Our destination

By 10giuly

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La vita di un pallavolista non è mai sedentaria: si viaggia da una parte all'altra dell'Italia, dell'Europa o... More

Introduzione
Prologo
I. Giada
II. Emma
III. Giada
IV. Emma
V. Giada
VI. Emma
VII. Giada
VIII. Emma
IX. Giada
X. Matteo
XI. Giada
Thank you
XII. Emma
XIII. Giada
XIV. Emma
XV. Simone
WATTPAD CONTEST
XVI. Emma e Matteo
Important Information
XVII. Giada
XVIII. Emma
XIX. Giada e Lorenzo
XX. Emma
XXI. Alice e Simone
XXII. Matteo, Emma e Romina
XXIII. Giada
XXIV. Emma
XXVI. Matteo ed Emma
XXVII. Giada
XXVIII. Romina e Matteo
XXIX. Giada e Lorenzo
XXX. Emma
XXXI. Giada
XXXII. Matteo
AVVISO IMPORTANTE

XXV. Simone

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By 10giuly

18 Ottobre 2018

- Che diavolo significa che è finita? Simone, non mi pare sia carnevale e nemmeno il primo aprile. -
Selly continua a fissarmi, immobile, in piedi davanti al divano beige, posto davanti alla televisione, nel soggiorno del mio appartamento.
Si sfrega nervosamente le mani sui jeans strappati, mentre io cerco di articolare una frase diretta, ma non troppo cattiva.
- Sono serio. È cambiato qualcosa tra noi. O, forse, sono semplicemente emerse le inconciliabili differenze di fondo che ci sono sempre state. -
- Ma perché tirarle fuori ora? Non ci sono mai stati problemi, avevamo il nostro equilibrio in tutto. Cosa c'è di diverso? -
Bella domanda. Ha centrato il punto, la bionda trentina. Io non ce l'ho una risposta a questa domanda. Non so cosa è cambiato, ma so che non voglio più essere incastrato in una situazione che mi rende inquieto e infelice.
- Hai ragione. Ma, come puoi notare, hai parlato al passato. Avevamo il nostro equilibrio. Le condizioni sono mutate e, come insegna la chimica, quando ci sono dei cambiamenti, il sistema si muove per minimizzarli. Evidentemente, per noi, la scelta per ridurre gli effetti al minimo è lasciarci. -
Cala il silenzio, inevitabilmente. Continuo a guardare lei, che mi osserva affranta, rassegnata, delusa, mentre scuote la testa. Sa bene che non sono il tipo da cambiare idea.
Infine si lascia andare ad una risata isterica, mentre stringe il pugno più forte che può, fino a che non le si intravede la vena pulsante sul braccio.
- Non venire a citarmi la chimica, ora. E, soprattutto, non parlare al plurale, perché qui stai facendo tutto tu. -
In effetti la citazione pseudo intelligente potevo anche evitarla, però il concetto mi pare chiaro.
- Non ti rendi conto che ultimamente non facciamo che litigare? -
- Tutti discutono. Siamo umani, abbiamo periodi più complicati di altri. Ma non mi pare sia sensato mollare alla prima difficoltà. -
- Questo non è il primo momento delicato della nostra relazione, lo sai benissimo. Io ci ho provato, e non è che non ho voglia di lottare, semplicemente non voglio più soffrire. E non lo desidero nemmeno per te. -
- Ti prego, Simone, non dire che lo fai per me, che questa mi sembra la stronzata più grande di tutte. -

Lo so che in questo momento sembro lo stronzo di turno, probabilmente lo sono anche, ma la verità può far male, è vero, ma sarà sempre meglio di qualsiasi bugia.

