Agoraphobia || Ashton Irwin

By littletteokbokki

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« Per Elisea Marie Horan la vita è appena iniziata, eppure è come se l'avessi vissuta già del tutto » scherzò... More

Avviso
Capitolo 2. Ma so proteggerti!
Capitolo 3. Considerami una minaccia!
Capitolo 4. Compleanno ordinario!
Capitolo 5. La valle dei dimenticati!
Capitolo 6. Primo e unico!
Capitolo 7. Teste Matte!
Capitolo 8. Quando si fa giorno!
Capitolo 9. Instagram!
Capitolo 10. Tredici anni
Capitolo 11. La casa dei ricordi
Capitolo 12. Vestita di fiocchi di neve
Capitolo 13. Ricominciamo da zero!
Capitolo Extra: Caro Papà...

Capitolo 1. Paura non ho!

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By littletteokbokki

Capitolo 1.

Paura non ho!

Appoggiò la mano sul pomello agitata, Tristan era al suo fianco in silenzio stava solo aspettando che lei fosse pronta. Mentalmente si stava ripetendo gli insegnamenti del padre: Prima di tutto chiuse gli occhi, si isolò dal mondo per qualche secondo. Il cuore stava tornado a un battito regolare, sentiva le voci delle persone che urlavano. Il secondo passo era fare un respiro profondo, riuscendo a tenere tutto al di fuori, il tremolio diminuì, anche se non cessò. Sentiva quella fastidiosa sensazione allo stomaco, che ormai era di routine. L'ultimo passo era aprire la porta e gli occhi contemporaneamente. I paparazzi la assalirono subito con i flash e le domande, Tristan gli si parò davanti a lei, allontanando i ragazzi e le ragazze. Lei si sforzò di sorridere tutte quelle persone davanti a lei, le faceva venire l'ansia; la schiena era rigida e camminava come un automa. Arrivarono in pochi secondi alla macchina, dove si costrinse a rimanere fuori per qualche foto e autografo. Era riuscita ad abituarsi alla moltitudine di persone davanti a lei, ma quando si trattava di averle intorno a pochi millimetri di distanza, la metteva in agitazione; sia che fosse miliardi di persone sia che fossero quattro.

« Tuo padre ti aspetta tra dieci minuti » sussurrò Tristan, poggiandole una mano sulla spalla, la ragazza annuì e diede un'ultimo saluto alla folla. Entrò nel van nero ad occhi chiusi rilassandosi, un flash la colse di sorpresa facendola sobbalzare. Una risata conosciuta le fece alzare gli occhi al cielo.

« Elisea Marie Horan, sei sempre così rigida » davanti a lei era seduto il biondo che più amava e odiava nello stesso momento.

« Theo Horan sei sempre così irritante » scherzò la ragazza, parlando per la prima volta in tutta la giornata. Theo si spostò al suo fianco avvolgendola in un forte abbraccio, non si vedevano da una settimana, perché il ragazzo si era recato a Dublino per un servizio fotografico alla città. Aveva sviluppato il suo amore per la fotografia già da piccolo, quando il padre lo aveva portato al lago. I due non dissero nulla per il resto del viaggio, rimasero abbracciati per molto tempo, Elisea prese il telefono dalla tasca e illustrò a Theo tutte le foto che aveva fatto in quella settimana di lontananza. Contrariamente al cugino lei non era appassionata di foto, ma con i telefoni si poteva fare di tutto e immortalale qualche momento per sempre, gli sembrava una cosa molto importante. Theo le analizzò tutte ad alta voce, era sempre stato un chiacchierone, non riusciva a stare zitto per più di dieci minuti, sua madre diceva che parlava anche la notte ed Elisea lo sapeva benissimo. La macchina si fermò all'aeroporto di Londra, anche lì altre persone attendevano il suo arrivo, vedendole tutte ammassate, senza transenne o vigilanza la metteva in ansia, potevano accerchiarla e ridurle lo spazio vitale, se lo avrebbero fatto sarebbe entrata nel panico e non ci teneva. Theo vide la sua preoccupazione, ormai conosceva quello sguardo meglio di qualsiasi altro e voleva trovare un rimedio a quella sofferenza.

« Scendo prima io! » esclamò il ragazzo passando sopra la cugina, in modo poco delicato. Elisea lo spinse giù dalle sue gambe con un'unica spinta, scoppiando poi a ridere vedendo la sua faccia.

