Perfectly Wrong

By thiisiisme

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Quelle due lineette parallele, così semplici e banali, hanno distrutto il mondo apparentemente perfetto che a... More

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Wattys 2020

Capitolo 11

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By thiisiisme

Il suono tremendamente violento della sveglia mi costringe ad aprire gli occhi.

Anche se la tentazione di rompere quest'aggeggio infernale è tanta, mi limito a spingere meccanicamente il tasto per interrompere questa tortura.

Oggi tornerò a scuola dopo qualche giorno d'assenza e finalmente potrò urlare a Cole tutte le cose che mi passano per la testa.

Fa decisamente più male continuare ad ascoltarle nella mia testa che lasciarle uscire, quelle parole taglienti che desidero gridare a squarciagola dal giorno in cui sono tornata a Miami.

Metto insieme tutta la mia buona volontà per uscire dal letto e per dirigermi in bagno per una bella doccia. Non c'è nulla di più rilassante dell'acqua calda che mi carezza il corpo con delicatezza; della nuvola di vapore che avvolge l'intera stanza e appanna ogni superficie lucida; dello scrosciare dell'acqua simile a quello di una cascata che sovrasta persino i pensieri più bui. Così il tempo si ferma e riesco persino ad assaporare questa splendida sensazione di pace prima di una giornata che di sicuro sarà molto impegnativa. 

Dopo essermi asciugata nel mio grande accappatoio rosa pastello, indosso un bel paio di jeans a vita alta, un maglioncino giallo che mi ricorda tanto i girasoli di Van Gogh e le mie inseparabili Adidas. Mi vesto in silenzio e pettino i miei capelli con calma, come se fossi ancora intrappolata in quella bolla di tranquillità assoluta.   

Esco dal mio piccolo bagno solo quando sono pronta per quella che si prospetta essere una lunghissima giornata. Scendo le scale velocemente e una volta in cucina trovo la mia famiglia al completo che mi accoglie con affetto.

"Buongiorno tesoro" mia madre mi mette davanti un piatto pieno dei suoi squisiti pancake.

"Buongiorno" le sorrido, in qualche modo sollevata in previsione di ciò che sto per fare.

Ho talmente fame che potrei divorare l'intera cucina e continuare a non sentirmi sazia, però decido che è meglio limitarsi a mangiare soltanto i pancake e, proprio quando inizio a sentirmi soddisfatta della mia abbondante colazione, un intenso conato di vomito decide di darmi il suo personalissimo buongiorno.

Scendo dalla sedia alta con un balzo e corro nel bagno della mia camera. Se fino a qualche istante fa ero felice e mi stavo gustando in pace la mia colazione, adesso mi trovo di testa nel water mentre rigetto anche la mia stessa anima.

"Kry, dovresti andare da un medico, ormai succede troppo spesso" la voce di mio fratello mi fa sobbalzare.

"Sto bene" gli dico brusca mentre mi avvicino al lavandino per sciacquarmi la bocca con un po' di collutorio alla menta.

"Krystal" non usa mai il mio nome per intero "Sono serio. Non è normale vomitare così spesso"

"Christopher" utilizzo la sua stessa arma, nella speranza che chiamarlo con il suo nome di battesimo - cosa che odia con tutto sè stesso - lo distragga dal principale argomento di questa conversazione "Ti ho detto che sto bene"

"Sono preoccupato per te" cerca di persuadermi a farmi visitare da un medico o a condividere con lui ciò che so già.

"Non ce n'è bisogno, davvero" gli sorrido, ma lui non accenna a voler abbandonare il suo sguardo scettico "Adesso vado, altrimenti rischio di arrivare tardi a lezione" gli scocco un bacio sulla guancia ed esco di casa, pronta per una giornata che di sicuro non sarà una passeggiata, ma che di certo mi aiuterà a sentirmi molto più leggera.

La campanella che indica l'inizio del pranzo riecheggia nell'aria e mi affretto ad uscire dalla mia classe, desiderosa più che mai di liberarmi di tutto ciò che ho dentro.

Faccio una piccola sosta al mio armadietto per lasciare tutti i libri e, solo dopo, posso dirigermi nel giardino della scuola dove Cole si trova praticamente sempre.

Esco dal grande edificio ed intravedo quasi subito il padre di mio figlio. È così impegnato in un'animata conversazione con un ragazzo dai capelli bruni molto chiari da non accorgersi della mia presenza fino a che, innervosita, non gli rivolgo la parola: "Devo parlarti" lo guardo fisso negli occhi con aria di sfida.

"Piccola, sto parlando io con Cole quindi, se non ti dispiace..." colui che deduco sia un amico del moro s'intromette nella conversazione e mi fa segno di andare altrove.

