𝕿𝖗𝖚𝖊 𝕮𝖔𝖑𝖔𝖗𝖘|| P.D

By thanatosi

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You were red and you liked me because I was blue. But you touched me and suddenly I was lilac sky. Then you d... More

Prologo
01| Decisioni stupide
02| Niente cazzate
03| Me la fai la Dybala Mask?
04| Non mi sembra una buona idea
05| Pareggio
06| Festeggiato
07| Apnea
08| Mierda
09| Tutta colpa della neve
10| I pazzi vanno assecondati
11| Un posto migliore
12| 2-1
13| Per te
14| Ma non potevi innamorarti di una persona normale?
15| Esprimi un desiderio
16| Cose buone
17| Com'era Madrid?
18| Quello di cui hai bisogno
19| Puoi dirmelo?
20| Non è mai una buona idea
21| Voglio solo che tu sia sempre felice
22| Non con lei
23| 10
24| 00:00
25 | Va tutto bene, te lo giuro
26| Lunedì (bianco)nero
27 | Tsunami
28 | Fino alla fine
29 | L'unica cosa che conta
30 | Amorfoda
31| Bianco
Epilogo
𝕽𝖎𝖓𝖌𝖗𝖆𝖟𝖎𝖆𝖒𝖊𝖓𝖙𝖎 𝖊 𝕹𝖔𝖙𝖊

32| Nero

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By thanatosi

(Nemmeno è tutto nero.)

_________________

Respirò affannosamente e poi, sempre più piano, cercando di regolarizzare il respiro.

Nonostante fosse difficile mantenere la calma, ci riuscì, anche solo in parte.

Se puoi perdonami.

Dio, quello sì che era un fottuto cliché.
Si era innamorata di quegli occhi che ora nemmeno la guardavano e ora lui, se ne usciva con una frase patetica piena di scuse e di vorrei ma non posso.

Pensò che sì, era sicuramente colpa sua. Ma, infondo, meritava qualcosa in più e non un finale del genere.

Paulo lasciò andare la collana e alzò lo sguardo, più consapevole e scuro di quello che Idie ricordava che fosse.

«Non dire che ti dispiace- mormorò -è inutile, non mi serve a niente»

«Serve a me»

Ribattere in modo duro era l'unica cosa che riusciva a fare in quell'istante. Non c'era più il tono ironico che aveva spesso o quello canzonatorio.
C'era un Paulo diverso, più consapevole, più grande. Niente a che fare con il ragazzino di Laguna Larga che si divertiva con niente.

«Per fingere di avere la coscienza pulita?»

Il ragazzo scosse il capo e qualche ciuffo di capelli sfuggì incontrollato dalla sciarpa con cui aveva avvolto il capo.

Non sapeva cosa dire. La realtà esatta era che si cagava addosso. Qualsiasi parola o suono sarebbe stato sbagliato, inopportuno, triste.

Eppure, non riusciva a voltare la schiena e andare via. Correre da quel posto che puzzava di pulito e dire addio.

Era la fine, quella e lui se l'era già immaginata. Non così, certo, non in un ospedale, non il giorno della consegna dello Scudetto. Ma l'aveva immaginata.

Tra un bacio e l'altro, la notte dopo Real-Juve e dopo la sconfitta contro il Napoli, l'aveva vista. La fine del tunnel, ma senza luce, solo con ombre e pochi colori.

Dentro di se, sapeva che ci sarebbe stata la fine. Dal primo bacio sulla terrazza di Federico, all'ultimo in ascensore.

«Non sono bravo con gli addii» sussurro poi.

Con suo padre non ne aveva avuto la possibilità, con Idie, la parte malata di lui non voleva pronunciare quella minuscola parola.

«E allora non dirmi addio. Solo perché mio padre vuole questo non significa che..»

«Lo voglio io- disse lentamente, cercando di scandire le parole come per spiegare ad una bambina testarda un concetto troppo difficile per la sua età- tuo padre non c'entra. È una mia decisione»

«No invece!- esclamò lei, alzando la voce e sapeva che c'era qualcuno al di là della porta che poteva ascoltare tutto -possiamo ancora..»

Fu il sorriso di Paulo a fermare il flusso di parole che uscivano dalla sua bocca. Era un sorriso tenue, che nascondeva bene quello che sentiva dentro al petto.

«È più facile credere che sia tuo padre l'artefice di tutto questo? Ti fa stare meglio questa versione della storia?»

Gli venne anche da ridere mentre pronunciava quelle parole.

Non era mai stato così tanto convincente in vita sua. Dire bugie gli era sempre venuto bene, fin da bambino con sua madre e i suoi fratelli. Anche con Mariano, che con i suoi occhi chiari lo guardava fino a farlo sentire nudo.

Con Antonella gli bastava raccontare qualche palla ed arricchirla con particolari sempre più verosimili. "Esco con Gonzalo", "Torno tardi, non aspettarmi", "Non la conosco", "Non è come credi".

Con Idie, la questione era ben diversa.
Dovevi essere bravo -il più bravo-, quasi da Oscar per riuscire a raggirarla.

