Una vita da vincere

By ThinkBetter

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Due coppie divise dal destino e dal tempo, avvolte da un segreto che segnerà il profondo della loro esistenza... More

INTRODUZIONE
CAPITOLO 1
CAPITOLO 2
CAPITOLO 3
CAPITOLO 4
CAPITOLO 5
CAPITOLO 6
CAPITOLO 7
CAPITOLO 8
CAPITOLO 9
CAPITOLO 10
CAPITOLO 11
CAPITOLO 12
CAPITOLO 13
CAPITOLO 14
CAPITOLO 16
CAPITOLO 17
CAPITOLO 18
CAPITOLO 19
CAPITOLO 20

CAPITOLO 15

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By ThinkBetter

Roma, 2013

Alcune settimane più tardi, seppur contro la volontà di Giulia, il natale arrivò. Per la sera della vigilia, Mark aveva organizzato una formale cena invitando l'intera famiglia e – nella speranza di riuscire a chiudere un importante negoziazione – aveva esteso l'invito ad alcuni uomini d'affari che lei considerava terribilmente noiosi. Il giorno in cui l'aveva saputo, non aveva avuto neanche la forza di ribellarsi e protestare. Piuttosto che partecipare a quella farsa avrebbe volentieri passato la serata chiusa nel suo appartamento, sola e al buio, cercando di dormire. Per le festività Tom era tornato a casa dalla sua famiglia e lei si sentiva sola e persa in un mondo che sapeva non appartenergli. Probabilmente si sarebbe sentita di più a suo agio in un branco di lupi affamati che immersa nell'ipocrisia di quelle persone. Avrebbe voluto scappare, prendere il primo aereo e correre a riabbracciare il suo affascinante uomo misterioso, ma sapeva di non avere alternativa. Mentre guardava dalle vetrate dell'attico di Mark, contemplava la città dall'alto osservandola in tutto il suo splendore. Assorta nei suoi ricordi, con un sorriso sulle labbra, ripercorreva ogni singolo passo compiuto insieme a Tom. Eppure, la sera del ventiquattro, Roma sembrava essersi spenta. Il traffico scorreva rapido e fluente, molta meno gente attraversava le strade e quei pochi che c'erano, camminavano decisi con la testa bassa, diretti verso casa a festeggiare con le persone che amano. Nessuno sembrava notare la ragazza immobile alla finestra, con un affascinante vestito da sera e due occhioni tristi. L'intera metropoli era agghindata a festa, luci colorate sembravano spuntare da ogni angolo seppur remoto. Tutti i dettagli, anche quelli più insignificanti, erano studiati per infondere felicità e allegria, eppure Giulia sembrava non saperne cogliere le sfumature. Sebbene fosse circondata da decine di persone, si sentiva più sola del solito. Continuava a rincorrere la sua vita per acquisirne il pieno possesso. Proprio quando le mancavano solo alcuni millimetri per afferrarla, quella bastarda accelerava a tutto gas lasciandola a bocca aperta ancora con le mani al vento. Per questo Giulia aveva dovuto rimboccarsi le maniche. Come un passerotto indifeso, imparò a spiccare il volo in piena tempesta. Un mosaico di episodi esilaranti componevano la sua intera esistenza, ultimamente però, sentiva di aver perduto qualche tassello. Stranamente, quella mancanza aveva trovato la sua pienezza solo dopo quell'incontro miracoloso che aveva dato significato al suo universo. Una leggere musica in stile jazz e le voci allegre degli ospiti riempivano la gelida oscurità di quelle pareti. Assorta nei suoi pensieri riusciva a sentire quei suoni come fossero lontani mille miglia. Poco dopo la porta si aprì senza bussare. La luce del corridoio trafisse il buio come una lama feroce. Giulia si voltò e vide Mark attraversare la stanza. Lui non disse nulla, neppure la salutò. Il viso dell'uomo era completamente inespressivo, era impossibile capire cosa gli passasse per la testa. <<E' già ora?>> Chiese Giulia. Lo osservò attentamente, cercò di studiare i suoi occhi nel tentativo di coglierne le emozioni. <<Lo è già da un pezzo in realtà>> Mormorò indispettito. Giulia rimase in silenzio. Riconosceva quel tono di voce, era nervoso, indice che qualcosa non stava andando secondo i suoi piani. Era in quelle occasioni che Giulia aveva paura di lui, la sua presenza la inquietava. <<Mark, non riesco a venire di la! Non ce la faccio a fingere che vada tutto bene>> Nonostante avesse un enorme nodo in golo che le bloccava la voce, seppure con sforzo, riuscì a pronunciare quelle poche ma pesanti parole. Mark la prese per mano delicatamente e poi con gesto impetuoso e selvaggio la strinse a se, costringendola a sentirle il suo caldo respiro sul collo scoperto. Appoggiò le mani fredde sui fianchi ben delineati della donna e la cinse a se. Con furia violenta e insistente le alzò il vestito, si insinuò sotto la sua gonna in maniera furtiva. Lei si irrigidì e impaurita smise di respirare. <<Tu farai ogni cosa io ti chieda cara mogliettina, senza ribellarti!