Colleghi Per Caso

By Mss_Grigori

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[IN REVISIONE] Quando Haily decise di iscriversi alla Boston University fu, principalmente, per iniziare da... More

Domanda❓
𝑷𝑹𝑶𝑳𝑶𝑮𝑶
𝐂𝐀𝐏𝐈𝐓𝐎𝐋𝐎 𝟏
𝐂𝐀𝐏𝐈𝐓𝐎𝐋𝐎 𝟑
𝐂𝐀𝐏𝐈𝐓𝐎𝐋𝐎 𝟒
𝐂𝐀𝐏𝐈𝐓𝐎𝐋𝐎 𝟓
𝐂𝐀𝐏𝐈𝐓𝐎𝐋𝐎 𝟔
𝐂𝐀𝐏𝐈𝐓𝐎𝐋𝐎 𝟕
𝐂𝐀𝐏𝐈𝐓𝐎𝐋𝐎 𝟖
𝐂𝐀𝐏𝐈𝐓𝐎𝐋𝐎 𝟗
𝐂𝐀𝐏𝐈𝐓𝐎𝐋𝐎 𝟏𝟎
𝐂𝐀𝐏𝐈𝐓𝐎𝐋𝐎 𝟏𝟏
Novità❤️
CARTACEO

𝐂𝐀𝐏𝐈𝐓𝐎𝐋𝐎 𝟐

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By Mss_Grigori

Canzone del capitolo: My dilemma is you (Selena Gomez)

"Non ho voglia di mettermi una gonna", avevo detto.

Eccomi qua. Sono di fronte la Miller Enterprise, l'azienda che si occuperà di me per i prossimi sei mesi, e se farò colpo –come sottolineato dal mio professore di economia – è possibile che possano pensare a me come una futura impiegata.

Ammiro affascinata la struttura, come Jack nel fagiolo magico contemplava la pianta di fagioli, sollevando la testa per vederla sino in cima. Wow.

Grandi vetrate oscurate si ergono lungo l'edificio che in tutto ha ventitré piani. Due enormi porte scorrevoli, in vetro trasparente e ornate con il logo e il nome dell'azienda, mi invitano a farmi avanti.

Sarebbe un sogno lavorare per un posto di cotanta importanza. Papà ne sarebbe fiero.

Per questo ho finito per dare retta ad Arden, che ieri sera mi ha stressata per indossare una gonna a tubino.

«Che differenza fa?» le ho chiesto, e lei mi ha risposto di fidarmi e basta. Ho deciso che non sarebbe cambiato nulla se avessi indossato una gonna e così ho fatto.

Mi do un'ultima sistemata lisciandomi i capelli dietro le spalle, passando una mano sulla camicetta bianca per controllare di aver chiuso tutti i bottoni, e infine silenziando il cellulare.

Riempio i polmoni d'aria, mi stringo la borsa al petto ed entro. I tacchi battono contro al marmo, echeggiando nella hall, facendo scattare la testa a una signorina con i capelli biondi perfettamente trattenuti in uno chignon, seduta dietro un bancone. È la segretaria.

Si alza per accogliermi e vedo che ha indosso un completo simile al mio. Quando sono sul punto di raggiungerla, un uomo mi supera da dietro e la chiama a gran voce. Il suo nome è Katie. Lei alza l'indice e sorride per chiedermi di aspettare. Li osservo mentre si scambiano dei documenti e la ragazza, che potrebbe avere la mia età, annuisce a ogni frase imperativa dell'uomo.

«Lei è la signorina Haily Anderson?», si accerta quando arriva finalmente il mio turno, controllando una serie di documenti che dovrebbero avere a che fare con me.

Annuisco, spostando il peso da un piede all'altro.

«Si accomodi pure in una di quelle poltrone laggiù», mi indica un'elegante sala di attesa proprio al centro della stanza. «Ho già informato Mr. Miller del suo arrivo. A breve arriverà per guidarla in un tour dell'azienda» mi spiega con il sorriso.

«Non so molto bene come funziona, ma al college mi è stato accennato che non devo aspettarmi la visita del capo dell'azienda al mio primo giorno» balbetto a disagio per l'incontro immediato con il fondatore dell'azienda. La prima impressione è tutto in posti del genere.

«È corretto. Solitamente rientra nei miei compiti informare gli stagisti di come si lavora qui, ma Mr. Miller ha dichiarato di volerla accompagnare lui stesso alla scrivania che occuperà per metà anno», fa chiarezza.

Sebbene la cosa non mi metta meno ansia, decido di non tartassarla con altri turbamenti, finendo per accomodarmi su una delle morbide poltrone.

Mi porto i capelli dietro le orecchie ed esploro con gli occhi la sala. Il design è moderno; non c'è traccia di esorbitante o esagerato in questo posto. Tutto sembra al posto giusto.

La punta della décolleté batte sul pavimento con fare nervoso.

La voce della segretaria rimbomba nell'ingresso quando mi avvisa dell'arrivo del signor Miller. Non riesco a scrollarmi di dosso questa strana sensazione di familiarità con tutto ciò che mi attornia, benché io non sia mai stata qui.

