Our destination

By 10giuly

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La vita di un pallavolista non è mai sedentaria: si viaggia da una parte all'altra dell'Italia, dell'Europa o... More

Introduzione
Prologo
I. Giada
II. Emma
III. Giada
IV. Emma
V. Giada
VI. Emma
VII. Giada
VIII. Emma
IX. Giada
X. Matteo
XI. Giada
Thank you
XII. Emma
XIII. Giada
XIV. Emma
XV. Simone
WATTPAD CONTEST
XVI. Emma e Matteo
Important Information
XVII. Giada
XVIII. Emma
XIX. Giada e Lorenzo
XX. Emma
XXI. Alice e Simone
XXII. Matteo, Emma e Romina
XXIII. Giada
XXIV. Emma
XXV. Simone
XXVI. Matteo ed Emma
XXVII. Giada
XXVIII. Romina e Matteo
XXIX. Giada e Lorenzo
XXX. Emma
XXXII. Matteo
AVVISO IMPORTANTE

XXXI. Giada

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By 10giuly

23 Ottobre 2018

Caro Lorenzo,

Ti starai chiedendo perchè ti scrivo, piuttosto che parlarti di persona. Non lo so nemmeno io. Forse, ho solo paura che avendoti davanti non riuscirei a dirti tutto, soprattutto in questo momento, in cui i sensi di colpa per il tuo incidente mi stanno divorando.
Non ti sei fatto niente, solo qualche livido, lo so. Ma quella maledetta vocina nella mia testa continua a insinuarmi il dubbio che, se non ti avessi chiesto una pausa, appena prima di lasciarti partire, non sarebbe accaduto niente.

Ora, come saprai, inizierò uno dei miei monologhi infiniti. Hai sempre avuto una pazienza infinita nell'ascoltarmi e sappi che questa volta potrebbero toccarti gli straordinari.

In questi due anni insieme abbiamo imparato a conoscerci nel bene e nel male. Hai sempre odiato le bugie e io credo, involontariamente, di avertene raccontata qualcuna. Voglio spiegarti che non avevo cattive intenzioni, ho mentito anche a me stessa.
Credevo che un momento difficile fosse normale e, soprattutto, fosse giusto. Il nostro equilibrio perfetto ci stava portando alla routine e un cambiamento poteva essere la scossa per non arenarci nell'abitudine.

Se nelle prime settimane sentivo la tua mancanza, mi ci sono abituata, forse troppo in fretta. E non volevo ammetterlo, non potevo farlo. Non c'è mai stato niente di innaturale tra noi, persino quando mi hai puntata in discoteca sentivo che eri una faccia amica, un qualcuno di cui potevo fidarmi.
La cosa che mi ha sempre stupita è come siamo stati capaci di essere amici, fratelli e confidenti, prima di essere fidanzati. E forse è stato proprio questo il problema: questo nostro affetto profondo ha finito per primeggiare su quello che doveva essere un sentimento ben più passionale e intenso. Siamo sempre stati due pezzetti di un puzzle che si completavano perfettamente. Oggi ho capito che la nostra non era la combinazione perfetta: siamo come quei tasselli che si intersecano così magicamente, da essere un errore.

Ti chiedo scusa per l'altra sera, non avrei dovuto invitarti alla cena, per poi terminare con quel discorso. Non volevo nemmeno illuderti, se è questo che hai pensato. Non so nemmeno io perchè l'ho fatto, so solo che non è di sicuro l'idea più brillante che abbia partorito.
Continuo a ridere istericamente per essere stata così cretina.
Dovevo capire che qualcosa non andava quando non ti ho scritto per diversi giorni. In realtà, la mia testolina continuava a dirmelo che dovevo affrontare l'argomento con te e ti ho avuto davanti ben due volte, eppure non sono mai riuscita.
Hai presente il parco che ti ho fatto vedere l'altro giorno, che ho trovato un giorno in cui cercavo un po' di pace per studiare? Ecco. Cercavo di scappare da quelle pareti chiuse che, nel silenzio, facevano rimbombare la voce del cuore che mi ricordava che avevo un conto in sospeso.
Sono da sempre un'amante delle cose semplici, pulite, lineari. Dopo la maturità linguistica, ho scelto lingue per continuare il mio percorso. Ogni volta, per quanto possibile, evito i litigi, odio alzare la voce, se non in campo e adoro vivere nel mio disordine cronico. Tu in tutto questo hai trovato con naturalezza il tuo posto, senza mai alterare nulla, in punta di piedi.
Pensavo fosse questo che cercavo, era in linea con il mio stile. Quando il mio equilibrio è stato inevitabilmente alterato, cambiando città, ero certa che avremmo ritrovato la misura. E, da un certo punto di vista, lo abbiamo trovato. Ho capito che la tua presenza nella mia quotidianità è più simile a quella di un amico, che quella di un fidanzato.
Ecco, l'ho detto. Sono finalmente riuscita ad ammetterlo. Era questo che avrei dovuto dirti l'altro giorno.
Non sai quante volte mi sono ripetuta in testa il discorsetto che mi ero preparata.
Avevo in mente di raggiungerti domenica a Bolzano, visto che è prefissata una giornata libera e sappi che verrò ugualmente, anche se le circostanze saranno diverse.

