Ogni volta che ti ho aspettat...

By Ruph34

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[DAL 28 Novembre 2018 IN EBOOK E CARTACEO] "Quando la tua vita ti mette davanti ad una scelta difficile, dimm... More

Cartaceo?
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Prologo
Capitolo I
Capitolo II
Capitolo III
Capitolo IV
Capitolo V
Capitolo VII
Capitolo VIII
Capitolo IX
Capitolo X
Capitolo XI
Capitolo XII
Capitolo XIII
Capitolo XIV
Capitolo XV
ADESSO BASTA.
Capitolo XVI
Capitolo XVII
Capitolo XVIII
Capitolo IX
SHADOW AWARDS ITA
Capitolo XX
Capitolo XXI

Capitolo VI

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By Ruph34

Carly's pov

Arrivò il mio terzo giorno di scuola alla Westwood. Erano ormai passati due giorni dal mio inaspettato incontro con Trevor.

Il sole era alto in cielo, c'era ancora aria d'estate, nonostante fosse quasi Ottobre.

Quello lì era il giorno della festa a casa di Ashley, non sapevo nemmeno se lui venisse. Non m'importava, o forse sì. Era difficile capirlo.

Tra la folla mattutina vidi Seth dirigersi verso la presidenza. Lo richiamai da lontano.

Si voltò di scatto e mi vide. Mi sorrise e mi fece capire che mi avrebbe spiegato tutto dopo. Sicuramente era soltanto uno stupido inconveniente, come sempre.

Seth era fatto così, nonostante fosse gay era ben voluto dalle ragazze della scuola, correvano tutte da lui.

A volte le sentivo bisbigliare nei banchi, altre durante la pausa pranzo, altre ancora persino durante le lezioni.

Seth era amato da tutte, e la pausa che Trevor diventasse come lui mi faceva ridere dentro.

Ero gelosa, forse. Non lo avrei mai ammesso. Avanzai alla ricerca di Sam tra la mischia mattutina, quando i miei occhi si incontrarono ancora una volta con i suoi.

Odiavo questi incontri casuali, mi facevano troppo male.

Anche quel giorno era come se non ci fossimo conosciuti. Si trovava davanti al suo armadietto, con lo zaino tenuto su una sola spalla.

Perché lo stavo guardando?

Scacciai gli occhi da lui e mi concentrai sull'obbiettivo iniziale: Trovare Sam e parlare della festa di Hasley.

Ma era impossibile non pensare a lui, e poi, lo faceva apposta?

Faceva finta di non vedermi, si notava benissimo, apriva l'armadietto e dalle piccole fessure spiava ogni mia piccola mossa. Era strano saperlo, ma mi ero abituata.

Trevor era una parte dimenticata di me stessa. Non potevo far finta che nulla fosse accaduto, non avrei mai dimenticato la magica sera che, inconsapevolmente, mi aveva regalato.

Era riuscito a farmi sorridere, era il primo dopo anni. Scossi la testa come per rimuovere quei pensieri dal mio encefalo, era come se stessero conquistando il mio inconscio, era foglie di una pianta rampicante, pronta a fare di me ciò che voleva.

Qualcuno spuntò di scatto alle mie spalle.

"Mi hai fatto prendere un colpo" dissi sgarbatemente a Sam

"Se ti avessi avvertita non ti saresti spaventata e, di conseguenza, non mi sarei divertita"

"Molto simpatica"

"Mai quanto te"

Sì avvicinò e mi diede un altro dei suoi tanti abbracci terapeutici.

"Dimenticalo" sussurrò

Poi andò via e io restai ferma lì, come un palo. Forse Sam mi voleva troppo bene, teneva alla mia incolumità come nessun altro al mondo, ero la sua vera migliore amica, perché sono erano stati davvero pochi quelli che potevano essere considerati tali.

Ne avevo passate tante, ma mi ero sempre rialzata. Ero una lottatrice, una guerriera, una ragazza forte e tenace. Ma ero anche un'ingenua, una credulona, una facile da abbindolare.

Io e Samantha avevamo lezioni diverse a prima ora, per questo era andata via di fretta, era la più brava della classe, non era una secchiona, le piaceva semplicemente studiare.

Ecco il motivo per cui l'ho sempre invidiata, ma mai odiata, è impossibile odiare la tua migliore amica, al massimo si può soltanto volerle più bene.

