THE LEGACY OF THE NEMETON ||...

By Eilanor_Bookeater

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«Come puoi crederle?! Non puoi fidarti di nessuno Stiles, specialmente di una strega! Guarda che è successo a... More

The Boy Awakens
The Werewolf Barber of Beacon Hills
What Nightmares May Come
Into the Butchery
Save Human Stiles
Say Everything
The Boy who knows too much
It's not always sunny in Beacon Hills
Breakfast at Stilinski's
Chupito behind the door
Fathers and Daughters
Walk with me
Not so Quiet on the Western Front
The truth on his tongue
Eat, Talk, Help
Crouching wolf, hidden human
How to train your werewolf
Where wolves dare
Beacon Hills by the sea
If on a windy night a person
The howl of the wind
Looking for Stiles
Three people you meet in Hell
Red is a cold color
Tough is the night
The relief in our tears
Out of the grief
Long walk of fear
Where the scary things are
A wrinkle in mind
To kill a werewolf
The house of secrets
Californian wood
The flowers of hope
A farewell to grudges
As I lay dreaming
Something wicked this way come

Long for me tonight

942 67 27
By Eilanor_Bookeater




  Il resto del pomeriggio era passato in tranquillità e alla fine anche Stiles e Lydia si erano buttati in acqua; l'unica a restare sulla riva era stata Cora, a cui Derek aveva fatto compagnia sonnecchiando al suo fianco. Ad un certo punto Malia si era trasformata in coyote sotto gli occhi sorpresi di Jackson e dopo essersi liberata di ciò che restava dei suoi vestiti aveva deciso di dare il tormento al lupo per costringerlo a giocare con lei. Quello non sembrava intenzionato a cedere, ma nemmeno lei voleva arrendersi.
Alla fine, con uno scatto improvviso, Derek era saltato su di lei atterrandola e sdraiandolesi sopra; per quando Malia si divincolasse non riusciva a liberarsi. Stiles osservò la scena dall'acqua, coperto di pelle d'oca e avrebbe giurato che sul muso del lupo c'era un'espressione divertita.

Avevano preso il bus delle sette, già da un ora faceva troppo freddo per stare ancora in spiaggia, soprattutto per gli umani. Nè lui nè Lydia si erano scottati nonostante la loro pelle pallida, ma erano stati attenti a mettersi la crema varie volte nel pomeriggio; Scott però gridava al miracolo e questo perché una volta, a quattordici anni, il suo amico si era scottato.
Quella volta, avevano passato il pomeriggio ad esercitarsi a lacrosse e si erano tolti le magliette visto che era luglio e faceva così caldo che ti ritrovavi sudato cinque minuti dopo aver fatto la doccia. Scott era tornato a casa che sembrava di un'altra etnia, lui sembrava un pomodoro.
Il bruno non mancava di ricordarglielo ogni volta che arrivava giugno, così come gli ricordava di mettersi la crema solare o di non uscire a mezzogiorno. Stiles aveva sempre ascoltato e annuito, sbuffando, ma non se ne era mai lamentato davvero: Scott si preoccupava per lui, esattamente come l'umano si preoccupava del mannaro. Quando aveva scoperto un flacone di crema solare ad alta protezione nello zaino del suo amico non aveva detto nulla, né si era offeso. Lui aveva un inalatore nel suo, perfino ora che non aveva più attacchi d'asma.

Il viaggio di rientro andò decisamente meglio di quello dell'andata e il fatto che l'autobus fosse semivuoto influì molto. Riuscirono a sistemarsi tutti sul fondo del mezzo, vicini tra loro.
Stiles si era sistemato sull'ultimo dei cinque sedili, vicino al finestrino, a cui si appoggiò con la schiena; subito Derek saltò sul sedile accanto al suo e Cora sedette sul terzo. Accanto a lei si sedette Malia, e più in là Lydia, esausta quanto lui, che si appoggiò al finestrino e chiuse gli occhi. Isaac si arroccò su una ruota, con un libro in mano, mentre Scott e Jackson occuparono due posti a testa e stesero le gambe sui sedili, sui due lati del bus.
Il mezzo si mosse e per un istante Derek traballò; decise quasi subito che la cosa migliore fosse sdraiarsi così poggiò il muso su una gamba di Stiles, ritrovandocisi in mezzo (l'altra era piegata e aveva il piede sul sedile), mentre le zampe posteriori e la coda finirono su quelle di Cora, che prese a grattargli distrattamente il fianco.
Il castano osservò la scena sorpreso, poi alzò gli occhi incrociando quelli di Jackson che gli rivolse un sorriso timido a cui lui rispose.

«Ehi... bell'idea questo torneo» si complimentò Scott con uno dei suoi soliti sorrisi e un pugno leggero sulla spalla.

Stiles non poteva sentirsi più orgoglioso.





Giorno 3 dalla partenza di Talullah; ore 19.43



Arrivarono al motel giusto in tempo per la cena. Prima ancora di arrivare alla sala vennero intercettati da Liam che li aspettava sulla porta con una faccia stravolta.

«É una bestia» esordì vedendoli arrivare.

«Stiamo parlando di un mannaro o del coach?» chiese Stiles senza fare una piega; ricordava perfettamente quanto fossero pesanti i suoi allenamenti pre-partita.

«Come crede che potremo battere la squadra di domani se siamo già esausti?!» esclamò esasperato.

«Quanto male sono messi?» chiese Jackson; l'istinto da capitano si faceva sentire.

«Sono accasciati sulle sedie e sembra non abbiamo nemmeno la forza di alzare una forchetta»

«Non preoccuparti, sistemeremo questa cosa. Vedrai che appena servono la cena si rianimano» lo rassicurò il biondo annusando l'aria mentre si dirigevano alla sala da pranzo.

Liam non sembrava convinto ma seguì il gruppetto, che venne accolto dal coach in modo molto caloroso.

«Dove diavolo siete stati?! Cos'è quell'abbronzatura? E tutto il sale che avete addosso?!»

«In spiaggia, ma avremmo fatto meglio a restare qui e ad impedirle di demolire la squadra» gli rispose Scott sbirciando da sopra la spalla dell'uomo e guardando le scena che si presentava ai loro occhi; era esattamente come l'aveva descritta Liam. Non c'era un slo componente della squadra in piedi, perfino le riserve erano esauste.

«Stai criticando il mio operato McCall?!» sibilò l'uomo accigliato.

«Stiamo constatando i fatti» borbottò Stiles passandosi la mano tra i capelli; ci sarebbe voluto un miracolo per farli riprendere.

Il coach aveva già aperto bocca per ribattere, ma furono salvati dall'arrivo dei piatti. Subito l'aria si riempì di un profumo che fece venire a tutti l'acquolina in bocca: era salato e dolce insieme, facendo immaginare loro un sugo saporito ma non pesante e qualcosa di morbido sotto i denti. Tutti quanti corsero ad assicurarsi un posto a tavola, rianimati come aveva previsto Jackson.
Il branco si sedette col prof, senza badare a chi avevano accanto, interessati solo ai camerieri che si muovevano per la sala. Le prime a vedere di che si trattasse furono Cora e Malia nel loro tavolo, ma la loro reazione al piatto fu opposta.

«Carne!»
«Carne...»

Davanti a loro venne posato un vassoio di roast beef un po' troppo cotto e patate dall'aspetto surgelato annegate nel sugo della carne. La coyote si servì e prese a mangiare di gusto, mentre la sorella di Derek crollò le spalle e si abbandonò contro lo schienale.
Stavano ancora finendo la carne quando i mannari sentirono il profumo di pizza. Tutte le loro teste si voltarono verso la cucina con un sorriso felice, soprattutto Cora che ancora sperava di non dover uscire dopo per mangiare.

«Sei sicura di non ver mangiare almeno le patate?» chiese di punto in bianco Jackson, rivolgendosi alla castana.

Era seduto alla sua destra e aveva il cucchiaio del vassoio pieno con le ultime che restavano. Lei scosse la testa e Jackson provò ad insistere ancora un po', ma alla fine fece spallucce e le mise nel proprio piatto.
Stiles e Lydia si scambiarono un occhiata senza nemmeno sapere cosa pensare: erano entrambi coscienti che il ragazzo si stava sforzando da tutto il giorno di farsi accettare e in minima parte perdonare, ma nulla sembrava andare a buon fine e a loro dispiaceva.