- È per entrambi. Dobbiamo comportarci da adulti, quali siamo. Non ha senso stare insieme, se siamo infelici. Perché continuare a mentire anche a noi stessi? -
- Continui a parlare al plurale. Ma in tutto questo la mia volontà? Non conta un cazzo? Che ne sai di come sto io? E se volessi continuare a soffrire, pur di stare con te? -
- Allora saresti una masochista. Forse non vuoi che ci lasciamo, ma non dirmi che tu sei felice, perché i tuoi occhi sono spenti, non brillano più come prima. Continuare questa relazione ci sta distruggendo, non lo capisci? -
- Sì, ho capito. È finita. Io ero disposta a lottare per te, per noi, ma mi sembra evidente che non la pensiamo allo stesso modo. Lasciami solo dire una cosa. Buona fortuna con Giada, o come cavolo si chiama. -
Giada? E adesso che c'entra? Qualcuno lo sa? No, perché non ricordavo che stessimo parlando di lei.
- Che? - domando confuso.
- Vuoi dirmi che non mi stai lasciando per quella nuova? Gli occhi li ho, caro signor pallavolista della Nazionale. -
- Se pensi che sia davvero in grado di lasciarti, per una che manco conosco, beh, allora non hai veramente capito niente di me. -
Come può anche solo immaginare una cosa così squallida? Sarebbe da stronzi, da egoisti senza cuore, un comportamento del genere. Capisco la gelosia e la frustrazione, ma se mi crede capace di una cosa simile, allora qui lo stupido sono io, che mi sono illuso per due anni di avere al mio fianco una persona che, invece, non ha mai imparato a conoscermi.
- Sarà il tempo a dirci se avevo ragione o meno - conclude amareggiata, mentre indossa la sua giacca di pelle nera e prende la borsa, voltandomi rapidamente le spalle.

- Te ne vai? - domando, impulsivamente.
Che domanda del cazzo è? Cosa pensi stia facendo?
- Che sto qui a fare? A dirti che hai ragione e che è meglio così? A lasciare che tu possa vedermi piangere? No, grazie. Me ne vado prima. -
Qualcosa si muove dentro di me, probabilmente l'istinto di fare una cazzata, un'altra, ma il mio cervello non si oppone. La blocco, afferrandole il braccio destro con forza. Lei si volta verso di me, esasperata.
Sì. Ho decisamente fatto una stronzata, ma la cosa non mi stupisce. In campo riesco sempre ad essere freddo e lucido, ma fuori sono l'esatto opposto. Sono la contraddizione fatta a persona. Odio l'incoerenza, eppure, a volte, nemmeno io sono coerente con me stesso. Adoro viaggiare in continuazione, ma vorrei potermi fermare. Vorrei eliminare i miei difetti, anche se so che sono proprio loro a rendermi unico.
- Ti giuro che avrei voluto un finale diverso. Io... -
La bionda scuote la testa, interrompendomi.
- Basta. Hai detto già anche troppo. Se avessi davvero voluto un destino diverso, avresti potuto lottare, ma se è andata così, forse, non ci tenevi abbastanza. Ora dobbiamo fare gli adulti, come hai detto tu, e andare avanti con le nostre vite. Ti auguro il meglio, Simone. -
Si avvicina, a darmi un dolce bacio sulla guancia, come addio. Un piccolo contatto, tenero, come quello di una mamma che accarezza delicatamente la pelle del proprio figlio. Io invece, resto lì impalato, davanti alla porta, incapace di dire nulla, nè di sbattere le palpebre.

Selly ha appena chiuso, sbattendola, la porta del mio appartamento, mentre a stento tratteneva le lacrime.
Mi sento uno schifo. Una merda. Dovrei sentirmi diversamente? Non credo. È colpa mia. L'ho voluto io. L'ho scelto io.
Sento una lacrima rigarmi il volto. Sembrerò una femminuccia, eppure è così. Quando le emozioni si accumulano, il pianto è l'unico mio modo per liberarmene, per dar loro una valvola di sfogo. In campo cerco di mascherare questo lato, concentrandomi su ciò che devo fare e lasciandomi trasportare dall'adrenalina, l'ormone utilizzato dal nostro corpo, nella trasmissione del segnale nervoso nel sistema ortosimpatico. Vedete a cosa serve aver studiato un po' di anatomia? A sembrare più o meno colto, anche in momenti di poca lucidità, come questo.
Le emozioni sono ciò che ci differenzia dai robot. Senza sentimenti, le nostre azioni sarebbero solo tecnica, solo esecuzioni meccaniche, che col tempo divengono automatismi, abitudini. Saremmo solo organismi vuoti, vitrei, privi di anima, dotati di un cervello pensante, ma incapace di capire cosa una certa cosa gli provochi: piacere, rabbia, amore, odio, gioia, tristezza. Nulla. Saremmo macchine esecutrici di gesti che perderebbero qualsiasi utilità. E ditemi: cos'è un uomo senza anima?
Qualcosa mi dice che allenarmi e stare ogni giorno a contatto con Luca, l'opposto della squadra, ha decisamente un cattivo effetto su di me.

