A · Breathe · Ω

By StarCrossedAyu

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[Storia di FareaFire e StarCrossedAyu] |¦ ⭐ Classificata nella Long List degli Italian Academy Awards - Fanf... More

Introduzione
01. A e Ω
02. Gelo e Calore
03. Ostilità e Attrazione
04. Rischi e Vantaggi
05. Insicurezza e Complicità
06. Imprevisto e Inesorabile
07. Amarezza e Rassegnazione
08. Raro e Spontaneo
09. Ardore e Premure
11. Unione e Violenza
12. Riconciliazione e Partenza
13. Amore e Ritorno
14. Abitudini e Inconvenienti
15. Legami e Stranezze
16. Trionfo e Malessere
17. Inizio e Fine
18. Shock e Disperazione
19. Scelte ed Addii
20. Frammenti e Decisioni
21. Sorpresa e Contatto
22. Rimorsi e Sintonia
23. Respirare
24. Timore e Batticuore
25. Epilogo
AB... O - Breve guida all'Omegaverse

10. Confidenze e Catene

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By StarCrossedAyu

«E quindi, qual è il tuo gusto di gelato preferito?»

Levi fermò la penna con cui stava firmando un'infinita quantità di fogli per alzare lo sguardo verso il suo collega, seduto su una delle sedie di fronte alla propria scrivania.

Eren era a malapena visibile dietro alle scatole di fascicoli e plichi che avevano follemente deciso di concludere quella sera, per non doverci più pensare con l'inizio della nuova settimana. Un enorme cliente, un colpo grosso, era finito nella rete di Eren e Levi si era rivelato – per fortunato scherzo del fato – la migliore opzione come collaboratore. Insieme erano certi che avrebbero messo il guinzaglio a quel mastino entro la fine del mese, anche se significava uno spropositato numero di ore di straordinari.

E tutto, in realtà, si sarebbe aspettato di sentirgli dire dopo quattro ore sepolti tra le scartoffie, meno che di sentir parlare di gelato.

«Eh?»

«Mi hai sentito bene» rispose Eren, senza smettere di scrivere.

«Troppo lavoro ti fa male» disse il corvino, riprendendo a far scorrere la penna sul foglio lì dove si era momentaneamente interrotto. «Caffé, comunque» decretò infine, sollevando lo sguardo un solo istante per posarlo sul ragazzo, al di sopra delle lenti da lettura.

«Uh... Allergie?»

«Cos'è, hai voglia di chiacchierare? Perché, a quanto ne so, questi documenti non si muoveranno da soli.»

Il tono di Levi era calmo, per nulla minaccioso o irritato. Era intimamente perplesso da quella improvvisa curiosità, ma anche soddisfatto nell'averla – in qualche modo a lui sconosciuto – suscitata.

«Oh, per favore... Questo è un gioco da ragazzi. Potremmo farlo dormendo, e l'unico motivo per cui non lo abbiamo lasciato agli assistenti è perché vogliamo che sia finito prima di domani» ribatté il giovane facendo schioccare la lingua, catturando nuovamente l'attenzione dell'altro.

Levi sorrise, appoggiandosi al morbido schienale in pelle e sfilandosi gli occhiali.

«No, nessuna. E visto che mi hai fatto due domande di seguito, me ne spettano altrettante.»

Eren abbassò di nuovo gli occhi sui propri fascicoli, invitandolo a parlare con un gesto della mano prima di tornare a scrivere.

«Cosa volevi diventare da bambino? Un sogno solo tuo.»

Il giovane scosse la testa al pensiero della propria risposta, piegando le labbra all'insù un istante prima di darla.

«Un pirata.»

Il viso dell'uomo si distese, immaginandolo su di un vascello alla ricerca di monete d'oro e forzieri sfavillanti. Sotto il comando di un Capitano rispettato e temuto per i sette mari, magari.

«Quel ruolo ti sarebbe calzato a pennello» gli disse, le iridi fredde illuminate da una scintilla di divertimento e tenerezza insieme. «Che nome avresti scelto?»

«Non so, forse qualcosa di forte. Voglio dire, per uno di cinque anni, intendo. Tempesta dei Mari, o Il Distruttore? Potrei firmarmi così, nel prossimo contratto.»

«Immagino già la faccia di Smith quando lo chiameranno per dirgli che Il Distruttore ha chiuso l'accordo con la Custom» commentò, passandosi distrattamente l'indice sul labbro.