Sai, quando ti ho detto che mi sarei trasferita a Trento per giocare, non mi aspettavo quella tua reazione. Davo per scontato che mi avresti appoggiata al cento percento, ma non è stato così. Forse la tua era solo paura che sarebbero potute venire fuori queste problematiche, che avevi già notato, ma che avevi preferito ignorare. Io, dal canto mio, non mi ero accorta di nulla.
Ma perchè hai preferito metterle in un angolo? Perchè non me ne hai parlato prima? Perchè hai aspettato che diventasse una situazione irreversibile? Perchè è a questo che siamo arrivati: al capolinea.

Non è normale che io mi sia totalmente dimenticata di scriverti e che non abbia sentito la tua mancanza, nè sia stata triste nel vederti andare via, quando sei venuto alla partita l'altra volta. Viviamo separatamente solo da due mesi, non sarebbe dovuto succedere mai, tantomeno così presto. Forse, però, è stato meglio così, perchè sarà meno doloroso, per quanto una separazione possa essere definita indolore. Abbiamo sempre viaggiato su due binari paralleli che, però, sono sempre stati così vicini che li abbiamo considerati come sovrapponibili. Peccato che sulla lunga distanza, sono emerse le vere direzioni verso cui corrono e no, non sono uguali per niente.
La nostra melodia perfetta ha suonato una nota palesemente sbagliata, che non apparteneva alla stessa sinfonia. Non so chi lo abbia sentito, conta che sia arrivato a me e te. L'altro giorno non so nemmeno come ci siamo finiti a parlare di fiducia, quando questa è stata l'unica cosa che non ci è mai mancata.
Se ti conosco bene, te la saresti presa con chiunque stesse parlando con me, per frustrazione. A discutere di fede, probabilmente, ci siamo arrivati perchè avremmo fatto di tutto per evitare l'argomento caldo.

Io sarei onorata di continuare ad averti nella mia vita, ma come amico. Non ti sto friendzonando, lo sai. Sto solo lasciando parlare la mia coscienza, come avrei dovuto già fare. Eccola, proprio questa voce interiore, finalmente sta esultando, perchè ha vinto la sua battaglia. Chissà se anche tu ne hai una insistente e fastidiosa quanto la mia. Forse, se lasciassimo parlare loro, le cose sarebbero infinitamente più semplici, non credi?
In questo momento mi vengono in mente le tue parole, quando parlavi di tuo padre: sarà anche pieno di difetti ma, forse, su di noi ci ha visto giusto.

Come ti dicevo prima, io domenica verrò a Bolzano. Comprendo se non dovessi avere voglia di vedermi, ma sappi che cascasse il mondo, io troverò un modo per parlarti. Non sono una che si arrende facilmente, questo dovresti saperlo.
Forse è il caso che chiuda qui questa mail, questo sproloquio di parole a cui ho dato voce.
Ti abbraccio, forte.

Tua, Giada.

Clicco invio, senza nemmeno aver riletto il testo di questa mail. Mi sono a malapena ricordata di mettere l'oggetto, un banale ciao. Che fantasia, eh? Non sapevo come chiamarla, perchè la verità è che qualsiasi titolo sarebbe stato sbagliato.
Avrei voluto inviare una lettera, in pieno stile Jane Austen, ma nel mondo moderno non sarebbe mai arrivata in tempo, conoscendo le Poste italiane. Ecco, credo che se Trenitalia e il servizio postale entrassero in comunicazione potrebbe essere la fine del mondo.

