Hunger Games AU || (Salvimaio)

By salvimaio

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Sessantacinquesimi Hunger Games. I tributi di ciascun distretto sono importanti figure politiche italiane e... More

Bloodbath
Strangers
Win or Survive
Gays' fault
Betrayal
Your promise
When angels deserve to die
Wear a necklace of rope - Finale

Old friends never die

933 81 32
By salvimaio

Terzo giorno.

Al sorgere del sole Salvini riaprì gli occhi, ritrovandosi la testa di Di Maio posata sulla sua spalla, il giovane ragazzo ancora immerso in un sonno ristoratore. Non si mosse, leggermente imbarazzato da quella vicinanza ma d’altra parte incuriosito da essa. Osservò le ferite che si iniziavano a cicatrizzare sul volto, il sangue rosso scuro. E’ davvero un peccato si disse, pensando a quanto era giovane quella pelle tagliata dalla pioggia.
Rimase fermo, nel silenzio dei loro respiri.
Era tutta lì la normalità che avrebbe vissuto in quei giorni, non aveva fretta di allontanarsene.
“D-di…” Luigi mormorò qualche parola nel sonno, iniziando a contorcersi leggermente e a spingere con la mano sul caldo petto di Matteo. “D-di Battis…”
Di Battista. Era tutta la notte che ripeteva quel nome, e non lo faceva con tristezza, come si potrebbe immaginare, bensì con una certa serenità dipinta sul volto. Forse nei suoi sogni era ancora vivo.

Iniziò ad alzarsi il vento, e il leghista diede allora una leggera scossa al compagno per svegliarlo. Dopo qualche minuto si misero in marcia, non con poca difficoltà e lentezza. Dove stessero andando era difficile dirlo, ma rimanere a lungo su quella scena del crimine non era una buona idea.
Mentre camminavano Giggi si accorse che Salvini giocherellava con una qualche piccola spilla verde, e ne rimase sorpreso. Non si potevano portare oggetti dall’esterno. “Cos’è?”
“Mh? Ah, questo? Me l’ha dato una signora anziana del mio distretto. E’ un portafortuna, dice. Io lo porto come simbolo della mia promessa”
“Quale sarebbe?” Il parlare gli tirava la pelle attorno alle ferite, provocandogli un notevole dolore. Aveva continuamente il viso contratto in una smorfia, tuttavia neanche questo era riuscito a portargli via il suo solito sorriso.
“Ridare l’Italia agli italiani”
Giggi non investigò oltre. Iniziare una lite in quel momento non sarebbe giovato a nessuno dei due. Erano una squadra ora, e doveva abituarsi a lasciargli dire certe cose.

All’improvviso si ritrovarono davanti ad un uomo, che fino a poco prima si stava nascondendo dietro ad un cespuglio. Due castani ciuffi di capelli gli pendevano sulla fronte, aveva delle sottilissime labbra appena socchiuse e il colore del suo viso si faceva ogni secondo più pallido. “Vi prego non- non mi attaccate-“
“Conte?”
“Giggi?!”
I due si strinsero immediatamente in un abbraccio, mentre il padano li guardava confuso.
“Pensavo fossi morto! Dov’è la Raggi? Perché non è con te?”
Il volto dell’amico si incupì, ed abbassò lo sguardo. “E’ caduta dentro una buca” Sembrò ricordarsi solo allora della presenza del terzo uomo, lì accanto a loro. Con una completa innocenza e con anche una velata timidezza gli porse la mano. “Sono Peppe Conte, del distretto due”
Tuttavia Salvini si rifiutò di muovere il braccio per dargli la stretta, facendo finta di niente. “Salvini” Disse sbrigativamente, e successivamente riprese a camminare e a cercare della frutta commestibile. I due lo seguirono, mettendosi al pari sulle terribili esperienze che avevano dovuto affrontare in quei pochi giorni.

Fu così che Giggi apprese che la sorte era stata nemica anche degli altri tributi. Conte, dopo aver perso la Raggi, si era alleato con Mattarella e con un certo Savona, che era stato poi esiliato dal gruppo dal primo, per via di una serie di divergenze di idee. In ogni caso, alla fine Mattarella era stato ferito mortalmente dalla pioggia.
“Poi sono entrato in un altro gruppo, è da lì che sono scappato oggi” Continuò a raccontare, mentre masticava qualche bacca. “Li chiamano La Casta. Sono forti, anche se vecchi. Ne hanno fatti fuori un paio, stamattina. Almeno la metà di quelli che vedremo nel cielo stanotte. Fico ha provato a fermarli, ma è stato inutile. Fino all’ultimo ha tenuto il pugno chiuso in alto. E’ morto con discreto onore...”
Giggi ascoltava in silenzio, mangiando dolorante qualsiasi cosa Salvini gli passasse. Non riuscì a dire a Conte ciò che era successo con Grillo. Non poteva. Se gli avesse chiesto il perché, non sarebbe riuscito a mentire anche a lui, che era suo amico. Non era stato per sopravvivenza, o per vincere, come diceva il leghista. Era stato per vendetta, per pura rabbia. Si era sempre sentito tradito e ferito dal modo in cui lui preferiva Di Battista. Ciò che aveva fatto… non poteva perdonarselo. Era stata l’aria malsana di quel gioco, di quell’arena!, si ripeteva, ad averlo reso poco honesto. Lui non era così.

Presto sarebbe arrivata la fine.

Quella notte il cielo tuonò sei volte.

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