La serietà con cui Levi aveva pronunciato quelle parole non fece che peggiorare la risata che ne seguì. Eren arrivò a tenersi una mano sul petto, mentre con l'altra si asciugava gli occhi.

«Oh, Dio se lo rendi allettante, così.»

«Ti assicuro che saresti una leggenda.»

Il corvino si sporse verso il giovane, quasi volesse confidargli un segreto. O venirne a conoscenza.

«Seconda domanda: il posto più strano in cui lo hai fatto...?»

L'altro si morse il labbro. Chiuse gli occhi, cercando di ricordare. Era difficile. Le memorie di buona parte dei calori degli ultimi anni erano offuscate.

«In un ufficio» si risolse infine. «Scelgo posti sicuri, di solito. Invece quella volta, nonostante i rischi... Beh...» motivò la risposta, appoggiando la guancia alla mano. «Certe cose accadono e basta.»

Levi non smise di sorridere. Dubitava fortemente si riferisse a un altro episodio. A un altro luogo. A un altro Alpha.

«Anch'io posso annoverare una circostanza simile: è stato imprevisto ma, col senno di poi, anche stuzzicante... Chissà che un giorno non possa ripetere l'esperienza» concluse, gli occhi ilari e vagamente eccitati ad una simile prospettiva.

«Assolutamente no!» rise, allungando le gambe sotto la scrivania per dargli un calcio. Levi cercò di bloccargliene una tra le proprie, ma Eren le ritrasse veloci com'erano arrivate, mostrandogli dispettosamente la lingua.

«Niente più esperienze d'ufficio, per noi.»

«Vedremo... A te la prossima.»

«Il tuo compleanno? Quand'è?» L'umore di Levi si fece improvvisamente più cupo, triste.

«25 Dicembre. Non mi piace festeggiarlo. Lo considero un giorno come un altro, nonostante il Natale.»

«Che cosa?! Natale, seriamente?!»

Lo stupore di Eren venne cancellato dall'espressione seria dell'uomo. Ingoiò le battute – forse un po' blasfeme – che avrebbe voluto fare per prenderlo in giro, e piegò la testa. Un lieve uggiolio gli sfuggì dalle labbra: il suo Alpha era triste.

Il corvino aveva preso a giocare distrattamente con la penna, lucida ed elegante, facendola oscillare tra le dita lunghe e pallide.

«Mia madre è morta dandomi alla luce. Era provata nel fisico e nel corpo. Il parto fu complicato e sono nato io, piccolo e smilzo... Mi ha cresciuto suo fratello, ma onestamente non si può dire sia stato il migliore degli esempi. Essermi sviluppato come Alpha è stato il mio punto di svolta. Avevo una scelta: continuare sulla discutibile strada su cui mio zio mi aveva indirizzato, oppure evolvermi in qualcosa che fosse degno del ricordo di mia madre e del suo sacrificio. Il resto è storia...»

Restarono in silenzio qualche istante. Levi manteneva lo sguardo basso, evitando gli occhi di Eren.

Non gli piaceva parlare del suo passato, sentirsi oggetto di pietà o commiserazione. Il periodo in cui si faceva pena da solo era finito da un pezzo. Temeva seriamente però che qualcosa nell'Omega cambiasse, una volta venuto a conoscenza delle sue origini. Accidenti, perché aveva parlato...?

«Come si chiamava tua madre?»

«Kuchel... Kuchel Ackerman.»

«È un nome davvero speciale... Raro» rispose, alzandosi in piedi.

Dopo una breve occhiata alla porta chiusa rigorosamente a chiave, fece il giro della scrivania per raggiungerlo e fargli passare le dita tra i suoi capelli.

Levi allontanò la sedia, il tanto sufficiente a permettergli di accomodarsi sulle proprie gambe e gli circondò i fianchi con le braccia.

«Sono sicuro che fosse bellissima. Quanto lo sei tu.»

L'uomo nascose il viso sul suo petto, ancora troppo magro nonostante i suoi – subdoli, lo sapeva – sforzi nel farlo mangiare meglio e con più costanza.

«Era bella, sì. Vorrei dirti altro di lei, ma non ne so molto... Per Kenny era un argomento tabù e presto ho smesso di chiedere.»

«Ci sono altri modi per scoprire cose di lei... Potremmo fare delle ricerche. Posso aiutarti.» Con le dita continuava ad accarezzargli la nuca, strofinando i polpastrelli contro i capelli rasati.