- Giada? Sei in casa? -
Sussulto, quasi spaventata dalla voce della mia amica.
- Sì, Ali. Sono in camera. -
La testolina bionda della ragazza si affaccia sulla porta.
- Ti ho chiamata tre volte. Credevo non ci fossi. -
- Scusa, ero sovrappensiero. -
- Ancora sensi di colpa? -
- Beh... -
- Non è quello che gli hai detto che ha causato il suo tamponamento. Ci sono mille motivi per cui può essere successo. E poi sta bene, ha solo qualche ammaccamento - asserisce lei. Ha ragione, non dovrei lasciarmi condizionare così dai miei stupidi sensi di colpa. Però, come faccio a non pensarci? Non riesco a togliermi questo tarlo dalla testa.
- Ma se io... -
- Se io, se noi, sai a cosa serve continuare a ripensare a cose che appartengono già al passato? A un fico secco. -
- Lo so, però. -
- Non ci sono però. Se vuoi risposte, vai a Bolzano. -
La risposta di Alice, quasi severa, non lascia spazio a repliche.
- Ci andrò domenica. -
- Bene. E allora smettila di pensare e concentrati su di te. -
- Grazie, Ali - concludo, abbozzando anche un timido sorriso, giusto una piccola incurvatura delle labbra, appena accennata.
- E di che? Siamo amiche, è mio dovere aiutarti. -
Ultimamente ero convinta che anche lei ce l'avesse con me. Ricordo bene l'acidità con cui ha detto che Simone non smette di cercarmi con lo sguardo quando siamo nella stessa stanza. Sebbene non sia convinta di ciò e nemmeno m'interessi, mi è dispiaciuto vedere il suo volto così triste e rassegnato. Invece si sta dimostrando un'amica fantastica, soprattutto negli ultimi giorni. Quando i miei genitori mi hanno chiamata per dirmi dell'incidente di Lorenzo, ho quasi avuto un attacco di panico. Mi chiedo quale sia il metodo per riuscire a convivere coi sensi di colpa senza esserne dilaniati, senza avere quei tarli che non ti fanno dormire. Chissà, forse non esiste un metodo, forse siamo solo diversi e metabolizziamo le situazioni della nostra quotidianità in modo differente.

- Bene, ora che sei in piedi, vedi anche di mettere il naso fuori dalla porta. Dai, andiamo a fare una passeggiata. -
- Esco dopo pranzo che ho allenamento. -
- No, esci anche adesso, con me. Hai bisogno di una visuale diversa da quella di queste quattro mura. -
Il carattere deciso di Alice quasi mi spaventa. Non sono abituata a vederla in queste vesti.
- Ma. -
- Nessun ma. Mettiti un paio di pantaloni, una giacca e muoviti. Ti aspetto davanti alla porta. -
Sorrido, forse non mi merito tanta attenzione e gentilezza.
- Cos'ho fatto per meritarmi una coinquilina come te di preciso? -
- Forse sei stata buona in una vita passata. -
- Seriamente credi a queste cose? -
- No. Era così per dire. È solo una delle tante cavolate che dicono per intortare qualche cretino. -
Indosso il primo pantalone in cima alla pila di vestiti "piegati" in modo un po' casuale, una maglietta rossa appoggiata lì e un paio di adidas ormai grigie ed esco.

Quella con Alice è una mattinata splendida. Nonostante il cielo grigio e cupo, quasi triste, la luce naturale ha comunque un fascino particolare, perchè gli oggetti, i palazzi, tutto acquista una vita nuova, come quando si cerca di guardare le cose da una prospettiva diversa.
So che non dovrei farlo, da buona atleta modello dovrei seguire un regime alimentare perfetto, completo e senza sgarri. Considerando che condivido l'abitazione con una studentessa di scienze alimentari, dovrebbe essere una passeggiata. Poi, però, arriva il richiamo del cibo spazzatura e tutti i buoni propositi cedono di fronte alla tentazione.
Posso resistere a tutto, tranne che alle tentazioni. Oscar Wilde ha ragione, come si resiste a quel panino che ti guarda negli occhi, implorandoti di essere mangiato? Sento come se mi parlasse, ripetendo mangiami come un disco rotto. La fame gioca brutti scherzi, decisamente.
È un bel sollievo addentare quelle patatine unte e salate dei fast food, è come se fosse un modo per scaricare la tensione. Lasciarmi andare per un po' aiuta ad alleviare i sensi di colpa. Forse dovrei solo smettere di pensarci.