Mi affretto a mostrare uno dei miei migliori sorrisi e mi alzo, rassettandomi la gonna.

«Benvenuta alla Miller Enterprise, signorina Anderson», una voce conosciuta mi arriva da dietro. Mi volto, stranita, ma pronta a rispondere al benvenuto con un saluto.

Il rumore della mia borsa che cade è l'unica cosa che sento perché le corde vocali si paralizzano, così come il corpo.

È impossibile.

Sgrano occhi e bocca, incredula. Ma cosa mi ha detto la testa quando ho accettato di lavorare qui? Miller Enterprise come Ian Miller. Cazzo, Haily! Perché diamine non ci hai pensato?

Mi irrigidisco sotto al suo sguardo indagatore.

Ian non sembra affatto sorpreso visto il sorriso lascivo e gli occhi abbagliati dalla malizia. È identico a quando l'ho lasciato alle superiori, tranne per alcuni accorgimenti. Innanzitutto, il completo blu da uomo d'affari che gli evidenzia l'ampiezza delle spalle e delle braccia. I capelli castani non sono più arruffati, ma sistemati all'indietro con il gel, e pare essersi alzato di qualche altro centimetro. Il resto è come lo ricordavo. Occhi colore del prasio, magnetici e criptici. Il classico ghigno che gli aleggia sulla bocca, rendendolo affascinante, e mento appena sbarbato.

Si avvicina di un paio di passi fissandomi negli occhi, piegandosi per prendermi la borsa.

Cavolo, Haily. Puoi chiudere quella bocca e reagire?

Si alza lentamente e si morde le labbra, accarezzandomi con lo sguardo le gambe nude.

Ho le guance in fiamme, e il cuore non è in uno stato migliore.

La borsa che mi porge sembra pesare un quintale rispetto a prima. Mi prende completamente alla sprovvista, baciandomi una guancia. Il cuore mi salta in gola.

«Ci rivediamo, ragazzina», mi sussurra all'orecchio.

Dopo i cinque minuti più lunghi della mia vita, decido di reagire. Chiudo la bocca e assottiglio gli occhi.

Non pensare al passato. Non ci pensare.

A salvarmi da questa situazione è un uomo più anziano e robusto che si accosta a noi con aria serena.

«Mr. Miller», lo saluta con un cenno di rispetto. «Vedo che ha già conosciuto la nuova stagista», si blocca e mi guarda, chiedendomi con lo sguardo il mio nome.

Glielo dico, anzi glielo sussurro: «Haily Anderson».

«Proprio adesso» ribatte lui mentendo.

«Le farà vedere lei stesso l'azienda?»

«Assolutamente» risponde lui senza smettere di fissarmi, inumidendosi le labbra. L'uomo annuisce e io vedo la mia unica ancora di salvezza prendere l'ascensore e scomparire.

Mi fa cenno di seguirlo, e sebbene io sia completamente contraria a farlo, so che mi tocca. Stiamo parlando di un tirocinio troppo desiderato per rinunciarci a causa sua.

«Cerca di tenere il passo» asserisce con aria seria. Come se fossi un gigante abnorme come lui. Sono la metà e non ho neanche le sue stesse scarpe basse.

Il tono di voce si fa professionale quando inizia a spiegarmi da quante persone è composto ogni livello, l'organizzazione aziendale e persino l'importanza del ruolo di ciascuno. Infine prende a parlare della parte commerciale, che è nel mio principale interesse. Parla così velocemente che fatico a stargli dietro, ma per fortuna mi trovo nel mio ambito.

Devo mettere in pratica tutto ciò che ho studiato e sto studiando. Sono terrorizzata, ma anche elettrizzata.

Entriamo in un altro ascensore e raggiungiamo i piani superiori. Avrei voluto fare le scale, ma dieci piani con i tacchi non sono una scelta allettante.

«Sei cambiata» dice nel momento in cui le porte di metallo si chiudono. Lo ignoro e continuo a guardare davanti a me.

«Hai perso la lingua, ragazzina?» mi stuzzica, e devo fare appello a tutta la mia forza per non girarmi e tirargli un ceffone.

Sei mesi a lavorare per lui. Sei stupidissimi mesi in confronto ai quattro anni di puro inferno alle superiori.

Sì, ce la farò. Indubbiamente.

Dopo gli ultimi chiarimenti, torniamo ai primi piani. Mi indica il mio ufficio, e per fortuna vengo a sapere che il suo si trova tredici piani più in alto.

Entro e mi guardo intorno. Il mio primo ufficio, penso tra me.

I raggi del sole attraversano la grande vetrata.

«Seguirò io il tuo tirocinio e mi aspetto serietà. Vedi di fare il tuo lavoro al meglio» dice a braccia conserte fuori dalla porta.

«Non rallenterò né te né l'impresa, tranquillo» sibilo appoggiando la borsa sulla sedia girevole. «Da dove comincio?»

Ian mi guarda accigliato. Io lo fisso seria. Entra nella stanza, dirigendosi a grandi falcate verso di me. D'istinto arretro e lui sorride beffardo. «Sì, sei proprio cambiata, Anderson.»

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