Arrivò la pizza, palesemente surgelata, e guarnita con salame piccante. A quella vista Cora crollò le spalle sconfortata lasciandosi scappare uno sbuffo esasperato.

«Se mangio il salame?» propose di nuovo il biondo, cercando di aiutarla.

«Il sapore resta» rispose lei con una smorfia rivolta al cibo.

Jackson fece anche lui una smorfia a quell' affermazione e si servì di una fetta mentre la ragazza restava a contemplare mesta quella cena che non riusciva a mangiare. Isaac intanto si era alzato da tavola senza che nessuno gli prestasse particolare attenzione.

Stiles era impegnato ad osservare i due con la testa poggiata sulla mano e l'altro braccio abbandonato sulla gamba, stringendo una fetta di pizza nella destra. Si stava chiedendo come poterli aiutare ma si riscosse quando sentì un respiro caldo contro il ginocchio.
Svelto abbassò gli occhi, scoprendo il muso di Derek fin troppo vicino alla sua fetta.
Era già pronto a mangiarla, con gli occhi luminosi e forse un po' di bava agli angoli della bocca.

«No» sussurrò secco, ma non si mosse, come se fosse raggelato.

Derek chiuse la bocca. Gli occhi suoi e del lupo s'incrociarono. Il mannaro si leccò il muso con uno sguardo di sfida.

«No» ripeté il castano.

Il mannaro non disse nulla, nemmeno un uggiolio, ma avvicinò ancora un po' più il muso.

«Noooo~» cominciò a sussurrare e già stava per alzare la mano ma il mannaro fu più svelto: leccò la pizza dalla punta alla crosta senza staccare gli occhi dai suoi.

Stiles non poté fare altro che osservarlo con gli occhi sgranati.

«Bestia infame...» borbottò tra i denti, ma sentiva gli angoli della bocca arricciarsi per sorridere; era innegabile che la scena a cui aveva preso parte era tra le più comiche capitate negli ultimi giorni per quanto lui e il mannaro fossero gli unici ad averla vista.

Per qualche secondo valutò se mangiarla lo stesso solo per fare dispetto a Derek, ma decise di lasciargliela in virtù della sfrontatezza che aveva avuto.
In ogni caso poteva mangiare la fetta di Cora.
Il lupo aveva appena azzannato la pizza, quando lui alzò gli occhi solo per vedere il suo migliore amico prendere l'ultima fetta dal piatto e morderla.

«Scott!»

La sua voce suonò così tradita che il bruno si dispiacque di avergliela soffiata sotto il naso, ma ormai l'aveva reclamata come sua. Stiles sospirò abbandonandosi contro lo schienale, in preda allo sconforto: poche cose erano più orribili di non riuscire a mangiare una fetta di pizza.
Isaac intanto era tornato a sedersi con un'espressione soddisfatta. Il castano si chiese distrattamente a cosa fosse dovuto, anche se aveva un sospetto ben preciso, e tornò ad ascoltare in modo altrettanto distratto le narrazioni del coach su vecchie squadre e sport che erano in voga a scuola quando lui era studente.

L'uomo stava giusto parlando della squadre femminile di pallavolo che era famosa per avere la ragazza col culo più bello della scuola, mettendoli tutti a disagio, quando davanti a loro venne posata sul tavolo una nuova pizza. Tutti si sporsero per prendere una fetta, ma furono bloccati dall'odore: metà pizza era condita con verdure.
Stiles guardò commosso quella visione perché già disperava di poterne mangiare, ma Cora si voltò verso Isaac più che sorpresa. Il castano li ignorò e si servì, ma la ragazza mise una mano sulla spalla del biondo costringendolo a voltarsi verso di lei.

«L'hai chiesta tu?» gli chiese incredula e il biondo annuì con un solo cenno del capo; svelto poi tornò ad allungarsi per servirsi una porzione di quella classica.

«Bravo ragazzo» masticò Stiles insieme al morso che aveva staccato dalla fetta «Andare in Francia ti ha fatto bene, non sei più un appendi-sciarpe e basta».

"E io ho completamente sbagliato la mia ipotesi" pensò ando un nuovo morso.

Il biondo sbuffò ma non rispose: preferì invece sbirciare Cora felice, che dava un morso alla sua pizza, e giochicchiare con l'orlo dello scolo della sua maglietta; probabilmente sentiva la mancanza della sciarpa abbandonata in camera.



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Giorno 3 dalla partenza di Talullah; ore 01.37



Le scale per il tetto erano buie e ripide, ma grazie ai suoi sensi di mannaro non era un problema. Sentiva odori mai sentiti prima e suoni prima inudibili, vedeva particolari prima ignorati e aveva riflessi fulminei. Credeva di aver sviluppato poi un istinto più forte di quello che aveva in precedenza, ma questo non sapeva se attribuirlo all'essere cresciuto o alla sua trasformazione. Riprese a salire l'ultima rampa di scale, facendo ancora più attenzione: voleva essere sicuro che non si accorgesse di lui, non ancora almeno.
Erano state proprio le sue orecchie a svegliarlo: prima il vento ululava fuori dalla finestra, impedendogli di dormire, poi in mezzo a quel gemito persistente aveva sentito dei passi affrettati, nervosi, avvicinarsi alla porta della loro camera e oltrepassarla.

Li avrebbe riconosciuti tra altri mille.
Già il loro eco si perdeva nei corridoi quando era uscito dal letto per seguire la scia di profumo col cuore che martellava nel petto.

Quel profumo.

Quante volte aveva premuto il viso contro la sua pelle per respirarlo? Collo, seno, schiena, ogni punto era buono per respirare quella fragranza che aveva sempre creduto di conoscere solo lui.


Quando aprì la porta che dava sul tetto fu investito dal gemito del vento e da una folata gelida che lo fece rabbrividire.

"Perchè cazzo è uscita con un vento simile?"

Seguì il suo naso per trovarla, con la speranza che quel vento freddo non avesse già trascinato via il suo odore.
Non ci volle molto, la scia era flebile ma lo guidò fino a lei; riconobbe subito i capelli rossi anche se avevano acquistato una sfumatura più profonda col passare del tempo. O forse aveva solo smesso di schiarirli, non c'era più il profumo di camomilla del suo shampoo.
Il vento glieli scompigliava e certe folate erano così forti che le frustavano il viso e le spalle, ma lei sembrava non accorgersene. Non sembrava non sentire nulla, nemmeno il freddo; portava la stessa maglia del pomeriggio e aveva le braccia avvolte intorno al corpo, ma sembrava persa in qualcosa di lontano, totalmente dimentica di sé e di ciò che le stava intorno.

«Lydia?» la sua voce superò il vento facendola sussultare per la sorpresa; si girò come se fosse stata risvegliata da una sorta di trance, guardandolo da sopra la spalla e non si mosse da punto in cui si era fermata. Forse non si aspettava di trovarsi il suo ex-ragazzo davanti.

«Andiamo in un posto più riparato?» le chiese avvicinandosi a lei e sospingendola dolcemente verso gli impianti di aerazione sul tetto.

Lei non oppose nessuna resistenza e si lasciò guidare fino all'angolo più riparato, che tagliava la furia del vento. Non c'era molto spazio, così spinse lei dove la forza delle raffiche era più debole e fu lui a rimanere nel punto più esposto; era un mannaro, non si sarebbe ammalato per così poco.
La ragazza non aveva ancora detto una parola e sul volto aveva un'espressione cupa e pensierosa, che lo allarmò.

«Lydia? Perché sei quassù? Hai... "sentito" qualcosa?»

L'idea che stesse per accadere qualcosa di orribile lo agitava: aveva ucciso delle persone ma non era mai stato cosciente in quei momenti; per quanto si svegliasse con orribili incubi di ciò che aveva fatto, di cui non sapeva quanto fosse sogno e quanto fosse ricordo, non aveva mai affrontato una minaccia reale e incombente, non aveva mai dovuto affrontare un combattimento. Si sentiva completamente impreparato e in quel momento rimpiangeva di aver portato il branco lontano da casa.

