La Strada || MetaMoro

By LoganWay

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«Il numero da lei chiamato è inattivo o inesistente.» More

Primo Capitolo
Terzo Capitolo
Capitolo quarto
Quinto Capitolo
Epilogo
Was It A Dream? - Christmas OS

Secondo Capitolo

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By LoganWay


«Ci vorrebbe un'altra vita per fermarci ad un secondo di distanza da un errore...»

Sono due anni che Ermal ascolta quella canzone ogni singola sera, due anni che, entrato nel letto, si mette le cuffie e si perde in essa.

Gli fa male ogni volta, ma allo stesso tempo non riesce a farne a meno.

Sente quelle parole dannatamente sue.

Vorrebbe davvero un'altra vita, tornare indietro a quel dannatissimo giorno e impedirsi di dire quelle parole, di fare quell'enorme cazzata.

Vorrebbe poterlo fare, ma non può. Il suo errore l'ha fatto e non potrà cancellarlo in nessun modo, ed é per questo che quella canzone fa più male di una lama nello stomaco.

É sicuro di starsela immaginando, é già successo altre volte: dopo due anni che l'ascolta averla nella mente anche quando non ha le cuffie addosso é il minimo. E poi quella é l'ora in cui solitamente la sente per la terza volta di seguito e quindi non si fa domande. Non si guarda intorno, si concentra solo sul cercare di non piangere e affoga la voce nelle sue orecchie dentro l'ennesimo bicchiere di scotch.

«Un'altra vita per capire qual è il modo per difenderti e tenerti più lontana dalle tue grandi paure... Ti eviterei certe salite suggerendoti pianure

La voce si perde nella sua mente. Lui lo sapeva qual era il modo per salvarlo... ma non lo ha fatto. Anzi, non ha fatto altro che trovare i suoi punti deboli e sfruttarli, al punto da aver mandato tutto in rovine. Avrebbe dovuto mostrargli pianure e invece gli ha soltanto messo davanti un ostacolo maggiore e lui, davanti a quell'ostacolo...

«Se fosse mai esistita un'altra vita per ritornare sui nostri passi e per ritrovare la pace che non c'è...
Un'altra vita insieme a te»

Chiude gli occhi, perché per loro un'altra vita non ci sarebbe mai stata.

«Ci vorrebbe un'altra vita per comprendere ogni cosa prima che sia già passata fra le mani.
Per difenderti domani dall'ipocrisia del mondo e dai giudizi, dalle ingenuità che il tempo ha trasformato in vizi»

Lui le uniche cose che doveva comprendere le ha comprese troppo tardi, quando tutto é finito e non si poteva più tornare indietro.

Stringe la presa sul bicchiere e chiude gli occhi, perché quelle parole sono lame affilate che lacerano la sua carne.

Si é lasciato trascinare da tutto quello a cui invece non avrebbe dovuto dare retta, si era lasciato influenzare ed era bastato un bicchiere di troppo per mandare tutto a puttane.

Sente rumore di liquido che viene versato e se non fosse troppo impegnato a distruggersi dentro solo per il pensiero della sua voce, scoppierebbe a ridere.

Emìlia é l'unica barista che ha incontrato nella sua vita, che nonostante gli stesse svuotando l'intera bottiglia, non si fa scrupoli a riempire il vetro ancora e ancora. E non lo fa neanche per denaro, perché di nuovo gli dice che l'ha offerto lei. E in verità, non riesce neanche ad aprire gli occhi per ringraziarla. Si lascia andare in un sussurro, ma che lei sente comunque, perché gli accarezza i capelli. Istintivamente si irrigidisce, ma poi si lascia andare, perché non ha neanche la forza di ritrarsi da quel tocco gentile.

«Ci vorrebbe un'altra vita per amarti nuovamente, liberarci del passato e non sbagliare niente.»

E lui di errori, ne ha fatti troppi. Li ha fatti con Silvia e subito dopo con lui. Solo che con Silvia hanno aggiustato tutto, con lui... ha commesso un passo falso di troppo, e ora non si può più tornare indietro per quanto lo desideri ardentemente.

«Per avere le certezze che non ho
ci vorrebbe sì lo so, lo so, lo so, un'altra vita

Per ritornare sui nostri passi e per ritrovare la pace che non c'è
Ci vorrebbe sì lo so, lo so, lo so, un'altra vit

Per migliorare...
...Ricominciare»

Butta giù il whiskey come se fosse acqua e neanche brucia più a contatto con la sua gola. Ha iniziato a farci l'abitudine e sa benissimo che questo é sbagliato.