"Primo, chiamami piccola un'altra volta e ti spacco la testa a suon di pugni; secondo, la mia non era una richiesta quindi vedi di portare fuori dal mio campo visivo la tua testa di cazzo in meno di dieci secondi"

Il ragazzo che ho appena minacciato guarda Cole e, dopo un messaggio visivo che non riesco a cogliere, fa come gli ho detto e si allontana.

Riporto la mia attenzione sul padre di mio figlio e gli mollo uno schiaffo degno di record.

"Sei un coglione" apre la bocca per ribattere, ma lo zittisco "Sei scappato con la coda tra le gambe non appena hai visto che la situazione era complicata. Hai pensato, almeno per un momento, come cazzo mi sono sentita io quando ti ho detto una cosa così delicata e ti ho visto scappare? Io non posso scegliere se fuggire o meno dato che porto il bambino dentro di me, ci hai pensato a questo? Hai pensato al fatto che grazie alla cosa che ti ritrovi fra le gambe puoi scegliere se assumerti le tue responsabilità o meno? E non azzardarti ad usare come scusa il fatto che non te ne abbia parlato, perché adesso l'ho fatto. Non puoi neanche immaginare cosa ho provato nel vedere quelle due lineette sul test di gravidanza. Quelle due lineette parallele che urlano 'hai fatto una cazzata', che ti fanno sentire sbagliata, vuota. Se non te ne fossi accorto il bambino non l'ho fatto da sola, ma qui sono l'unica a che si prende le sue responsabilità"

"Abbiamo solo diciotto anni" pensa ad alta voce.

"Diciassette" lo correggo "Ci avresti dovuto pensare prima di portarmi a letto. Dato che la tua risposta mi sembra più che ovvia non devi neanche scomodarti a fare finta che ti interessi qualcosa" gli punto un dito al petto "E non provare ad avvicinarti né a me né a mio figlio perché non lascerò che soffra per un bastardo senza palle che ha il potere di distruggere ogni cosa che tocca" sto per andarmene, però Cole mi blocca trattenendomi per un braccio.

Non lo lascio parlare neanche stavolta e, con le lacrime che mi riempiono gli occhi, gli urlo contro: "Sai qual è la cosa che fa più male?" ormai trattengo a stento una crisi di pianto "La cosa che più mi fa sentire una stupida, un'emerita cogliona, è che stavo iniziando a fidarmi di te e, come sempre, mi sbagliavo"

Mi stacco dalla sua presa e corro via, alla ricerca di un posto dove potermi sfogare e piangere in santa pace.

"È davvero un coglione" mi dice Megan, per poi portare alle labbra la tazza di cioccolata calda e berne un sorso "Siamo andati a letto insieme e adesso fa finta di non conoscermi"

"Brian è davvero un imbecille se non capisce quanto tu sia speciale" poggio sul tavolino del salotto la tazza vuota di Harry Potter e la osservo mentre ritorna scura.

È una tazza particolare che quando è piena cambia colore e, per quanto mi dia fastidio il fatto che me l'abbia regalata Cole, continuo ad usarla perché è davvero troppo bella per essere buttata via.

"Grazie" la mia amica mi sorride e poggia i piedi sul pouf.

È arrivata a casa mia nel primo pomeriggio  e, dato che la casa è vuota, ci stiamo concedendo di chiacchierare liberamente in salotto. Mi guarda in silenzio e, conoscendola, so che vuole dirmi qualcosa, ma sta cercando di capire se può o meno.

"Dimmi tutto ciò che ti passa per la testa" mi massaggio la pancia.

Sento che fra poco la nausea arriverà inesorabile e cerco di ritardarla il più possibile perché voglio sapere cosa ha da dirmi la bionda.

"Quando lo dirai ai tuoi?" mi chiede, come al suo solito senza giri di parole o inutili convenevoli.

Resto in silenzio e faccio di tutto per evitare il suo sguardo, eppure riesco a sentire i suoi occhi che mi scrutano con aria di rimprovero.

"Per quanto ti spaventi, prima o poi dovrai parlargliene. Non puoi continuare a rimandare questo discorso per sempre" e, purtroppo, so che ha perfettamente ragione "Se vuoi glielo diciamo insieme" propone poi facendomi sorridere.

"Ho paura che tutto diventi più vero di quanto non lo sia già" le mie parole sono un flebile sussurro.

"È già tutto vero anche se non te ne rendi conto. Devi rendere partecipe la tua famiglia prima che sia inevitabile"

"Hai ragione" ammetto e lei mi abbraccia forte, però l'impulso di vomitare arriva senza preavviso.