La rossa tuttavia scosse la testa facendolo sospirare di sollievo, ma dato che la sua espressione non cambiava le chiese perché fosse salita sul tetto.
Un profondo sospiro lasciò le labbra della ragazza di cui era innamorato due anni fa.

«Perché non ho sentito nulla...»

Il suo tono era basso e le voce era piena di sconforto, ma lui non capiva: non conosceva nulla dei poteri di Lydia, era solo riuscito a capire che era una banshee perché Stiles si era preso la briga di dirgli qualcosa mentre pulivano casa o stendevano i panni.

«Non sono riuscita a sentire nulla...» ripeté con la bocca che prendeva una piega amara e gli occhi le si facevano più lucidi. «Non ho previsto l'incidente di Stiles, non ho previsto che un mannaro l'avrebbe attaccato se non a fatto avvenuto o subito prima, quando era già impossibile aiutarlo. Le morti di quei ragazzi non le ho nemmeno previste...»

Un singhiozzo la scosse da capo a piedi. L'odore della rabbia gli colpì le narici e suppose che Lydia fosse frustrata con sé stessa e fu proprio lei a confermarglielo con le parole successive.

«Non ho previsto nulla, l'unico modo in cui riesco ad aiutare il branco è prevedendo gli eventi funesti e la morte delle persone, ma non sto facendo nulla di tutto ciò, sono inutile» strinse le mani affondando le unghie nella pelle delle braccia «Sono inutile, non è servito a nulla capire che razza di creatura soprannaturale ero, né allenarsi a gestire i miei poteri... quando arrivano so controllarli, ma non riesco a comandarli... sono inutile » proseguì a denti stretti e con le lacrime che le rigavano le guance.

«Non riesco a fare la differenza per nessuno» aggiunse asciugandosele rabbiosamente; lui riuscì a vedere perfettamente i segni delle unghie della ragazza nella sua stessa pelle con quel gesto.

Mai avrebbe sospettato che Lydia potesse provare una tale rabbia verso se stessa, tutto in lei urlava che si detestava per quelle colpe che si stava dando.
Si trovò ad osservarla come se la vedesse per la prima volta. Davanti a lui stava una Lydia diversa da quella che aveva sempre pensato di conoscere, non c'era traccia della ragazza vanesia e superficiale con cui aveva creduto di avere a che fare quando stavano insieme.
Sentì una stretta allo stomaco al pensiero di aver sempre visto una bugia creata solo per lui e di non aver mai davvero conosciuto la ragazza che gli stava davanti. Avrebbe potuto arrabbiarsi e sentirsi ingannato, ma si sarebbe sentito un ipocrita nel farlo, nemmeno lui era stato sincero con lei, non in tutto.

Gli fece male realizzare che la loro storia era stata una farsa da parte di entrambi: si erano innamorati di persone che non esistevano.
Mentre quella consapevolezza avvilente si faceva strada in lui, la prese per mano, riscuotendola e lasciandole il tempo di asciugare le ultime lacrime.
Quando lei alzò gli occhi fino ai suoi lo fece sentire disorientato: non l'aveva mai vista senza trucco e scarmigliata, lei che riusciva ad essere impeccabile anche mentre dormiva o si alzava il mattino. Si trovò a chiedersi se quelle fossero le prime lacrime sincere di Lydia che lui vedesse, se quella fosse per la prima volta la vera Lydia.

«Dobbiamo parlare...» mormorò lui piano, mentre lei non diceva nulla e restava con la mascella contratta.

Jackson deglutì spaventato dalle sue stesse parole ma dovevano farlo davvero, lui doveva farlo: non erano mai stati sinceri quando stavano insieme e forse era tardi per cominciare ora, ma lui aveva bisogno che Lydia ascoltasse le sue parole, aveva bisogno di togliersi un peso dalla coscienza e almeno tentare di spiegarsi e forse di farsi perdonare.
Era scappato in Inghilterra e aveva tagliato i ponti con tutti loro, specialmente con Lydia, e ora si trovava a rimpiangerlo; c'era una cosa che sentiva di doverle dire, ma non aveva mai trovato il coraggio o il momento giusto in quei giorni passati a Beacon Hills, ma ora era diverso.
Ora Lydia, con quelle lacrime, si stava confessando, si stava aprendo e lui sentiva di poter parlare in modo sincero.

«Devo chiederti scusa...» mormorò con voce flebile, tanto che temette che la rossa non riuscisse a sentirlo. «Non ti ho trattato bene, né quando ho rotto con te, né quando sono scappato...»
«Di pure che sei stato uno stronzo» ribatté lei con una smorfia sul viso e la voce piena d'amarezza

Jackson crollò le spalle: quello era davvero un pessimo inizio, ma doveva aspettarselo; era solo la verità.

«Sono stato uno stronzo e un vigliacco» ammise abbassando lo sguardo «Quando ti ho lasciato stavo pensando solo a me stesso e al mio futuro, credevo che il mondo fosse nelle mie mani e che tutti mi avrebbero voluto. Tutto questo perché credevo di essermi trasformato in un mannaro e invece... ero il kanima e ho ucciso delle persone» il ragazzo deglutì e riprese a parlare sforzandosi di sostenere lo sguardo di Lydia «È stato orribile scoprirlo, l'unica cosa che volevo era fuggire; non potevo sopportare di restare nella città in cui avevo ucciso delle persone.»

Calò il silenzio tra di loro, ma il biondo aveva ancora qualcosa da dire.

«Ero e resto un vigliacco: se non fossi stato costretto non sarei mai tornato... tu invece sei una persona migliore di me, non sei inutile, non lo sei mai stata. Ogni cosa che hai fatto per me... non è stata inutile, magari a volte sei stata stronza e avresti potuto evitare alcune cose, ma non sei stata inutile. Anche il fingerti meno intelligente di me non è stato inutile: io mi sentivo davvero intelligente»

Lydia sbuffò, ma sulle sue labbra c'era un accenno di sorriso.

«Era una piccolezza, una gentilezza fatta da una ragazzina quindicenne che voleva essere amata e far sentire una persona amata... in confronto a te, a Scott, a Stiles... io sono inutile: non so combattere, non sono forte, non ho i vostri sensi super sviluppati-»

«Ma prevedi gli eventi funesti, ti pare poco?»

«Sì, quando i miei poteri decidono di funzionare» borbottò la rossa storcendo la bocca. «Jackson, io non riesco a proteggere nessuno» concluse abbassando di nuovo gli occhi.
Anche il ragazzo abbassò i suoi, incontrando le loro mani ancora strette. Cominciò ad accarezzarle piano il dorso della sua, col pollice, ricominciando a parlare.

«Non ti credo» affermò secco «Voglio dire, tu sei Lydia Martin, la ragazza che mi ha fatto tornare un mannaro, che mi ha salvato dalla bocciatura in matematica e chimica, che ha il massimo dei voti in ogni materia e che fa girare qualsiasi ragazzo a guardarla.»

«Sono solo studio e un bel faccino...»

«Smettila di sminuirti! Le cose che hai fatto per me hanno davvero fatto la differenza»

«Jackson, qua non si tratta di essere carine o di avere voti alti, qua si tratta di soprannaturale e di arrivare alla settimana successiva vivi! Io non valgo più di un qualsiasi altro umano» sibilò strappando la mano dalla sua.

La ragazza tornò ad avvolgersi le braccia intorno al corpo, tremando di freddo e di rabbia. Il ragazzo non potè fare altro che osservarla e domandarsi se avesse sbagliato a parlare in quel modo; lui voleva ricordarle quanto era stata importante per lui, quanto era stata importante perché lui fosse sopravvissuto alle superiori, ma a quanto pare per Lydia non era abbastanza. Lei non poteva limitarsi ad essere brava, lei doveva eccellere in ogni cosa che faceva e non vedere risultati la stava facendo uscire matta. Però se non riusciva a guardare le cose dalla giusta prospettiva (come era già successo) toccava ad un altro darle una svegliata.

«Lydia, per favore... voglio aiutarti, voglio almeno provare a rimediare a come mi sono comportato. Aiutami a capire come posso esserti utile, spiegami esattamente cosa sei almeno... Stiles mi ha detto che sei una banshee, ma io non so nulla del soprannaturale...»

