A · Breathe · Ω

By StarCrossedAyu

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[Storia di FareaFire e StarCrossedAyu] |¦ ⭐ Classificata nella Long List degli Italian Academy Awards - Fanf... More

Introduzione
01. A e Ω
02. Gelo e Calore
03. Ostilità e Attrazione
04. Rischi e Vantaggi
06. Imprevisto e Inesorabile
07. Amarezza e Rassegnazione
08. Raro e Spontaneo
09. Ardore e Premure
10. Confidenze e Catene
11. Unione e Violenza
12. Riconciliazione e Partenza
13. Amore e Ritorno
14. Abitudini e Inconvenienti
15. Legami e Stranezze
16. Trionfo e Malessere
17. Inizio e Fine
18. Shock e Disperazione
19. Scelte ed Addii
20. Frammenti e Decisioni
21. Sorpresa e Contatto
22. Rimorsi e Sintonia
23. Respirare
24. Timore e Batticuore
25. Epilogo
AB... O - Breve guida all'Omegaverse

05. Insicurezza e Complicità

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By StarCrossedAyu


«Ackerman! Era ora che riportassi il tuo culo quassù!»

«Che cazzo hai fatto per una settimana? E non dirmi che ti stavi sbattendo qualche cagnolina in calore, perché nessuno potrebbe sopportarti così a lungo!»

Eren sentì lo schiocco della matita che stringeva nella mano mentre si spezzava ed un attimo dopo l'acuto dolore di una scheggia di legno nella carne.

Levi era tornato, certo.

Non era una sorpresa per lui. L'Alpha aveva avuto l'accortezza di avvisarlo via mail, la sera precedente, e anche se non era certo del motivo l'aveva trovato in qualche modo utile. Sapere che Levi Ackerman avrebbe ricominciato a girare per l'ufficio prima di trovarselo davanti l'avrebbe aiutato a recitare la parte dell'indifferente al meglio delle proprie capacità.

Per questo, al suono di quel coro di voci, l'unica cosa che fece fu alzarsi per andare a socchiudere la porta, sfilandosi la scheggia dalla mano.

Da quel minuscolo spiraglio quasi infinitesimale, però, riuscì per un maledetto traditore istante a incrociare lo sguardo con quello dell'uomo che per tre giorni aveva stretto a sé, guardando la pupilla divorarne l'iride.

Alcuni dei segni dei morsi che gli aveva inflitto non erano ancora spariti dal suo corpo, ma Eren distolse lo sguardo e la porta si chiuse definitivamente.

Levi proseguì dritto verso il proprio ufficio. Non gli era sfuggito il modo in cui Eren lo aveva accuratamente evitato, e in tutta onestà non si aspettava certo che agisse diversamente.

Eppure il saperlo oltre quel pannello lucido gli strinse lo stomaco.

Dopo che il ragazzo se n'era andato, aveva provveduto a mettere in ordine la casa. Ogni cosa era tornata al proprio posto, come prima del suo arrivo improvviso. Poi, era toccato al nido.

Era stato un vero supplizio.

L'odore dell'Omega, sparito dal corpo di Eren, impregnava con ostinazione la stoffa di cuscini, trapunte e tutti gli indumenti gettati sul letto sfatto; il suo profumo, dolce e vagamente speziato, mischiato al proprio. L'Alpha non voleva disfarsene, ancorandosi cocciutamente al ricordo del tempo trascorso insieme, ma Levi si era costretto a gettare tutto in lavatrice. Si sentiva soffocare, imprigionato in una gabbia invisibile fatta di percezioni. Voleva tornare padrone di sé stesso e della propria vita.

Finalmente era tornato in ufficio, alla routine che tanto lo rassicurava, ma il verde brillante di quegli occhi sfuggenti erano una distrazione più di quanto avrebbe mai ammesso.

Si sedette alla propria scrivania, aprendo la valigetta ed estraendo i contratti da esaminare. Doveva concentrarsi sul lavoro e dimenticarsi di Eren.

Dimenticare... Facile a dirsi.

* * * * *

Per tre lunghissimi, quasi infiniti giorni il lavoro di entrambi si svolse nel più naturale dei modi.

Nessuno diede loro più attenzioni di quante non ne avessero ricevute fino a quel momento, nessuno li guardò o parlò di loro. I loro nomi non vennero neanche mai usati nella stessa frase.