« Scusa Theo, però mi sei salito sulle gambe come un elefante, mi hai fatto male » Theo si rialzò mettendosi vicino alla portiere, le diede un bacio sulla guancia e si scusò. Aprì la portiera, Tristan era già pronto per scortare entrambi, ma Theo aveva un'idea diversa, una delle sue idee folli e senza senso. Uscì dall'auto acclamato dalle urla delle fan, che ormai conoscevano bene il cugino del loro idolo. Theo salutò tutti con brio e si spostò qualche passo avanti per far scendere la ragazza ancora in macchina.
Elisea sentiva il cuore battergli contro il torace, doveva riuscire a sconfiggere anche quella volta la sua paura, ancora non riusciva a capire da cosa era data la sua agorafobia, anche se il dottor White glielo aveva spiegato un centinaio di volte. Fece un respiro profondo e iniziò a contare da tre a zero prima di uscire, sorrise come meglio poteva, mentre salutava le fan ancora distanti e poco pericolose. Tristan rimase fermo sapendo che la riccia aveva bisogno di qualche minuto prima di potersi immergere in quella folla di ragazze, ragazzi e bambini.
Nella mente di Elisea però in quel momento aleggiava il panico totale, era persa, non riusciva a fare pensieri sensati o logici per potersi convincere che non stava succedendo nulla. Il respiro della diciottenne si accelerò, strinse forte tra le dita la gonna del vestito che indossava, mentre sapeva, era più che certa che sarebbe scoppiata in un attacco di panico. Iniziava a vedere la folla in modo appannato, le lacrime minacciavano di uscire dai suoi occhi e non lo voleva, altrimenti nella prossima intervista le avrebbero chiesto il perché del suo pianto improvviso e nessuno sapeva della sua fobia, dei suo problemi e sventure infantili, grazie al padre che non aveva rivelato nulla.

« Tristan... » sussurrò con voce roca e sommessa Elisea, stava tremando più del dovuto, i piedi sembravano essersi inchiodati a terra, mentre voleva rientrare in auto e non uscirne più. La guardia del corpo si attivo per aiutarla, ma Theo lo fermò con un gesto della mano, Elisea non capiva molto di quello che stava succedendo, sapeva solo di doversene andare da lì. Theo senza dire nulla la prese per i fianchi e la sollevò su una spalla, tenendole con una mano la gonna, in modo che non desse spettacolo e con l'altra le gambe per non farla cade.

« Via! Permesso fate largo questa ragazza è contagiosa » urlò il biondo facendosi a vanti frettolosamente, d'istinto i fan si spostarono, mentre Theo correva verso l'intento.

« Spostatevi potrebbe attaccarvi la varicella, è pericolosa, allontanatevi » Elisea si calmò e quando alzò la testa vide la faccio divertire e confuse dei fan che la guardavano, sapeva di dover fare qualcosa, quindi alzò la mano e salutò tutti scusandosi. In quel momento Tristan era dietro di loro, teneva le fan a debita distanza per evitare brutti incidenti.
Theo continuava ad urlare come un pazzo, uomini e donne lo guardavano malissimo, mentre la ragazza non sentiva più lo stomaco, ma in compenso gradualmente si stava calmando. Quando furono lontano da tutti e tutto, il cugino la mise a terra, Tristan era rimasto indietro per parlare con delle guardie, mentre loro si trovavano nella saletta privata, per attendere l'imbarco nell'aereo privato del padre di Elisea. La ragazza si mise seduta su una delle sedie appoggiando i gomiti sulle cosce, nascose il viso nelle mani e scoppio in lacrime. Aveva represso tutto il giorno i suoi sentimenti, quella folla era la goccia che aveva fatto traboccare il vaso, finalmente poteva liberarsi e sfogarsi, anche se si odiava, si credeva una debole a piangere per qualche persona di troppo che le si avvicinava. Era orribile, frustrante non poter fare quello che voleva, si sentiva stupida a piangere su una sedia, in camera o in auto, mentre qualcuno cercava di compatirla, voleva solo essere una normale ragazza, con problemi nella media. Tremava come una foglia e non per il freddo, non era la prima volta che crollava sotto pressione, ma era da molto tempo che non succedeva, grazie a suo padre sapeva controllarsi o almeno aspettare di essere da sola prima di lasciarsi andare, ma le sue poche difese erano crollate di nuovo. Theo la affiancò senza toccarla, sapeva che in quei casi non doveva aggravare il suo stato dandogli altro a cui pensare, solo Niall poteva abbracciarla quando aveva un crollo emotivo. Niall si trovava sul suo aereo in attesa che la figlia salisse, lui e Luz gli stavano preparano una festa a sorpresa per i sui diciannove anni, quando si trattava del suo compleanno non era mai completamente felice, festeggiava sempre nello stesso modo, cioè nella tavola calda di Mullingar con famigliari e amici per tutto il pomeriggio, poi la sera spariva, Niall e Luz erano gli unici a sapere dove andava, ma non ne parlavano con nessuno era una cosa di Elisea, a cui nemmeno Niall poteva partecipare. In quel momento il biondo era ignaro dello stato della la figlia, ma Tristan si era già attivato per contattarlo, gli aveva scritto un messaggio veloce chiedendogli di scendere con urgenza. Quando Niall lesse il messaggio, scattò in piedi.

