Colleghi Per Caso

By Mss_Grigori

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[IN REVISIONE] Quando Haily decise di iscriversi alla Boston University fu, principalmente, per iniziare da... More

Domanda❓
𝑷𝑹𝑶𝑳𝑶𝑮𝑶
𝐂𝐀𝐏𝐈𝐓𝐎𝐋𝐎 𝟏
𝐂𝐀𝐏𝐈𝐓𝐎𝐋𝐎 𝟐
𝐂𝐀𝐏𝐈𝐓𝐎𝐋𝐎 𝟑
𝐂𝐀𝐏𝐈𝐓𝐎𝐋𝐎 𝟒
𝐂𝐀𝐏𝐈𝐓𝐎𝐋𝐎 𝟓
𝐂𝐀𝐏𝐈𝐓𝐎𝐋𝐎 𝟔
𝐂𝐀𝐏𝐈𝐓𝐎𝐋𝐎 𝟕
𝐂𝐀𝐏𝐈𝐓𝐎𝐋𝐎 𝟗
𝐂𝐀𝐏𝐈𝐓𝐎𝐋𝐎 𝟏𝟎
𝐂𝐀𝐏𝐈𝐓𝐎𝐋𝐎 𝟏𝟏
Novità❤️
CARTACEO

𝐂𝐀𝐏𝐈𝐓𝐎𝐋𝐎 𝟖

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By Mss_Grigori

Canzone del capitolo: Young and Beautiful (Lana Del Rey)

«Che fai?»

«Secondo te cosa sto facendo?» chiedo a Luke.

«Stai guardando disinteressata un film che avrai visto centinaia, anzi, migliaia di volte. Inoltre stai mangiando quel gelato senza di me, come fosse l'unica cosa della giornata ad averti dato un pizzico di sollievo» ipotizza lui.

Mi ha descritta meglio di come potessi fare io. Faccio spallucce e gli faccio un po' di posto sul divano, accanto a me.

«Tra poche ore dovrai prepararti, lo sai?» domanda poi con una nota di incertezza a intaccargli la voce profonda.

Pensa che lo abbia dimenticato? Magari.

«Non ci voglio andare» replico come una bimba che vogliono portare a tutti i costi dal dottore. Mando giù altro gelato alla vaniglia per rincuorarmi.

«Non ci andare, allora» concorda con me, togliendomi il barattolo dalle mani per continuare quello che avevo iniziato io. Glielo lascio solo perché ho perso l'appetito a ripensare a quella maledetta cena.

«Non posso. Kara ci rimarrà malissimo e sono sicura che abbia avvertito pure la madre del mio arrivo. Si saranno allargati a tavola solo per fare posto a me. Passerei per una maleducata oltre che codarda» controbatto, sprofondando ancora di più nel divano. Il mio orgoglio impugna la spada contro la paura.

"Non capisco che differenza faccia. Lo rivedresti comunque in azienda!"

Questo è vero.

«Allora vai.»

«Certo che sei veramente di grande aiuto» lo rimbecco riprendendomi il barattolo e il cucchiaio.

***

Esco riluttante dalla vasca. Mi avvolgo l'asciugamano intorno al corpo e mi accingo ad asciugare la massa castana che ho al posto dei capelli.

Mezz'ora dopo sto sistemando il trucco, applicando un ombretto marroncino sulla palpebra e finendo con una linea di eyeliner e un doppio strato di mascara. Finiti gli occhi, passo alle labbra che esalto con un rossetto color prugna.

Infilo le décolleté nere in vernice e mi accosto allo specchio con sguardo critico. Indosso un semplice ed elegante tubino nero che evidenzia i punti giusti. Si ferma poco più su delle ginocchia. Il pizzo sporca il mio giro vita e l'orlo. I capelli danzano morbidi sulla schiena e le spalle.

Spruzzo il profumo vicino la nuca e sui polsi. Sono pronta.

Esco dall'armadio una pochette argentata e ci metto dentro chiavi di casa e telefono. Scendo al piano di sotto, facendo attenzione a non ruzzolare giù malamente.

Due ragazzi con gli occhi sbarrati mi attendono in cucina.

«Merda...sei...wow!» sospira il mio coinquilino, avvicinandosi con un sorriso sghembo, dandomi insieme alle chiavi dell'auto anche un bacio sulla guancia.

Lo ringrazio, facendogli presente di non esagerare.

Simone mi saluta e io ricambio, apprezzando anche i suoi di complimenti.

«Ti salterei addosso, ma mi frena il fatto che sono gay», continua a lodarmi e io scuoto la testa e gli schiaffeggio un braccio.

«Divertitevi», li saluto.

«Anche tu», mi fa l'occhiolino Luke.

Divertirmi? Non penso sia l'emozione che mi attenderà dinanzi i cancelli di casa Miller. Tutto fuorché quella.

Lascio perdere la sua provocazione solo perché sono in mega, super ritardo.

Entro in macchina e nel preciso istante in cui ingrano la prima, freno e tolgo le chiavi dal riquadro.