Eppure l'animo del castano non riusciva a placarsi. Costantemente nervoso, sulle spine, si ritrovava a fissare il corridoio all'altro capo dell'ufficio che collegava i loro mondi, ora così drasticamente separati. Il cursore del mouse aveva sfiorato troppe volte il nome Ackerman, nella sua casella postale, aprendo una pagina bianca che tale era rimasta perché, arrivato al dunque, non gli era venuto in mente nulla da dirgli, a parte le ennesime raccomandazioni che avrebbero sicuramente scatenato la furia dell'Alpha corvino.

Levi sembrava star facendo un ottimo lavoro nell'ignorare totalmente la sua esistenza, ma per Eren invece... Era decisamente un'altra storia.

I suoi nervi erano tesi al punto che il pomeriggio precedente, quando entrando nella sala delle fotocopiatrici insieme ai suoi colleghi l'aveva trovata occupata dall'uomo, aveva fatto marcia indietro con una scusa ed era sparito. Non prima che quello sguardo di ghiaccio però si posasse su di lui, neutro e indifferente.

Quasi in modo insopportabile.

Levi, dal canto suo, non stava poi tanto meglio.

Ostentava un disinteresse che invece non provava affatto e la cosa contribuiva a farlo incazzare, se possibile, ancora di più.

Credeva che, passato il calore e sparita la sua influenza sul proprio corpo, tutto sarebbe tornato come prima. Aveva avuto altri partner Omega prima di lui, non era certo il primo...! Ma era certamente stato l'unico a rompere qualcosa, un equilibrio consolidato che reputava più forte di quanto in realtà fosse, creando così una crepa nel suo animo.

La verità era che ogni stanza di casa sua gli ricordava quel ragazzo, il suo tepore, il suo sorriso sfacciato, i suoi mugolii eccitati e le sue parole sprezzanti.

La verità era che ogni giorno, in quel maledetto ufficio, faceva di tutto per evitare gli unici occhi in cui desiderava specchiarsi, lottando contro sé stesso.

La verità era che, in pochissimo tempo, si era abituato alla compagnia di Eren e gli piaceva averlo intorno.

Ma Levi era un uomo di parola ed aveva promesso al giovane di comportarsi come se nulla fosse accaduto, completamente ignaro del suo segreto. Come se ciò che avevano condiviso non fosse mai esistito.

Alla fine di quella prima settimana, alle nove e quarantacinque di sabato sera in cui gli uffici erano deserti, Eren cedette.

Chi possedeva un briciolo di sanità mentale ed una vita sociale a quell'ora aveva già lasciato l'edificio da tempo, ma lui non rientrava in quella categoria e, apparentemente, neanche Levi Ackerman. La luce filtrava dal solo spiraglio della sua porta ed il castano attese per una manciata di secondi, ascoltando per assicurarsi che fosse solo, prima di aprirla ed entrare. Non si prese il disturbo di bussare.

Agì prima che i pensieri coerenti potessero fermare la sua mano dallo spingere la superficie opaca e richiudersela alle spalle, non appena varcata la soglia.

L'Alpha alzò lo sguardo dallo schermo del computer, distrattamente e senza perdere la propria espressione neutra, ma Eren avrebbe giurato di aver visto le pupille restringersi per la sorpresa e gli angoli della bocca tremare lievemente.

Il corvino sentì una fitta al petto nel posare il proprio sguardo sulla figura del ragazzo che tanto accuratamente lo aveva evitato in quei giorni. Una sensazione di sorpresa mista al sollievo di sentire i suoi occhi sul proprio volto e non col capo chino, mentre fuggiva nella direzione opposta a quella da dove proveniva lui.

Tentò con ogni fibra del suo essere di mantenere la facciata di indifferenza che fino a quel momento aveva indossato, la mano che stringeva il mouse con più forza del necessario.

«Jaeger. Non hai bussato» constatò semplicemente, la voce pacata e il tono incolore.

«Non l'ho fatto?» rispose, stringendosi nelle spalle mentre annullava la distanza tra sé e la scrivania di Levi. «Non pensavo ti importasse.»

«Non particolarmente, ma mi sembrava giusto fartelo notare visto il modo in cui hai rimproverato me per la medesima futile questione.»

Senza scomporsi riportò la propria attenzione sul monitor, cliccando un paio di volte per aprire e chiudere lo stesso file solamente per evitare di perdersi in quelle iridi impossibilmente verdi come smeraldi.

«Ti occorre qualcosa?» gli chiese con noncuranza.

«Sì. Cioè, no, non proprio. In realtà... Non c'era nessuno, ho controllato e...»

Eren lo guardò in viso e resse il suo sguardo tre secondi esatti, prima di sospirare e lasciarsi cadere sulla sedia di fronte al lui coprendosi il viso con le mani.

«Tu non credi che abbiano capito qualcosa, vero??»

