Quel che resta della città [E...

By YoungAstoria

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Emilia ed Eric non sono fratelli e nemmeno parenti. A legarli è una convivenza feroce, forzata dall'amore tr... More

1. L'ora di punta
2. Il bicchiere di troppo
3. Eric
4. Il peggiore dei risvegli
5. Eric
6. Il bar sulla quarantaduesima
7. Eric
8. In memoria di S. T. Hammon
9. Eric
10. Ciò che abbiamo imparato
11. Eric
12. Casuali atti di gentilezza
13. Eric
14. Di tutte le nostre sfide
15. Eric
16. La festa nel Queens
17. Eric
18. Se una notte d'estate
19. Eric
20. E fu la luce
21. Eric
22. Quando tutto è già scritto
23. Eric
24. Quando tutto è ancora da scrivere
25.1 Eric
25.2 Eric
26.1 A porte chiuse
26.2 A porte aperte
26.3 Fuori
27. Eric
28. Emilia
29. Eric
30.1 Dei nostri giorni
30.2 Delle nostre notti
31. Eric
32. Eric
33. Emilia
34. Gli ODD
35. Morgan
36. Eric
Resilienza - Astoria
37.1 Taxi Driver
39. Che Dio Tassista
40. Lo stramaledetto after
41. Quel sarago di Ronald
42. The Schimanski 1/2
42. The Shimanski 2/2
43. Eric
44. Em & Eric
45. Entropia
46. Eric
47. Quando verrò a cercarti
48. Fatherly
49. Eric
50. The Whistleblower
51. Eric
52. Antichrist
53. Eric
54. Come corpo morto cade
55. Il punto di fuga
56. Farewell, Mr. Cook
57. Ogni cosa è rovesciata
58. The truth untold
59. Eric
60. Rendering

38. Eric

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By YoungAstoria

«Ce ne andiamo, cazzo».

È una dichiarazione di guerra, e Morgan lo sa. Sorride, scuote la testa, sospira.
Che c'è? domando, e lei mi rifila quella smorfia - la divertita rassegnazione di chi mi conosce bene, di chi mi conosce tutto.

Em se l'è mangiata il buio, l'ha inghiottita la pancia gialla di un taxi vagabondo; sfumata, un incubo sgualcito in una notte di mezza estate. Io sono rimasto qui fuori a rattopparmi, ad ansimare nell'odore spregevole dei suoi passi fuggiaschi, tra macerie di baci spezzati, nati morti; finché Morgan mi ha raggiunto. Siamo rimasti soli, io e lei, in questo vicolo imbrattato di piscio e marmitta, a farci scorticare la pelle dal sudore della Città. In silenzio.

Fa un casino, la notte di New York; fa bollire l'asfalto, picchia sui muri, si scopa la vita, e a me piace da matti questo teatro degli errori, ma è lei - Em - a divorarmi i timpani, a straziarmi le orecchie con parole spaccate, morte nella carne come dardi troppo pigri.
Morgan mi spaccia una dose di pace, una quiete che non voglio ma da cui dipendo. Si è chiusa l'inferno alle spalle, mi ha dato una birra e una spalla in cui sparire. Mi guarda poco, ha paura di vedermi piangere per una tequila di troppo, lei che ha raccolto tutte le mie lacrime e ne ha fatto una fontana che non accende mai.
È triste, è bellissima. Una sposa dimenticata all'altare. C'è qualcosa di prezioso, di solenne nel modo in cui si porta dietro quello strascico di dolore, cucito tra le scapole come ad un angelo, una martire, una vedova.

«Sei sicuro?».

«Cazzo, sì».

«Come vuoi».

Morgan si arrende, leva dalla strada quel suo corpo che troppe volte ho leccato, baciato, spolpato.
Sei uno stronzo, Eric.
Come se non sapessi che mente, quando giura di non soffrire.
Come se non sapessi che stai mentendo, quando giuri di crederle.