« Tutto bene Niall? » Chiese Luz guardandolo interrogativa, mentre sistemava la testa di Marisol sulle sue gambe.

« Credo che Elisea abbia avuto un piccolo problema, torno subito! » scese velocemente dall'aereo salutando l'assistente di volo che stava vicino alla porta. Saltò qualche gradino, facendo velocemente il tratto tra l'aereo e la saletta privata, odiava dividersi da lei, ma sapeva che non aveva più cinque anni e che doveva cavarsela da sola. Un padre non lo avrebbe mai accettato, vedere la loro figlia crescere e prendere la loro strada, sembrava quasi impossibile che fossero passati tredici anni, da quando l'aveva vista dietro quel vetro, sola e atona, ferita e perduta. Si era ripromesso di non farla più sentire in quel modo, di non volerla fare soffrire, ma era più difficile a farsi che a dirsi. Poteva dargli tutto, ma non ciò che gli serviva, sua madre gli aveva sempre insegnato che i soldi non facevano la felicità e con Elisea l'aveva capito. Nessun budget le avrebbe tolto L'agorafobia, il trauma subito e la perdita di una figura importante.
Quando vide Theo in piedi lontano da sua figlia, capì che la cosa era grave, il cugino era una delle persone con cui aveva più confidenze ed era raro che lui non potesse toccarla. Il biondo si chinò davanti a lei, le prese il viso alzandoglielo, aveva gli occhi rossi, i respiro sommesso e tremava in modo veramente allarmante. Fece combaciare le loro fronti, le carezzava le guancia lentamente ripetendole che andava tutto bene. Elisea sentiva che invece stava andando tutto male, quando il tremolio cessò si lasciò andare tra le braccia del padre lo strinse forte in un abbraccio bisognoso, mentre Theo rivedeva la bambina spaventata dal piatto rotto che la nonna aveva lasciato cadere.

« Papà che c'è di sbagliato in me? » singhiozzò stringendo la camicia del padre tra le dita lunghe e sottili.

« Nulla tesoro, non c'è niente di sbagliato » riuscì a rispondere Niall, mentre le accarezzava la nuca. Stava per scoppiare in lacrime anche lui, erano passati così tanti anni, ma ancora non riusciva a controllare le emozioni, si faceva sempre trasportare da quel turbine di sentimenti, che gli stringeva il cuore. Theo non riusciva a vederla in quel modo, ogni volta che capitava si sentivano tutti impotenti, perché sapevano che lei si sottovalutava durante una crisi di panico, non riusciva a evitarlo era una reazione quasi obbligatoria per la mente della ragazza.
Ormai i singhiozzi stavano scemando, le lacrime non uscivano più dai suoi occhi e il peggio sembrava passato. Sia Niall che Elisea si trovavano a terra abbracciati, nessuno dei due aveva la forza di allontanarsi per primo e non c'era fretta di farlo, stavano per tornare a casa, nessun impegno ne programmazione, tranne la visita al college che ci sarebbe stata fra qualche giorno. Quando Tristan arrivò nella sala privata aveva al suo seguito le valigie dei due ragazzi, Elisea si allontanò dal padre, lasciando che si alzasse da terra; il biondo gli allungò una mano e la aiutò a mettersi in piedi.

« Scusatemi... » sussurrò mentre si aggiustava la gonna rossa, Theo le si avvicinò con cautela e quando vide che stava sorridendo, la prese per una mano e la abbracciò facendo scomparire la sua testa tra le sue braccia. Tristan non approfondì la questione, si limitò a prendere le due valige e a portarle con se sull'aereo.

« Non so voi, ma a me Mullingar manca, ho passato una settimana a Liverpool, una a Dublino e tre giorni a Londra un po' di vacanza non guasta » esclamò Theo trascinando lo zio e la cugina verso l'imbarco aereo. La hostess gli augurò buon viaggio e in pochi minuti furono tutti sull'aereo privato.
Elisea prese posto vicino al finestrino come sempre, davanti a lei era seduta Noah, teneva lo sguardo basso sull'ipod e le cuffie gli avvolgevano le orecchie in modo che potesse isolarsi dal mondo.
Elisea non aveva mai considerato Noah o Marisol fratellastri, erano solo i suoi fratelli, nonostante la madre biologica diversa. Luz era seduta al fianco di Noah con la figlia più piccola in braccio dormiente, entrambe si rivolsero un sorriso dolce prima di iniziare a parlare.

« Come ti senti Elisea? Stai meglio? » Luz si preoccupava di ogni crollo della ragazza, trovava spesso parole buone per confortarla e la aiutava a rimettersi in piedi dopo una giornata di stress totale.