Così mi alzo dal divano su cui sono comodamente stesa e corro spedita verso il mio bagno per l'ennesima volta oggi. Mi inginocchio davanti al wc e inizio ad espellere tutta la mia merenda a base di cioccolato.

Non so come mai, però mi viene in mente il giorno in cui scoprii di essere incinta e decido di rievocare nella mia mente questo ricordo.

Nonostante abbia cercato con tutta me stessa di ignorarli, la nausea, i crampi e l'assenza del ciclo sono troppo intensi per non essere reali, così eccomi qui, davanti ad una farmacia a fare avanti e indietro.

Cerco da più di un quarto d'ora di racimolare il coraggio necessario per oltrepassare questa dannate porte automatiche ed acquistare un dannatissimo test di gravidanza.

Faccio un respiro profondo e mi costringo ad entrare.

"Buongiorno" una ragazza dai capelli rossi mi accoglie con un sorriso splendente"Cosa posso fare per lei?" mi chiede con gentilezza mentre mi avvicino al bancone.

"Mi servirebbe un test di gravidanza" sussurro e grazie al cielo né mi chiede di ripetere per il tono troppo basso di voce né fa una faccia sbalordita o scioccata.

Scompare in una porta sul retro e ricompare qualche minuto dopo con una scatola tra le mani. Me la porge e, dopo aver pagato e messo nella borsa la scatola chiara, esco dalla farmacia. In fondo non è stato così traumatico e la ragazza è stata gentile.

Ora devo sapere la verità.

Vorrei davvero tanto salire su un aereo qualsiasi e scappare il più lontano da questo incubo, però devo affrontare le mie paure.

Cammino alla ricerca di un luogo dove poter fare il test.

Potrebbe essere positivo, ma potrebbe anche essere negativo. Cerco di convincermi che la mia vita potrebbe non essere rovinata, ma l'ansia non accenna ad andarsene.

Entro in un bar che non ho mai visto prima e, dopo aver ordinato una coca cola solo per non sembrare scortese, chiedo al barista di indicarmi il bagno. L'uomo dalla barba bianca mi mostra una porta in legno scuro ed io, dopo un grazie e un sorriso forzato, mi dirigo verso la mia meta.

Apro la scatola con le mani tremanti e seguo le istruzioni passo dopo passo. Devo aspettare tre minuti prima che appariranno una o due lineette che significano rispettivamente non incinta e incinta.

Il tempo passa con una lentezza disumana e tutto ciò che posso fare è fissare la parete di piastrelle bianche e sperare che appaia una sola lineetta.

Non si può rimanere incinta la prima volta che si fa sesso.

Me lo ripeto così tante volte da ingannare il mio stesso cervello. I tre minuti sono passati, ma non ho ancora il coraggio di controllare quel maledetto bastoncino di plastica.

Passano dieci minuti prima che riesca a trovare la forza di guardare il risultato. Prendo il test in mano e lo esamino.

Ci sono due linee.

Quelle lineette, così semplici e banali, mi fanno crollare tutto addosso.

Sento la gola che mi si annuvola di tristezza e le lacrime che riempiono i miei occhi, però faccio un respiro profondo e butto giù tutto.

I test possono sbagliare, può essere che con questo sia appena successo.

Butto il bastoncino di plastica ed esco dal bar senza salutare con la convinzione di voler andare in fondo a questa storia.

Chiamo la mia ginecologa che, come sempre, risponde dopo pochi squilli.

"Ciao, tesoro. Cè qualcosa che non va?" la dottoressa Young è come un'amica, per me.

"So che questa è la sua ora libera e non vorrei disturbarla, però ho davvero bisogno di vederla e parlarle di persona" il mio tono di voce trasuda disperazione e me ne rendo conto solo dopo aver parlato.

"Tu non disturbi mai" la sua voce come sempre dolce e rassicurante mi aiuta a calmarmi un po' "Ti aspetto al mio studio"

"Grazie" dico soltanto e chiudo la chiamata.

Anche se lo studio della dottoressa è abbastanza vicino non mi sento in vena di camminare, così decido di salire su un taxi nero.

Parlo solo per dire al tassista la mia destinazione, poi resto in silenzio a lottare contro le lacrime, gli occhi che scrutano il paesaggio che scorre fuori dal finestrino.

Per mia fortuna il viaggio in auto dura poco e il conducente mi fa scendere proprio davanti allo studio medico.

La porta d'ingresso è chiusa, però non ci faccio caso e la spingo.

Entro nell'enorme e famigliare sala d'attesa azzurro pastello quando la dottoressa mi dice: "Krystal, sono nello studio"

La raggiungo e noto con piacere che mi aspetta all'ingresso dell'accogliente studio con i suoi capelli riccissimi biondi chiari e i suoi splendidi occhi verdi.