Lo Swatch di Guerre Stellari che mi ha regalato Phil a Natale è pericolosamente vicino alla mezzanotte.

«Dobbiamo muoverci. La Morte Nera sta arrivando».

Morgan ride forte, troppo, la birra le sfugge dalle labbra, le macchia la pancia scura, scoperta senza pudore. Potrei asciugargliela, darle un amore gentile, di quelli che non rompono piatti né dormono sul divano, di quelli che si mettono in una cornice d'argento, in salotto, ad invecchiare. Potrei.

«Sei una merda, hai appena paragonato tua sorella ad un'arma di distruzione di massa».

«Tu non conosci Em, potrebbe ordire un genocidio senza troppe difficoltà - sopratutto durante l'ovulazione».

«Non dovrebbe essere più felice, durante l'ovulazione? Avere capelli lucenti, una gran voglia di vivere?».

«L'unica cosa lucente che possiede è il premio stagista dell'anno appeso al muro in camera da letto, quindi no. Della voglia di vivere parleremo in un altro capitolo, adesso vuoi gentilmente seguirmi? Ti porto in salvo».

O almeno ci provo.

«Aspetta un attimo!».
Il cipiglio di Morgan tradisce sospetto, i conti non le tornano. Improvvisamente mi guarda come se avessi pugnalato sua nonna nel sonno.
«Sai che tornerà e nonostante questo vuoi andare via. Tu non la stavi aspettando. Tu vuoi farla incazzare!»

«Sei sveglia, ragazzina».

La sua è una risata incredula, di pancia, rimbalza sulle sudicie pareti di mattone di questa piaga da decubito urbana in cui siamo nascosti; Morgan scuote la testa, mi spintona, ma finalmente abbandoniamo la torre di guardia. Il battito della Città riprende a ronzarmi nelle viscere.

«Ci credo che non ci sta, Eric. A volte sei davvero un coglione».

«Invece ti sbagli, Morgs, perché io l'ho quasi avuta».

«Quasi?».

Quasi.
Come un fiocco di neve sulla lingua.
Una piccola morte, struggente come una cantilena. Come un sogno smembrato dal Sole, come il bosone di Higgs, come morsi di vento.
Così ti ho avuta, Em.
Il gracile possesso delle cose incontenibili, l'illusorio controllo della vita straripante. Poche frazioni di eternità. La parte per il tutto.

E non per peccare di superbia, ma se avessi un penny per tutte le volte che ti ho quasi avuta, Emilia Wright, tormento dei miei giorni, a quest'ora sarei comunque povero, ma almeno un cazzo di caffè me lo avresti offerto.

«Devi dirmi la verità» incalza Morgan, impaziente come i clacson sulla trentaquattresima, «sapevi che non sarebbe rimasta, vero? Non dopo quello che le hai fatto».

«Andiamo, l'ho solo spinta con l'inganno sul palco di una cover band hardcore con indosso una maglietta dei Take That. Qualsiasi fratello lo farebbe».

«Non fare lo stronzo, sai cosa intendo, Eric».

Sì che lo so, ma tu non dirlo, amica mia.

«L'ha fatta sentire... amata».

Sei tu, Morgs, l'iceberg contro cui collido ogni volta, che incrino, ogni volta. Ce le avevi sotto la lingua quelle parole, a ferirti come spine, bruciare come proiettili, ma ogni volta che spari, sei tu a morire.
Vorrei dirti tante cose, Morgan.
Cose di Em, verdi e sporche come i suoi occhi paludosi, come le sue ginocchia storte da bambina, montate sul corpo di una donna più vecchia dei suoi anni. Cose di noi due che ancora non so, cose che bramo e cose che amo tanto da sentire che mi spezzano le costole. Potrei dirtele, ma a caro prezzo. Che t'importa poi, di vederla come la vedo io, di amarla come la amo io, inconsistentemente, a volte forte, a volte di nascosto, la marea con la battigia.
Cosa te ne fai dell'Amore degli altri? Tu vuoi un amore tutto tuo.

