Sotto la ragione

By thatsgretel

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(in pausa) Mi hanno abbandonata. Dopo il mio sacrificio per salvarli mi hanno lasciata sola. Sono solo stata... More

Booktrailer
Prologo
1- Hai mai visto uno zombie combattere?
2- Qui vige la regola del più forte.
3- Lui non sa che è viva.
5- Come un fulmine a ciel sereno.
6- Dove ci sei tu, ci sono io.
7- Non ti abbandonerò mai.
8- I sigilli.
9- Robin Starveling.
10- Seal.
11- Un bel souvenir, eh?
12- Come dei robot.
13- Skye.
14- Bugie.

4- La novellina non dimenticava.

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By thatsgretel

Quando i primi raggi del mattino mi colpiscono il viso, grugnisco malamente.

Nei film le ragazze si svegliano sempre con un sorriso irritante stampato in faccia, con i capelli acconciati, e il sole che illumina la loro pelle perfetta.

Io mi sveglio imprecando, chiudendo le tende per evitare di rimanere cieca per via dei raggi solari, e con il trucco ancora sbavato della sera prima.

Guardo accigliata la piccola sveglia accanto al mio letto, un po' rotta per tutte le volte che la mia rabbia ha preso il sopravvento su di lei.

In pochi secondi mi ricordo che giorno è, e cosa ho scoperto la notte prima.

Sbuffo infastidita da tutta quella situazione.

Quei due tizi mi odiano e non so neanche lontanamente il motivo per la quale mi vogliono ferire, ma non mortalmente.

Vogliono usarmi per qualche loro scopo personale, a me totalmente sconosciuto.

Alan la sera prima aveva parlato di un lui, ma non capisco a chi si riferisse.

«Principessina, alza il tuo culo immediatamente o sfondo la porta!» sento la voce euforica di Cole che sbatte insistentemente le sue nocche contro la mia porta.

«Non lo sopporto più» mormoro assonnata mentre mi trascino davanti la porta.

La apro e mi ritrovo il suo sorriso radioso a illuminarmi.

«Oggi è il grande giorno» dice entusiasta.

Lo guardo accigliata e con l'espressione ancora assonnata, non mi sarei stupita se, guardandomi allo specchio, avrei visto la forma del cuscino stampata sulla mia guancia.

«Lo dici come se mi stessi sposando» rispondo perplessa.

«Questo è meglio di un matrimonio».

Mi fa un occhiolino che mi lascia interdetta ed entra tranquillamente dentro la mia stanza, sorpassandomi.

Mi volto e lo vedo guardare il muro accigliato, proprio sul punto dove la sera prima il mio istinto ha preso il sopravvento.

«Non è nulla» lo tranquillizzo mettendogli una mano sulla sua spalla, che tolgo dopo qualche istante.

I suoi occhi percorrono la mia figura per intero e scattano immediatamente sulla mia mano ferita.

«Cazzo, Neith» la prende tra le sue mani. «Devi controllarti.»

Annuisco irrigidita da quel contatto così ravvicinato.

Ritiro la mia mano fingendo di dovermi aggiustare i capelli e faccio un sorriso forzato.

Non voglio mostrarmi fragile, la sera prima avevo avuto un crollo, ma non posso permettermi di averne troppi, non quando ho altre priorità.

«Sentire le parole di Ivan e Alan mi aiuterà oggi» esordisco mentre cerco una delle tante tute nel mio armadio.

«Cosa intendi?»

Mi volto a guardarlo e gli faccio un sorriso eloquente, «Intendo che la rabbia che mi hanno fatto accumulare, verrà fuori nel momento giusto, proprio oggi.»

Cole, seduto sul mio letto, scuote la testa mantenendo un sorriso sul suo viso.

«D'accordo» dice. «Ma non ucciderlo, sai che non puoi.»

Aggrotto le sopracciglia, «Non lo avrei fatto comunque, devo capire di chi parlavano ieri sera, e me lo diranno loro stessi.»

«Però non ti prometto nulla» sussurro dopo qualche secondo, sperando che Cole non mi abbia sentita.

Il ragazzo ruota gli occhi divertito e si alza di scatto.

«Vado in sala, saranno già tutti là» sussurra, «Non fare tardi.»