Mi saluta con un caloroso abbraccio, poi si accomoda sulla sedia dietro la scrivania e la imito sedendomi di fronte a lei.

"Cosa è successo?" mi sorride incoraggiante.

"Ho fatto un test di gravidanza ed è risultato positivo" dico evitando il suo sguardo. Per quanto la conosca bene non riesco a non sentirmi a disagio.

"Allora..." guarda lo schermo luminoso del suo computer "Nell'ultima visita di routine che hai effettuato eri vergine, perciò suppongo che sia successo qualcosa in questi cinque mesi"

"Era la mia prima volta" dico con sincerità "È impossibile rimanere incinta la prima volta... Giusto?" spero in una risposta affermativa.

"Rimanere incinta al primo rapporto sessuale non è impossibile, però è molto difficile" mi risponde in modo professionale.

"Il test può sbagliare?" so già la risposta, però ciò che dirà sarà di certo mille volte più rassicurante e affidabile delle fonti su internet.

"In genere sono molto precisi perché rilevano la presenza dell'ormone Beta HGC che è presente solo in caso di gravidanza. In ogni caso, anche se è molto raro, possono sbagliare" mi guarda come se si aspettasse un'altra domanda, però dato che questa non arriva, è lei a chiedermi qualcosa: "Avete usato precauzioni?"

"Non lo ricordo... Ero molto ubriaca quella sera" non serve a nulla mentire.

"Un'ultima domanda, poi andiamo a vedere se nel tuo utero c'è o meno un piccolo bimbo"

"Mi dica" la invito.

"Hai idea di quale sia la data del concepimento?"

"Primo settembre" rispondo sicura.

"Dato che oggi è il venticinque settembre, eventualmente dovresti essere nel primo mese. Dobbiamo effettuare un'ecografia transvaginale"

Non so di cosa si tratti, però il nome non suona affatto bene. Spalanco un po' gli occhi e la dottoressa non tarda a rassicurarmi: "È un'ecografia interna che si effettua nel primo trimestre"

Non credo che l'espressione sconvolta della mia faccia sia cambiata, perciò la donna aggiunge: "Tranquilla, è del tutto innocua a eccezione di un po' di fastidio"

Lei mi sorride rassicurante, però io speravo vivamente in una di quelle ecografie che si vedono nei film, quelle con il gel e la pancia scoperta.

"Devi spogliarti dalla vita in giù" mi dice risvegliandomi dal mio stato di trance.

Mi alzo dalla sedia e vado dietro il separé mentre la dottoressa Young inizia a preparare l'occorrente. Sfilo i jeans e l'intimo e ringrazio di essermi messa una maglia un po' più lunga in modo da non essere del tutto scoperta.

Vado a posizionarmi sul lettino e, cosa che davvero odio, sistemo le gambe sugli appositi gambali.

Nonostante conosca la ginecologa da quando ho quattordici anni, non riesco a fare a meno di arrossire e spesso mi ritrovo a chiedermi come faccia a parlare di argomenti così delicati in modo così spontaneo.

Dopo essersi lavata le mani ed aver indossato un paio di guanti, la donna dai lucenti capelli biondi si avvicina a me e mi dice: "Cerca di stare più rilassata che puoi e ti assicuro che non sentirai niente"

È facile dire di stare rilassata mentre sono nuda per metà e sto per eseguire un'ecografia interna che determinerà il mio futuro.

All'inizio provo un po' di fastidio, poi però magicamente riesco a rilassarmi e comincio a seguire le immagini in bianco e nero sullo schermo.

La dottoressa mi parla in modo rassicurante e cerca di distrarmi il più possibile, però all'improvviso si ammutolisce ed inizia a fissare lo schermo con concentrazione. 

Dopo circa un minuto che dal mio punto di vista sembra durare una vita intera, mi dice: "Questo è il tuo bambino" indica un puntino bianco su sfondo nero "Sei incinta"

Sono talmente sconvolta da non accorgermi che l'ecografia è finita.

Avrei potuto dedurlo dai sintomi o accettare la realtà dal test, eppure ho continuato a ripetermi che non poteva essere vero.

Ora però la realtà è inevitabile, non ho via di fuga.

Un treno di immagini di tutte le cose che non potrò più fare e di sogni che non potrò mai realizzare mi sfreccia davanti alla velocità della luce.

Ad un tratto sembra colpirmi, quel treno. Mi colpisce così forte da togliermi il respiro.

La finta maschera di indifferenza che fino ad ora ho indossato va a farsi fottere ed inizio a piangere.

Piango senza riuscire a smettere e la dottoressa Young mi abbraccia forte, come se volesse trasmettermi un po' di forza che, adesso più che mai, mi sembra davvero indispensabile.

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