Era un colpo basso, stava facendo leva sull'istinto di Lydia di spiegare le cose e correggere le inesattezze. D'altra parte, lei aveva fatto spesso cose non molto corrette per aiutarlo, perché non avrebbe dovuto fare lo stesso?
La rossa sospirò profodamente, ma gli rispose.

«Sono una banshee e le banshee prevedono gli eventi funesti; di solito ho delle visioni o dei sogni; se uso "l'urlo da banshee" posso combattere o attivare delle visioni, ma questa è tutta teoria. Nella pratica non riesco a controllare i miei poteri.»

«E se si attivassero solo in certe situazioni?» la ragazza alzò gli occhi su di lui con una domanda nello sguardo «Voglio dire, se non puoi controllarli le basta?»

A ragazza strinse le labbra, amareggiata.

«Allora sarei davvero una creatura inutile e questa maledizione non servirebbe a nulla...»

Jackson la guardò senza capire il perché di tanto disprezzo verso i suoi poteri. Lei poteva avvisare le persone che rischiavano la vita, per quanto non potesse controllarlo.

«Maledizione?» ripetè senza aver capito.

«Jackson, credi che mi diverta a scoprire cadaveri o vedere persone morirmi davanti agli occhi?» sibilò lei stringendo i pugni «Credi che mi sia piaciuto sentire Allison che moriva? Vedere che Ethan stava morendo? Quando avvertirò la morte di mia madre o di un mio amico?» si morse le labbra arrabbiata, valutando se dirgli cosa gli stava a cuore.

«Controllare i miei poteri vorrebbe dire anche saperli bloccare» mormorò rilassando le mani «Non voglio cadere in trance mentre lavoro, al mio matrimonio o urlare davanti ai miei figli...»

«È... È così terribile questo urlo?» chiese incerto; era nuovo ad ogni cosa del mondo soprannaturale, nessuno gli aveva spiegato nulla: solo pochi giorni prima si era trovato davanti a casa di Stiles senza riuscire ad entrare, semplicemente girava intorno alla casa senza nemmeno tentare di aprire la porta; aveva dovuto aspettare Scott, che gli aveva spiegato del sorbo e dell'effetto che aveva sui mannari.

«Abbastanza... è stridulo, forte, e Scott ha detto che a lui fa venire mal di testa, forse perché le orecchie dei mannari sono più sensibili. Posso anche usarlo come arma, ma non riesco a gestirlo come vorrei...»

«E il sorbo? Puoi attraversarlo?» a quella domanda la ragazza si limitò ad annuire. «Quindi sei un po' umana, come Stiles»

Al sentire il nome del ragazzo per un secondò gli occhi della rossa fuggirono i suoi, cosa che Jackson non mancò di notare. Era da quando era tornato a Beacon Hills che Lydia si comportava in modo insolito quando si trattava di Stiles; anzi, si comportava in un modo che solo lui conosceva.
Rivide nella sua mente gli sguardi che riservava al castano e come si era comportata con lui solo poche ore prima. Tutto d'un tratto si sentì geloso, geloso della ragazza che era stata la sua fidanzata e che non aveva mai apprezzato come avrebbe dovuto, quando ne aveva avuto l'occasione. Era da ipocrita sentirsi così e meschino: era lui ad averla lasciata, non aveva nessun diritto di sentirsi così. Però pesare che lei potesse essersi innamorata di un altro ragazzo lo feriva.
Scosse la testa sospirando cercando di allontanare quel pensiero. Era solo un egoista viziato che sentiva il suo ego sminuito perché la sua prima ragazza era in gamba e era andata avanti senza di lui.

«Perché sospiri?» gli chiese Lydia cercando i suoi occhi.

«Ti ricordi la domanda che ha fatto Isaac a Scott? Davanti al falò?»


«Scommetto che Scott non ha mai amato una persona» aveva detto Isaac, guardando glaciale il bruno.
Tutti si erano mossi a disagio per quella domanda, ma nessuno aveva aperto bocca.
«Non ti sembra un po' troppo personale come domanda?» aveva mormorato l'interessato. Era palese che non voleva rispondere, ma il biondo aveva scrollato le spalle.
«Perché, quelle di prima non erano così diverse da questa. Giochiamo con le regole dei bambini?» gli aveva risposto l'altro in un tono vagamente acido.
Scott aveva sospirato e abbassato gli occhi e già Stiles stava per dire qualcosa ad Isaac, ma il bruno aveva risposto alla domanda.
«Sbagliato, ho amato una persona»


La rossa annuì e aspettò che continuasse.

«Lydia... noi ci siamo mai amati?»

C'era un tremito nella sua voce.

Erano giorni che ci pensava e ogni volta che vedeva gli sguardi che riservava a Stiles il bisogno di saperlo aumentava.
Ricordava perfettamente quando aveva scoperto che Lydia era innamorata di lui: era negli spogliatoi dopo una partita di Lacrosse persa a causa del capitano; aveva giocato da solo offrendo una miriade di occasioni agli avversari per segnare punti e facendo incazzare Finnstock. Era appena uscito dalla doccia e si stava sciugando perso nei suoi pensieri: solo il mese prima aveva scoperto di essere stato adottato e da allora aveva la sensazione di essere uno scarto; credeva che i suoi genitori biologici l'avessero abbandonato e a nulla serviva che i suoi genitori adottivi lo adorassero. Lui era venuto al mondo come qualcosa di indesiderato, non riusciva a levarselo dalla testa. Ogni giorno che passava si era incupito sempre di più e la sconfitta che avevano subito poco prima lo faceva solo stare peggio.
La vita gli sembrava grigia e futile in quel momento, ma era entrata Lydia coi suoi capelli chiari ad illuminare la sua cupezza.

Non c'era nessuno nello spogliatoio, era rimasto solo lui, vestito a metà, quando era entrata una delle ragazze più popolari della scuola. Lui sapeva perfettamente il suo nome, ma era rimasto zitto a guardarla. Lei gli aveva sorriso e avvicinandosi a lui gli aveva detto di essere innamorata, poi l'aveva baciato.
Un bacio rapido, a fior di labbra, pieno di paura di essere rifiutata e di desiderio di essere accettata.
Era corsa via subito dopo lasciandolo di nuovo solo nello spogliatoio, imbambolato.
Gli ci erano voluti due giorni per realizzare quello che era successo e trovare il coraggio di presentarsi sotto casa di Lydia per chiederle di uscire.
Due settimane dopo stavano insieme.

Da quando si era reso conto di quanta leggerezza aveva usato nel lasciarla si era fatto quella domanda. Lo sapeva che aveva un disperato bisogno di sentirsi importante per qualcuno e Lydia si era presentata proprio quando ne aveva più bisogno; lei invece era sempre stata enigmatica e solo ora si era reso conto che non l'aveva mai conosciuta davvero.
Loro si erano mai amati quindi? E se si erano amati, l'aveva amato più di Stiles? Lydia amava Stiles o era solo una cotta, solo un "sono preoccupata per lui"?

«Ti ho amato come poteva fare una ragazzina di quindici anni, immatura e alle prime armi, e non avrei potuto amarti di più. Non sono mai stata avara d'amore...» disse come se stesse ammettendo una colpa. «Il mio era un amore immaturo, ma non mi sono mai risparmiata, così come non l'hai fatto tu» proseguì alzando la mano a facendogli una carezza sulla guancia.

I loro occhi erano fissi l'uno in quelli dell'altro.

«Mi dispiace averti trattato così male...»

«Jackson è acqua passata»

«Stiles ti tratterà come meriti»

Avvenne in quel momento un fenomeno stranissimo: Lydia si pietrificò e diventò dello stesso colore dei suoi capelli.
La ragazza lo guardò con gli occhi spalancati e lasciò ricadere la mano.

«Come... come...»

«Quando sei stato guardato nello stesso modo dagli stessi occhi te ne accorgi» le rispose Jackson interrompendo il suo balbettare. «La vera domanda è perché non se ne accorge lui... Dovrebbe essergli palese» aggiunse con una smorfia.

«La faccenda dei mannari è più importante, è concentrato su quello... meglio così» mormorò la rossa.

«"Meglio così" un corno! Ti è andato dietro per una vita, come può non accorgersene ora?! Cosa aspetta, di morire?!» sbottò Jackson arrabbiato; si rifiutava di vedere Lydia così poco combattiva. Era stata capace di cose incredibili a scuola, non accettava di vederla rinunciare senza aver provato.