« Grazie a papà! Volevo chiederti un favore Luz, so che hai pronto qualche modello della nuova collezione e me ne servirebbe uno » una delle specialità di Elisea era quella di cambiare discorso quando le conveniva, sapeva rigirare la frittata in modo da manipolare il discorso, anche se con Luz era più difficile che con chiunque altro; ormai si conoscevano abbastanza da sapere i vari trucchetti l'una dell'altra.

« Presenterò la collezione invernale fra due settimane, però sarei felice di averti come mia modella principale, sia in passerella che fuori » spesso e volentieri, Elisea si era cimentata nell'arte dello sfilare, non era forse la più brava, ma se Luz le chiedeva il favore lei acconsentiva volentieri. Amava poter indossare i capi della matrigna, rispecchiavano il suo stile e in fondo sfilare su una lunga passerella non era il problema peggiore. Poteva guardare ovunque volesse, bastava che fosse un punto fisso e questo la aiutava a non prestare attenzione a chi la circondava, poteva estraniarsi da tutto ciò che la accerchiava, senza sentirsi strana.

« Volentieri! Il modello che mi serve è per l'orientamento al college, voglio presentarmi al meglio » durante le vacanze estive, dopo il diploma, Elisea aveva ricevuto la lettera di ammissione al college UCD Dublin. Nonostante avesse già una buona posizione sociale, non era quello il suo sogno, amava il violino, le canzoni e i viaggi, ma lei era appassionata di psicologia, ed era proprio quella la facoltà che aveva scelto. Sia Luz che Niall ne erano fieri, anche perché nessuno dei due era andato oltre il liceo e sapere che Elisea puntava in alto, gli faceva capire quanto volesse dipendere da se stessa e non da Niall. La cosa che la rendeva più felice era che Ashton, il suo migliore amico, stava frequentando lo stesso college, anche se in un'altra facoltà.

« Credo di avere qualcosa di adatto, appena saremo a casa ti mostrerò qualche modello » esultò felice Luz, le faceva piacere che Elisea indossasse i suoi capi, era la cosa che la rendeva veramente felice, perché era come riceve un giudizi positivi da grandi firme. Niall e Theo si presentarono subito dopo con in mano delle merendine, la ragazza dai capelli ricci guardò il padre con due occhioni da cucciolo e subito Niall cedette passandogli ciò che aveva in mano. Theo invece era particolarmente attivo e pronto a rompere le scatole, appallottolò il sacchetto di carta e lo lancio contro la testa di Noah che scattò subito furioso, tolse le cuffie con un solo gesto e socchiuse gli occhi scuri guardando minaccioso Theo.

« Idiota! » sussurrò lanciandogli indietro la palla di carta, girò il viso verso Elisea e le fece un cenno di saluto rimettendo le cuffie, da cui si poteva udire lievemente la musica che stava ascoltando. Noah aveva quasi quindici anni, era l'unico della famiglia a possedere due grandi occhi nocciola che spiccavano tra quattro persone con occhi azzurri. Luz diceva che Noah aveva preso tutto dal nonno Gonzalo, Elisea lo aveva visto di presenza solo una volta, le era stato subito simpatico, aveva pochi capelli in testa e un grande baffone che gli ricopriva il labbro superiore. Per una bambina di sette anni un uomo del genere poteva essere solo simpatico, anche perché assomigliava a super Mario, era solo un po' più magro e non sapeva riparare i tubi, nemmeno con le istruzioni sotto il naso. Tutto sembrava essere tornato normale, Niall e Theo parlavano di calcio, Marisol dormiva e Luz forse le sarebbe andata dietro, sembrava veramente stanca e ogni tanto la testa le cadeva penzoloni. Rimanevano solo Elisea e Noah, due caratteri simili, ma allo stesso tempo diversi, fino all'età di quattordici anni anni il ragazzo dai capelli neri era un bambino vivace, pieno di iniziativa e chiacchierone quasi quanto Theo, anche se lui era imbattibile. Un giorno però, le cose erano cambiate, Noah era diventato quello che Elisea temeva, una sua copia!
Sapeva che intromettersi nelle vite altrui non era bello, ma in suo fratello rivedeva se stessa, ciò che era diventata quando aveva cinque anni. Parlava a stento, solo se obbligato, rimaneva chiuso in camera sua per ore, usciva solo per la scuole e raramente il sabato sera e si isolava da tutti con un paio di cuffie. Dalla borsetta Elisea estrasse il cellulare, selezionò il numero di Noah e compose un veloce messaggio.

Elisea: Voi dirmi cosa ti succede ?