Appoggio la testa sul manubrio, chiudo gli occhi, inspiro e riparto. Posso farcela. È solo una cena e posso filarmela quando voglio. Nessuno mi obbliga a rimanere oltre. Basta solo che non mi avvicini a lui e non lasci che mi destabilizzi come stamattina.

Non ricordavo che la strada per arrivare alla villa fosse così lunga, sebbene questa sia una cosa positiva per i miei neuroni, così che possano trovare una via di fuga con maggiore calma, in caso dovesse andare storto qualcosa.

Svolto a sinistra, accarezzando il manubrio della Dacia vecchio stampo di Luke, come a confortarla dalla decina di curve in salita che ci attendono. Inizia la tortura. I ciottoli del sentiero fanno rimbalzare l'abitacolo, sballottandomi dal posto a sedere. Per fortuna la cintura di sicurezza mi tiene ferma.

Non ricordavo nemmeno tanto difficile questo percorso e forse perché l'ultima volta che sono stata qui sono andata via con la vista offuscata dal pianto e non devo essermi preoccupata molto dei ciottoli a fare da tappeto.

Parcheggio e prendo dal sedile del passeggero la borsetta. Appena metto piede fuori dalla macchina, capisco che mi sono dimenticata la giacca. Al momento si sta bene, ma più tardi la temperatura si abbasserà. Spero vivamente che la cena si tenga all'interno. Giro la testa a destra e a sinistra e mi metto a contare le altre auto parcheggiate. Realizzo solo poco dopo che non si tratta di una cena di famiglia, ma di una vera e propria festa.

Sono proprio di fronte al cancello. Quanti ricordi legati a questa villa. Batto le palpebre come a scacciarli.

Candele profumate arricchiscono l'imbocco, illuminando il cammino agli ospiti. L'odore di timo mi stuzzica piacevolmente le narici mentre le attraverso.

Poste sopra la mia testa, appese a fili trasparenti, una serie di lanterne segue un preciso percorso che giunge in un viluppo armonioso al centro del giardino.

Solo il primo piano della villa è illuminato completamente mentre l'altro si trova al buio, lì dove ci sono le camere.

Gli invitati sono sparpagliati in tutto il giardino e vivacizzano la serata con le loro conversazioni briose.

Il timbro armonico di una donna che canta mi arriva dritto al cuore, aiutandomi un poco a placare la tensione.

Il mio sguardo vaga per tutta l'area in cerca di Kara. Non la vedo da nessuna parte, ma per mia sfortuna mi imbatto in qualcos'altro. Qualcosa di estremamente peggiore.

Strabuzzo gli occhi e quasi non inciampo per la brusca frenata che fanno i miei tacchi. Capelli biondi, viso ovale, occhi intrisi di superiorità e corpo di chi ha passato anni come capo delle cheerleader: Cora Thompson.

Un brivido, non so bene se causato dal freddo o dall'orrore, mi scorre lungo la schiena. Potevi scegliere chiunque Ian, ma non quella che ha contribuito a rendere le superiori il mio piccolo inferno privato.

Lui l'affianca ma senza rendersi partecipe delle sue chiacchiere. Si guarda intorno come se fosse più interessato a studiare gli altri ospiti.

Le gambe, senza un minimo di esitazione, fanno un passo indietro sperando di raggiungere il cancello il più in fretta possibile. Non posso sopportare di passare il mio sabato sera con quella gatta morta e il suo accompagnatore.

«Neanche morta», mormoro a bassa voce nell'esatto momento in cui una voce femminile pronuncia il mio nome a gran voce. Maledizione.

Mi volto e prima ancora di capire chi sia, qualcuno mi abbraccia calorosamente, staccandosi solo dopo un paio di secondi. Distinguo l'espressione felicemente sorpresa della signora Gilbert, la mamma di Kara.

Il suo modo burrascoso di fare fa voltare alcune teste dalla nostra parte e percepisco i suoi occhi addosso.

«Dove stai andando?» mi chiede con fare del tutto innocente.

Mi sono fatta beccare mentre sgattaiolavo via.

«A controllare che avessi chiuso bene la macchina» sputo fuori la prima cosa che mi viene in mente.

Apre le braccia. «Ma guardati! Sei uno splendore!» strepita con un sorriso giovale dipinto sul volto spigoloso.

«Buonasera, Mrs. Gilbert», la saluto come si deve, tirando fuori il sorriso più convincete di cui sono attrezzata.

Arriccia il naso, come contraria a qualcosa, e questo marca maggiormente la somiglianza con la figlia. «Non accetto che tu mi chiami per cognome. Sono solo Caroline per te, tesoro», sollecita e questo mi riporta a questa mattina con July. «Tutti qui mi chiamano signora, e vorrei un viso amico che non lo faccia» continua in un sospiro sommesso.

Glielo concedo. «Con piacere, Caroline. Anche io ti trovo in perfetta forma» commento ammirando l'abito rosso acceso che le ricade morbido fino alla caviglia, velando un paio di scarpe con il tacco dello stesso colore. «È tutto davvero molto bello» aggiungo riferendomi a come è stato organizzato il giardino.