25 Ottobre 2018

L'allenamento è stato un toccasana: avevo bisogno di due ore di isolamento, di concentrarmi su qualcosa per cui i problemi personali vanno accantonati. Ora sto tornando a casa, rigorosamente a piedi, nonostante il cielo grigio e il vento freddo non invoglino a farsi una passeggiata. Il clima di Trento a fine ottobre è già più invernale di quanto ci si potrebbe aspettare. In realtà, sono giorni che persistono queste nuvole, credo riflettano il mio umore. Fortunatamente, otto anni a Bolzano e un'infanzia nella patria della nebbia mi hanno abituata al meglio.
- Dobbiamo considerarlo un segno del destino che ci ritroviamo proprio qui? -
Non mi ero nemmeno resa conto di essere nuovamente capitata davanti al cinema che proietta i grandi classici, che tra l'altro è anche la strada più lunga per tornare a casa. Trovarci lì proprio Simone era l'ultima cosa che immaginavo.
- Non saprei. Di sicuro è strano, visto quando hai detto sul grande James. -
- Vorrei capire se sia o meno il caso di ricredermi. Tu invece? -
- Io cosa? -
- Beh, l'altro giorno il tuo ragazzo sembrava piuttosto irato. Come stai? -
- Nulla di che, non preoccuparti. Normali piccoli problemi quotidiani. -

Ah, mollare il tuo ragazzo sarebbe un piccolo problema quotidiano? Interessante.
Ovviamente no, ma quanto è successo, o sta accadendo, tra me e Lorenzo, non è affare suo. Per quanto possa considerarlo un amico, ci conosciamo da poco e non voglio spifferare la mia vita privata. Lui non si è fatto problemi a raccontarmi dei problemi con Selly; io, invece, non sono particolarmente incline a queste aperture. Credo sia per la mia timidezza e riservatezza, su cui sto cercando di lavorare. Rendere pubblica la mia vita mi mette a disagio, perchè so che permette a tutti di giudicare, pur non avendone alcun diritto. Mamma dice, giustamente, che dovrei imparare a fregarmene dei giudizi, eppure mi sembra una missione impossibile.
- Entri anche tu a vedere lo spettacolo? -
- No, grazie. Passavo di qui per caso tornando da allenamento, ma non era mia intenzione fermarmi. -
- Ah, giusto, il borsone. Non lo avevo notato. -
Cosa avresti notato invece, caro Simone?
- Beh, allora ci si vede - chiudo, tagliando corto.
- Uhm, sì. Un giorno di questi possiamo prendere un caffè, se vuoi. -
- Volentieri. Mi sembra un'ottima idea. -
- A presto, Giada. -
- Ciao, Simo. -

Simo? Siamo già passati ai diminutivi?
- Aspetta. -
Mi fermo e mi volto, cercando di non far vedere come la mia aura sia cambiata nel giro di un secondo.
- Dimmi. -
- Sei sicura vada tutto bene? Sembri distante - afferma Simone. Posso dargli torto? No. Ma si nota così tanto? Credevo di cavarmela bene nell'arte di indossare una maschera.
- Sì, certo. Sono solo stanca, Nicola ci sta spremendo come limoni. -
Una mezza verità. Non ce la fai proprio a lasciarti andare del tutto, eh?
- Beh, allora ti lascio a un po' di meritato riposo. -
- Ci sentiamo. -

Questa volta mi volto per davvero e, con passo lento e cadenzato, mi dirigo a casa, mentre la mente naviga mischiandosi con la voce della coscienza. Tra sensi di colpa, strani vaneggiamenti della mia testa e stanchezza sento che potrei esplodere da un momento all'altro. Quando trattieni in te troppe cose, prima o poi arrivi a un punto in cui non riesci più a contenere niente; prima inizia a formarsi qualche crepa, poi, improvvisamente il vaso di porcellana cede totalmente e tutto fuoriesce impetuosamente, come un fiume in piena. Emozioni, parole, desideri, paure, tutto fluisce senza alcuna forma di controllo.
Arrivata in casa, mi stendo sul letto a fissare il vuoto e sospiro profondamente sperando che, insieme all'anidride carbonica in eccesso, fuoriescano anche tutte le emozioni negative che circondano la mia anima stanca.

