“Giusto, sì. Immagino che questa paura non abbia nulla a che vedere con il fatto che si tratti dei miei genitori e delle mie sorelle e che tu voglia fare una buona impressione, sopratutto dopo averti detto che la mia ex-”

“Tancredi.” Lo interruppi, con il tono più duro che riuscii a tirare fuori. “Devi chiudere quel cesso, hai capito? Stai cercando di farmi infuriare? Ding ding, obbiettivo raggiunto! Hai vinto la partita!”

“Allora posso ritirare il premio?” Chiese, venendomi in contro, ma io mi scansai.

“Non ritirerai un bel niente, sei uno stronzo e poi potrebbe arrivare tuo padre.”

“In effetti-” Scrutò alle mie spalle, strizzando gli occhi per via del sole. “Credo sia lì, andiamo. E cerca di respirare.”

Respirare. Ma certo, cosa ci voleva.

Annusa le margherite, spegni le candeline.
Dentro, fuori, dentro, fuori.

Se questo era per il padre, una volta arrivata davanti a sua madre sarei sicuramente svenuta.
Parcheggiò e scese dalla macchina, era un bell’uomo, aveva il viso tale quale a quello del figlio, solo più maturo, ed era decisamente più alto.
Lasciai che si salutassero, rimanendo in disparte con il solo desiderio di scomparire, ma purtroppo non successe.

“Pa’, questa è Luce. Te ne ho parlato.”

“Salve.” Squittii. Ero stata maleducata? Avevo letto da qualche parte che salve era un saluto maleducato. Dio, perché avevo detto proprio salve, tra tutte le parole?

“Certo, molto piacere.” Mi sorrise. “Dammi pure lo zaino, lo metto nel baule, le altre a casa non vedono l’ora di vedervi.”

Già, o di sbranarmi.

In realtà, la mia paura non era quella che loro fossero crudeli, ma che sarei riuscita a farmi detestare comunque perché ero… io?
Ed essere me non era la migliore delle opzioni.

Quella fottuta macchina era così alta, dovetti praticamente arrampicarmi per riuscire a prendere posto, notando Tancredi ridersela sotto i baffi.
Certo, sapeva che non l’avrei insultato, in quelle circostanze.

“Allora, Edo dice che non sei mai stata a Roma. Mi auguro che ti abbia preparato un bel tour, ci sono così tante cose da vedere.”

“Mh- sì, è la prima volta che vengo. Spero davvero di avere tempo per visitare almeno le zone più importanti.” Non male come risposta questa volta, dovevo solo diminuire il tremore alla voce e alle mani.

Comunque, lui sembrava okay, mi aveva messa sufficientemente a mio agio, ma la mia nausea e il senso di svenimento tornarono più o meno una mezz’oretta dopo, quando entrammo nel cortile.

“Vuoi rilassarti, per cortesia? Sembra che tu stia andando in guerra.” Bisbigliò Tancredi al mio orecchio, mentre mi aiutava a scendere dall’auto.

“Aspetta.” Lo fermai per un braccio, continuando a mantenere il tono della voce basso. “Cosa sanno?”

“Eh?”

“Cosa… chi sono io, formalmente?”

Sorrise compiaciuto. “Sapevo che era questo il problema, sei così prevedibile.”

“Puoi solo rispondere alla merda di domanda?”

“Non sanno niente di che, Lù. Gli ho detto solo che sarei sceso e gli ho chiesto se fosse un problema invitare una ragazza a stare da noi e loro hanno accettato senza fare domande, mi hanno sempre lasciato il mio spazio. Ora, vuoi entrare?”

E allora entrai.
La casa era grande, ma non grande della serie ti ci senti perso, solo grande.
Grande ma vissuta, non sapevo spiegarlo, ma riuscivo a percepire il loro amore e calore, trasudava dalle pareti.
Forse fu quello a calmarmi, o il sorriso dolce di sua madre che mi accolse come se fossi tutto fuorché una sconosciuta, o l’entusiasmo con cui Clarissa e Berenice saltarono addosso a Tancredi, come due scimmiette. Perché quando aprì le braccia e le accolse come se ne andasse della sua vita, mi resi conto del motivo per il quale nonostante lo conoscessi da poco più di un mese avessi deciso di andare lì. Ciò che mi smuoveva dentro era qualcosa di così grande, che non sarei stata capace di esprimerlo in nessun modo. Ma lo sentivo, e non potevo ignorarlo.

“Ti fa tanto disperare, mh?” Mi chiese Serena, dopo qualche ora. Stavamo facendo il caffè, mi ero offerta di darle una mano, mentre gli altri erano seduti in salotto.

“Solo un po’.” Sorrisi, posizionando le tazzine sui piattini. “Ma va bene, se non fosse tanto testardo e scontroso non sarebbe lui. Ha cresciuto un figlio meraviglioso, solo non glielo dica.”

“Non so che tipo di rapporto abbiate e non voglio ficcanasare, ma sono contenta che ti abbia nella sua vita, sembri sapere come prenderlo.”