«Non importa, Eren. Insomma, non scoprirei nulla che vale davvero la pena sapere: come fosse il suo odore, il modo in cui sorrideva o il suo film preferito... Sono cose che solo chi l'ha conosciuta potrebbe raccontarmi, e l'unico in grado di farlo non ha mai voluto.»

Quando sollevò il viso, il suo sguardo trasmetteva la triste rassegnazione a cui si era piegato.

«Va bene così, davvero. Mi basta l'immagine che il mio cuore ha costruito su di lei.»

«Lo capisco» rispose il ragazzo, ricambiando il suo sguardo con tutta la pacata dolcezza di cui era capace. «Se cambierai idea, un giorno, ti basterà dirmelo.»

Finalmente, le labbra dell'uomo si curvarono in un accenno di sorriso, poggiando il mento sulla camicia del ragazzo. La giacca di Eren era stata abbandonata su di una sedia, e il nodo della cravatta allentato quanto bastava da permettergli di slacciare i primi bottoni del colletto candido.

«Il tuo compleanno, invece...?» gli chiese, massaggiandogli la base della schiena con calma, continuando a godersi le morbide carezze tra i propri capelli.

«Fine marzo» sussurrò in risposta. «Il 30.»

Le mani di Levi non potevano toccarlo direttamente, eppure il suo corpo reagiva inarcandosi deliziosamente a quelle carezze. I loro petti si sfioravano, così come le punte dei nasi che picchiettavano delicatamente l'una contro l'altra.

«Non manca molto...» gli rispose l'Alpha, respirando il suo stesso respiro e percependo il calore delle sue labbra schiuse, vicine eppur fin troppo lontane. «Cosa vorresti ricevere, per festeggiare degnamente l'anniversario della tua nascita?»

«Una promozione?» rispose, sfoderando un sorriso smagliante ed angelico. «La testa di Smith su un vassoio d'argento? No aspetta, così sarebbe troppo facile, voglio mettercela io sul vassoio.»

«Potrei regalarti l'accetta con cui tagliarla, ma così sarei tuo complice... Oh, aspetta, già lo sono» lo strinse maggiormente, facendolo sussultare nel solleticargli i fianchi.

«Non sei complice di un bel niente! Non è altro che un errore amministrativo che non sento il bisogno di correggere...»

La sedia girevole cigolò sotto il peso di entrambi ed Eren abbassò lo sguardo, quasi temendo di vederla cedere da un momento all'altro. Finire a terra in quel momento sarebbe stato decisamente controproducente. Non era certo che se ne sarebbero rialzati presto.

Poi mise a fuoco le parole che gli aveva appena sentito pronunciare. «Ce l'hai con Smith...?» domandò.

«Non ho motivi per lamentarmi. Ho un bel lavoro, un ufficio spazioso e lo stipendio che chiunque con un po' di sale in zucca desidererebbe. Vengo ampiamente gratificato, per cui dovrei essere l'ultimo a parlare... ma so bene che te ne sei accorto anche tu.»

Lo sguardo di Eren si assottigliò, adombrandosi.

«Non ci sono Omega, qui.» Levi annuì.

«Esatto. Non mancano in azienda, ma hanno mansioni secondarie e nessuna possibilità di crescita. Sono relegati al pian terreno o poco altro, mentre qui giungono solo i Beta più bravi. Il dominio è degli Alpha. Piuttosto discriminatorio, considerando lo slogan giù all'ingresso che decanta come qui vigano le pari opportunità.»

«Mi sorprende che tu lo abbia notato...»

La fronte di Levi si aggrottò a quella frase. Il suo odore subì una lieve modifica, manifestando il fastidio per quell'affermazione. Aveva ampiamente dimostrato ad Eren in più di un'occasione che nonostante al mondo esistesse una categoria di Alpha assetati di potere, al punto da ottenerlo sfruttando la propria dinamica, lui non ne aveva mai fatto parte. Né mai l'avrebbe fatto.

Il suo cuore, in fondo, era stato ghermito da un Omega che lo teneva in palmo di mano, libero di decidere se accoglierlo o distruggerlo.

Non ebbe bisogno di replicare. Eren si corresse da solo, strofinando il naso contro la sua guancia mentre un flebile guaito di scusa usciva dalla sua gola.