Io adoro decidere ascoltando anche il cuore. Anche durante le partite lo faccio. Non sono come Borg, l'ex numero uno del tennis, dominatore della scena tra la fine degli anni Settanta e i primi Ottanta, famoso per essere di ghiaccio, imperturbabile. Assorbiva tutte le emozioni, trasformandole in rabbia che imprimeva nei colpi, senza mai lasciarsi andare alla loro esternazione. Perchè citare un tennista, quando il mondo del volley è pieno di leggende? Perchè il tennis ha fatto parte del mio passato ed è presente ancora oggi. Da bambino vivevo con la racchetta in mano e me la cavavo pure bene, a detta di mio padre, nonchè mio allenatore. La pallavolo è venuta dopo, ma mi ha assorbito completamente. Il mio idolo, però, resta Roger Federer, che guarda caso è il giocatore più forte della storia del tennis.

Io non sono affatto come lo svedese Borg, il che potrebbe essere considerato come un pregio o come un difetto.
Per molti è un simbolo di inesperienza, ma per me è un punto di forza.
Essere il capitano più giovane della storia della Diatec, un veterano della Nazionale già a ventidue anni, un simbolo del movimento della pallavolo, sono per me grandi stimoli e fonti di orgoglio, ma sono anche una responsabilità. Mi caricano di pressione ed è proprio questa che io sfrutto per dare ancora di più.

Sono da poco passate le nove di sera, ma io sono esausto, prosciugato di ogni forza, fisica e mentale. Mi siedo sul bordo del letto con la testa bassa e le mani tra i capelli castani, con la testa che sta scoppiando di pensieri. Non so esattamente a cosa stia pensando, perché ho una tale confusione che la torre di Babele sarebbe più ordinata. So che ho preso la decisione giusta, eppure i sensi di colpa e le paure iniziano già a corrodermi le sinapsi.
Ho paura di tante cose, io. Ho paura del buio, di non saper gestire tutto ciò che mi circonda, di non poter avere il pieno controllo sul mio futuro, di essere infelice, di sentirmi solo e abbandonato a me stesso. Più di tutto, però, ho il terrore che gli altri possano soffrire a causa mia, delle conseguenze delle mie azioni sulle persone che fanno parte del mio quotidiano.
Ma in tutto questo, io sono sicuro di una cosa: ho lasciato Selly perché non la amo, ma non perché mi piace un'altra.
Ora voglio solo avere un po' di tempo per me, per i miei hobby, lo studio, per ritrovare il mio equilibrio. Un po' come fanno gli equilibristi al circo. Devono reagire ai piccoli o grandi cambiamenti che si trovano davanti, per continuare il loro percorso senza crollare. Quando camminano sul filo, circondati solo dal vuoto, sanno che non possono perdere il controllo, che se non trovano la loro stabilità possono cadere, possono perdersi. L'equilibrio è precario, mutevole, dinamico, sta a noi cercare di adeguarci in fretta per restare in bilico.

Grido, con tutte le mie forze, anche se questo probabilmente mi costerà una strigliata dai condomini del piano di sotto che si lamenteranno. Quieto la mia voce, ripristinando un silenzio tombale, nel quale nemmeno il cuore fa più rumore.
È il mio telefono ad interrompere il mutismo presente nella stanza. Quel fastidioso suono preimpostato delle notifiche, che non ho mai voglia nè tempo di modificare. Osservo lo schermo, solo per controllare il mittente e valutare se la risposta è necessaria, o se posso rimandarla a un altro momento.