Sa benissimo che se lui fosse stato lì si sarebbe incazzato a bestia perché si sta distruggendo con le proprie mani, perché solo lui sa quanto fosse difficile ripulirsi da questo schifo.

Ma lui non c'è. Non può vederlo, non può sentirlo, non può sgridarlo.

Non lo può abbracciare e consolare, mentre rimette insieme i pezzi del suo cuore a brandelli. Non può baciarlo, creando così un attimo di eterno, un attimo solo loro.

Non possono tornare indietro per migliorarsi, per ricominciare. E quindi lui può soltanto continuare a sopravvivere, in attesa di qualcosa di più.

«E mentre i giorni passano e le opinioni cambiano, restiamo ancora qui fermi al sicuro che poi domani magari davvero arriverà un'altra vita per migliorare... ricominciare...
Un'altra vita, però dov'è?
Un'altra vita... Insieme a te...»

Non si sorprende quando sente le lacrime bagnargli le guance, come non si sorprende quando inizia a cantare a bassa voce: da due anni, quelle parole sono diventate una sorta di preghiera. Inutile, perché lui é andato e non tornerà, ma non riesce a smettere quella sorta di rituale.

Però si sorprende, quando sente rumore di vetro infrangersi. Si sorprende quando, aprendo gli occhi spaventato, trova Emìlia che lo guarda a occhi spalancati. Quella distrazione improvvisa ha concluso la canzone che scorreva nella sua mente fino a quell'attimo, ma in sottofondo riesce ancora a sentire una chitarra acustica.

La barista si scusa con i clienti al bancone, poi si avvicina a lui e lo guarda negli occhi. Lo inchioda al suo posto e cerca di sondargli l'anima. Poi, dopo qualche secondo, parla.

«Tu la conosci.» dice.

Ermal é interdetto da quella constatazione, ovviamente. Non capisce a cosa si riferisce, non può capirlo perché é ancora chiuso nel suo mondo, isolato nella sua mente.

Lei sospira e punta gli occhi oltre le sue spalle, verso l'artista sul palco.

«La canzone.. Un'altra vita, giusto?»

Allora Ermal si volta, così velocemente da rischiare di cadere giù dallo sgabello, ma si volta. E quello che vede lo congela.

Sta seduto su uno sgabello davanti al microfono, in braccio tiene posata la sua chitarra di sempre. Ha gli occhi spenti e contornati da occhiaie, le guance incavate. Eppure come al solito il peso degli anni che passano non si fa sentire, su di lui.

Lo guarda, ma non ci crede. Sta parlando portoghese, e non sta sbagliando un accento. Nessuna influenza del suo amato romanaccio, né doppie né parole tagliate. Cerca di convincersi che allora sia solo una persona che gli somiglia, che il "Libero" scritto sul suo strumento non esista - in fondo ha smesso di credere nei suoi sensi tanto tempo fa, quando pensava di vederlo ovunque, sentirlo ovunque.

Poi però lui lo guarda ed Emìlia gli si avvicina abbastanza da farsi sentire.

«Ha detto che c'è qualcuno qui che lo conosce da tanto tempo...» inizia e si umetta le labbra «Per questo canta una canzone che qui non ha mai suonato, sempre nella sua lingua madre. Ha detto che é per quel qualcuno.» conclude.

Lui singhiozza e per la prima volta, dopo due anni, pronuncia quel nome che ha sempre evitato.

«Fabrizio...»

***

Rancore.

Per un intero anno, il rancore era l'unica cosa che era riuscito a provare verso quell'uomo che lo ha distrutto più della droga.

É colpa sua se il musicista affermato, padre di due meravigliosi bambini, più simili agli angeli che ai mortali, ha lasciato tutto alle spalle, senza salutare nessuno eccetto le sue due perle.

É colpa sua, se si trova lì a Lisbona, a fare il barista di giorno e a cantare la sera per arrotondare.

É colpa sua, se da quel giorno di due anni fa, Fabrizio Moro é morto. É colpa sua, se davanti a quegli stranieri che gli hanno insegnato di nuovo a vivere quando ormai lui ha creduto di essere al capolinea, ci fosse Fabrizio Mobrici, un uomo completamente distrutto. E per fortuna, quell'uomo ha incontrato Emìlia.

Guarda Ermal, ha i capelli più lunghi del solito. I ricci neri sono mosci e gli coprono gli occhi su cui tiene degli occhiali da sole. Non si é accorto di lui quando è entrato, troppo concentrato sulla musica. E poi si è diretto con fretta verso il bancone, senza guardarsi intorno, quindi notarlo è stato troppo difficile, però quando si è voltato... potranno essere passati gli anni e ne potranno passare, ma i suoi occhi sanno e sapranno sempre dove cercarlo.