>> Le sussurrò all orecchio. Giulia sentì il suo alito pesante e si rese conto che era già abbastanza brillo. All'improvviso le venne da vomitare, scacciò via la nausea con fatica e chiuse gli occhi. Facendo forza con le mani riuscì a liberarsi da quella presa maniacale. <<Io non sono tua moglie.. E non lo sarò mai!>> Mark rimase sorpreso, non si aspettava opponesse resistenza. Giulia avvertì lo stupore nel suo sguardo e per lei fu solo l'ennesima conferma che l'uomo che stava per sposare non la conosceva affatto. <<Oh, si che lo sarai! Sai bene cose accadrebbe in caso di rifiuto, vero Giù? E noi non vogliamo arrivare a questo punto!!>> Giulia si ammutolì. Quelle minacce non erano nuove per lei, al dire il vero iniziavano a sembrarle piuttosto familiari. Mark aprì il mobiletto dell'angolo bar - ce ne era uno in ogni stanza dell'attico - e versò in un bicchiere due dita di Cognac. Lo ingoiò tutto di un sorso mentre osservava la città dalla vetrata con una mano in tasca. <<Che cosa hai messo in quella stupida testolina?>> Le domandò senza degnarla di uno sguardo. <<Credi di poter scappare via con il primo americano squattrinato che incontri per strada? Com'è che si chiama? Tom, giusto?>> <<Si, si chiama Tom! Ed anche se fosse squattrinato.. poco importa! Sei solo un povero illuso! I soldi non danno la felicità.. Guardati allo specchio Mark, ti renderai conto di esserne la dimostrazione!>> Giulia cercò di nascondere la tensione. Teneva i denti serrati dietro le labbra e le gambe le tremavano. <<Credi di essere forte? Coraggiosa? In realtà so bene che muori dalla voglia di sapere come sia venuto a conoscenza del tuo giovane spasimante!>> <<Sarebbe una bella domanda dato che in questi giorni mi hai trattata come fossi inesistente>> Mark si voltò di scatto e le sorrise. Si avvicinò a passo svelto e le accarezzò gelidamente una guancia per poi scivolare con le dita sulle morbide labbra. << Vedi cara! Per quanto io lo ritenga un pazzo, Charles Darwin sostenne un concetto alquanto interessante.. sai qual è?>> La voce insicura di Giulia si ruppe, sprofondando nel silenzio. <<Ho detto...Sai qual è?>> Gridò Mark. Giulia sobbalzò per l'improvviso spavento. <<No! Non capisco cosa vuoi dire..>> Borbottò impaurita e tremante. <<Lo immaginavo!>> Esclamò con aria soddisfatta e folle. <<Lui sosteneva che in natura solo il più forte possiede le maggiori possibilità di sopravvivenza in un mondo crudele e violento come il nostro.>> Fece una breve pausa. <<Sai cosa succede se una dolce pecorella incontra un leone affamato? Può correre e scappare quanto vuole ma prima o poi cederà e verrà sbranata.. Tu sei dolce, molto dolce mia cara, ma non potrai mai competere con me! Sei proprio sicura di voler iniziare a correre?>> Giulia deglutì a fatica. Sapeva che quelle ultime parole non erano altro che meschine minacce. Osservò per un momento la potenza del cielo, lo splendore degli astri e poi sorrise. <<Sai Mark! C'è sempre un fattore che non è possibile considerare, un margine d'errore è sempre presente, non sfugge neanche ai più forti. I dinosauri erano le creature più possenti e maestose al mondo, eppure ciò non li ha salvati dall'estinzione. Chi ti dice che io non stia già correndo?>> Giulia afferrò la mano di Mark ancora incollata sul suo viso e disgustata la gettò via come fosse il più lurido degli scarti. Prese il copri spalle appoggiato sul letto, lo indosso con nonchalance, e si avvicino alla porta. <<Oh! visto che hai tirato in causa l'argomento, c'è un'altra cosa Mark.. In effetti è un po' di tempo che ci penso! Sai, credo che per te il processo evolutivo non si sia ancora perfettamente compiuto!!>> Affermò con aria compiaciuta.. <<Ora sarebbe meglio andare, i tuoi ospiti attendono>>