«Magari ha semplicemente rinunciato a me... non lo biasimerei, prima l'ho ignorato e poi l'ho sempre considerato un amico... Sarebbe più che giusto che abbia smesso di pensare a me come fidanzata» sussurrò lei crollando le spalle.

«Ma-»

«Jackson. Probabilmente ero solo una cotta adolescenziale, nulla di reale... è strano che non sia passata prima»

Il biondo sbuffò irritato e la guardò inclinando il capo.

«Lydia stiamo parlando di Stiles. Credi davvero che si arrenda così facilmente?» dalle labbra gli uscì un risolino incredulo «Stiamo parlando di un ragazzino che è riuscito a tenere in squadra il suo migliore amico e se stesso quando io facevo di tutto per escluderli e buttarli fuori, che ho passato due anni ad umiliare, spesso e volentieri facendo leva sulla sua cotta per te. Non ha ceduto per un secondo.» si sistemò i capelli incredulo delle sue stesse parole: stava difendendo Stiles Stilinski davanti alla sua ex ragazza. Se glielo avessero due anni fa non ci avrebbe mai creduto «E io posso solo parlarti della squadra, sicuramente avrà fatto altro da quando è cominciato tutto questo casino coi mannari... anzi, pensa a quando ero il kanima, sapeva che razza di bestia ero e non ha mai pensato di ammazzarmi, si è fatto in quattro e ha trovato il modo di saltarci fuori.»

La ragazza davanti a lui lo guardava con un sorriso accennato e gli angoli degli occhi era ancora intrappolata qualche lacrima.

«Stiles non si è certo arreso» ripeté guardandola dritto negli occhi. «Magari è colpa mia, forse dovrei dirgli che non ci sono stati ritorni di fiamma o meglio potresti dirglielo tu, come hai fatto con me»

Lydia a quel suggerimento fece una risata nervosa, forse al ricordo di quello che aveva fatto.

«Non ne avrei il coraggio, non so dove ho preso quello di dichiararmi con te» ammise arrossendo di nuovo. «Non mi sento all'altezza di Stiles e-»

«Non ti senti all'altezza?!» chiese incredulo Jackson.

La ragazza si mosse nervosa, ondeggiando, e proseguì nella sua spiegazione «Sì, perché lui è così intelligente, così intuitivo, e astuto e bello e poi... e poi abbiamo questo branco da sconfiggere, non c'è tempo per dichiarazioni e cose simili»

«Non- LYDIA! Non farmi fare l'amico gay!» sbottò il biondo ascoltando le sue parole e facendola ridacchiare «Non sei meno di lui, anche tu sei intelligente e anche tu sei intuitiva, queste previsioni di morte dovrai pure interpretarle!»

«Quando ci sono» puntualizzò lei.

«Quando ci sono» concesse lui gesticolando esasperato «M torneranno, sei bravissima a saltarci sempre fuori, devi solo continuare a cercare. Se non lo capisci tu non penso esista una persona al modo che possa risolvere questa cosa»

La rossa fece una smorfia e subito il ragazzo intuì a cosa stava pensando.

«E forse Stiles, forse Stiles potrebbe riuscirci.» aggiunse facendola sorridere. «La più intelligente resti tu però»

Lei godette di quel complimento, ma agitò la mano come per allontanare quelle parole, quasi fossero insetti fastidiosi. Fece un profondo sospiro rilassando finalmente i muscoli delle spalle; le aveva fatto bene parlare, Jackson lo vedeva dal suo sorriso.
Erano in silenzio da qualche secondo, intenti solo a guardarsi negli occhi, quando una raffica di vento più forte delle altre riuscì ad insinuarsi tra i generatori facendo rabbrividire Lydia e scompigliandole i capelli.

«Torniamo dentro, tu finirai per ammalarti altrimenti» suggerì il biondo offrendole il braccio.

La rossa o osservò un po' interdetta dal suo gesto, cosa che lui non mancò di notare.

«Cosa c'è? Anche se non sono più il tuo ragazzo posso comunque preoccuparmi per te e per la tua salute» spiegò arrossendo.

La ragazza arricciò le labbra in un sorriso complice, poi gli si avvicinò lasciando che lui le mettesse il braccio intorno alle spalle.
Avevano iniziato a muoversi verso la porta che li portava alle scale interne quando il mannaro parlò di nuovo.

«Voglio far parte di questo branco, ma ho tanto da farmi perdonare e per cui chiedere scusa, così tanto che non so da che parte iniziare... per favore lascia che tu sia la prima» disse aprendole la porta.

«Ti troverai bene Jackson» soffiò lei scivolando via da sotto il suo braccio «Siamo tanti e diversi, ma non smettiamo mai di preoccuparci l'uno per l'altro.» aggiunse prendendolo per mano e guidandolo verso le scale buie, mentre la porta si chiudeva alle loro spalle.


---


Giorno 4 dalla partenza di Talullah; ore 00.13



L'acqua calda scorreva sul suo corpo lavando via il sale e la sabbia che gli erano rimasti addosso dopo quella giornata al mare. Era tornato umano approfittando dell'ora e si era concesso una doccia rilassante dopo tutta la fatica che aveva fatto; era esausto, la trasformazione prolungata era sfiancante e aveva perennemente fame.
Derek si stava insaponando i capelli quando si trovò a ripensare a quello che avevano fatto quella sera sulla spiaggia e subito gli tornò in mente un altro falò fatto quando era molto più piccolo, sulla riva sabbiosa di un laghetto nascosto nel folto della riserva con altri ragazzi della sua età di cui non ricordava il viso o il numero, sapeva che c'era sua sorella e ricordava una macchia di capelli rossi, ma era così piccolo da non ricordare altro.
La sensazione che aveva provato a stare sulla spiaggia col branco però non era tanto diversa da allora; era cambiata solo la sua età e le persone con cui era. Aveva cominciato a risciacquarsi quando le immagini di ciò che stavano facendo poco prima tornarono nella sua mente.


Giorno 3 dalla partenza di Talullah; ore 20.58



Finita la cena erano saliti nelle camere, più o meno esausti, con l'intenzione chi di farsi una doccia, chi di dormire. Stiles si era appena sdraiato sul letto e lui si guardava intorno per trovare un posto dove dormire; non c'erano poltrone e non voleva dormire sul pavimento, perciò avrebbe dovuto dividere il letto con qualcuno. Stava giusto pensando a chi chiedere e se tornare umano o meno quando Isaac aveva sbuffato richiamando l'attenzione di tutti su di lui.




«Qualcosa non va?» gli aveva chiesto Scott, scrutando la sua espressione scontenta.

Il biondo aveva smesso di guardare fuori dalla finestra e si era girato verso di loro a braccia incrociate.

«Sono appena le nove e noi ci stiamo preparando per andare a letto» spiegò con una smorfia «È assurdo»

«Beh, il viaggio è stato decisamente scomodo, abbiamo passato il pomeriggio al mare e non sappiamo cosa ci aspetta domani o stanotte. Forse è il caso di recuperare le forze finché ne abbiamo la possibilità» gli aveva spiegato il bruno sforzandosi di non trattarlo come un bambino capriccioso.

«Lo so» aveva sbuffato il ragazzo allargando le braccia in un gesto di sconforto «Però mi sembra un tale spreco! Insomma, siamo qua, lontani da casa, col mare, niente genitori e forse niente mannari e ci chiudiamo in camera? Sono tre anni che ci danniamo per salvare la pelle e la città e questa è l'unica occasione che abbiamo avuto per comportarci come se fossimo solo dei ragazzi normali... dovremmo essere fuori a... bere-»

«Isaac, non possiamo ubriacarci. Fisicamente» gli aveva ricordato Scott a braccia conserte; il biondo aveva sbuffato ma non si era arreso.

«Dovremmo essere nella camera delle ragazze a fare giochi idioti, fare scherzi a chi dorme... tutte quelle cose che si fanno in gita in ogni film!» aveva proseguito esasperato «Non dico che dobbiamo farle per forza, ma vorrei fare qualcosa... andrebbe bene anche un falò sulla spiaggia o un bagno notturno, che ne so... non deve essere qualcosa di grandioso, deve solo essere... qualcosa» aveva concluso tornando a guardare fuori dalla finestra.