Levi lo fissò qualche altro istante, prima di sospirare stancamente e continuare a perder tempo nell'eliminare file inesistenti in un cestino già vuoto. La delusione crescente che si impossessava del suo animo lo rendeva nervoso, nonostante non lo desse a vedere.

«Se sei venuto per questo hai fatto un viaggio a vuoto. Non c'è assolutamente nulla da capire, qui.»

«Questo è ciò che mi piacerebbe credere, ma non hai idea di come siano stati questi ultimi giorni per me!»

Abbandonato sullo schienale, Eren sospirò strofinandosi gli occhi con le dita.

L'uomo tenne lo sguardo incollato allo schermo, irrigidendosi appena.

«Come, sentiamo...» quasi sbuffò, sistemandosi meglio sulla propria seduta.

Non aspettandosi di dover effettivamente descrivere l'esperienza, il castano esitò per un momento. Abbassò le mani e lo guardò, pur senza avere il coraggio di incrociare direttamente il suo sguardo affilato.

Aveva la sensazione di starlo disturbando parecchio, in qualsiasi cosa fosse impegnato, ma il bisogno di confrontarsi con lui era stato troppo forte per sopprimerlo un altro giorno.

«Beh, ero teso. Sono teso. Non sai quante docce ho dovuto fare per togliermi il tuo odore di dosso e ancora adesso, ogni volta che qualcuno si avvicina, tremo al pensiero che lo senta su di me.»

A quelle parole, Levi si sentì morire.

Per lui l'odore di Eren era stato una benedizione e una condanna insieme, quasi impregnato nelle pareti di casa sua che aveva fatto arieggiare quanto più poteva. Gli ricordava attimi che non desiderava rivivere, poichè subentrava una sensazione poco familiare e per lui affatto gradevole: la nostalgia.

Il ragazzo invece considerava il suo una minaccia e, se la cosa da un lato lo infastidiva, dall'altro era soddisfatto di avergli dato almeno un grattacapo con cui fare i conti. Qualcosa che lo aveva accompagnato costantemente in quei giorni. Un ricordo di cosa c'era stato e che, ancora oggi, lo tormentava nei momenti meno opportuni.

«Beh, puoi stare tranquillo, profumi di Beta. Altro da dire?»

Eren inspirò lentamente l'aria. L'odore di Levi era cambiato, c'era una sfumatura aggressiva ora, percepibile anche se delicata.

Si alzò in piedi, quasi per istinto.

«Mi dispiace di averti disturbato, avevo solo bisogno di sentirmi dire tutto questo...»

Così come era entrato, il castano andò via senza far rumore se non quello della porta che si richiudeva dietro di sé.

Finalmente l'uomo lasciò la presa sul mouse, poggiandosi allo schienale per poi soffiare via tutta l'aria che aveva in corpo. Si passò stancamente una mano sul volto.

Poteva ingannare gli altri, ma non sé stesso. La presenza di Eren lo scombussolava più di quanto volesse, e la cosa lo irritava oltre ogni logica.

Era questo il motivo per cui evitava gli Omega come la peste: creavano una vera e propria dipendenza.

* * * * *

Si pentì di essere andato a parlargli un attimo dopo essere uscito dall'ufficio.

Era risultato evidente che l'unico a farsi davvero dei problemi su quanto accaduto fosse lui soltanto e la reazione distaccata, infastidita, dell'Alpha ne era stata una chiara dimostrazione.

Si sentì un idiota per essersi preoccupato al punto da essersi esposto in quel modo con lui. Ackerman doveva averlo trovato ridicolo e se Eren avesse lontanamente creduto che quell'uomo sapesse ridere, era certo che avrebbe potuto sentire l'eco delle sue risa anche in quel momento.

Divenne così un suo punto d'onore quello di ignorare Levi Ackerman al meglio delle proprie abilità.

Per le tre settimane successive, ai suoi occhi l'ufficio in fondo al corridoio divenne vuoto e disabitato.

Il tempo aiutò le cose a tornare alla normalità.

* * * * *

«Maledizione.»

Eren osservò le sette pile di documenti, ordinatamente disposti sulla sua scrivania, per l'ennesima volta.

Ciascuno di quei fascicoli era stato riletto almeno dieci volte, la tastiera del computer si era consumata a furia di fare ricerche, eppure tutto era stato inutile. Aveva sprecato così l'intera giornata. La sua vista cominciava ad incrociarsi.

Pur consapevole che esistesse un modo per aggirare quell'unico cavillo che stava compromettendo l'intero progetto, non riusciva a trovarlo.

Sospirò, passandosi una mano sul viso, prima di ingoiare l'orgoglio ed uscire dal proprio ufficio.