«Ho parlato senza pensare, perdonami» aggiunse poi, dando forma verbale ai propri gesti. «Solo che questo per me è... è...»

«Un argomento difficile?»

«Molto. Mia madre... lavorava qui» confessò, facendosi indietro così che l'importanza della dichiarazione non venisse sminuita da coccole o carezze.

Levi aggrottò la fronte, il gelo delle sue iridi che si incupivano gradualmente mentre quella rivelazione strisciava subdola nel suo cervello e nel suo cuore.

«Questa non è una semplice rivincita sulla vita, Eren. Questa è una vendetta. Ti rendi conto di quanto sia controproducente? Di come il solo nome di Smith, colui il quale ha ridotto in disgrazia tua madre, ti renda poco lucido...?»

L'uomo era serio. Mortalmente serio. Nella sua mente iniziavano a formarsi mille pensieri, ipotesi, scenari che il ragazzo aveva certamente preso in considerazione. Compresi quelli negativi. E che a lui, in quel momento, non davano ovviamente alcun conforto.

«Sei bravo, più di molti Alpha: hai le capacità, la stoffa, la grinta. Hai il mio appoggio, per quanto questo possa influire. Ma ho anche paura di perderti...»

Fu il turno di Eren di aggrottare la fronte. Il suo corpo si irrigidì, quando il – temporaneamente – Beta passò sulla difensiva.

«Poco lucido? Io sono assolutamente razionale e presente a me stesso. Rivincita, vendetta, chiamala come ti pare. Io voglio solo spodestare quel figlio di puttana dalla scrivania.»

Si alzò in piedi, perché quello non è il genere di discorso che puoi fare restando comodamente in grembo al tuo interlocutore.

Levi si passò una mano tra i capelli, sentendo freddo lì dove Eren sedeva un attimo prima e anche nelle sue parole. Era un tasto dolente, quello, e in fondo non si aspettava che la discussione andasse diversamente dalla piega che stava prendendo. Fece il possibile per non esternare la propria frustrazione ringhiando.

«È solo questo che hai recepito...? Hai il mio sostegno. Credo nelle tue possibilità. Sono spaventato.»

Si mise in piedi a sua volta, avvicinandosi al castano di fronte a lui.

Era molto difficile restare arrabbiato, di fronte alla reazione pacata di Levi. La calma nel suo tono rimise anche Eren coi piedi per terra ed il giovane avvocato si coprì gli occhi con le dita, premendo come se cercasse di farsi passare un forte mal di testa.

«No... Ti ho sentito, ti ho capito...» sospirò. «Vorrei che tu non ti sentissi in questo modo, davvero...»

Parlava come se non avesse alcun controllo sulla situazione e Levi dovette mordersi l'interno della bocca per impedirsi di ribattere: «E allora smettila con tutto questo, troviamo una soluzione diversa. Insieme.»

Ma ebbe l'accortezza di non farlo. Di comprendere che continuare a bussare contro un muro mentale non avrebbe fatto altro che aggravare le ferite di entrambi.

Si sentiva come un cane che si morde la coda. Non aveva senso insistere, in quel momento. Aveva perso la battaglia ancora una volta, ma certamente non la guerra. Avrebbe solo dovuto cercare qualcosa che fosse più importante di quella rivalsa. Qualcosa che lo facesse desistere da quel proposito. Sperò di poter essere lui stesso, un giorno.

«Vieni qui...» Lo attirò a sé, abbracciandolo stretto e sospirando sulla sua spalla.

Il ragazzo restò fermo e rigido qualche istante per poi sciogliersi subito dopo e sospirare, stanco, a propria volta. Le sue mani trovarono la giacca di Levi, ancora liscia quasi l'avesse appena stirata, stringendone il bavero.

«Dovremmo tornare a lavoro...» mormorò dopo un minuto, il tempo che si concesse per crogiolarsi tra le braccia dell'Alpha. Per sentirsi rassicurare da lui.

Levi annuì, non volendolo forzare in alcun modo.

Finirono, che era già notte fonda e ciascuno tornò a casa con un peso sul petto a cui non avrebbero saputo come dare voce.

* * * * *

«Oddio, sono pieno come un uovo...!»

Eren cercò di trovare una posizione che consentisse al suo stomaco di non esplodere, senza trovarne alcuna. Sbottonare i pantaloni avrebbe aiutato, ma il luogo in cui si trovava esigeva una certa etichetta.