I ragazzi si erano scambiati degli sguardi e delle smorfie e Derek ne aveva forse indovinato il motivo: a parte Jackson, nessuno di loro aveva mai fatto quel genere di cose, nemmeno quando il soprannaturale era solo una favola un po' stupida per loro. Non li aveva mai sentiti parlare di gite o avventure notturne e quando fai queste cose da ragazzino lo gridi ai quattro venti, perciò non avevano mai fatto nulla di simile. Nemmeno lui aveva fatto cose del genere: non aveva avuto abbastanza tempo, non a quell'età almeno, ma aveva ampiamente recuperato con Laura e Samir.

Scott nel frattempo si era girato verso Stiles con le labbra strette facendo assomigliare la sua bocca ad una linea; il castano gli aveva risposto con un cenno d'assenso che lui non aveva saputo interpretare in un primo momento. Poi l'Alpha si era voltato verso di lui e solo allora aveva capito: gli stava chiedendo se fosse disposto a fare una di quelle cose. Non aveva detto nulla, per lui non faceva differenza: avrebbe seguito Stiles perché si era preso a responsabilità di proteggerlo, non gli interessava cosa avrebbe fatto, purchè non fosse qualcosa di pericoloso. Il bruno si era girato infine verso Jackson che aveva fatto spallucce.

«Ok, allora andiamo» aveva detto con un grosso sospiro, ma gli occhi di Isaac si erano già illuminati e il suo odore era cambiato; ora sapeva di frenesia «Chiediamo se alle ragazze va di venire e poi andiamo»

«Andiamo dove?» aveva chiesto il beta.

«Alla spiaggia» aveva risposto Scott mentre Stiles recuperava lo zainetto «Se dobbiamo fare qualcosa meglio essere lontani dal motel e poterlo fare in tranquillità»

Lui di nuovo non aveva detto nulla, nemmeno un verso. Si era limitato ad osservare il castano prendere le cose che intendeva portarsi dietro: un telo da mare, dei fogli, un accendino e dei pantaloni. Si era trovato a drizzare le orecchie quando aveva visto gli ultimi due oggetti venir infilati nello zaino; erano oggetti pensati per lui, o così aveva creduto, i pantaloni sicuramente almeno.

Stiles stava giusto infilando una maglia a maniche lunghe nello zaino quando Isaac e Jackson li avevano avvisati che andavano avanti per chiedere cosa volevano fare alle ragazze. Loro portavano con sé solo i teli da mare ancora umidi.

«Dai, sbrigatevi!»
«Non abbiamo tutta la notte»

«Andate avanti, io vi raggiungo» li aveva spronati Stiles mentre si guardava intorno, forse alla ricerca di qualcosa che potesse essere utile a loro.
Scott avvicinandosi alla porta, si era voltato per guardarlo e lui aveva annuito: sarebbe rimasto con Stiles. Rassicurato, era uscito seguendo i due beta, ma aveva il passo lento, apposta per aspettare il suo migliore amico.

«Sto dimenticando qualcosa?»

Stiles era perso nei suoi pensieri, probabilmente contorti e assurdi come i suoi discorsi, così era stato lui a decidere che era quasi pronto. Aveva recuperato la giacca a vento del ragazzo e gli si era avvicinato, richiamando la sua attenzione toccandogli la gamba con una zampa. Il castano si era chinato a prendere dalla sua bocca l'indumento e poi l'aveva guardato.

«Devo prendere altro?» aveva chiesto stranito, ma lui in risposta aveva fatto segno di no e si era messo a spingerlo con la testa verso la porta.

Per fortuna Stiles aveva un buon intuito e si era limitato a recuperare il guinzaglio ancora attaccato alla pettorina che indossava e lo zaino. Poi erano usciti muovendosi per andare dalle ragazze, un corridoio più in là.
Le avevano raggiunte dopo aver recuperato Scott lungo la strada, che aveva fatto loro un gran sorriso. Evidentemente superati i primi dubbi anche lui trovava la proposta di Isaac interessante.
Si erano mossi circospetti nonostante fossero convinti che non stessero facendo nulla di male; qualcosa in loro diceva che non sarebbero dovuti uscire e questo li elettrizzava.

"Come se non avessero infranto ogni regola esistente nel codice scolastico" aveva pensato con uno sbuffo.

Erano arrivati alla camera senza incontrare nessuno, scoprendo che Isaac e Jackson avevano già bussato. Aveva aperto Lydia, ancora vestita come il pomeriggio, che li guardava accigliata. Vedendo arrivare anche loro si era fatta da parte per farli entrare tutti.

«Che succede?» si aveva salutati, con una nota di preoccupazione nella voce. Malia vedendoli entrare si era messa a sedere e Cora aveva smesso di leggere con un'espressione infastidita sul volto.

«Nulla di grave, avevamo intenzione di fare un falò sulla spiaggia» le aveva risposto con semplicità Isaac.

«Un cosa?» aveva detto la rossa incredula.

«Un falò sulla spiaggia» aveva ripetuto il biondo, con un sorriso. «Il posto di oggi pomeriggio sarebbe perfetto.»

Le teste delle ragazze si erano girate verso loro tre, che avevano appena chiuso la porta.

«A noi sta bene, volevamo sapere se volevate venire con noi» aveva risposto Scott; non sapeva se Stiles lo faceva apposta, ma stava facendo tutto il possibile per identificarlo come capo del loro branco, perciò cercava sempre di rivolgersi a lui per le decisioni a meno che non fosse palese a tutti che era presente una persona più capace in materia.

Aveva spostato gli occhi sul castano, vedendo che anche lui guardava Scott. Una parte di lui era convinta che Stiles lo stesse facendo coscientemente, ma voleva esserne certo. Magari ne avrebbero potuto parlare quando sarebbe tornato umano; avere un Alpha forte della sua posizione era una buona cosa in situazioni come la loro.

«Io ci sto» a parlare era stata sua sorella che svelta aveva abbassato gli occhi su di lui. Aveva annuito, condividendo la sua scelta, e subito sul suo viso era spuntato un accenno di sorriso. Svelta aveva infilato il libro nello zaino ai piedi del letto e si era raddrizzata pronta a partire.

«Se viene Stiles, vengo pure io» era stata la risposta di Malia, sempre protettiva con lui.

Restava da capire cosa volesse fare Lydia, ma un sospiro aveva risposto per loro: era già rassegnata all'idea di dover uscire.

«Non credo potremo uscire dalla porta principale» aveva aggiunto, infilandosi la giacca appesa accanto a lei.

«Perché no?» la domanda di Jackson era quella che aleggiava sui volti di tutti.

«Finnstock era ancora al bar del motel quando siamo salite e ci resterà un po', dovremmo per forza passargli davanti per uscire» aveva risposto lei.

«Usciamo dalla finestra allora»

Quando aveva sentito le parole uscire dalla bocca di Stiles aveva alzato gli occhi al cielo; perché sempre a lui venivano quelle idee? Non aveva un po' d'istinto di autoconservazione?
Neanche a dirlo, tutti erano stati subito d'accordo che quella fosse la via migliore per uscire.

«La finestra di questa camera è perfetta: non ci vedrà nessuno e non dovremo passare davanti all'ingresso, da su una strada laterale poco frequentata»

Isaac parlava guardando fuori dalla finestra e Malia aveva confermato le sue parole, così decisero di fidarsi.

«Ok, i mannari possono saltare giù, ma noi due?» aveva fatto notare il castano indicando se stesso e Lydia «E Derek? Siamo comunque al secondo piano» aveva proseguito guardandolo.

Lui aveva solo alzato un sopracciglio con sufficienza: era trasformato, sarebbe solo atterrato su quattro zampe invece che su due piedi, non cambiava nulla per lui.

«Vi portiamo noi» aveva proposto Scott «In spalla, avanti. Stiles con me e Jackson prende Lydia?»