28 Ottobre 2018

Questa oretta in treno sembra infinita, ho l'impressione che il mezzo sia sempre fermo, che la meta non si avvicini, eppure si muove a velocità costante, il paesaggio muta costantemente, mentre la mia mente non smette di pensare nemmeno un istante. Ieri la partita in casa contro Conegliano è stata una disfatta. Abbiamo provato a fare del nostro meglio, ma non siamo riuscite a portare a casa nemmeno un set. Io non ho giocato, non che questa sia una novità, ma per la prima volta penso sia meglio così. Questa settimana è stata difficile, ha rappresentato una dura prova di resistenza verso la mia coscienza, quella vocina tremendamente fastidiosa e acida, che non smette di ricordarmi colpe e responsabilità. La mia testa è stata sempre altrove, in un mondo non ben identificato, ma senz'altro lontano da quello reale.

- Ciao, tesoro! Come stai? Com'è andato il viaggio? -
- Papà, ciao. Tutto bene, sono persino in orario. -
- Sai che mamma dirà che sei più magra? -
- In realtà ho preso qualche chilo, in massa muscolare. Ma capisco a cosa ti riferisci. -
Lo so, è solo un modo per dirmi che le manca non avermi più in giro per casa e che mi vede diversamente, ma che continua a preoccuparsi costantemente per me.
Le sue attenzioni mi fanno sentire fortunata: penso a Emma, forse lei non si è mai sentita così. La morte di suo padre l'ha fatta diventare un'adulta responsabile troppo in fretta e il rapporto con sua madre non è proprio idilliaco. Ma sono incredibilmente felice che abbia fatto la pazzia di realizzare il suo sogno.

- Vieni, andiamo prima che mi facciano la multa. Il mio parcheggio non è proprio a regola d'arte. -
- Posso guidare io per tornare a casa? È da una vita che non salgo dal lato del conducente. -
- Certo, tieni. -
Papà mi porge le chiavi dell'auto e sono elettrizzata. Da quando sono a Trento non ho più premuto frizione, nè scalato marce e quasi mi manca. Io adoro guidare, mi rilassa; mi piace sentirmi padrona della strada, di scegliere la destinazione, la musica con cui affrontare i chilometri.
Non appena appoggio il fondoschiena sul sedile in tessuto vellutato grigio della vecchia Jeep di papà, sento una strana sensazione avvolgermi. Un nodo allo stomaco si insinua in me. Non si tratta di ansia da prestazione, o almeno non credo. Senza che possa fare nulla per impedirlo, la mia mente inizia a proiettarmi immagini: Lorenzo alla guida, dopo ciò che gli ho detto l'altra settimana, che parla da solo, si assume colpe che non ha e finisce contro il guardrail. Sbatto tre volte gli occhi, cercando di allontanare questi maledetti sensi di colpa che sembrano non volersene andare.
Ripensando anche alle parole di Alice, respiro profondamente, mantenendo la presa sul volante salda, premo la frizione e metto in moto l'auto.

Ovviamente avevo ragione. Un pranzo a casa è praticamente stato teatro di un interrogatorio, come se fossi al banco degli imputati e dovessi rispondere alle domande dell'accusa. Forse ho guardato troppi episodi di Suits. O, forse, no, altrimenti mi sarei potuta appellare al quinto emendamento, evitando quindi di rispondere.
Le domande di mamma, però, sono anche servite per aprire qualche porticina ancora socchiusa: la soluzione era a pochi centimetri da me, dovevo solo trovare la chiave dall'incastro perfetto per completare l'apertura della serratura e vedere perfettamente cosa nasconde all'interno.
Ed è con questa consapevolezza che vado a casa del ragazzo che devo affrontare.
- Oh, Giada sei tu! Vieni dentro. Lorenzo arriva subito. Intanto sistemati pure come fossi a casa tua. -
A giudicare dal sorriso radioso con cui mi accoglie, deduco che la madre del ragazzo non sia a conoscenza degli ultimi sviluppi. Sono anche convinta che, se sapesse che è colpa mia se suo figlio ha fatto l'incidente, non sarebbe così gentile.