Se ne va dalla mia stanza dopo avermi dato una leggera pacca motivazionale sulla spalla.

Indosso una tuta di battaglia, chiamata così perché fatta proprio per gli scontri corpo a corpo.

Ha diverse protezioni spesse sparse per l'indumento, in grado di proteggerti da alcuni colpi pesanti, ma non da quelli letali, a quelli bisogna pensare a proteggersi da soli.

Metto delle scarpe comode, abbandonando svogliatamente i miei soliti anfibi portatori di coltellini.

Apro un grande cassettone e passo in rassegna tutti i coltelli messi in ordine con uno sguardo lussurioso.

Le armi sono vietate durante il tipo di scontro che avrei fatto di lì a poco, però io non uscivo mai dalla mia stanza senza uno dei miei coltelli.

Inoltre, nonostante siano vietate, quasi tutti vanno agli scontri con qualche pezzo di ferro a portata di mano, per la propria incolumità.

Studio ogni lama presente dentro quel cassetto, finché i miei occhi non si illuminano alla vista di quello che sarebbe stato perfetto per l'occasione, in caso la situazione fosse degenerata.

Un coltello a scatto, con l'apertura automatica della lama, in grado di procurare dei profondi tagli se aperto al momento giusto.

Lo infilo lentamente dentro una fodera dei pantaloni della tuta, aggiunta da me stessa proprio per i coltelli.

Non so perché io abbia una specie di ossessione per quei piccoli aggeggi affilati, però mi affascina vedere come un oggetto è in grado di procurare così tanti tipi di tagli di diverse dimensioni.

Ognuno all'interno della Serra è bravo in qualcosa in particolare, chi lo è con le armi da fuoco, come Octavia, c'è chi eccelle negli scontri corpo a corpo, come Cole, e chi invece con gli oggetti affilati, come me.

Ovviamente ognuno di noi è preparato bene per tutte le categorie, quindi sono in grado di utilizzare le armi da fuoco, e di combattere senza nulla, ma con il tempo ognuno riesce a trovare il suo punto di forza, la sua specialità.

Io so ogni singolo dettaglio in merito ai coltelli o di qualunque altra variante delle armi affilate, e soprattutto ho studiato per anni tutte le parti del corpo, i nervi, e le vene precise da colpire con una lama.

Lancio un'ultima occhiata al mio aspetto nello specchio adiacente all'armadio, e faccio un sorriso sbilenco.

Esco dalla mia camera a testa alta, passando accanto a tutti coloro che si stanno dirigendo nella sala con i loro compagni di stanza e amici.

Nella Serra nessuno si perde mai un combattimento del genere, che è solito ad esserci mensilmente.

Serve per fare capire a Fitch chi sono quelli più qualificati per i suoi scopi.

Il mese scorso era toccato al mio amico, Cole, che aveva letteralmente fatto nero il ragazzo contro la quale si era sfidato, un certo Dylan, che non avevo più visto in giro per i corridoi.

Probabilmente si trova ancora in infermeria.

Quello è invece il mio "grande giorno", quello di Neith Bent, la ragazza costantemente sulla difensiva e scontrosa al massimo: nessuno se lo sarebbe perso.

L'ultima volta che avevo fatto un vero scontro, era stato tre anni prima, contro una ragazza di nome Johanna, che mi aveva sbattuta sul pavimento incrinandomi qualche costola.

Era solo il mio secondo anno alla Serra, ed era il mio primo scontro, ancora non ero per nulla precisa negli attacchi, e soprattutto non lo ero a schivarli.

Ricordo ancora il viso soddisfatto di quella ragazza mentre mi scaraventava con una forza stratosferica sul pavimento freddo, che si era poi macchiato del mio sangue.

Poco dopo ero svenuta e mi ero ritrovata su un lettino bianco dell'infermeria, tutta fasciata.

Dopo quello scontro avevo passato un periodo da sola, rinchiusa in camera, mentre mi allenavo giorno e notte con il mio sacco da boxe e con il lancio dei coltelli.

Avevo visto il suo viso e i suoi lunghi e arruffati capelli neri ovunque, la sua immagine mi rinfacciava quanto io fossi una fallita e una perdente, e che proprio per questo quella che era la mia squadra mi aveva abbandonata.