L'osserva mentre vuota un bicchiere di liquore indefinito e stringe le labbra in una linea. Vorrebbe scendere giù e incazzarsi perché, a giudicare dal suo sguardo sfatto e conoscendo Emìlia sicuro ne ha bevuti fin troppi, ma non fa nulla di tutto questo. Inizia ad arpeggiare l'accordo di Fa, richiamando quelle parole che due anni fa ha giurato di non pronunciare mai più.

«Ah, però, sei strano... ah, però, non sei qui... qui vicino a me.»

Ha cambiato volontariamente il testo e sa che Ermal sa. A tutti gli altri non interessa capire quello che dice, amano la sua voce, la sua musica. A tutti basta che lui canti, il resto non conta. Molti hanno iniziato a tenere il tempo con il piede, a muovere la testa a ritmo.

Lui invece sta fermo al suo posto e lo guarda, lo guarda come se volesse perquisirgli l'anima, ma é convinto che non ci riuscirà. Da quando é partito, Fabrizio si é costruito un muro intorno e nessuno, neanche lui può romperlo. Con il mignolo sfiora la scritta Libero, e sente i brividi salirgli lungo la spina dorsale. Gli mancano, gli mancano ogni singolo giorno. Vorrebbe riabbracciarli, ma sa che non può. E così si limita a crogiolarsi nel loro ricordo.

«Cosa rimane di un grande amore, del tempo che abbiamo passato insieme? Un po' di stupore o ricordo speciale... paure che tu controllare non sai.»

Anche se quel brano non l'ha scritto per lui, le parole lo rispecchiano: Ermal le sue paure non le ha sapute controllare mai. É per questo che, alla fine, é successo tutto.

Ermal ha avuto paura di cose che non avrebbe neanche dovuto considerare, aveva ritrattato per un attimo quello che avevano e poi era tornato... ma quando era tornato era già troppo tardi. Perché se Ermal non sa controllare le sue paure, lui non ha mai saputo scendere a compromessi.

«Ah, questa é un'altra canzone per noi...»

E in realtà, vorrebbe che non lo fosse.

«Ah, però, sei stanco... ah, però, se cadi giù cado insieme a te..

E insieme a lui c'era caduto davvero, quando avevano avuto la loro prima e ultima crisi. Ma alla fine Ermal, il suo sopravvissuto, ha avuto la capacità di rialzarsi, il tour europeo l'ha dimostrato - no, non lo segue, ma era stato impossibile evitare tutte le locandine del concerto di quel giorno. Lui invece é rimasto a terra, caduto per mano sua.

Continua a guardarlo e anche attraverso le lenti scure sa cosa sta pensando, quanto sta soffrendo... perché sta esattamente come sta lui.

«Cosa rimane del nostro amore, di poche promesse di tante parole? I soliti dubbi e un po' di rancore...»

Ha smesso di portargli rancore però, ha smesso un anno fa. Adesso lo prova solo verso se stesso.

Non si perdona i suoi errori, la sua fuga. Non si perdona neanche la sua codardia, che gli impedisce di tornare indietro e fare ammenda dei suoi peccati. Chissà come stanno Giada e i bambini. Spera siano riusciti ad andare avanti, a perdonarlo.

«Speranza che un giorno da me tornerai...»

E quella speranza, forse, lui l'ha sempre avuta. Per questo ha scelto Lisbona, anche se non l'avrebbe detto a nessuno, ecco perché suona lì, nel loro locale. Ma in due anni, niente è cambiato e adesso che se lo trovava davanti... sì, avrebbe preferito che quel momento non fosse arrivato mai.

Chiude la canzone con un leggero "grazie", guardando tutti i volti nel locale. Li conosce quasi tutti, ha conversato con i tre quarti della platea, con metà ha sicuramente condiviso una birra. Ma adesso sembrano distanti, adesso che lui è tornato quei due anni sembrano un sogno. O forse un incubo, non è sicuro di come deve pensarla.

Ripone la chitarra nella sua custodia e rimane fermo lì per qualche minuto. Guarda l'orologio e sa già che manca poco all'orario di chiusura, ma non abbastanza da fare andare via tutti.
Così capisce che sarà costretto a fronteggiarlo, anche se non vorrebbe farlo.

Si costringe a uscire da quelle mura che una volta lo avrebbero fatto sentire in trappola, ma che adesso gli sembrano essere l'unico rifugio sicuro che ormai gli è rimasto, e cerca in tutti modi di evitarlo, ma a quanto pare non aspetta altro che lui.