Entrarono nel salone addobbato a festa, senza neanche sfiorarsi. Giulia sentì il cuore ricominciare a battere, i polmoni che riprendevano a respirare e gli arti riprendere tutte le loro funzionalità. Si guardò attentamente attorno. Ogni cosa in quel luogo era sfarzosa e scintillante, raggiungeva l'apice dell'eleganza. Il servizio di posate d'argento perfettamente lucidate brillava come fosse oro puro sotto la luce splendente dei lampadari di cristallo. Il servizio di porcellana donava un tocco d'arte, i segnaposto erano scritti a mano con una calligrafia esperta e barocca e le stelle di natale al centro della tavola abbellivano il salone con un dettaglio naturale. Da quando era uscita da quella stanza, Giulia aveva stampato sul suo viso un sorriso falso e delicato come richiesto dal galateo. Si costrinse ad ascoltare le chiacchiere degli invitati, i racconti dei loro ricchi e lussuosi viaggi e le loro fortune accumulate giocando in borsa. Rispose a tutte le domande che gli furono rivolte. Il lavoro, le aspirazioni per il futuro e le prossime "nozze del secolo". Avrebbe voluto urlare al mondo quanto in realtà odiava ognuno di loro e quanto trovasse superficiali e ridicole le loro conversazioni. La cena fu lunga e asfissiante. Giulia si costrinse a mangiare tutte le portate, non lo trovò difficile. La discussione accesa aveva calato una forte tensione e un pressante nervosismo che le avevano aperto lo stomaco. Si voltò per sorridere a Mark dopo una delle sue battutine mentre lui le teneva la mano in bella vista sul tavolo. "Sono davvero una coppia perfetta!" Sentì pronunciare quelle parole dal fondo della tavola e si chiese se fosse lei ad essere una brava attrice o se stesse recitando davanti ad un pubblico di spettatori ciechi e incompetenti. Ma la verità era che non riusciva a smettere di pensare a Tom e al loro intenso saluto in aeroporto. Lui l'aveva abbracciata e le aveva promesso che sarebbe tornato il prima possibile. L'aveva baciata sulla guancia e non sulle labbra, inizialmente le era dispiaciuto ma ancora una volta aveva imparato ad apprezzare la serietà di quell'uomo anche se non ne comprendeva tutti i particolari. Ed ora, non faceva altro che immaginare il giorno in cui si sarebbero rincontrati. A cena terminata Mark non le rivolse parole, la osservava attentamente con la coda dell'occhio mentre lei raccoglieva le sue cose. Giulia continuava a ripercorrere le varie fasi della loro conversazione, esaminando meticolosamente ogni espressione, ogni frase, come un chirurgo che opera a cuore aperto. "Ho sbagliato tutto" si ripeteva. Per molti mesi aveva posto in dubbio il cambiamento repentino di Mark, aveva davvero lottato contro se stessa per credergli. Alla fine sfiduciata dall'amore chiuse in un cassetto ogni perplessità e poi gettò la chiave. Ed ora, tristemente, doveva fare i conti con la realtà: Si era lasciata ingannare. Lasciò l'attico quella stessa notte e si diresse nel suo appartamento in periferia.