Si era voltato verso i due che si erano scambiati uno sguardo e avevano annuito; certo erano a disagio, lo poteva sentire dal loro odore, soprattutto la rossa.
Sua sorella aveva smorzato il loro disagio domandando che strada avrebbero preso e le aveva risposto, pronto, Isaac; era quasi certo che fosse il motivo per cui si stava guardando intorno durante il viaggio di ritorno: l'aveva visto scrutare le strade pensieroso dal riflesso nel finestrino.

«Possiamo seguire il percorso dell'autobus e poi tagliare per i campi» l'attenzione di tutti era su di lui «Dove c'è il chiosco degli hot dog c'è una grossa curva e si intravedono i campi, se ci muoviamo in linea retta verso il mare non sarà difficile ritrovare i nostri odori e il posto di oggi pomeriggio» aveva proseguito in tono ottimista.

A lui era sembrata una buona idea così non si era opposto, ma Malia sembrava particolarmente felice di quella proposta.

«E se ci trasformassimo per correre più veloci? Arriveremmo prima.» aveva suggerito a bassa voce, eccitata al solo pensiero di potersi sfogare.

«Solo se saremo sicuri che nessuno possa vederci» aveva concesso Scott, ma anche lui sembrava apprezzare quell'idea, a giudicare dal suo sorriso; era felice di poter allentare la corda come Alpha, anche con se stesso.

«Chi prende Derek però? Almeno per il salto? O torna umano?» a parlare era stato Jackson e un po' lo irritava che parlasse come se lui non potesse sentirlo, ma Cora sbuffando aveva chiarito anche quel punto e rimettendo il ragazzo al suo posto.

«Non serve, è più che capace di saltare anche in quella forma. Alla peggio salto prima io per prenderlo se non dovesse cadere bene, ma non succederà»

Aveva dovuto trattenersi dall'alzare lo sguardo e fissare il biondo per sfidarlo, ma avrebbe voluto molto farlo. Sua sorella intanto aveva già aperto la finestra e aveva una gamba oltre il davanzale.

«Io vado» ed era saltata.

Tutti nella stanza avevano trattenuto il fiato. Scott in particolare era teso: da quando era caduto insieme ad Ennis, rischiando la morte, si era reso conto che anche se avevano delle abilità oltre l'umano non erano immortali e si facevano male anche per cose che non prevedevano armi e veleno.

Come avevano sentito i piedi della ragazza toccare il suolo avevano fatto un sospiro di sollievo collettivo.
Era arrivato il suo turno ora.

Isaac aveva spalancato bene la finestra e tutti si erano fatti da parte per permettergli di muoversi al meglio delle sue possibilità. Aveva sentito il sussurro di Cora che lo spronava a saltare, non che ce ne fosse bisogno: non erano molto in alto, non lo spaventava l'altezza e aveva il polso della situazione. Sarebbe state semplicissimo.
Stiles l'aveva liberato dal guinzaglio e lui si era scosso per sciogliere i muscoli. Si era messo a zampe larghe e si era concesso due secondi per valutare la distanza, poi era scattato. Due balzi appena ed era saltato sul bordo della finestra, che gli tagliava dolorosamente le zampe. Un secondo per prendere la mira e darsi la spinta poi si era buttato raggiungendo sua sorella.

Era atterrato sulle quattro zampe dopo un volo di due secondi appena, giusto il tempo di sentire il cuore risalirgli in gola per la caduta e sotto le sue zampe c'era di nuovo la solida terra; accanto a lui Cora gli sorrideva felice.

Gli aveva fatto piacere vederla così: non aveva molte occasioni di prendersi cura di lei da quando l'aveva recuperata in Messico. Aveva lasciato Brandine da pochi giorni quando aveva deciso che voleva riunire la famiglia; se aveva avuto dei dubbi nel portare la mercenaria a New York, su di lei non ne aveva. Voleva tenersi accanto sia lei che Samir, gli unici famigliari che gli restavano. Peter forse avrebbe anche potuto accettarlo nella stessa casa, ma Samir, dopo quello che era successo, no. Il ragazzo si era adattato a molte di quelle stranezze che avevano sempre caratterizzato la famiglia Hale, e lui e Laura si erano adattati alle sue, ma prendersi in casa l'uomo che aveva ucciso sua nipote era una cosa che non sarebbe mai riuscito a comprendere. Non si sarebbe opposto forse, ma non ne sarebbe stato felice.
Però c'era Cora.

L'aveva recuperata dal posto sperduto in Messico, nella Bassa California, in cui sua madre o Peter l'avevano spedita per tenerla al sicuro. Aveva conosciuto Pedro, Josè e Marisol, che si erano presi cura di lei, e era riuscito a vincere la loro resistenza nel portarla con sé. Avevano ceduto solo perché Cora scalpitava per uscire da quella foresta e perché aveva promesso che tutte le vacanze estive sarebbero venuti a trovarli per tutti i mesi dove la ragazza non doveva frequentare le lezioni. Avevano concesso di saltare quel anno se li fossero venuti a trovare per Natale e per lo Spring Break.

Quando erano arrivati a New York tutto la sorprendeva e voleva vedere ogni cosa e l'aveva trascinato in una libreria solo due giorni dopo che era arrivata. Lui e Samir erano felici della sua gioia di essere al mondo e con loro e per un po' aveva alleviato la sofferenza nel cuore del suo migliore amico. Avevano fatto del loro meglio per ricominciare, ma era stata dura senza Laura.
Dopo poche settimane Cora era diventata sempre più silenziosa, sempre immersa nei libri o sul pc; Derek l'aveva intuito anche se dalla sua bocca non era mai uscito nulla: continuava a sentirsi messa a confronto con Laura e le sembrava di non avere radici, di essere una cosa a parte rispetto a loro. Sapeva che avrebbero dovuto parlarne, ma era arrivata la telefonata disperata di Scott ed era cominciato quell'incredibile macello.

«Chi va dopo?»
«Prima spegniamo la luce, cerchiamo di non farci notare»
La stanza si era fatta buia pochi secondi dopo; era arrivato il rumore di una serratura che scattava e aveva immaginato che Lydia o Stiles prendessero altre precauzioni per non essere scoperti.
«Isaac, Malia, andate prima voi»

Avevano saltato uno dopo l'altro, con gli occhi brillanti nel buio del retro del motel, probabilmente un passaggio per raggiungere la zona scarico merci a giudicare dalla scarsa illuminazione.

Mancavano gli altri quattro. Si era concentrato per capire cosa stessero facendo.

«Cosa facciamo con la finestra? Non possiamo lasciarla aperta»
«Accostiamola, così riusciremo anche a rientrare senza problemi»
«Andiamo prima io e Stiles»

Era una saggia idea, aveva pensato, l'umano doveva sempre stare col gruppo più grosso. Pochi istanti dopo l'Alpha si era sporto con il castano già aggrappato alle spalle; il tempo di valutare il salto e di fargli spazio e si era buttato. Il ragazzo non aveva detto nulla, ma era rimasto aggrappato un po' più a lungo del normale quando avevano toccato terra e anche quando si erano rialzati era un filo più pallido del solito, ma poteva essere la vicinanza col bruno a trarlo in inganno.
Mancavano solo Lydia e Jackson.

Tutti avevano alzato il viso in attesa. Dalla stanza non arrivavano parole, solo fruscii. Quando erano comparsi aggrappati all'intelaiatura, il biondo sembrava incerto del salto e la rossa rigida mentre era aggrappata alle sue spalle. Quando li aveva visti così insicuri, già sapeva che non sarebbero caduti bene, c'era solo da sperare che non si facesse male lei.
Il mannaro si era dato la spinta e, come aveva previsto, era atterrato sbilanciandosi in avanti, sorpreso dal peso di Lydia. Era finito a carponi con un grugnito più di sorpresa che di dolore; Lydia era scesa dalla sua schiena svelta e pallida, per poi aiutarlo a rialzarsi, senza dire una parola. Come Jackson si era raddrizzato aveva allontanato le mani da lui come se la sua pelle scottasse.
Aveva guardato la rossa che fingeva di sistemarsi i vestiti ad occhi bassi, sapendo che doveva avere qualche problema col biondo.
Se altri l'avevano notato, come lui, avevano fatto finta di nulla, ma non era riuscito ad impedirsi di dare una fugace occhiata a Stiles per capire come l'aveva interpretata. Il castano tuttavia non aveva cambiato espressione da prima; o non aveva notato il gesto di Lydia o era un ottimo attore. Lui propendeva tutt'ora per la seconda opzione.
Un tonfo li aveva riscossi: sua sorella si era arrampicata svelta per accostare la finestra, probabilmente avendo sentito i discorsi fatti in camera. Ora era di nuovo a terra e pronta per andare.