«Em è... ostile a certe cose» sussurro, divertito al pensiero di quella creatura ritrosa, dal modo buffo in cui si dimena.

«È normale, all'inizio. L'ostilità. Uno ha, sai, bisogno di starsene un po' solo, dopo. Leccarsi le ferite. Tutto quell'amore deve averla stesa». Ride piano, un rantolo di morte viene fuori involontario, traditore. È un canovaccio storpio, fa acqua da tutte le parti, questa disperata amicizia che ci appesta da anni. 

Vorrei amare te, Morgs.

Sarebbe così facile, come un tuffo al mare d'estate. Veloce, divertente, come zucchero filato in una domenica di fiera. Staremmo bene insieme, io e te. Così simili, due foglie dello stesso albero, due pesci dello stesso lago. Saremmo simpatici, una coppia mista di fotografi di Downtown, con un passato abbastanza burrascoso alle spalle e tragedie familiari di varia natura a renderci più interessanti. Avremmo molti amici - pittori, intellettuali, gente che è stata a Sarajevo - tanti figli e un cane, un golden retriever di nome Becca, e faremmo sempre l'amore, perché il tuo corpo è un grano di caffè ed io amo il caffè, e farei sempre l'amore con te, perché tu sei fatta per essere amata, Morgan. Chiunque ti amerebbe, chiunque potrebbe amarti. Sarebbe così facile.
Em non è così, invece. Ti ci devi infilare come in una vecchia mansarda polverosa, come in un cripta, e farti graffiare le braccia dalla roccia, mancare l'aria, sudare, forse morire. Certamente morire.

«Come fai ad essere sicuro che tornerà?» domanda, svuotando sull'asfalto la birra calda.

«In realtà è semplice. Io ho le chiavi».

«Sei sempre così ermetico, Larsson. Sei nato nell'epoca sbagliata».

«Sono serio, Morgan. Io ho le chiavi di casa. Non può entrare, senza di me».

Ridiamo per un tempo che sembra infinito, come solo noi sappiamo fare, e dopo ce ne stiamo in silenzio, ed anche in quello ce la caviamo piuttosto bene.

«Cosa pensi che ne farete, di tutto questo? Quando la partita sarà finita, intendo. Uno dei due dovrà pur vincere. Che ne farete dei pezzi?».

Li raccoglieremo, Morgs; li metteremo via, come si fa con le cose della vita che ci hanno reso quel che siamo, coi peluche e i denti da latte e l'apparecchio, con le rotelle della bici, e tutte quelle cose sacre che ci hanno tenuto in piedi, e che ci terranno in piedi nelle notti peggiori, quando la Luna sarà una mannaia nella pancia e le stelle sembreranno spente.

Ma ci penseremo domani, non oggi, non stanotte.

Il mio cellulare cinguetta.
Non sei tu, Em, ma la tua foto galleggia nello schermo.
Poche cose al mondo mi intristiscono quanto il profilo Facebook di mia sorella. Per intenderci, la sua immagine di copertina è una foto scattata senza troppo successo ad una vecchia istantanea del suo maledetto pesce rosso, Stakeholder.  L'immagine del profilo, udite udite, ritrae una giovane ma già algida Emilia in una solitaria gita alla Borsa di Wall St.

Il mio like si è aggiunto per sbaglio a quello di altri dodici idioti (Phil, mia madre, Ronald, la mamma di Ronald, l'indiano che vende falafel al World Trade Center, il pakistano che vende hot dog al World Trade Center, Rosario la donna delle pulizie del palazzo in cui lavora Em, la pagina pubblicitaria della Maratona di New York alla quale Em non ha mai donato neppure un penny, il profilo Snapchat della Borsa di Wall St ed un ragazzo inglese di nome Scott che le faceva il filo finché lei non le ha detto che non avrebbe mai avuto niente a che fare con un dannato figlio di schiavisti).

Ricordo che Em si è infuriata - detestava tanto quel like involontario che mi ha segnalato per contenuti inappropriati - così invece di toglierlo, l'ho lasciato.