È Oreste. Ho scordato di dover rimandare l'uscita. Il mio compagno di stanza in tutte le trasferte, nonché giovane schiacciatore dal grande potenziale, aveva organizzato una serata, ma le cose sono degenerate e non l'ho avvisato. « Si può sapere dove siete finiti tu e Selly? Vi stiamo aspettando da oltre quaranta minuti! »
« Scusa, amico, c'è stato un contrattempo e dobbiamo annullare. Scusa se non ti ho avvisato prima. »
« Tranquillo. L'importante è che sia tutto ok. »
Ok. Cosa c'è di ok? Un emerito cazzo. Normalmente non sono poi così scurrile, ma devo sfogarmi.
« A domani, frà. »
Rispondo in modo glaciale, ma spero che domani non faccia troppe domande. Non so se sono pronto a sorbirmi un interrogatorio, quasi peggiore di quello che probabilmente mi farà mia madre, quando lo saprà.

Oreste sa essere un vero curiosone quando vuole. Lui fa tanto il maschione ma, sotto sotto, è peggio di una ragazza. Non sono da meno però molti dei miei compagni di squadra. Vogliono sapere sempre tutto ed io odio non avere la mia privacy. Però è esilarante vedere come, dopo aver saputo il gossip, cerchino di aiutare, dando consigli peggiori di quelli dei baci Perugina. Forse, se ponessi una domanda ed aprissi a caso "Il libro delle risposte", troverei qualcosa di più utile. Però apprezzo il loro tentativo, perchè almeno strappano un sorriso al povero malcapitato, con le loro idee assurde.

In realtà c'è una persona che potrebbe aiutarmi: il mio miglior amico. Lui ha sempre la risposta giusta, come se potesse leggere la mia anima meglio di me, per trovare ciò che, evidentemente, io non voglio accettare. Sfortunatamente, Filippo ora vive a Perugia e non credo possa venire in mio soccorso. L'ex capitano di Trento è oggi parte del roster umbro, che l'anno scorso ha vinto tutto e quest'anno vuole difendere il trono.
Ce la devo fare con le mie forze, ma ne uscirò più forte. Le difficoltà ci fanno crescere, ci aiutano a conoscerci meglio, a trovare in noi risorse che nemmeno sapevamo di avere. Trovare soluzioni ai problemi ci dà la possibilità di evolverci come persone, di smussare qualche angolo della nostra personalità, di migliorarci.

Il mio telefono squilla nuovamente. Sullo schermo compare un nome: Martina.
Che accidenti vuole mia sorella?
- Sorellina, ciao! Come stai? -
- Mi spieghi che ti passa nella testa? - domanda lei a gran voce, assordandomi.
- Di che parli? -
- Sai com'è, Selly mi ha chiamata in lacrime perchè tu l'hai lasciata. - Dovevo aspettarmelo. Sono molto amiche, perciò è normale che sia stata la prima a saperlo.
- Sì. L'ho fatto. Lo sai che le cose ultimamente non andavano più. Non ce la facevo più. -
- Ed è per questo che ti chiamo. Non pensavo foste così in crisi - replica lei, un po' sconcertata. Non si aspettava un tale epilogo, non a questa velocità almeno.
- Le cose sono diventate insopportabili ultimamente. Però, Marti, possiamo non parlarne stasera? Vorrei solo non pensarci per qualche ora. -
- Nel weekend pensavo di venirti a trovare, visto che giocate in casa. -
- Sì, mi sembra un'ottima idea - rispondo in modo un po' apatico. Non che mi dispiaccia vedere mia sorella, solo che in questo momento non ho il morale per dire o fare niente.
- Lo so che per te non è stata facile, ma non voglio sentirti così. -
- È che mi sento uno schifo. -
- Lo so, ma passerà. Ora ti lascio. Riposati, per favore - raccomanda lei, con tono apprensivo, quasi come nostra madre.
- Sì, mamma. -
- Lo dico per te, scemo! -
- TI voglio bene, sorellona. -
- Anche io, Simo. A presto. -