In realtà quella ragazza, dopo il combattimento, non mi aveva più neanche guardata, credendomi una stupida novellina da aggiungere alla sua lista di persone fatte fuori durante uno scontro.

Peccato che la novellina non dimenticava mai nulla e non lasciava niente al caso.

Johanna poi aveva casualmente avuto un brutto incidente l'anno prima, dove aveva perso la voce, per via di un grave taglio alla gola che le ha sferzato le corde vocali.

Un taglio procurato da una figura anonima, a detta di tutti, perché Johanna, terrorizzata, non aveva mai detto, o meglio, scritto, il nome del suo "aguzzino".

Ma sono sicura che con il tempo erano tutti riusciti a capire chi era stato in grado di maneggiare un coltello con così tanta maestria da non uccidere quella povera ragazza con un taglio alla gola, ma di ferirla gravemente non permettendole più una vita normale.

Oggi era il giorno del mio riscatto, dove avrei mostrato a tutti i frequentanti di questo edificio di cosa ero capace, e avrei fatto vedere loro che la Neith che avevano visto schiacciata sul pavimento qualche anno prima, non era la stessa che avrebbero visto oggi.

Johanna faceva parte del mio passato, Ivan sarebbe stato il mio presente.

Un piccolo sorrisetto divertito si fa spazio sul mio viso, mentre passo accanto a una coppia di ragazzi che mi guardano lascivi e bisbigliano.

Decido di fare una breve tappa nell'ufficio di Fitch, per riferirgli velocemente una cosa, e per assicurarlo su ciò che sarebbe successo di lì a poco, ed esco dopo pochi minuti.

Lascio dietro di me il chiacchiericcio di tutti quelli che corrono intrepidi verso la sala, e faccio la mia entrata nella fatidica stanza, che si ammutolisce completamente non appena la mia presenza viene notata da tutti.

L'ansia in quella stanza è palpabile, tutti fremevano dalla voglia nel vedermi davvero all'attacco, ed erano curiosi di sapere chi l'avrebbe avuta vinta.

Inoltre nella Serra sono presenti anche alcuni circoli un po' vietati, come le scommesse.

Durante questi scontri è solito di tutti scommettere sul proprio prediletto, ed io fremo dalla voglia di vedere tutti i soldi persi di quelli che hanno scommesso sul russo.

Lancio un'occhiata eloquente ad Harry, il ragazzo che principalmente si occupa delle scommesse, che dall'altra parte della sala raccoglie soldi in modo cauto, da coloro che passano accanto a lui e gli sussurrano due semplici parole.

Neith Bent o Ivan Kozlov.

Harry, percependo il mio sguardo su di lui, mi sorride e mi fa un occhiolino, facendomi intendere che le scommesse vanno a gonfie vele.

Faccio viaggiare velocemente il mio sguardo per tutta la sala enorme, che straripa di gente come fossimo a un concerto di una band famosa.

In fondo in quel luogo abbiamo tutti un'unica sorta di passione, il sangue, che per quanto macabro possa sembrare, è l'unica cosa che ci unisce davvero in quel posticino fuori dal comune e sconosciuto da tutte le autorità internazionali.

Adocchio in pochi istanti il russo dai capelli dello stesso colore della cenere, e lo guardo dialogare proprio con Alan.

Stringo gli occhi a due fessure, studiandoli attentamente: quei due confabulano contro di me a pochi passi della sottoscritta stessa. Hanno coraggio.

«Ragazza mia!» salto in aria nell'udire il timbro profondo di Matthias, che si avvicina a me.

«Tua nemmeno in un'altra vita, Matthias» alzo un sopracciglio divertita.

Il sorriso entusiasta del ragazzo non si spegne nemmeno davanti la mia risposta scontrosa.

«Ci ho provato».

Faccio un piccolo sorriso, mantenendo comunque lo sguardo davanti a me, sui due ragazzi che sembrano avermi notata.

Faccio un cenno con il capo ad Ivan, che mi ricambia rigido, e dedico al ragazzo accanto a lui uno sguardo gelido.

Alan assottiglia gli occhi per un istante, poi fa un sorriso malizioso seguito da uno stupido occhiolino, farlo sembrava essere il vizio di tutti.