Inviò il messaggio grazie alla linea Wi-Fi e attese la risposta, anche lei mise le cuffie nelle orecchie, attaccò lo spinotto al cellulare e selezionò un vecchio album di Taylor Swift. Prima di far partire safe and sound, captò la piccola vibrazione del cellulare di Noah. Il ragazzo si passò una mano sul viso ed estrasse il cellulare dalla tasca, mentre riponeva l'iPod sulle gambe. Quando lesse il numero di chi gli mandava il messaggio, alzò lo sguardo confuso, Elisea si limitò a sorridere, mentre sistemava la gonna stropicciata.

Noah: La vita fa schifo! Ecco cosa mi succede

Esitò un attimo, con Elisea in passato parlavano di tutto, ma il ragazzo non era sicuro di voler iniziare quella conversazione, ma forse era ora di vuotare il sacco. Premette invio e fece aderire la schiena alla poltrona, cambiando canzone, facendone partire una dei fall out boy. Elisea lesse velocemente il messaggio rimanendo interdetta, cosa voleva dire con quelle parole?

Elisea: Non è una novità! Ma non credo sia questo il vero motivo per cui sembri... Me!

Per chiunque altro quel messaggio non avrebbe molto senso, ma per lei e il fratello ne aveva molto; qualche anno prima, Noah le aveva confessato di ammirare la saggezza di Elisea, ma che non avrebbe mai voluto essere lei, perché gli sarebbe mancato parlare, stare a contatto con le persone ed essere come al suo solito esuberante. La ragazza ne era felice, non voleva che qualcuno prendesse lei come esempio, perché non si sentiva umana e il suo comportamento le portava sempre molte insoddisfazioni, ma ci aveva fatto l'abitudine. Noah decise che quello era il momento giusto per scrivere un papiro di parole che teneva represse da troppo tempo.

Noah: Odio tutti, non te, mamma o papà, ma la gente che mi circonda, non ne posso più di falsi sorrisi e amicizie studiate sulla base del reddito bancario. Voglio amici veri come per te lo è Ashton, Theo o Zora. Voglio potermi esprimere senza continue polemiche dei media, fare qualche sbaglio e parlare senza censure o copioni studiati nel dettaglio. Voglio una vita vera!! So che puoi capirmi, ti prego non ne posso più di questa situazione, potrei impazzire!

Elisea lesse accuratamente il messaggio e dopo la terza lettura, alzò lo sguardo verso Noah; aveva gli occhi scuri puntati su di lei, le mani strette a pugno lungo i fianchi e la mascella contratta, quello sfogo doveva avergli risvegliato molta rabbia. La ragazza dai capelli ricci poteva comprenderlo molto, lei più di chiunque altro teneva custoditi grossi segreti del suo passato, tutto grazie a Niall che aveva fatto una decisione importante per lei, cioè non rivelare al mondo ciò che le era capitato con sua madre. Sicuramente tenere quel segreto l'aveva agevolata, anche se di poco. Le stavano sempre addosso perché era una bambina taciturna, molto solitaria e i media parlavano sempre troppo e a sproposito.

Elisea: Cucciolo, sai benissimo che ti capisco, ma isolarti da noi, dalla tua famiglia non credo sia adatto a questa situazione. Capisco la tua frustrazione, la condividiamo tutti noi, ma estraniandoti dalla famiglia non cambierai le cose. Alcune volte gli amici arrivano nel momento meno aspettato, cerca di andare oltre le paranoie, spesso si perdono grandi amici, solo per paura che si stiano approfittando di te. Dai a tutti una possibilità e allontana chi mente o ti usa! C'è una cosa che Niall e Luz non ci hanno mai privato, cioè la libertà! Fottitene ( non dire a papà che ti ho detto una parolaccia ) dei media, alza la voce e di quello che pensi, noi siamo qui per sostenerti Cucciolo!! Fai un sorriso adesso sù XOXO

Inviò il messaggio sperando non ci fossero errori di battitura, per la fretta non aveva riletto il messaggio. Sperava di aver usato le parole più adatte a lui, sapeva di poter fare di più, ma in quel momento, non le veniva altro da dire. Noah alzò lo sguardo divertito, sorrise sinceramente alla sorella, mentre scriveva senza guardare un veloce messaggio per lei.