Era seduto al tavolo del ristorante più lussuoso della regione, dove occorreva prenotare con almeno un mese di anticipo anche solo per nutrire la speranza di accomodarsi in sala.

Levi, all'altro capo del tavolo, sorrideva col viso poggiato sul palmo di una mano. Inutile dire che trasudasse soddisfazione da ogni poro, nel vederlo colorito e rifocillato. Allungò una mano sulla tovaglia dalla fattura raffinata, di un bianco immacolato quasi fosse la prima volta che veniva utilizzata, sfiorando con le dita quelle di Eren.

«Spero tu abbia spazio per il dolce» gli disse, beandosi della presenza del giovane Omega, ormai prossimo al calore.

La faccia di Eren, alla parola "dolce", si deformò in un'espressione di puro terrore.

«Tu mi vuoi morto, o diabetico...! Hai ordinato praticamente tutto il menù e ti aspetti che mangi dell'altro?»

D'improvviso, le luci del privé nel quale erano seduti divennero soffuse, creando un'atmosfera intima e surreale. Il castano si guardò attorno, spaesato.

«Cosa–»

Un carrellino, spinto da un cameriere dalla divisa elegante, fece il suo ingresso con una magnifica torta su cui scoppiettava una piccola stella filante, di quelle usate dai bambini come fuochi d'artificio. Sulla panna, contornata da fragole e scaglie di cioccolato, la scritta "Buon 28° compleanno" con tanto di candelina.

Quando tutto il suo lavoro della giornata era stato improvvisamente re-indirizzato, era stata una sorpresa.

Quando Levi si era presentato a casa sua senza alcun preavviso, era stata una sorpresa.

Quando aveva rifiutato di gettarsi sul letto con lui, era stata una vera sorpresa.

E poi il viaggio in auto, il ristorante lussuoso, l'angolo privato... Tutto quel cibo.

La luce che proveniva dalle scintille si specchiò negli occhi di Eren, che la guardava affascinato. Il cameriere fu abile a posare la torta nel centro del tavolo, ripulendolo dei piatti usati e depositandone di puliti. Si ritirò, lasciando i due a guardarsi negli occhi.

«L'hai presa davvero molto sul serio questa storia del corteggiamento, non è così?» gli disse, lieto che la penombra nascondesse il modo in cui era arrossito sentendosi al centro di tante attenzioni.

«Solo il meglio, per te. Te l'ho detto che quello» disse, riferendosi ai primi mesi in ufficio, «non era corteggiare. Questo lo è.»

L'Alpha era felice. Non tentava nemmeno di nasconderlo. L'odore del suo Omega, ancora lieve, giungeva alle sue narici sensibili comunicandogli l'imbarazzo che provava, ma soprattutto la gioia e l'orgoglio nell'essere oggetto delle cure di Levi.

«Esprimi un desiderio e soffia» lo esortò, guardandolo negli occhi.

Eren rimase qualche secondo immobile a pensare, prima di appoggiare le mani sulla tavola, alzarsi in piedi e soffiare delicatamente sulla candelina, la quale si spense con un sottile filo di fumo.

Poi, immerse un dito nella panna e lo portò alla bocca.

«Mhm... Wow... È la cosa più buona che io abbia mai mangiato!»

«Sono contento che ti piaccia. Dopotutto sei il festeggiato» gli rispose, godendosi il viso estasiato dell'altro.

Eren tagliò la torta, servendone una generosa fetta a Levi quasi per ripicca – perché era ingiusto che fosse così rilassato dopo aver mangiato tutto quel cibo, dove lo aveva messo?!

Chiacchierarono ancora, la forchetta che si alzava con regolarità per portare il cibo alle loro bocche quando l'uomo lo fissò con maggiore intensità, dettata dalla domanda che stava per fargli.

«Vieni da me, stasera?»

Era capitato più volte che dormissero insieme a casa di uno o dell'altro, ma a Levi sembrava sempre di fare un salto nel vuoto. Eren sapeva essere imprevedibile, e sperò di non ricevere un rifiuto proprio ora. Le sorprese non erano ancora finite.

Il ragazzo abbassò la forchetta, una fragola tinta di un rosso brillante infilzata su di essa, pronta per essere portata alle labbra che ormai avevano lo stesso sapore.

«Sì...»

Levi chiamò il conto, allungando la carta di credito al cameriere evitando di distogliere lo sguardo da quello del giovane compagno se non lo stretto necessario.