Sono fiero del rapporto che ho con mia sorella. Litighiamo, ci scanniamo, ma poi torniamo sempre ad essere complici, anche un po' telepatici. La pensiamo diversamente su quasi tutto, ma in qualche modo siamo due linee che sanno incrociarsi spesso, nonostante corrano su due binari diversi. Non siamo rette parallele, ma due linee incidenti che spesso si intersecano.
Chiudo la telefonata e spengo il cellulare, avendo cura di impostare che la sveglia di domani suoni anche a dispositivo non attivo. Non voglio più sentire nessuno, per oggi. Basta.

∼∼∼

- Terra chiama Gian - La voce dell'opposto parmigiano mi riporta alla realtà, mentre indosso la maglia per l'allenamento.
- Eh? Sì, dimmi Lu. -
- Dove hai la testa? Continui a fissare il vuoto. -
Sono davvero messo così male? - Io, ehm, niente. Va tutto bene, solo qualche pensiero. -
- Non ci credo neanche un po', ma se non vuoi parlarne non insisto. -
- Grazie, Lu. -
Apprezzo il fatto che rispetti il mio silenzio. Questa è una delle doti che più apprezzo in Luca, la sua riservatezza e il suo estremo rispetto per la privacy altrui.
- Comunque, per qualunque cosa, io ci sono. Tanto ormai faccio già il consigliere amoroso a distanza per Matteo, posso aiutare anche te. -

Sorrido, mentre mi immagino il saggio opposto seduto con in mano con un taccuino per appuntarsi ciò che il suo paziente gli comunica.
- Grazie. -
Finisco di cambiarmi e mi dirigo verso il campo, quando Oreste mi dà una pacca sulla schiena e inizia a parlare.
che non faccia il terzo grado, che non faccia il terzo grado.
- Simo, alla fine perchè ieri non siete venuti? Tutto bene? -
Eccolo che inizia.
- Oh, niente di che, sai. Selly non stava bene. -
- Sicuro? Tutto qui. -
- Sì, cazzo. Perchè sempre con questi interrogatori? -
- Stai calmo, frà! Mi preoccupo solo per te, perchè sono tuo amico. Se ti dò così fastidio non ti chiedo più niente. -
Ho esagerato? Ho esagerato.
- Scusa. Non è colpa tua. Sono solo nervoso. -
- Ok. Però ora siamo in palestra. Via i problemi e concentrati, d'accordo? -
- Lo so. -

- Ragazzi, domenica giochiamo con Sora. Lo sapete, è una squadra che non ha bisogno di alcuna presentazione, già la conosciamo. Dobbiamo scendere in campo cercando di fare il nostro gioco, il nostro ritmo. Sulla carta possiamo anche ritenerci più forti, ma loro daranno il massimo per rubarci qualche punto, noi dobbiamo essere bravi a non pensare a loro, ma solo a noi stessi. Simo, oggi non c'eri con la testa. Se c'è qualche problema lo sai che puoi dirlo. -
Angelo, il nostro allenatore, ha appena terminato il focus sulla prima di campionato e, sfortunatamente, non gli è sfuggita la mia poca concentrazione.
- Tutto bene, Angelo. Davvero. -
- Domenica devi dare il cento percento. Non voglio distrazioni, lo sai. -
- È tutto sotto controllo, non ti devi preoccupare. -
Wow, non me la cavo poi tanto male con le bugie. Ho quasi convinto anche me. Quasi. Non ho il controllo su niente ora. E questo mi fa saltare i nervi e mi spaventa.
- Mi fido di te - conclude il saggio Lorenzetti.
Ecco. Altra carne al fuoco, un altro peso addosso, come se normalmente avessi poche responsabilità.