La mattina di Natale, Giulia aprì gli occhi intontita verso le sei e si rigirò nel letto. Fuori era ancora buio e anche tutte le luci in casa erano spente. Il riscaldamento era staccato e un aria gelida riempiva l'intero ambiente. Dopo l'asfissiante confusione della sera precedente, finalmente ogni cosa sembrava tacere. Monica era andata via per qualche giorno, dormiva dai suoi nel periodo festivo, lasciando così la casa libera al suo legittimo proprietario. Si tirò su, aveva le labbra secche e un gran mal di testa, si stropicciò gli occhi e mise i piedi a terra. Vaga come una sonnambula fino a raggiungere la cucina, sotto i suoi piedi il pavimento sembrava di ghiaccio. Mise il bollitore sul fuoco e nel frattempo aprì un vasetto di yogurt bianco. Ad ogni boccone tirava fuori il cucchiaino dalla bocca e lo studiava con aria sospettosa. Giulia chiuse gli occhi nella speranza di poter cancellare gli avvenimenti e la discussione della vigilia. Ritornò con i pensieri alla sua infanzia, quando libera e spensierata immaginava la sua intera vita progettandone ogni dettaglio. Il profumo della torta di mele appena sfornata, il caldo abbraccio di sua madre e l'incantevole magia delle luci di Natale sembravano essere ormai cosi distanti e irraggiungibili. Fece un profondo respiro e fu come sentire l'odore del mare che caratterizzava le sue vacanze serene e ricche d'affetto. Spalancò di scatto gli occhi ed un'idea le navigò tra i pensieri. Sorseggiò velocemente la sua tisana anche se bollente, si rivestì in fretta e furia incappottandosi per bene e dopo aver preso un antidolorifico sgattaiolò fuori dalla porta alla velocità della luce. Tirò fuori dal garage la sua vecchia auto, salì in macchina, ingranò la marcia e andò quasi a sbattere contro un muro mentre faceva manovra. Accelerò di scatto e si diresse fuori Roma, verso ovest. Si mise al volante sforzandosi di rispettare i limiti di velocità. Man mano che si allontanava, le sembrava di sentire di percepire il suono delle onde infrangersi contro gli scogli. Rallentò precipitosamente e seguì tutte le indicazioni per evitare di sbagliare strada. Finalmente dopo circa trenta minuti, accostò davanti ad una piazza. Abbassò il finestrino e osservò attentamente il paesaggio. Non le ci volle molto per riconoscere quel luogo e attribuirgli un valore familiare. Aveva passato intere estati su quelle spiagge. Ci andavano tutti gli anni con la sua famiglia, fin quando poi l'adolescenza era giunta al termine e ognuno sembrava aver preso la sua strada. Scese lentamente dall'auto e scrutò l'enorme distesa blu in movimento da lontano. Scavalcò il muretto, tolse le scarpe e affondo i suoi piedi nella sabbia fredda e umida. Si avvicinò a passo svelto fino a toccare l'acqua con le punte dei piedi. In lontananza la natura regalava uno spettacolo straordinario. Un venticello frizzante le accarezzava i capelli facendo svolazzare la sua sciarpa come fosse una bandiera, il sole di dicembre riscaldava la pelle infreddolita, in lontananza il grande faro si ergeva sulla cima frastagliata di una scogliera. Amava ritrovarsi partecipe di quel quadro dipinto da Dio, l'aiutava ad allontanarsi dalla realtà, a nutrire la speranza di essere parte di una dimensione ben più grande e comprensibile. Passeggiò distratta raccogliendo ogni sassolino che scontrava lungo il suo percorso e tentò di lanciarli in mare provando a farli ribalzare sulla superfice, ma come al solito non ci riuscì. Passarono le ore. Il cielo si riempì di nuvoloni invernali, oscurando la luce del