“Io? Sapere come prenderlo? Bisticciamo di continuo, in realtà.”

“Si vede, in queste poche ore vi siete mandati delle occhiatacce.” Ridacchiò. “Ma avete una complicità che è quasi palpabile, come se vi capiste al volo.”

Era strano che in tre ore, forse due, avesse capitato così tanto di noi, semplicemente osservandoci stare seduti l’uno accanto all’altro chiacchierando del più è del meno, probabilmente era vero che le mamme avevano i superpoteri.

“Tancredi ed io” sistemi lo zucchero nella ciotola. “Non siamo molto bravi con le parole. Forse è per questo che riusciamo a comunicare tanto in altri modi.”

“A volte non c’è bisogno di parlare, voltati e fa’ caso al modo in cui ti sta guardando. Dice tutto senza dir nulla.”


“Allora, lo vedi che sei ancora viva?”

“Uno a uno palla al centro.” Sospirai buttandomi sul letto. Camera sua era bella e gridava il suo nome da ogni angolo, non era come quelle stanze tipiche di chi si è trasferito, spoglie e vuote. Quella aveva proprio l’aria di essere ancora il piccolo rifugio di Tancredi, forse perché era davvero così. “Io avevo ragione sulla tua gelosia e tu sul fatto che la tua famiglia è fantastica.”

Si accasciò accanto a me, ma dopo un secondo mi afferrarò la vita e chissà come finii a cavalcioni sopra di lui. Era piccolo, ma la forza che aveva la sapeva dosare bene, o almeno, con me che ero ancora più piccola di lui.

“Di cosa confabulavi in cucina con mamma?” Chiese, strusciandomi il naso sulla guancia.

“Segreti tra donne.”

“Mh, capito. Parlavate di me.” Proseguì, baciandomi il collo.

“Dice che secondo lei so come prenderti.”

Tentai il più possibile di mantenere il punto sulla conversazione, perché se mi fossi concentrata su quello che stava facendo mi sarei dissolta sul letto come neve al sole.

“Tancredi, per l’amor di Dio. C’è la tua famiglia di là.” Tentai, senza però risultare molto convincente, dato che gli avevo portato una mano dietro la nuca.“Hai detto mh-” chiusi gli occhi, quando mi graffiò lievemente la pelle con i denti. “Hai detto che peso. Probabilmente dovrei scendere.”

“Probabilmente dovresti solo evitare di metterti a discutere quando è evidente che entrambi abbiamo voglia di fare altro. Qui non è come a Milano, non c’è il rischio che Gian, Lele o Valerio piombino in stanza alla ricerca di una sigaretta o un videogioco.”

Si staccò il tempo necessario per pronunciare quella frase, cha a parer mio era priva di senso, dopodiché riprese da dove aveva interrotto, facendomi scorrere le sue labbra sulla mandibola.

“Infatti è molto peggio. Se entrasse uno dei tuoi morirei di vergogna. Tancr-mh.”

Mi zittì come ormai era solito fare, con un bacio, forse più passionale di qualunque altro ci fossimo mai dati. Continuò a tenermi le mani sulla vita, le percepivo lo stesso seppur ci fosse di mezzo il tessuto dei jeans, erano calde. Come noi, come la situazione.
Le mie, invece, si erano perse in mezzo ai suoi capelli, e a lui non sembrava dispiacere affatto.

“Non entrerà nessuno.” Parlò dopo essersi staccato, quasi senza fiato. “E credo di aver aspettato a sufficienza.”

👉🏻👈🏻😬
hey,
scusatemi se sono riuscita ad aggiornare solo adesso ma ho avuto qualche problemino tipo un mental breakdown perché ho riletto tutto e mi sembrava la cosa più orrenda che la mia mente avesse mai prodotto, perciò non mi sentivo molto ispirata a continuare + ho avuto una sorta di calo di idee + ho cancellato e riscritto trecento cose diverse perché sono una perfezionista del cazzo e se non viene tutto esattamente come dico io non pubblico.
comunque im still here and im still having fun and im still enjoying the person that i am 🤟🏻 (per pochi)
fatemi sapere cosa ne pensate, vi voglio bene

Canyon 🦋

Continue Reading

You'll Also Like

1.6M 50.1K 72
"Moriremo tutti prima o poi, indipendentemente dalla malattia" La mia poteva sembrare una semplice scusa. Ma la verità era che non ero pronta per d...
118K 6.5K 104
quando incontri la persona giusta poi è così difficile lasciarla andare, diventa il tuo punto di riferimento, la tua casa, il tuo tutto.
196K 7.3K 69
«"Dimmi che non è un addio", così lontana ma anche così vicina» ⇨♥ «Lo sapevo che non te sarebbe andata bene, non sei il tipo de persona che da secon...
46.7K 2.4K 39
Where... Grace Martinez ha passato la sua intera vita sui campi da tennis. All'inizio non apprezzava molto questo sport, ma essendo una persona eccen...