Si alzarono, dirigendosi all'auto scura dell'uomo lasciata alle cure dello chauffeur, nel parcheggio, pronti a far ritorno in città. La musica jazz, immancabile nell'abitacolo, li accompagnò lungo il tragitto.

Eren iniziò a sfilarsi la cravatta già nell'ascensore e le sue scarpe finirono in un angolo del soggiorno di Levi ancora prima che la porta d'ingresso fosse chiusa.

L'Alpha ruggì di soddisfazione nel petto del corvino, notando quanto a proprio agio il suo Omega si sentisse in quella casa. La sua casa. La loro casa.

Avrebbe davvero voluto poterla considerare tale.

Pazienza. Tempo. Aveva scelto di aspettare il momento giusto ed avrebbe mantenuto la parola.

Liberatosi della giacca, guardandosi attorno, trovò Eren accucciato di fronte all'armadietto degli alcolici, il mento su di una mano e il gomito puntato sulle ginocchia mentre osservava le etichette.

Un'altra abitudine presa col tempo.

Un'altra prova della sua familiarità con quel luogo.

«Dovrebbe esserci del limoncello. Per aiutarti a digerire, sai, ti vedo piuttosto pieno...» sogghignò, avvicinandosi al mobile poggiandovisi con la spalla. Le guance di Eren si gonfiarono immediatamente a quella presa in giro.

«È colpa tua! Se ora cadessi, potrei rotolare all'infinito sul pavimento...!»

«Se preferisci, puoi indossare qualcosa di più comodo. Conosci la strada, io preparo i bicchieri.»

L'Omega, senza degnarlo di un'ulteriore occhiata, si diresse verso la camera da letto con espressione di profonda – e finta – offesa. Insomma, non capita certo tutti i giorni di sentirsi venerato in quel modo, e Levi rendeva ogni esperienza insieme la più bella e dolce che avessero mai vissuto. Un crescendo continuo e inarrestabile, e si chiedeva se mai si sarebbe stancato di aspettare. Attendere un legame che non poteva ancora concedergli.

Quando varcò la soglia della camera si accorse che, certamente, non era quella la sera in cui si sarebbe arreso.

Sul cuscino, dove solitamente Eren dormiva, vi era una scatola di cioccolatini dall'odore invitante, una rosa e un biglietto.

Salì sul letto, in ginocchio sul materasso. Per prima prese la rosa, sfiorando con le dita quei petali morbidi e lisci, così piacevoli al tatto.

La tenne in grembo mentre, con fare incerto, raccoglieva la busta con sopra scritto in bella grafia il proprio nome, estraendone un foglietto che recitava semplicemente "Buon compleanno" ed una prenotazione a lui intestata: quattro giorni in uno chalet di montagna, i quali coincidevano perfettamente con i giorni del suo imminente calore.

Sentì subito il cuore battere in gola.

«Ma che... Cosa... Levi. Levi, vieni qui!»

Non ebbe bisogno di attendere molto. L'Alpha era rimasto poggiato con le spalle alla parete, in corridoio, tutto il tempo.

«Mh?» disse soltanto, evitando di palesare la propria soddisfazione.

«Che cosa hai fatto?» chiese, scivolando giù dal letto.

Gli occhi che brillavano ed il suo profumo felice. Le labbra piegate in un sorriso a metà strada tra l'incredulo e l'entusiasta. Levi impresse a fuoco nella mente quell'immagine. «Non dovevi comprarmi una vacanza!»

«Non dovevo, ma potevo e l'ho fatto. Un po' di meritato riposo ci vuole, dopo tanto lavorare, non credi...? Inoltre, dato che sono un uomo generoso, non potevo permettere che tu trascorressi quei giorni in solitudine» proseguì, avvicinandosi a braccia incrociate e un sorriso sghembo sul volto. «La prenotazione è a tuo nome e per due persone, in modo che tu possa invitare chi vorrai...»

Attese qualche secondo che Eren elaborasse le informazioni appena ricevute. E prendesse la scelta giusta, ovviamente.

«...Oh.»

Doveva essere un gioco, forse? Eren cercò di non ridere, mantenendo un'espressione il più seria possibile mentre si lasciava avvicinare.