«Niente mi fa stare meglio ora,- la voce era un soffio gelido e Paulo strinse i pugni per non avvicinarsi e sfiorarle la guancia -e so che è stato lui a volere questo. È da tutta la vita che decide per me, so che è bravo a convincere le persone ma tu..»

«Credi davvero che io faccia quello che mi impone tuo padre? Non sono io il bambino qui»

Fu Idie a sorridere quindi, con i denti candidi e l'espressione furba nonostante gli occhi rossi «Credi davvero che basti trattarmi male, darmi della bambina per spingermi via?»

Quando capì che Paulo aveva intenzione di restare in silenzio, con le braccia incrociate al petto e l'espressione seria, continuò.

«Siamo stati insieme, non è una cosa che si cancella, lo sai? Io ho ancora te, proprio come tu hai me- disse con una forza che non sapeva nemmeno di avere, con un tono di voce che riuscì a provocargli la pelle d'oca e Paulo ebbe la voglia di percorrere la distanza che li separava solo per ricordarsi com'era stare con lei e sentire che, nonostante tutto, era ancora sua -hai fatto casini su casini ed anche io. Siamo un casino. Ma ho sopportato tutto, perché volevo te. E chissene fotte degli altri, noi due siamo stati insieme e possiamo ancora stare insieme. Quant'è lontana Parigi?»

La domanda era retorica.

Nessun posto è abbastanza lontano se se sei disposto a percorrerlo.

«Ci credi davvero?- domandò con aria altezzosa -Alle cazzate che dici, ci credi davvero? Credi che ti abbia potuta amare? Anche solo volere?»

Era stato preso alla sprovvista, in contropiede e senza armi a disposizione.

Sapeva che sarebbe stata difficile, ma non così.

Idie era convinta, innamorata di quella prospettiva di poter continuare nonostante tutti i nonostante.

E pronunciare quelle parole, faceva più male a lui che a lei.
Perché era bravo con le bugie, ma gli bruciavano la gola e la bocca quando le diceva, come una punizione divina.

«Non ti ho mai voluta, non realmente. Era sesso. Solo quello»

Lo sguardo della ragazza prese a vacillare. Ma scosse il capo: no, non era vero.

Erano parole buttate a caso, mirate e misurate per allontanarsi.

Ma non ci sarebbe riuscito.

«Idie,- sospirò -io e te non saremo mai come tutti gli altri. Io non sono un ragazzo normale e non sto cercando questo adesso. Credi davvero che potremo continuare così? Non siamo mai stati insieme. Fingevamo e basta e ora ammetterlo fa star male, ma domani ti sentirai meglio»

E faceva stare male, malissimo.
Un taglio netto che percorreva il petto e bruciava come se ci avessero buttato del sale e del limone sopra.
E il sangue non si fermava.

Gli occhi di Paulo erano seri, ma anche sinceri. Come poteva non crederci?

Tentò di nascondere le lacrime e la delusione e si chiese se fosse giusto soffrire.

Poi passa, è solo un attimo.

Aprì la bocca per parlare e si fermò capendo di non essere in grado di dire nulla.

Cosa avrebbe dovuto dire?

Resti il mio desiderio di mezzanotte? Delle 11:11 e delle 22:22 e anche di tutte le altre ore?
Ti amo, aspettiamoci?

Il filo che tieni al polso io ce l'ho al collo e se ci allontaniamo penso che mi strozzerà.

«Prometti» mormorò con voce flebile.

La voce le uscì a stento «Cosa?»

«Che la smetterai di farti male, che non mi penserai e non mi cercherai. Che le cose con tuo padre andranno meglio, che ti dimenticherai di questo»

Voleva riempirlo di insulti, di schiaffi, tirargli addosso qualcosa di pensante. Ricambiare tutto quel dolore e fargli provare anche solo la metà di quella sofferenza.

«Prometti»

Se la sarebbe ricordata per sempre quella faccia e quegli occhi.

«Prometto»


Il silenzio non fu riempito da nulla, nemmeno un sospiro o una parola buttata lì a caso.

Solo loro.

Idie e Paulo, Paulo e Idie.
Tutto e niente e una fine già scritta con l'inchiostro indelebile.

La guardò e cercò di imprimersi nella mente e, soprattutto, nel cuore il suo volto, la curva del naso, la bocca, i capelli e gli occhi orientali.

«Paulo Dybala- mormorò- non ho mai odiato nessuno come te»

«Non odierò mai nessuno come te»
terminò.

Si sentì patetica, una stupida ragazzina che si era innamorata e si era lasciata fregare da tutto e tutti. Avevano vinto gli altri. Suo padre, il suo cognome, la società. Aveva vinto la Juve. Aveva vinto anche Paulo che era abituato a vincere.
L'unica vera perdente era lei, che aveva rischiato tutto e ora si ritrovava con le ossa rotte.

«Devo andare»

Era tutto nero intorno.












Penso che non potesse andare in un altro modo.
Ho scritto questo capitolo con un caldo addosso irreale per la fine di maggio e la voglia di non volerlo finire mai.
Invece sto qua, e dico solo che il prossimo, è l'Epilogo.

Grazie a tutte.
Dal profondo del mio cuore.
-Soliloquia

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