Attorno agli occhi azzurri e alla bocca nascono piccole rughe di contentezza. Mi ringrazia, svelandomi che ha quasi fatto perdere la pazienza al marito per la sua insoddisfazione nei preparativi che si è presentata persino all'ultimo giorno.

«Haily!» strilla Kara, attirando ancora di più l'attenzione su di noi. Spunta da dietro la madre e mi abbraccia.

La stringo a me. «Una cena di famiglia, eh?» bofonchio in tono accusatorio, lasciandola andare.

Si stringe nelle spalle. «Una cena di famiglia? Ho detto davvero così? Devo essermi sbagliata», sorride impacciata mentre io la fulmino con lo sguardo.

«Ragazze, io vi lascio e corro dentro a controllare che tutto sia pronto per la cena», si dilegua Caroline, ma non prima di avermi ringraziata per essere venuta alla sua festa.

«Kara?»

Ci voltiamo in direzione di un uomo che la saluta con la mano e le fa segno di avvicinarsi. Peccato che sia nel gruppo di Ian e la iena coi capelli biondi.

Ho sentito bruciare i suoi occhi nella mia pelle da quando mi sono messa a parlare con la sua matrigna e da allora non ha smesso di fissarmi. Lo stomaco mi si attorciglia proprio come i fili che tengono le lanterne.

Avverto una mano sotto al mio braccio. «Haily, devo farti conoscere una persona.»

«Io non penso sia una buona idea. Perché non vai tu e poi mi raggiungi?» le dico frenandola immediatamente. I piedi non mi si spostano di un centimetro.

«Al contrario, io trovo che sia una buonissima idea», non si arrende. «Sei mia ospite, e voglio farti conoscere tutti.»

Sto per ribattere, ma me lo impedisce.

«Non controbattere. Vieni e basta!» esclama seria, tenendo salda la presa. Mi ero scordata la sua cocciutaggine.

Annuisco in una conciliante rassegnazione e la seguo con il batticuore. Inspiro a fondo per calmare i battiti impazziti.

"Testa alta, tesoro", mi riprende la mia coscienza e con una mano mi porto i capelli indietro e li guardo.

Incrocio lo sguardo di Cora. Intravedo negli occhi chiari la sorpresa, lo sconcerto, ma si affretta a mascherarli con la sua solita faccia boriosa.

"Non si è proprio addolcita."

«Scusate il ritardo». Kara si gira completamente verso quelli che per me sono solo sconosciuti, dando le spalle al fratello, a Cora e alla cugina di quest'ultima, Anita.

Di che mi ricordi, Anita segue la cugina sin dai tempi del liceo. Se volti lo sguardo in un angolo e vedi una delle due, sai che poco lontano c'è pure l'altra. Anita ha sempre seguito le orme di Cora, perciò è smorfiosa almeno quanto lei.

«Lei è Haily, una mia carissima amica», mi presenta a loro, che socievoli mi stringono la mano. Un ragazzo la tiene nella sua per un tempo assai più lungo degli altri.

«A noi non la presenti?». Ian interviene con fare brusco, spostandosi alle mie spalle.

Alex, l'ultimo ragazzo a stringermi la mano, fa un passo indietro e osserva intimorito il moro.

«Ma noi la conosciamo già» squittisce Cora e con il tempo la voce pare si sia fatta più acuta. Non è altri che un fastidioso ronzio nelle orecchie.

«Dove vi siete conosciute?» domanda un'altra ragazza di cui ho già dimenticato il nome.

«A scuola. Bei vecchi tempi, vero Lali?», mi perseguita con la sua cattiveria e io schiocco la lingua per il fastidio di quel nomignolo che mi ha affibbiato sin dal primo anno di superiori.

Anita scoppia a ridere, fermandosi solo per l'occhiataccia che le lancia Kara.

Lali, ovvero: L come larva; A come anormale; L come lercia; I come inadatta. Io ero Lali per lei e i suoi barboncini che la seguivano ovunque.

«Forse mi sono persa» continua la donna dalla lunga scollatura sulla schiena, avvertendo che qualcosa non va nelle nostre espressioni. Guarda confusa Alex che in risposta alza le spalle.

«Oh, è solo un carinissimo nomignolo con cui abbiamo battezzato Haily in quegli anni» spiega soffermandosi su di me a chiedermi se anche io lo trovo bello.

«Lo trovo veramente aggraziato. Aggraziato proprio come la ragazza che lo ha inventato» rispondo con il sorriso più zuccheroso di cui sono capace.

Gli occhi di Cora si chiudono in due piccole fessure e le labbra hanno un leggero spasmo mentre si accoccola nella giacca di Ian per avere conforto. Lui la scansa via malamente.

Mi guarda con uno sguardo illeggibile: non è disprezzo né disgusto. Allora cos'è?

Un cameriere arriva con un vassoio pieno di calici di champagne. Kara lo prende per me e per se stessa.

Poco dopo mi allontano da loro con una scusa. Giro i tacchi e vuoto il mio bicchiere.

La serata è partita nel peggiore dei modi, ma io ne sono uscita.

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