Ciao Eric! Tu e Emilia Wright avete stretto amicizia su Facebook un anno fa. Abbiamo creato questo video per celebrare la vostra amicizia.

«Un anno fa? Vivete nella stessa casa da dieci anni!».

«Lascia stare, una notte l'ho beccata che pubblicava video porno dal mio profilo».

Una scimmietta blu che mi ricorda mia sorella adagia un vinile su un giradischi.

I nostri momenti migliori, Em.
Scatti sgraziati e splendidi; foto di te che rifuggi l'obiettivo, delle tue mani furiose sulle lenti, dei tuoi occhi radiogeni che mi hanno fatto ammalare; foto in posa, io e te che ci comportiamo bene al Ringraziamento, io e te che ci lanciamo il ripieno al Ringraziamento. E il ricordo di una giornata in piscina, di quelle smagliature ancora fresche che affondavano come radici nelle tue cosce sbiadite dall'inverno - taggami e ti ammazzo, Eric!

«Questa è davvero... commovente».

Morgan blocca lo schermo. È quella foto in spiaggia, a Coney Island. La nostra prima giornata in famiglia, al Luna Park, il mare era una furia quel giorno. Te lo ricordi, Em? Era incazzato quasi quanto te. Guardaci, intirizziti dal vento e dalla pubertà, nascosti nei nostri scomodi corpi da quindicenni, sacchi di carne in cui galleggiava il più grande dei terrori - essere felici, di nuovo, e soffrire, di nuovo.
E Phil e Céline, a suggellare con abbracci vischiosi il patto bizzarro della nostra famiglia, un rifugio per superstiti, per resti bruciati. Siamo noi, gli avanzi di una cena che qualcuno non ha finito.
Non ci incastriamo, Em, lo sai anche tu - siamo tasselli orfani di un mosaico perduto - eppure in quel tuo sorriso scheggiato dalla rabbia ho visto il mio destino. In te che esisti anche quando non vuoi, nella punta del tuo naso allergico alle graminacee, nel taglio sul labbro che ti tormenti quando hai paura.
Sei la mia America, Em, il mondo che non pensavo di poter scoprire.

Un'altra foto sullo schermo, il petto di Morgan si gonfia di una nuova risata. Sei tu che mi metti i bigodini nel sonno - il giorno dopo sembravo Mrs. Doubtfire.

Quanta vita abbiamo insieme.

«Leviamo le tende, Morgs. Prendiamo gli altri. Lei sarà qui a momenti».

«E il video? È simpatico, anche se Em è davvero sinistra quando ride. Pubblicalo, magari le fa piacere» suggerisce, senza troppa convinzione, «o magari si incazza come una iena». Sono circondato da donne diaboliche.

«Sei cattiva al punto giusto per esserle amica, sai?».

Oh, vaffanculo, condividi.

Il mio cellulare cinguetta.

A Philip Wright piace questo elemento.




**********
Desidero solo ringraziarvi, ma forse non sarà mai abbastanza. Mi sono barricata in un silenzio che sapeva di morte solo per scoprire quanto immensamente desiderassi tornare a vivere attraverso le parole. Non è stato facile, per niente. Queste stesse righe vengono fuori come lame dal petto. Avete fatto in modo che accadesse quello che per me ha i colori di un sogno: far vivere questa storia anche in mia assenza. Per me è un miracolo, è un segno. Il segno. Immagino sia importante finire nel posto sbagliato per capire dove si vuole essere davvero. Non l'avrei mai capito senza il vostro calore.
Chiedo scusa a chi ha aspettato, a chi si è sentito tradito, non c'è stata malizia, solo smarrimento. Grazie a chi ha aspettato, a chi ha letto, ha scritto, ha sperato, ha fatto battere il mio cuore che un posto nel mondo ancora lo cerca.
Questa storia è per voi, e sempre lo sarà, fino alla fine.
Isabella

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