28 | Fino alla fine

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Siamo due sassi lanciati e tornati diamanti, due cuori spezzati coi lati combacianti.

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Paulo posò il joystick alla sua sinistra, Beltran gli diede una spallata amichevole ma che comunque riuscì a smuoverlo un po'.

«Sei proprio scarso»

Il tono del suo migliore amico era chiaramente ironico ma neppure il sorriso divertito che gli rivolse fu abbastanza per togliergli dal volto quell'espressione contrariata che lo stava accompagnato da più di una settimana.

La vittoria contro l'Inter, all'ultimo respiro -come era stata definita da qualche giornalista- l'aveva leggermente rasserenato, e la battuta d'arresto del Napoli contro la Fiorentina lasciava ben sperare per la vittoria dello scudetto.

Ma tutto questo non gli bastava.

Non bastavano gli allenamenti, sempre più stancanti o i giri di campo. Non bastava nemmeno l'incontro con Sampaoli per la convocazione al Mondiale.

Non bastava la presenza di sua madre e la vicinanza dei suoi migliori amici.

Gonzalo l'aveva chiamata apatia, lui non sapeva cosa fosse in realtà e non provava a capirlo.

Sapeva solo che il suo pensiero ritornava sempre sulle stesse cose e inevitabilmente anche la sua mano tornava ad accarezzarsi il laccio al polso.

«Dai- rise ancora l'amico al suo fianco -cinque a zero, ti ho proprio stracciato»

La risata di Beltran fu interrotta da un rumore all'ingresso: la porta si aprì e si richiuse velocemente.

I due ragazzi sul divano si guardarono perplessi.

«Si, te lo chiamo» sentirono mormorare con un tono sorpreso.

Paulo si alzò di scatto ancor prima che l'amico potesse chiamarlo a gran voce.

Nel salotto comparve la figura di Nahuel con il volto completamente nel panico.

Dietro di lui, Idie teneva le braccia sotto al seno e la sua espressione era molto più distesa, quasi rilassata.

Riuscì guardarla negli occhi solo per un breve istante.

Poco dopo, distolse lo sguardo e fece un cenno veloce col capo a Nahuel.

Il ragazzo capì immediatamente, «Andiamo Beltran» disse prendendolo per un braccio e lo trascino via.

Solo quando sentì la porta chiudersi, Paulo si accomodò nuovamente sul divano.

Lei restò in piedi, con i denti che torturavano l'interno guancia «Non merito nemmeno un addio decente?» soffiò acida.

Non avrebbe voluto dire quella frase per prima. Ci sarebbero state altre mille combinazioni di frasi o domande da dire: avrebbe voluto sapere come stava. Vedeva le occhiaie sul suo volto e sapeva che neanche in campo le cose stavano andando bene.

Ma non c'era tempo, o spazio sufficiente per i convenevoli.

Si era sentita ignorata abbastanza. Quel silenzio, la sua lontananza -solo fisica-avevano fatto male più di qualsiasi qualsiasi lite avuta con suo padre.

«Che ci fai qui?» domandò e si sentì anche stupido a porle una domanda del genere, in più aveva utilizzato un tono così freddo, come se in realtà la risposta non gli interessasse affatto.

𝕿𝖗𝖚𝖊 𝕮𝖔𝖑𝖔𝖗𝖘|| P.DWhere stories live. Discover now