Ed Emìlia sembra felicissima, quando lo vede uscire, perchè agita la mano e gli dice di avvicinarsi a lei.

Col capo chinato la raggiunge e sa già cosa vuole dire prima di sentirla effettivamente parlare.

«Fabrizio! Questo ragazzo ti conosce!» trilla allegra e lui annuisce, aggiustandosi il ciuffo all'indietro.

«E io conosco lui.» le risponde senza troppi fronzoli prima di puntare gli occhi sull'albanese, che da quando l'ha visto arrivare non ha ancora spiccicato parola. Però, se riesce a trovare il modo di trattenere la voce, non ci riesce con il corpo. In un passo gli si avvicina quasi da far sfiorare i petti e con un dito sfiora le occhiaie pronunciate, guardandolo con tristezza.

«Soffri di nuovo di insonnia...» constata, mordendosi lievemente il labbro.

Lui annuisce, ma si allontana. Quel tocco brucia sulla sua pelle ed è più di quanto lui possa reggere.

Fa male, è da due anni che quella ferita pulsa come carne viva.

Comunque, rimane abbastanza vicino e sta attento a non pronunciare il suo nome, perchè se Emìlia collega lo butterebbe fuori senza ritegno e lui non vuole.

Ermal non si merita anche quello. In fondo, glielo legge in faccia che anche lui sta male e non è per presunzione che afferma di essere la causa del suo dolore, ma consapevolezza.

Fabrizio nella sua vita è sempre stato fondamentalmente egoista, ma non è riuscito mai a esserlo con il suo ex compagno. L'idea che avrebbe sofferto per la sua assenza lo ha sempre ucciso dentro e se ha trovato il coraggio di andarsene era solo perchè sapeva che a vivere vicini lo avrebbe ferito ancora di più.

Gli avrebbe rinfacciato la sua azione a vita e avrebbero continuato a vivere di se, di forse. E quella non era una vita che Ermal si meritava e si merita.

Però a quanto pare, anche sparire non gli ha fatto bene.

È ubriaco fradicio e per questo il romano guarda Emìlia con rimprovero.

«Non dovevi farlo bere così tanto.»

Lei si morde un labbro.

«Mi ha ricordato te due anni fa... Aveva la tua stessa espressione... Sembrava volesse cancellare tutto dalla sua mente...»

Non le chiede cos'ha bevuto, l'ha intuito. Il whiskey, come aveva spiegato a Emìlia, lo bevono solo due tipi di persone. E a Ermal non è mai piaciuto.

Si volta di nuovo verso di lui e intravede i suoi occhi lucidi, forse per l'alcool, forse per il suo rifiuto.

Così, qualcosa dentro di lui cede definitivamente. «Vie' qua.» gli dice in italiano e fa così strano tornare a parlare quella lingua dopo due anni in cui non lo fa. Apre le braccia, per accoglierlo come se quel tempo non fosse mai passato.

Poi la porta del locale si apre, lasciando entrare una donna affannata.

«Dio, Ermal! Ti ho cercato ovun...que. Fabrizio.»

Si irrigidiscono entrambi, lui si ritrae.

In fondo, il tempo è passato davvero. E non si torna indietro.

*******

Nonostante quello che hanno sempre raccontato a Ermal, lei e Giada hanno sempre sperato nel ritorno del moro. Per tutto il primo anno avevano continuato a cercarlo, lei per i sensi di colpa, l'altra donna per i suoi figli. A niente però erano serviti i loro sforzi e quindi non era rimasto che aspettare, invano. Poche settimane prima hanno capito che Fabrizio non sarebbe mai tornato nella loro vita.. E invece eccolo lì, che alterna lo sguardo tra loro due.

I suoi lineamenti si sono induriti all'improvviso, i suoi occhi sono diventati freddi ed evita come può quelli di Ermal, non è pronto a guardarlo.

Adesso che Silvia è davanti a lui capisce che forse tutto quello che ha pensato prima sono soltanto suoi pensieri, seghe mentali, direbbe qualcuno. Forse le occhiaie sono per il tour, forse l'alcol è perchè gli è andato male il concerto, forse ha iniziato a piacergli il whiskey, per questo lo ha bevuto. Del resto, la donna che lui ha professato di amare è al suo fianco e tiene una mano sulla sua schiena.

Forse Ermal è andato avanti. Forse ha capito che la loro davvero non è stata altro che una parentesi, e l'unico a stare male in quella situazione è solo lui.

Anche Emìlia si è resa conto del cambio di espressione, ma solo quando sente Ermal parlare riconosce finalmente chi ha davanti.

«Silvia.»