«Chi pensi che potrei portare con me? Il calore è un momento delicato, in fondo...» disse, restando immobile mentre le braccia dell'Alpha gli circondavano i fianchi e lo sollevavano. Levi girò su se stesso, finché il letto gli fu alle spalle e vi si poté accomodare con l'Omega sulle proprie gambe. «Lasciami pensare...»

L'uomo iniziò a giocare col colletto della camicia del giovane, lisciandolo con le dita per poi iniziare ad aprirne i primi bottoni. Le mani del ragazzo erano già sulle sue spalle, percorrendole lentamente.

«Ci sono molti Alpha che pregherebbero per trascorrere qualche giorno con te...»

«Oh, sì. Alcuni addirittura arriverebbero a pagarmi una vacanza intera...»

«Sul serio? Wow, sei davvero richiesto, Jaeger... Forse dovrei mettermi anche io in fila...?»

Le mani del corvino ora indugiavano sulla sua nuca, esposta ed invitante. Eren piegava il capo in risposta, inseguendo quelle carezze soffici che lo reclamavano tacitamente.

«Già, pensa quanti disperati senza speranza...» rispose, infilando le dita sotto la stoffa della cravatta scura che avvolgeva il collo dell'Alpha.

Il nodo venne sciolto e l'indumento lasciato scivolare lungo il petto.

«Cerco un partner per il prossimo calore. Vuoi fare un'audizione? A prima vista, rispecchi tutti i requisiti...»

Le loro labbra si schiusero, le lingue si accarezzarono a metà strada, ma nessuno dei due cercò di spingersi nella bocca dell'altro.

«Potresti scegliermi solamente per l'aspetto fisico: voglio dire, anche io sono molto ambito» fece spallucce, suscitando una risata a stento soffocata nel ragazzo.

Levi recuperò la propria cravatta, portandola lentamente agli occhi dell'altro cercando un silenzioso permesso. Eren calò le palpebre, le labbra schiuse, e l'uomo le leccò con calma mentre annodava la seta pregiata come fosse una benda.

«Perciò facciamo così. Io proverò a convincerti senza contare sul mio innegabile fascino, e dovrai basarti esclusivamente sulle sensazioni che sarò in grado di farti provare. Sii sincero, mi raccomando...» concluse, sfiorandolo con un ultimo bacio.

La mano di Eren dalle unghie curate, lunghe il necessario ad esser sicuro di lasciargli solchi di una certa profondità nella carne, gli afferrò il mento con un movimento veloce. Cieco, lo avvicinò a sé finché non sentì il suo respiro sulle proprie labbra.

«Fammi venire e ti porterò in montagna con me...» disse, la voce bassa.

Quello era un genere di giochi che solo quando avevano iniziato a frequentarsi al di fuori del periodo del calore, avevano potuto scoprire e sperimentare. Con la febbre a bruciare la pelle ed il sangue a bollire nelle vene, non c'era la minima chance che Eren permettesse di essere legato o di perdere tempo in provocanti preliminari. Il bisogno era padrone delle loro azioni.

«Farò di più. Mi supplicherai di seguirti.»

Il bacio che ne seguì fu vorace come pochi. Si assaggiavano e gustavano come fossero pietanze di cui non volevano perdere neanche una sfumatura, la bocca aperta nel tentativo di riprendere fiato senza separarsi nemmeno un attimo.

Eren si sentì cadere e affondare sul copriletto che custodiva tra le fibre l'odore di Levi, il quale lo sovrastò un secondo dopo bloccandogli delicatamente i polsi al di sopra della testa. Privo della vista, ogni altro senso era amplificato. Le labbra dell'uomo accarezzavano e stuzzicavano la sua pelle con impeto, senza risultare mai violento. Bisognose di contatto, ma mai aggressive. Invadenti quanto bastava da fargli venire i brividi.

Ben presto, sotto di lui Eren iniziò a lamentarsi. Con gemiti e guaiti domandava di poter essere spogliato, liberato da tutti gli indumenti che impedivano alla sua pelle di respirare e a quella di Levi di toccarla, con un contatto diretto e liberatorio.

L'Alpha fu costretto a lasciargli le mani per obbedire a quei disperati richiami. Gli baciò il petto nudo, premendo il naso e la bocca contro lo sterno, inspirando a fondo un odore che non poteva ancora pienamente sentire, ma a cui mancava poco.

Molto poco e poi tutto di Eren avrebbe urlato sesso. Calore. Omega.

Mate. Mate. Mate.

Suo.

«Levi...»