La vuoi smettere? Non è colpa tua, smettila di tormentarti. La voce di Alice si impossessa per un attimo della mia coscienza, aiutandomi a tornare sul focus.
- Giada. Ciao. -
La voce del ragazzo mi fa voltare e vedere che i suoi occhi non sono cupi mi rende leggermente più tranquilla. Il collare che noto al suo collo, però, fa tornare a galla immediatamente tutte le mie ansie.
- Ehi. Come stai? - Domando, dopo essermi avvicinata.
- È solo un collare di precauzione. Sto bene. -
- Sono contenta. -
- Andiamo a fare quattro passi? Così parliamo un po'. -
- Direi che è un'ottima idea. -

- Mamma, noi usciamo. A dopo. -
- Ciao, tesoro. Giada carissima, ti fermi a cena? -
- No, grazie mille. Ho promesso ai miei che sarei stata un po' con loro. -
- Ma certo, è naturale. -
La signora Marta è sempre esageratamente gentile e sorridente. Quasi mi irrita quel suo perenne sguardo felice, vorrei avere anche io il potere di indossare quella maschera in modo credibile.

Io e Lorenzo ci avviamo in rigoroso silenzio per la via, camminando rigorosamente con lo sguardo fisso per terra. Ormai, nemmeno i nostri passi sono più sincronizzati.
- Avevi ragione - esordisce lui.
- Su cosa? -
- Lo sapevo, ma non volevo ammetterlo. Sei tu ad aver avuto il coraggio di farlo. -
Alzo la testa, per guardarlo finalmente negli occhi, senza paura.
- Quindi tu...-
- Sono d'accordo. Forse dovremmo restare amici. -
Tiro un sospiro di sollievo, temevo davvero di averlo perso per sempre.
- Dici che ce la faremo? -
- Siamo riusciti a riconoscere la fine. Direi che la cosa più difficile l'abbiamo fatta. -
- Sei sempre un passo avanti a me, eh? -
- Non è una novità. -
- Modesto - replico, lasciandomi andare a un sorriso, per la prima volta da giorni non forzato.
- E voglioso di rassicurarti. L'incidente non è stata colpa tua, di quello che mi hai detto. C'era un gatto zoppo che, non so come, ma è finito sulle corsie in autostrada. Per evitare di investirlo ho sterzato e sono finito contro al guardrail. -
- Grazie. -
- Ora via quei sensi di colpa. -
- Come facevi a saperlo? - domando sorpresa.
- Quando sei nervosa ti arrotoli le ciocche di capelli. Direi che ti conosco abbastanza bene. -
- Posso abbracciarti, Lorenzo? -
- Direi che si può fare. Vieni qui, regista pasticciona. -
Eccolo, il mio vecchio soprannome. Era un po' di tempo che non lo sentivo, ma è dolce.
Stringerlo non mi dà i brividi tipici di quando si stringe chi si ama, ma mi sento al sicuro, come se fossi tra le braccia del mio fratello maggiore. Inspirare il suo profumo è un modo per sentirlo più vicino a me, per farmi capire che la casa non è un luogo, sono le persone giuste, quelle che ci aiutano, ci sostengono e ci aiutare a capire qual è la nostra strada. E credo sia il finale giusto per noi: avrò anche perso il fidanzato perfetto, ma ho trovato un amico. E non è una sconfitta, è soltanto un nuovo inizio.

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A tu per tu

Buon pomeriggio, cari lettori. Dopo un lungo silenzio, ecco finalmente un nuovo capitolo per voi. Sono state settimane lunghe, ma felici. Finalmente ho superato un forte blocco emotivo che mi impediva di dare un esame, ora mi sento più forte. E, nonostante stia per iniziare un nuovo semestre e il tirocinio, voglio riprendere ad aggiornare con un po' più di costanza.

Domenica andrò a vedere la mia squadra a Milano, a Busto Arsizio per essere precisi. Vedrò proprio Simone e Matteo e, anche se purtroppo Matteo non sarà in campo per via di un infortunio, sarà comunque splendido. Inoltre incontrerò finalmente la mia "sorella a distanza" e non vedo l'ora.

Ora, però, veniamo al capitolo. Giada e Lorenzo hanno finalmente avuto il coraggio di dirsi addio, ma hanno scelto di rimanere amici. Credete potranno farcela? Ma, soprattutto, credete sia stata la scelta giusta?

Scrivetemi la vostra opinione, per me è importante. Bene, con questo è tutto. Alla prossima, un bacio.

Giulia

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