Noah: Non chiamarmi Cucciolo, non ho più otto anni Tea! XD

Quando Elisea ricevette il messaggio gli fece una linguaccia amichevole, quando era piccolo non riusciva a pronunciare il suo nome e nemmeno l'abbreviazione e la prima cosa che era riuscito a dire per chiamarla era Tea! Solo per lui, nessun'altra poteva usufruire di quel nomignolo. Il volo continuò in serenità, stare sulle nuvole era la cosa migliore del mondo, vedere tanti soffici batuffoli che coprivano la visuale, lasciandoti incantata con le loro forme casuali e dal loro colore variabile in base alla luce. Osservare le nuvole era una delle attività preferite di Elisea in aereo, perché in esse vedeva il cambiamento e la diversità, ma allo stesso tempo la conservazione. Perché per quanto una nuvola potesse cambiare forma o colore, rimaneva sempre una nuvola, soffice, alta e quasi irraggiungibile. Quasi come una sveglia, quando l'aereo toccò terra, Marisol si svegliò, pimpante e iperattiva come sempre, a soli sei anni racchiudeva più energia di quanta una persona normale potesse averne. Niall la prese in braccio per farla scende dall'aereo; la piccola Marisol per via di una complicanza nel parto, era nata con una malformazione delle gambe e camminava a stento con l'ausilio delle stampelle, ma Niall preferiva portarla in braccio o metterla nel passeggino. era stato un forte trauma per tutti in casa, Luz si era messa a piangere dicendosi che era una cattiva madre e che la colpa era sua, quando invece non era così, per farla sorride quando Marisol aveva compiuto l'età adatta per saper camminare, Elisea l'aveva presa per le spalle tenendola dritta, mentre Noah le muoveva i piedi per farla avanzare, sia Niall che Luz si misero a piangere commossi, mentre tutti e tre i figli ridevano. Adesso era diventato quasi una routine, ad ogni compleanno della madre simulavano la camminata di Marisol, ricevendo sempre la stessa reazione, che gli faceva capire quanto bastasse poco per rende una persona felice. Elisea prese sottobraccio Noah e Theo, entrambi di poco più alti di lei, sembravano un terzetto malefico, pronto a fare scherzi alla prima persona che gli capitasse davanti. Arrivarono dentro che mancava poco alle cinque, agosto era un mese sempre molto strano per Elisea, era sempre caldo e freddo, spesso in quel mese pioveva con quaranta gradi. Fuori dall'aeroporto un gruppo di cinque ragazze attendevano il loro arrivo sedute sul marciapiede, la fortuna di vivere in un luogo per molto tempo, era che dopo un po' di tempo la gente si abituava alla tua presenza e iniziava a lasciarti i tuoi spazi. Senza alzare polemiche o problemi, tutti si fermarono a fare foto e autografi, mentre Tristan e Drew, un'altra guardia che li attendeva, caricavano tutte le valigie. Una piccola bambina dagli occhi verdi e i capelli rossi si avvicinò timidamente alla gamba di Elisea che si era scostata dall'ammasso di gente per respirare. La ragazza dai capelli ricci si chinò per guardarla in viso, piccole lentiggini le ricoprivano il naso e le mettevano in risalto gli occhi così verdi da sembrare irreali. La bambina fece pochi e semplici gesti compresi nel linguaggio dei segni, quando era piccola Elisea lo usava spesso e con suo padre ne avevano approfondito gli studi, ormai era come una seconda lingua per lei. La bambina gli stava comunicando che adorava sentirla cantare e suonare, che ogni nota la trasportava in un mondo tutto per lei. Elisea gli rispose che si sentiva lusingata dalle sue parole e che era la bambina più dolce del mondo; le firmò il cd, fecero una foto e si scambiarono un lungo abbraccio. In quel momento Tristan stava mettendo nel baule il violino di Elisea, ma la bambina dai capelli rossi le chiese se poteva ascoltarla suonare dal vivo, la riccia non sapeva dire di no, specialmente ai bambini piccoli e graziosi come lei.

« Tristan, mi serve il violino lascialo fuori! » la guardia glielo portò davanti, lo adagiò sulle sue braccia in modo che Elisea potesse aprire la custodia ed estrarne il contenuto senza fatica. Appoggiò lo strumento sulla spalla, adagiando il mento sul mentoniere in plastica nera; con la mano destra impugnò il tallone dell'arco, con quella sinistra posizionò le dita in modo da poter iniziare con una delle prime canzoni che aveva composto quando studiava il violino. Iniziò a far scorrere perpendicolarmente l'arco sulle quattro corde del violino attraendo l'attenzione di tutti. La riccia chiuse gli occhi e si lascio trasportare dai movimenti e dai dolci suoni, per lei era sempre stato un privilegio suonare il violino; era il mezzo più intenso ed emozionante che conoscesse, l'unica cosa che potesse farla esprimere in modo chiaro alla gente senza aprire bocca. Quando l'arco sfiorava le corde, per lei il mondo non esisteva, c'era solo il buio che la circondava e il suono delle sue note che rimbombavano nello spazio vuoto, riusciva a non pensare o a pensare in modo più profondo mentre suonava, così da non prestare attenzione a ciò che succedeva intorno a lei, prendendosi dentro di se e ritrovando la via solo quando la melodia terminava. Sentiva che ogni malattia, fobia o problema in quelle note scivolassero via come olio su una superficie e sapeva trasmettere quella sensazione di libertà anche agli altri. Quando concluse e tolse l'arco dalle corde, tutti scoppiarono in un forte applauso per lei, anche Tristan aveva adagiato a terra la custodia per poterla applaudire, come ad ogni concerto o esibizione, non le serviva un palco per dare il massimo, perché non si risparmiava mai. La bambina dai capelli rossi la ringraziò cordialmente e lo stessero fecero sua sorella maggiore e la madre, sembravano tutte persone tranquille e serene, così tanto da far dimenticare per un momento a Elisea ciò che la affliggeva poco prima.
Mentre riponeva il violino, il telefono le vibrò nella tasca, chiuse i ganci con accuratezza e mentre prendeva nella mano sinistra il manico della custodia, con la destra sbloccava il cellulare. Era un messaggio di Ashton che racchiudeva una domanda alquanto strana.