Ermal non dice nient'altro, si scosta dal suo tocco. Sente lo sguardo del romano bruciare sulla sua pelle e si sente male, perchè sa cosa sta pensando. Sa quello che vorrebbe dire, ma che non si azzarda a pronunciare.

Adesso te la porti pure in tour.

E poi è nato, il bambino?

E lui vorrebbe parlare, vorrebbe giustificarsi, fargli capire che è tutto sbagliato, che sta fraintendendo, che tra lui e Silvia non c'è veramente nulla, ma non può perchè appena apre bocca, la voce di Emìlia lo sovrasta.

«Ah, è il bastardo per cui hai lasciato l'Italia e la sua cagna. Digli di andarsene, altrimenti li caccio io.» sputa fuori e anche se Ermal non capisce il portoghese non gli sfugge il tono schifato con cui la donna ha parlato.

Non ha neanche il tempo di chiedersi se in realtà l'uomo le ha parlato di lui, causandole così del rancore, che il romano si gira incazzato come mai lui l'ha visto.

«Non ti azzardare mai più, Emì, mai più. Ermal così non ce lo chiami neanche se m'ammazza. Se ti sento un'altra volta, giro i tacchi.» le ringhia contro e non si cura di avere davanti una donna o peggio, la donna che lo ha salvato quando è rimasto solo nel mondo.

Ermal non glielo può toccare nessuno. Neanche Emìlia.

Però, lei ha ragione. Non devono stare lì, non è il posto per loro.

«Va' via, Ermal.»

Non c'è cattiveria nella sua voce, non è arrabbiata, solo estremamente fredda e questo è ancora peggio. Mai l'uomo è stato così con lui... mai.

Neanche durante l'ultima volta, quando si sono urlati i peggiori insulti.

«Che ha detto lei?» chiese, ignorando la frase del romano. Ha bisogno di sapere cos'ha scatenato quella reazione, ha bisogno di capire se c'è ancora un piccolo legame tra di loro.

«Ha detto cose che non deve dire.» non dice su cosa, Fabrizio, l'occhiata successiva è abbastanza eloquente «Però su una cosa ha ragione. Andatevene Ermal, non vi voglio vedere.»

L'albanese fa per protestare, ma Emìlia glielo impedisce di nuovo e annuncia a tutti la chiusura del locale, così Fabrizio traduce per loro e gli indica la porta senza neanche degnarlo di attenzione.

«Ti prego Fabrì-»

«Ermal, che cazzo vuoi?» sta iniziando a innervosirsi, non lo capisce. Sono passati due anni e, nel momento stesso in cui è tornato nella sua vita, è tornato con lei. E in fondo lo capisce, lo capisce davvero.

«Fabrì, non è come pensi.» tenta ancora l'albanese e lui non risponde.

«Mi segue come press. Non stiamo insieme, io e lei- Fabrì, ascoltami, ti prego.» lo guarda con gli occhi pieni di lacrime e per la prima volta da quando si sono lasciati, leva gli occhiali da sole senza curarsi delle persone intorno.

La sua anima è di nuovo completamente esposta e Fabrizio è sopraffatto da tutto quello che ci legge dentro.

Ci legge il dolore della lontananza, il sollievo di averlo ritrovato, i sensi di colpa. Ci legge ogni cosa, vede la ferita che gli ha causato, ma soprattutto, quella che gli causerà.

Ignora le sue lacrime che hanno iniziato a uscire e ignora le proprie, ancora costrette nei suoi occhi. Non cederà e non perchè non vuole, ma perchè semplicemente non ha intenzione infierire ancora di più.

Una volta solo, chitarra in mano e spartito davanti, si sarebbe lasciato andare. Ma appunto, dopo .

«Va via.» è l'ultima cosa che gli dice e poi si gira di spalle.

Sente i passi allontanarsi, la voce di Silvia che gli dà dello stronzo e la porta sbattere.

E solo a quel punto si permette di piangere. 


--- Log's Corner,

Quando leggerete queste note, io probabilmente sarò morta o in procinto di.
No dai, ovviamente si scherza, ma so già che la mia amata partner in crime Sunshine reclamerà la mai testa dopo i mesi passati convinta che Fab fosse morto, pora stella.  

E niente, non ho molto da dire, solo che vi ringrazio per le vostre parole e la vostra fiducia che mi fa volare sempre altissimo, vi ringrazio perchè siete le stelle che illuminano il mio cielo. 

Scrivere e condividere con voi, posso giurarlo, è una delle cose più belle della mia vita. 

Come al solito si ringrazia la magnifica itsilariia che nella stesura di questa storia non mi ha lasciata sola un minuto. 

Alla prossima settimana, belle.

Log

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