E io, in quei momenti, non potevo far altro che volerle sempre più bene. Presi il libro di filosofia dall'armadietto e lo chiusi. Davanti comparvero tutti i miei adesivi, c'erano anche quelli dell'anno prima. La scritta CARLY sovrastava il resto.

D'altronde era quasi impossibile non capire chi fosse il proprietario dell'armadietto. Sorrisi a me stessa.

Filosofia era la materia della prima ora, la prima lezione dell'anno. Ero eccitata ma allo stesso tempo spaventata, avevo sempre amato filosofia, ma ogni lezione significava un nuovo perché, e i perché nella mia vita erano già troppi.

Trevor era uno dei miei perché, forse uno dei più importanti.

Trevor era sempre stato un perché, era il suo destino, la sua vita era segnata, portava una taglia addosso, una taglia che gli sarebbe costata molto più di quanto egli potesse mai immaginare.

Sottovalutava troppo, era questo il suo più grande difetto. Lo sapevo, ero sempre stata brava a capire i difetti degli altri, tranne i miei, quelli non attraversavamo minimamente la mia testa, loro erano qualcosa da cui stare alla larga.

Camminavo nel corridoio che mi avrebbe portato nell'aula di filosofia, due aule più avanti di quella di storia, lo sapevo a memoria ormai. Mi fermai di scatto, non per pensare cosa stessi facendo, ma per chiedere a me stessa: "Perchè cavolo stai ancora pensando a lui?"

Era la verità. Io, a lui, ci pensavo.

Giorno dopo giorno, ora dopo ora, minuto dopo minuto, secondo dopo secondo.

Il mio pensiero fisso, era lui. La mia sveglia la mattina, era lui. Era la spina nel fianco che mi sarei portata per anni se non avessi fatto qualcosa.

Qual'era la soluzione al macello che si era combinato tra noi?

Ero certo che, quella sera, sarebbe venuto. Ero certa che, quella sera, sarebbe venuto per me.

Sapevo di essere anch'io il suo pensiero fisso, eravamo entrambi tormentati, trovavamo la pace soltanto nell'indifferenza.

E pensare che quello era soltanto l'inizio, un lungo anno aspettava ancora le nostre peripezie, i nostri sguardi, i pensieri mai detto rinchiuso dentro scatole di cartone.

Non è vero che ogni inizio ha una fine, e io ero pronta a dimostrarlo.

Entrai in aula e mi sedetti a ultimo banco. Era quello il mio posto quando ero sola, era bello stare lontano da tutti, gli altri erano la malattia e io la cura.

Trevor era l'antidoto al mio malessere, solo lui avrebbe potuto colmare il vuoto che si era creato anno dopo anno.

Soltanto lui poteva, e io non lo avevo, eravamo anime separate costrette a vivere nello stesso ambiente. Quanto sarebbe stato bello baciarlo di nuovo, assaporare ancora una volta le sue labbra e poterle sognare la notte.

Era questo che era diventato: un sogno. E faceva troppo male sapere di essere stata imbrogliata dal destino, di non aver aperto gli occhi prima che facesse il suo ingresso nel mio cuore.

Quante pugnalate servono per far sì che il cuore si distrugga? Che si desintegri, che non diventi altro che una manciata di frammenti senza nessuna utilità.

"E lei cosa ne pensa, signorina Jensen?" La voce della professoressa Dumper mi distrasse da tutti i miei pensieri.

"Penso che non ci sia perché a una vita piena di dolore e disperazione"

"Esatto! Bel osservazione, i miei complimenti Carly"

Non sapevo nemmeno la domanda. Eppure la mia risposta aveva centrato in pieno l'argomento.

Forse perché il dolore e la disperazione erano tutto ciò di cui il male potesse cibarsi.

Ciò che avevo capito era che il suo cuore era un cubetto di ghiaccio, destinato a sciogliersi da un momento all'altro. Soltanto un fuoco potente avrebbe potuto scongelare quel cuore e portarlo finalmente alla libertà di amare.

Trevor Butler era vittima del suo cuore. Ed era mio compito liberarlo.

La mia vita era una trappola continua, dovevo continuare a lottare, altrimenti sarei caduta dentro la rete, e sarebbe stato troppo complicato liberarsi, quando la vita ti sorprende in quel modo è inevitabile fare qualcosa.

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