Ashton: Rosso o Viola? Rispondimi prima che diventi vecchio!

Sorrise alla lettura del messaggio, ogni tanto lo faceva apposta non rispondergli, così da fargli un dispetto, però quella volta decise di essere equa magari era qualcosa di importante, anche se ne dubitava molto.

Elisea: Rosso! Sono atterrata fra un'ora dovrei essere a casa, mi sei mancato Xx

Inviò il messaggio mentre Theo gli urlava che se non si sarebbe sbrigata, l'avrebbero lasciata in aeroporto. Salì in auto posando la custodia sulle gambe, non aveva avuto il tempo di metterla nel baule, ma non creava fastidio visto che la macchina era enorme, anche dopo tredici anni, non si capacitava di quante cose enormi esistessero al mondo. D'un tratto si sentì veramente stanca, dopo un'intera giornata all'insegna del lavoro il suo corpo necessitava di qualcosa per produrre energia. Si era svegliata alle cinque del mattino per poter essere in orario, si era lavata e vestita in meno di mezz'ora, dopo di che Cassandra e la sua aiutante Ocean invasero la sua camera d'albergo per truccarla e pettinarla, partecipò a tre interviste, un live e ben due incontri per firmare autografi, non aveva nemmeno pranzato per la fretta. Prima di andare all'aeroporto era passata anche allo studio per programmare la prossima incisione con un vecchio amico. Sicuramente quella non era la giornata più tranquilla della sua vita, ma ormai si stava concludendo e ogni problema era un lontano ricordo. La prima persona che vide fu Ashton, davanti a casa sua seduto sul marciapiede, aveva in mano un palloncino rosso che attirava l'attenzione su di lui; Elisea sorrise ripensando al messaggio che le aveva inviato, ciò che però la ragazza non sapeva, era che il palloncino era solo un distrattore dalla vera sorpresa. Il ragazzo si alzò in piedi pronta ad accogliere l'amica, ma il tempo di alzarsi, Elisea gli saltò addosso, facendolo cadere all'indietro sul vialetto.

« Anche io sono felice di vederti, ben tornata! » le avvolse i fianchi stringendola forte, entrambi in quei momenti prolungavano il contatto, erano così uniti da non accorgersi che c'era qualcosa di più fra di loro, che ignoravano per paura. Ashton le diede un bacio sulla guancia e le porse il palloncino rosso, Elisea ricambiò il bacio e si alzò da lui facendo attenzione alla gonna.

« Nel prossimo viaggio ti voglio con me, non mi importa da chi devi andare, mi sei mancato tantissimo » Ashton era rimasto tutto agosto in Australia, dalla sua nonna paterna, per farle visita, quindi i due non avevano avuto la possibilità di vedersi per quasi un mese. Il ragazzo dai capelli ricci spazzò con le mani l'erba che gli si era appiccicata sui jeans neri e sulla canottiera bordeaux. Prese l'amica sotto braccio e la condusse in casa senza aspettare o salutare gli altri componenti della famiglia, era loro solito estraniarsi dal resto del mondo quando stavano per troppo tempo lontani l'uno dall'altro, così da recuperare il tempo perduto. Ashton fece salire la ragazza di fretta su per le scale, indirizzandola verso la sua camera,il palloncino svolazzava tra di loro come un piccolo muro divisorio e il riccio ci giocava dandogli piccoli pugni per farlo spostare.

« Allora chiudi gli occhi, ho una sorpresa per te Elis, spero ti piaccia » Elis era il nomignolo esclusivo di Ashton, la chiamava in quel modo da quando a dieci anni lo avevano bloccato mentre pronunciava il suo nome; era arrivato alla esse e gli era sembrato un bel nomignolo da dare all'amica. La ragazza chiuse gli occhi fidandosi ciecamente dell'amico, Ashton sciolse la bandana rossa che indossava fra i capelli e la mise sugli occhi della più piccola per assicurarsi che non spiasse. Aprì la porta della camera prendendo la mano dell'amica e conducendola dentro, aveva arredato camera sua con stoffe e cuscini rossi, in modo che sembrasse una tenda dove passare la notte solo loro due. Il ragazzo si spostò alle spalle di Elisea, prese i due lembi della bandana e si preparò a scioglierla.