Il lavoro era lavoro, dopotutto.

Bussò, questa volta, prima di aprire la porta e fermarsi sulla soglia con le braccia incrociate.

«Ti piacciono i rompicapo?»

Levi incrociò lo sguardo di Eren forse per la prima volta da quando, settimane prima, era andato a fargli visita.

L'Alpha si era tenacemente imposto di evitarlo quasi fino a sentire un vero e proprio dolore fisico nell'attimo in cui, con la coda dell'occhio, scorgeva la sua zazzera castana oppure udiva la sua voce mentre chiacchierava con quell'idiota di Springer o battibeccava con quell'asino troppo cresciuto di Kirschtein. Ma aveva resistito, tenuto duro, e credeva di aver finalmente chiuso quella parentesi che avevano brevemente condiviso. Di aver estirpato quel dannato magone nel non vederlo poggiato al bancone della cucina, sentirlo sotto la doccia o vederlo raggomitolato tra mille colori e tessuti nel proprio letto quando rincasava, come se quello fosse il loro quotidiano e non un episodio senza la minima importanza.

Non ci pensava da giorni ed ora eccolo lì, fascicoli alla mano con quello sguardo a metà tra lo sconfitto e l'infastidito – probabilmente da sé stesso.

«Vuoi propormi un sudoku?» poggiò la penna sulla scrivania, interrompendo ciò che stava facendo.

«Molto peggio. Fusione societaria» rispose, avvicinandosi fino a lasciar cadere i fascicoli in uno spazio vuoto del tavolo. «I contratti originali sono di Dawk» aggiunse poi con un luccichio divertito negli occhi.

La rivalità tra Levi e quell'uomo era leggendaria. Stando alle voci i due si erano conosciuti durante gli studi, poi però dopo la laurea avevano fatto carriera in aziende rivali e si erano trovati più volte a scontrarsi. Nessuno perdeva mai l'occasione di un testa a testa con l'altro, nel tentativo di aggiungere l'ennesima umiliazione alla lista.

L'Alpha non aveva idea che Eren stesse lavorando contro Neil Dawk, ma a giudicare dallo sguardo ilare di quegli occhi verdi, il ragazzo invece era molto ben informato sui suoi trascorsi con quello sciacallo.

«Però, se preferisci il sudoku...»

«Tch» si lasciò sfuggire, prendendo il primo blocco di fogli e iniziando a sfogliarlo.

Trascorsero una manciata di secondi prima che aggrottasse le sopracciglia scure e inforcasse un paio di lenti da lettura. Infine, guardò Eren.

«Siediti. Ne avremo per un po'.»

Dawk era bravo nel suo lavoro, ma Levi era il migliore e glielo avrebbe dimostrato ancora una volta.

Passarono ore a discutere su clausole e microscopiche postille a pié pagina, col castano che trangugiava litri di caffè della macchinetta in fondo al piano. All'ennesimo viaggio però tornò con entrambe le mani occupate, porgendo una tazza all'uomo.

Il corvino sollevò lo sguardo dal fascicolo, massaggiandosi il ponte del naso al di sotto della montatura fine.

«Cos'è?» chiese, stanco.

«Tè nero. Avevo messo il bollitore sul fornello due bicchieri di caffè fa» rispose appoggiando la tazza su un tovagliolo, così da non lasciarlo a contatto con la scrivania.

Levi fissò il vapore sollevarsi, tenendo lo sguardo sul liquido bollente pur di non incrociare gli occhi del ragazzo: avrebbe notato quanto fosse rimasto colpito da quel gesto e dal fatto che stranamente ricordasse la bevanda che preferiva.

«Grazie.»

Quella parola, pronunciata dalla bocca di Ackerman, fu quasi uno shock per Eren.

Si mise di nuovo seduto, cercando di non mostrarsi troppo soddisfatto.

Lavorarono tutta la notte, riscrivendo le regole di un gioco di cui finora Eren era stato vittima.

Il pensiero che tutti lo vedessero entrare ed uscire liberamente dal suo ufficio, restandovi chiuso dentro per ore ed uscirne solo per prendere da bere e da mangiare non lo sfiorò nemmeno.

Alla fine, il sapore della vittoria fu così intenso da cancellare dalla mente di entrambi l'indifferenza a cui si erano testardamente sottoposti nelle ultime settimane.

Quando appuntarono le ultime modifiche da apportare al contratto, la luce nelle iridi di Eren era ben visibile: con l'aiuto di Levi, era riuscito dove molti altri avevano fallito e fatto marcia indietro.

Un altro passo, si disse.