Reazione. Devo resettare. Un nuovo inizio è quello di cui ho bisogno: aria fresca, cambio di abitudini e abitudini diverse. Sarò un altro Simone.
- Campione. Stasera vieni con noi al Lotus? -
- Sempre a fare festa, eh Uros? -
- Perchè questo è mio principio - replica il serbo, nel suo italiano ancora poco corretto.
- Stasera mi unisco anche io, dai! -
- Liske, hai sentito? Pure capitano fa presenza! -
- Doppio divertimento! -
Liske è il nuovo centrale della squadra, uno dei più forti del mondo ed è serbo, proprio come lo schiacciatore mancino, ed è una vera forza della natura, in campo come fuori.
- Uros, a quando un corso di italiano? -
- Mio italiano è perfetto. -
- Potremmo parlarne a lungo, ma preferisco andare a casa a rilassarmi un po', prima di uscire. Ci becchiamo dopo? -
- Sì! -

Una serata mi farà bene. Resettare i pensieri per qualche ora non può che aiutarmi. Una ventata di aria fresca, di questo parlavo. Non sono un tipo da festa, ma qualche pazzia a volte serve.
Guido fino a casa, mi getto sotto la doccia e mi preparo. Indosso una camicia bianca ed un jeans, pratico, ma anche un po' elegante.
Chiariamoci: non ho intenzione di bere, nè di ubriacarmi, voglio solo lasciarmi andare un po'. Con questo non prendetemi per astemio, solo non mi piace eccedere.

- Uè, capitano! Che eleganza! - Uros sventola la mano per salutarmi e sì, è vestito sempre in modo tamarro.
- Ciao Frà! Liske? -
- È in ritardo, come al solito. Iniziamo ad entrare, poi lui ci raggiunge. -
- Ok. -
Ci facciamo strada tra la moltitudine di persone presenti nel locale, tutti ragazzi giovani, universitari, credo. La musica a palla impedisce di parlare in modo comprensibile e le luci basse impediscono di vedere in modo chiaro ciò che abbiamo intorno.
- Dai, una birra, solo una. -
Cerco di sottrarmi, ma il mancino mi trascina al bancone del bar, per prendere una bottiglia di doppio malto ambrata, la mia preferita.
- Tu che ti dai all'alcol? Devi avere avuto una giornata pesante, eh?!-
Mi volto alla mia sinistra, per capire chi abbia parlato, quando incrocio lo sguardo della mia interlocutrice: Giada.

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A tu per tu

Sessione finita, finalmente si torna alla civiltà!

Come promesso sto recuperando le storie che avevo lasciato indietro e provvederò quanto prima a portare avanti anche gli scambi di lettura!

Ho modificato la trama (o descrizione) di Our destination, sistemando un po' di errori quà e là presenti nella versione precedente.

Ora, veniamo al capitolo... Simone ha lasciato Selly! Vi aspettavate questo evento? Ma soprattutto, ora cosa succederà?

Scrivetemi le vostre impressioni e i vostri commenti!

Nel frattempo vi comunico anche, per chi non avesse ricevuto la notifica, che ho aperto un profilo instagram in cui vi tengo aggiornati sulla mia attività su wattpad e dove possiamo parlare di libri, film, pallavolo e quant'altro. Se siete interessati a seguirmi, sono @10giuly_wattpad!

Ma... parlando di pallavolo, pronti per stasera?

All'Italia serve giocare una partita perfetta, contro i campioni in carica della Polonia, per assicurarsi un posto in semifinale! Io sono pronta a tifare con tutto il cuore e voi? Intanto Brasile e USA sono già certe di essere tra le prime quattro classificate e io ho il cuore che batte già all'impazzata per domenica.

Domenica ci sono le finali di questo mondiale ed io sarò a Torino, per godermi uno spettacolo unico. Inoltre realizzerò il sogno di vedere il mio giocatore preferito dal vivo, perciò capite la mia gioia infinita. Qualcuno di voi sarà a Torino? Potrebbe essere una bella occasione per vedersi!

Lo so, parlo sempre troppo. La smetto.

Ci vediamo al prossimo aggiornamento!

Giulia

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