« Al mio tre, puoi aprire gli occhi » Fece lentamente il conto alla rovescia e le tolse la bandana dagli occhi, dandole il via per aprirli. Quando Elisea schiuse gli occhi rimase ammaliata da ciò che vedeva, il rosso era in netto contrasto con i colori scuri della sua stanza,tutto sembrava come in un campeggio hippie. Lasciò andare il palloncino che volò fino al soffitto rimbalzando due volte su di esso, Elisea si girò di scatto verso Ashton con gli occhi pieni di gioia e le labbra curvate in un sorriso così largo da stupire il ragazzo.

« Tuo padre mi ha dato il via libera e ho voluto organizzare una serata solo per noi due visto che loro saranno da tua nonna » confessò il ragazzo grattandosi la testa un po' imbarazzato.

« È la cosa più bella che potessi farmi, sei il migliore » lo abbracciò di nuovo, respirando a fondo il suo profumo, quando si allontanava da lui si accorse di quanto particolari scordasse di memorizzare, come il profumo, i capelli e gli occhi, lo conosceva da anni, eppure dimenticava sempre qualche particolare. Elisea venne illuminata da una consapevolezza, anche lei aveva un regalo per l'amico. Corse al piano inferiore lasciandolo in camera un po' confuso, prese la custodia del violino e la portò in camera sua, aveva messo le bacchette nel sotto custodia in modo che non si perdessero o rompessero prematuramente. Posò sul materasso la custodia e la aprì accuratamente sotto l'occhio vigile dell'amico che guardava interessato.

« Sapevo che avevi bisogno di nuove bacchette per la batteria, così ti ho comprato le VicFirth e le ho fatte personalizzare » porse all'amico la scatola rettangolare incartata con della carta rossa, molto ironica la cosa. Ashton prese in mano il regalo come fosse un tesoro pregiato, strappò la carta con un solo movimento, per poi svelare la scatola nera opaca. Aprì con estrema cautela il coperchio svelando due bacchette in legno firmate VicFirth; ne prese in mano una e la analizzò attentamente, era perfetta e nel fondo c'era la personalizzazione di Elisea " AshHugs " con una piccola Margherita sulla base delle bacchette. Ashton rise, da piccolo lo chiamavano tutti Ashton Hugs, perché ogni scusa era buona per abbracciare qualcuno ed Elisea lo ricordava ancora. Ricordava anche che il primo fiore che si erano regalati a vicenda era una margherita, rubata dal giardino della signora Ace. La prese per i fianchi e la fece volteggiare per la stanza continuando a ripetergli che era un regalo perfetto, Elisea sorrise entusiasta che gli fosse piaciuto e lo pregò di metterla giù.

« Dopo questo scambio di regali che ne dici di dare il via alla serata!? »

« Tu ordina la pizza, io metto un film, ti va bene al di là dei sogni !? » non era una vera e propria domanda, quando programmavano una serata film, Elisea inaugurava la serata guardando sempre lo stesso film, cioè al di là dei sogni con attore protagonista Robin Williams, era la sua fissazione dopo forzen. I due si attivarono per fare il tutto nel minor tempo possibile, si cambiarono indossando i loro pigiami rossi come il resto della stanza e si sdraiarono davanti alla televisione pronti ad una lunga notte di televisione, giochi e silenzio, la migliore serata che Ashton potesse regalare a Elisea.

HOLA GIRLS

Ecco il primo capitolo del Sequel di ti voglio bene papà! Spero che come primo capitolo vi soddisfi, perché mi sono messa di impegno e mi piacerebbe sapere cosa ne pensate. Sapete che per me ogni critica è costruttiva e sono sicura che voi sappiate valutare il mio lavoro.
Come vi avevo promesso ecco che Elisea Marie Horan ricompare sulla scena!

PREMESSA...

Come potete leggere la storia non si chiama Ti voglio bene papà 2 e c'è un motivo:

1. Ammettiamolo è un titolo un po' bimbominchioso, lo so che lo pensate su ammettetelo dai!

2. Questo sequel non avrà in primo piano il rapporto tra Elisea e Niall come nel primo, ma il rapporto tra Elisea e la sua Agorafobia.

Saranno presenti la maggior parte dei vecchi personaggi, qualcuno nuovo forse, ma nulla di troppo sconvolgente! La storia comprenderà i vari rapporti con famigliari e amici e come la malattia compromette essi ( questo tema lo trattato anche nel primo " libro " ) spero vi appassioni come il primo e che lo seguiate. Non so che altro aggiungere.... Votate, fatemi sapere se vale la pena continuarlo, in poche parole fatemi sapere la vostra. Spero di avere al più presto un trailer! Dopo questo non ha altro da dire un bacione e al prossimo capitolo!

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