Ci erano voluti dieci minuti per raggiungere la svolta di cui aveva parlato Isaac. Avevano passeggiato per le strade della cittadina stranamente vuote, ma poteva essere perché il giorno seguente era ancora un giorno lavorativo. Non si erano affrettati, ma i loro piedi sembravano volare sull'asfalto e tutti si scambiavano sorrisi allegri ed eccitati.
Anche lui si era sentito coinvolto da quell'euforia totalmente fuori luogo: non sapeva se era stato a causa del vento che gli faceva fremere il pelo e il naso, pieno di odori nuovi ed inebrianti come la felicità dei ragazzi e l'odore del mare, a fargli venire voglia di correre e saltare; non sapeva se era stata la gioia di poter viziare Cora una volta tanto e lasciare che stesse con ragazzi della sua età pieni di vita come avrebbe sempre dovuto essere, a fargli sentire il bisogno di sorridere; non sapeva cosa era stato a fargli sentire quel bisogno di gettare la maschera che si era costruito, ma almeno per quella sera aveva desiderato essere se stesso, con tutta la leggerezza possibile, per avere anche lui solo ventiquattro anni invece di tutti quelli che sentiva pesare sulle spalle.
Arrivati al chiosco avevano scoperto che Isaac ci aveva visto giusto: dieto le case c'erano davvero campi e nessuna luce; colmo della fortuna, erano campi d'erba alta e di qualche coltivazione di cui non riconosceva l'odore, ma abbastanza alti da nasconderli.
Non c'era nemmeno la luna in cielo, coperta da nuvole passeggere. Non avrebbero potuto chiedere di meglio per cominciare quell'assurda scorribanda.

Si erano inoltrati tra l'erba alta smaniando per trasformarsi e sfogare il loro istinto di mannari, ma l'avevano fatto solo quando erano stati abbastanza lontani dalle ultime case. Si erano fermati solo il tempo di togliersi le scarpe e di appendersele al collo, per godere del terreno e per fare ancora meno rumore, poi erano scattati in avanti.
Lydia era tornata in spalla a Jackson, sempre a disagio ma distratta da quella nuova esperienza, e Stiles si era attardato per recuperare i vestiti di Malia, che si era trasformata in coyote.
Il castano aveva poi affidato lo zaino ad Isaac e era salito sulle spalle del suo migliore amico; da quel momento era partita una corsa frenetica fatta di pura gioia e sorrisi. Se avessero ululato non sarebbe stata diversa dalle corse che ricordava aver fatto con la sua famiglia nella riserva quando era più piccolo, ma non potevano permetterseli: se qualcuno avesse sentito degli ululati in California avrebbero potuto dire addio alla loro segretezza, per non parlare della possibilità di essere sentiti da qualcuno del branco assassino o da dei cacciatori.

Avevano corso per un quarto d'ora buono, seguendo i loro nasi e il rumore delle onde, con lui e Malia che precedevano il branco. La coyote era velocissima, aveva fatto il percorso almeno quattro volte dato che correva avanti ed indietro incapace di aspettarli; sembrava che le sue zampe non toccassero terra tanto era veloce.

Aveva sentito il terreno cambiare sotto le sue zampe, passare da quello dei campi coltivati alla sabbia cedevole delle dune, e d'improvviso il mare si era aperto davanti a loro, annunciato dal rumore delle onde e della risacca. Il vento li aveva salutati soffiando forte sui loro volti, facendoli rabbrividire nei loro vestiti leggeri e bagnandoli con gocce d'acqua salata. La luna li aveva illuminati, finalmente libera dalle nuvole ancora in cielo.
Erano scesi fino alla spiaggia umida seguendo un sentiero tra l'erba secca e dura, alla ricerca del punto in cui erano stati quel pomeriggio. Avevano dovuto spostarsi un po' più a sud, costeggiando il bagnasciuga, ridotto dalla marea e in cui Isaac camminava felice, incurante del freddo. Accanto a loro, le onde si trasformavano in cavalloni, alzati dal vento e dalla marea.




Tutto il branco li guardava con una lieve paura, l'aveva sentito dall'odore, ma il biondo sembrava addirittura esaltato da quella visione, tanto che aveva temuto che decidesse di buttarsi tra le onde. L'aveva richiamato all'ordine con un basso ululato, coperto dal suono del mare, e per fortuna era stato sufficiente a farlo obbedire: non era più il suo Alpha, ma manteneva un certo ascendente su di lui.
L'euforia poi era aumentata ancora, complice Malia che correva intorno come una matta coinvolgendo Isaac nelle sue corse e nei suoi salti, mentre sua sorella non aveva ancora tirato fuori un libro e li osservava con il sorriso sulle labbra. Poco dopo Stiles li aveva imitati, anche se si limitava a scartare la mannara come avrebbe fatto un torero, sfidandola con la giacca a vento. Non aveva mai visto nulla di più stupido ma gli aveva fatto bene al cuore, così come al resto dei componenti del branco, tanto che Scott si era ritrovato a ridere piegato in due quando la coyote, con uno scarto strettissimo, era passata in mezzo alle gambe di Stiles facendolo cadere col culo a terra.
Dopo un attimo di sorpresa era scoppiato a ridere pure lui e avevano cominciato un nuovo gioco, coinvolgendo tutti i componenti del branco: dovevano essere svelti ad allargare le gambe per far passare Malia, pena l'essere ribaltati e finire a terra. La ragazza aveva tentato di coinvolgerlo, spingendolo verso le gambe di qualcuno con la testa, ma anche se avesse voluto partecipare non avrebbe potuto: era troppo grosso, li avrebbe fatti cadere tutti in men che non si dica.
Era tornato così a seguire la strada e controllare che non ci fosse nulla di pericoloso nei paraggi, aprendo la pista col naso sempre perso nel vento o a terra. Loro giocavano e ridevano alle sue spalle, nessuno escluso (aveva sentito anche sua sorella essere buttata a terra), seguendo il suo trotto leggero e arrivando finalmente agli scogli scuri che avrebbero fatto teatro dei loro bagordi notturni davanti al falò.










Angolo autrice
Anche a questo giro ce la prendiamo comoda, altro fluff e la trama che prosegue a rilento. Sto prendendo la rincorsa gente, preparatevi psicologicamente.
Vi faccio questa domanda ora così smetto di pensarci: un prossimo capitolo dovrà risultare davvero molto lungo, lunghissimo, perché credo faccia più effetto se letto tutto in una volta, ma ovviamente non riuscirei a rispettare la cadenza bisettimanale, perciò come preferite ve lo posti? Tutto in una volta, capitoli più corti ma con cadenza settimanale, un due settimane come al solito? Ditemelo via recensione o messaggio privato così riesco a farmi un idea.
Beh, già i capitoli 19, 20 e 21 dovevano essere tutti uniti... Però vi avevo avvertito che la lunghezza sarebbe solo andata aumentando. (Maledetta me...)
Ma insomma, questo capitolo? Come vi è sembrato? È successo qualcosa che non vi aspettavate? E che altre domande si saranno fatti davanti al falò? Avete delle idee? *flicks eyebraws*
Grazie infinite a chi ha commentato ( grazie per il vostro supporto çwç ), seguito me o le mie storie ( Gretahhhsestaluna5 e -Martina02-)
o anche solo letto. Mi fate sempre più felice ♥

Un grazie speciale a AlisonKJ  che mi fa sempre venire buone idee ogni volta che mi scrive due parole in croce ♥ e una menzione speciale per SandyMiele e Raven-deidei che si sono letti quasi tutte le mie storie, compere "I regret nothig" e "How to Deal with Readers & Writers". Seriamente, avete avuto della costaza!
Ci si vede tra due settimane, forse. Sempre il solito problema dello scombinameto del capitolo.
Bye!
  

PS. Gioite!! Ho imparato a taggarvi! ora apettatevi un sacco di notifiche perchè vi ritaggo tutti correttamente babbani ♥

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Fanfiction holdarah