Avrebbe voluto tacere, far sì che l'unica cosa che percepisse fosse il suo tocco e null'altro, il calore della sua pelle e l'umido della sua lingua.

«Eren...»

Invece, Levi non riuscì ad evitare di rispondere verbalmente a quella supplica.

Sapeva benissimo che Eren non avrebbe mai trascorso quei giorni di forte bisogno e necessità con qualcuno che non fosse lui, ne era certo. Eppure voleva sentirglielo dire, implorarlo di seguirlo consapevole di quanto lo desiderasse. Di quanto si desiderassero.

Quando arrivò alla cinta, la slacciò con esasperante lentezza disseminando l'addome piatto di piccoli baci, scoprendo infine l'intimo al di sotto del quale la sua virilità era tesa e gonfia. Vi soffiò sopra, sfiorandola col naso e facendolo sospirare rumorosamente.

Eren tremò, inarcò la schiena e piegò le gambe. Levi gli mise le mani sulle cosce, facendo aderire il palmo alla carne morbida, eppure troppa poca. Bramava il momento in cui fosse riuscito a sconfiggere definitivamente i soppressori nocivi e lo stile di vita frenetico del suo compagno, riuscendo a fargli guadagnare peso. A ricoprire gli arti ed i fianchi con soffice sostanza che avrebbe riempito di baci e venerato, poiché simbolo di salute e benessere di quel corpo che amava più di ogni altra cosa a quel mondo.

Era nato per amarlo.

Era nato per unirsi ad esso.

Costretto ad assumere quella posizione vergognosamente esposta, Eren artigliò le lenzuola con le dita e le strinse, per resistere alla tentazione di afferrare il viso del corvino e spingerselo tra le gambe, rispettando il controllo che gli aveva concesso quando aveva impartito il suo unico ordine: fargli raggiungere l'orgasmo.

Ora non poteva che abbandonarsi.

La bocca dell'Alpha trovò il suo sesso, ormai umido di umori, leccandolo e succhiandone la punta come fosse una caramella. Ad ogni nuova attenzione, Eren si contorceva sotto di lui come un'anima in pena, ma quella che provava non era affatto sofferenza bensì ingordigia.

Non gli bastava, ne voleva ancora, di più.

Prese a invocare il suo nome, tirando le lenzuola con tale forza da scoprire un angolo del materasso e spostare i cuscini. Levi sorrise, continuando a vezzeggiarlo come nulla fosse.

«Levi! O-oddio, ti prego...! Ah!»

«Per cosa mi stai pregando, esattamente?» gli chiese, pompandolo con la mano il tempo necessario da porgergli quella domanda e fagocitandolo l'istante dopo. L'urlo che ricevette in risposta gli attraversò la schiena come una scarica elettrica, arrivandogli dritto al basso ventre.

Sentirlo gridare scatenava il suo istinto. Per quanto piacevoli fossero per Eren, la voce roca e ferale nella mente del corvino lo invogliava a lasciare da parte i preliminari e prendere ciò che voleva per sé.

Levi la mise a tacere più e più volte, ripetendo con un ringhio rivolto unicamente a sé stesso quanto importante fosse per lui il piacere del giovane sotto di sé.

Più di ogni altra cosa. Più del proprio stesso piacere.

«Non... Fermarti... No... No... Ah!»

«Non lo farò.»

Eren, gli occhi coperti dalla cravatta che rendevano tutto buio e confuso, vedeva letteralmente le stelle: ogni lappata e succhiata mandavano il suo cervello in tilt, un black-out temporaneo che spegneva ogni ragione lasciandolo in balìa dei propri sensi, pronti e allerta.

Quando infine sopraggiunse l'orgasmo, si inarcò fino a toccare col proprio membro la gola di Levi, il quale accolse di buon grado quell'inaspettata intrusione.

L'Omega respirava quasi a fatica, le dita ancora strette sulle lenzuola, sentendosi ripulire con calma e cura. Udì il fruscìo del cotone sotto di sé, e il peso di un altro corpo aggiungersi al proprio. Percepiva chiaramente la presenza del suo uomo nonostante non potesse vederlo, e schiuse inconsapevolmente la bocca per accogliere un bacio che sapeva per certo sarebbe giunto.

L'uomo sentì le cosce dell'amante stringergli i fianchi, accettando l'invito a prendersi ciò che sapeva appartenergli dal profondo dell'anima.

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