Al prossimo occhiolino probabilmente avrei cavato l'occhio a qualcuno.

«Comunque, ho scommesso una bella somma su di te» mormora Matthias, che non si era ancora mosso dalla sua postazione accanto alla mia. «Vedi quindi di non perdere».

Alzo gli occhi al cielo irritata, «Non perderò».

Stringo i pugni nel constatare che Fitch è in ritardo, come al solito si fa attendere credendosi un membro della famiglia Reale.

«Hai visto Cole e Octavia?» chiedo al ragazzo accanto a me, dopo aver passato qualche secondo a passare in rassegna ogni volto presente in sala.

Matthias alza le spalle guardandosi anche lui in giro, per individuarli.

«Saranno in ritardo» dice.

Aggrotto le sopracciglia confusa, pensando al fatto che Cole era uscito dalla mia stanza in anticipo, proprio per dirigersi presto in sala.

«Già» sussurro guardinga, appoggiandomi con la spalla a una colonna dietro di me.

L'ansia mi passa, non appena i lineamenti tesi di Cole entrano nel mio campo visivo.

Gli sorrido, «Ti stavo cercando».

«Anche io, ero là in fondo, c'è troppa gente qui» si passa una mano tra i capelli, indicando il punto dove si trovava prima.

Con il tempo sono riuscita a capire ogni sua piccola sfaccettatura, e in questo momento lui è molto in ansia per me.

«Cole», lo richiamo, «andrà tutto bene».

Lui annuisce distratto, forzando un sorriso, però ne esce una sorta di smorfia.

Vedo Cole fare un cenno indifferente a Matthias, e rifletto sull'assenza di Octavia.

Non è da lei ritardare.

«Octavia?» chiedo a Cole, che in risposta scuote la testa.

Sospiro frustrata, e penso che probabilmente sta arrivando.

Mi desto dalla mia posizione annoiata non appena entra Fitch in tutta la sua eleganza e fretta.

Gli dedico uno sguardo infastidito, sperando che lo sentisse bruciare sulla sua schiena mentre si dirige dritto al centro della sala.

«Bene, ragazzi» esordisce con il suo solito tono di voce profondo e severo.

Incrocio le braccia al petto, aspettando che ci desse il permesso di aprire le danze.

«Vedo che oggi c'è davvero tanta gente in attesa di questo scontro» continua a parlare divertito.

Mi irrigidisco pensando che di lì a poco sarei andata a fare a botte con un energumeno.

Non ho neanche lontanamente paura di lui o del dolore che qualche colpo da parte sua mi avrebbe procurato, la Serra ti allena per anni a sopportare i colpi, però sento che sarebbe accaduto qualcosa che mi avrebbe cambiato.

La mia attenzione al discorso di Fitch viene distolta da una scena che vedo in lontananza, e che mi fredda da capo a piedi.

È una scena di qualche istante, che si svolge nel vertice totalmente opposto al mio, dall'altra parte della sala, ma che riesco comunque a captare con chiarezza.

I miei occhi scattano verso quelle figure come un felino che avvista la sua preda.

Un mix di emozioni mi attraversa folgorandomi il petto.

Sento la stessa sensazione che avevo provato anni prima con la spada nello stomaco, mentre i miei amici mi voltavano le spalle.

In automatico istintivamente le mie mani si premono sul mio stomaco, come se quella spada mi avesse infilzata di nuovo come cinque anni prima.

Aggrotto le sopracciglia mentre vedo Octavia che si allontana da Ivan, dopo avergli sussurrato qualcosa all'orecchio e avergli dato un piccolo coltellino in mano.

«Ivan Kozlov» Fitch lo indica. «Neith Bent».

Alzo il mio sguardo iniettato di sangue verso il russo che sorride come se avesse la vittoria in pugno, irrigidisco la mascella e stringo i pugni fino a sentire le nocche, che avevo spaccato il giorno prima, bruciare.

Fitch sorride emozionato. «Direi che lo scontro può avere inizio».

--
Ciao fenici!
Questo capitolo è un po' più "tranquillo", tranne per la parte finale.

Cosa ne pensate? Perché Octavia ha dato quel coltellino a Ivan?

Ma soprattutto: come credete reagirà Neith?

Fatemi sapere cosa ne pensate, alla prossima.

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