sole. Seduta sulla sabbia, Giulia ricordava le chiacchierate spensierate avute con Tom. Rievocò il giorno in cui si erano incontrati, quando come una pazza lo aveva quasi denunciato ingiustamente. Anche se per poche ore, si erano visti altre due volte dopo il giro turistico di Roma. La prima volta erano andati a pattinare sul ghiaccio, fu davvero terribile. Dopo cinque minuti e svariate cadute, Tom si era accorto, piuttosto divertito, di quando Giulia fosse negata. Quando le aveva chiesto se volesse andare via, lei aveva rifiutato gentilmente dicendo che aveva solo bisogno di riscaldarsi. Lui la prese per mano e continuò a tenerla senza un vero motivo anche quando sembrava che lei potesse cavarsela da sola. Parlarono della loro infanzia e dei primi amori, finirono in una discussione prettamente patriottica per poi scivolare sulle razze dei cani che preferivano. Il giorno dopo Giulia non riuscì ad alzarsi dal letto, i dolori ai muscoli le rimasero per almeno una settimana, ma infondo ne era felice. Un paio di giorni dopo, Tom si era presentato nuovamente fuori scuola, dicendole che si trovava nelle vicinanze e chiedendole se le andava di pranzare con lui. <<Accetto solo se ammetti che è una balla>> Aveva risposto cercando di nascondere il suo imbarazzo. <<Solo perché so di essere un pessimo bugiardo!>> Disse lui. Mangiarono in un ristorante casareccio di cui Tom andava matto. Giulia si limitò a bere esclusivamente acqua, sapeva di non reggere bene l'alcol e voleva assicurarsi che lui non la classificasse come un tipo troppo fuori dagli schemi. Poco dopo lui la riaccompagnò a casa con la vespa fino alla periferia. Proprio quando sembrava sul punto di congedarsi, dopo una breve esitazione, Giulia si gettò al collo dell'uomo avvolgendolo con un abbraccio sincero, rapido ma intenso che sembrò suggerire una piccola svolta nella loro rapporto. Mentre Tom usciva dal cortile ricoperto di ghiaia, lei rimase a fissarlo ancora con il sorriso stampato in faccia fin quando non lo vide sparire dietro due colonne di marmo. In seguito, quando lui le aveva detto che sarebbe tornato a casa per un po', aveva sentito un brivido freddo attraversarle la schiena. Non aveva aggiunto nient'altro ma dai suoi occhi notò che era mortificato. Lei gli prese la mano e appoggiò la testa sul suo torace. Sentì il battito del suo cuore aumentare di ritmo, sotto i muscoli del suo petto.

Il tempo sembrava trascorrere più velocemente in riva al mare. Improvvisamente il vento aveva cambiato direzione, era diventato più freddo e veloce. Un uomo portava a spasso il suo cane cercando con un mano di mantenere fermo in testa il cappello. Si stava facendo tardi e Giulia era sfinita, ma sapeva che anche tornando a casa non si sarebbe addormentata. Si alzò delicatamente e scrollò i granelli di sabbia dal cappotto con un eleganza e una fermezza che solo lei poteva avere. Mentre cercava di dare un senso al suo atteggiamento apparentemente autodistruttivo, si chiese che cosa stesse facendo esattamente Tom in quel momento. Il telefono squillò proprio mentre Giulia stava entrando in macchina. Lo cercò disperata nella borsa, scavando come un archeologo quando avvista il suo "tesoro". Il telefono continuava a trillare, non sembrava intenzionato a smettere. Non riconobbe il numero ma, in preda all'ansia e alla trepidazione, rispose. Rimase in ascolto per un tempo lunghissimo, poi il suo viso si ammorbidì, un sorriso le illumino le labbra. Il suo Tom stava per tornare!

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