L'uomo di fronte a lui quasi lanciò i fascicoli sulla scrivania con un moto soddisfatto e un sorriso accennato: Dawk lo avrebbe preso nel culo così lentamente da non accorgersene nemmeno fino a quando non fosse rimasto completamente fottuto.

«Quando leggerà il contratto, domattina, crederà di avere il coltello dalla parte del manico» disse, togliendosi gli occhiali e facendo scorrere le dita tra le ciocche corvine.

«Oh, sono quasi tentato di portare con me una videocamera per registrare la faccia che farà scorrendo le pagine!»

Eren era il ritratto della felicità. Spontaneo e sereno, la cravatta slacciata, le maniche della camicia arrotolate fino ai gomiti. La sua giacca era sparita ore prima, i suoi capelli erano spettinati per le tante volte in cui ci aveva passato la mano ed un piccolo taglio continuava a sanguinare sul suo labbro inferiore, quello che si era morso troppe volte, troppo spesso, quando rifletteva.

Fece un giro completo sulla sedia girevole, giocandovi come fosse un bambino, prima di saltare giù ed afferrare il fascicolo completo, stringendolo al pari di un tesoro.

«Dovresti venire con me» esclamò appoggiando le mani alla scrivania per sporgersi in avanti verso l'Alpha. «Fare tipo una di quelle entrate ad effetto che si vedono solo nei film. Dio, solo il pensiero mi manda fuori di testa!»

L'Alpha lo guardò qualche istante, prima di scuotere brevemente il capo.

«Per quanto la prospettiva sia allettante, preferisco di gran lunga sapere che quel mentecatto è stato stracciato da uno dei soci junior più giovani che si sia mai visto. Il lavoro è tuo, Eren, avevi solo bisogno di vedere le cose da un'altra prospettiva» gli disse, pacato. «Hai stoffa, puoi fare molta strada.»

Eren tacque, cosa che avveniva davvero di rado. Abbassò lo sguardo sul fascicolo che stringeva tra le braccia e quando lo alzò nuovamente, sulle sue guance c'era una nuova nota di colore. Quel complimento era molto più di quanto si aspettasse, soprattutto se pronunciato da un avvocato della levatura di Levi Ackerman.

«Oh. Beh, sì certo, naturalmente...» mormorò, afferrando la giacca dall'appendiabiti per poi indossarla quasi di fretta, in modo impacciato. «Lo dicevo solo per dire. Ti farò sapere cosa dirà quell'avvoltoio stempiato appena sarò di ritorno.»

Levi mantenne la solita espressione neutra. Un semplice cenno del capo e la conversazione, così come quella collaborazione improvvisata, si concluse.

Eren andò via, le orecchie rosse e le labbra serrate quasi volesse impedirsi di aggiungere altro. Solo quando fu fuori, Levi si concesse il lusso di rilassarsi e piegare appena le labbra all'insù. Non poté farne a meno. Il pensiero del ragazzo che tornava nel suo ufficio solo per dirgli com'era andata lo fece sorridere e battere il cuore un po' più veloce per l'attesa...

* * * * *

Eren incontrò Dawk quella mattina stessa.

Quando rientrò nello studio, per la prima volta nella sua carriera, ricevette una stretta di mano da Smith in persona. L'ultima volta che quegli occhi celesti avevano incrociato i suoi era stato per urlargli contro a causa del famoso errore di contratto di cui lui in realtà non aveva alcuna colpa, ma a cui era stato obbligato a porre rimedio.

Levi guardò la scena, appoggiato allo stipite della porta del proprio ufficio, così come tutti gli altri soci e segretari presenti sul piano.

Il suo sguardo incrociò quello di Eren solo un istante. Nei suoi occhi vide l'incertezza, il dubbio, la tentazione di coinvolgere anche il corvino in quel trionfo di cui era partecipe, ma lentamente Levi premette l'indice contro le proprie labbra, intimandogli di tacere.

Restare in ombra, quella volta, gli andava più che bene.

* * * * *

Quando gli uffici si furono vuotati, quella sera, Eren andò nuovamente dall'Alpha stringendo tra le mani una bottiglia di Macallan.

Bevvero insieme senza parlare, godendosi unicamente il momento, il silenzio interrotto per un istante dal rumore dei bicchieri in cristallo spesso che si incontravano a mezz'aria, mentre brindavano a quel successo di cui erano entrambi fautori.

La pace.

L'impressione di avere il mondo ai loro piedi.

Guardando la città dalle vetrate del quarantacinquesimo piano del loro palazzo, quella sensazione sembrava molto più concreta e vicina alla realtà.

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