Ave Caesar

By ChiaraRossi925

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#In revisione #COMPLETA Primo volume del ciclo Romae: ogni storia sarà autoconclusiva perciò non sarà necessa... More

Premessa
Booktrailer
I. Puella
II. Il Gladiator
III. Panem et Circenses
IV. Fulmen
V. Cupiditas
VI. Amor iniquum est
VII. Dis Manibus
VIII. Omnis dies festum est
X. Carmen invidiae
XI. Amor gignit amorem
XII. Vita in forum
XIII. Carpe Diem
XIV. Sexus in Suburae
XV. Flos ad te
XVI. Primus Amor
XVII. Romanus animus
XVIII. Amor non reciprocatus
XIX. Nox vigilax
XX. Apparatus
XXI. Acus discordiae
XXII. Mundus arenam est
XXIII. Optimus princeps
XXIV. Vivamus, mea Lesbia, atque amemus
XXV. Ego nolo tibi
XXVI. Tradere
XXVII. Foedus
XXVIII. Odi et amo
XXIX. Dolor et vindicta
XXX. Omnem crede diem tibi diluxisse supremum
XXXI. Dominus et libertus
XXXII. In vino veritas
XXXIII. Ego Exemplum sum
Qualche domanda per voi
XXXIV. Fides
XXXV. Veritas inventio
XXXVI. Iniquitas
XXXVII. Manumissio testamento
XXXVIII. Amor caecus
XXXIX. Dum anima est, spes est
XL. Non tradat
XLI. Audentes fortuna iuvat
XLII. Nihil difficile amanti
XLIII. Ubi gaius ego gaia
Epilogo
Ringraziamenti
Ciclo Romae
Veni, vidi, vici
Se vi è piaciuto Ave Caesar...
Extra-social
Extra-Intervista
Extra- Artwork

IX. Servus sum

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By ChiaraRossi925

La villa di Aulio Cestio Apollonio era qualcosa di così opulento e lussuoso che si faceva fatica a tenere gli occhi fissi su un oggetto per più di qualche secondo, tanta era la curiosità di catturare con la vista ogni piccolo particolare. Appena entrati si veniva accolti da un corridoio con busti di uomini politici romani.

Apollonio era stato uno schiavo perciò non aveva una famiglia romana alle spalle di cui vantarsi, come facevano spesso i suoi concittadini. Aveva così deciso di riempire casa sua, invece che con le effigi dei membri della sua famiglia - come era consuetudine - con quelli degli uomini più illustri del passato. Quei volti, la maggior parte segnati dai solchi della vecchiaia - perché i romani non si vergognavano di raffigurare i proprio difetti - con espressioni severe, misero un po' di soggezione in Castria che avrebbe preferito distogliere lo sguardo. Peccato che erano ovunque e le era impossibile fissare qualcos'altro, oltre al fatto che i loro sguardi intensi, e quasi ammonitori, la incantavano impedendole di voltarsi.

Uno schiavo aveva accolto lei e Crisante all'entrata, come tutti gli altri ospiti, e le aveva portate fino all'atrium. Lì iniziò la confusione nella testa di Castria. Non sapeva se fosse dovuta alla grande quantità di persone in quella casa, che parlavano e bevevano creando un rumore di sottofondo, o se invece era dovuto a tutte le ricchezze presenti.

Le pareti erano decorate con rappresentazioni di baccanali e di ludi gladiatori. I colori predominanti erano il rosso porpora e il celeste, così accesi che la luce delle lucerne, che rendevano visibili i disegni, accecavano la vista. la sobrietà non era certo un vizio di Apollonio. Le colonne del portico, in stile corinzio, erano state scolpite su tutta la loro altezza per ricreare dei viticci di vite che si arrampicavano fino al soffitto. E poi erano stati ricoperti di oro.

Degli enormi vasi in ceramica provenienti dall'Egitto campeggiavano anche in mezzo alla stanza, con all'interno enormi piante che raramente era possibile vedere a Roma perché di solito richiedevano un clima più caldo. Sembrava che il padrone di casa ci tenesse a far vedere quanto fosse ricco, credendo così di poter essere anche importante.

Schiavi giravano intorno agli ospiti con vassoi ricolmi di cibo e vino mentre un forte odore di olio profumato permeava l'aria. Le persone, per la maggior parte in piedi, chiacchieravano animatamente, spesso a voce alta senza curarsi del baccano che si era andato a creare.

L'impluvium, più che una semplice vasca per raccogliere l'acqua piovana, sembrava una vera e propria piscina termale tanto era grande e profonda. Sopra l'acqua erano perfino state adagiate delle ninfee bianche che galleggiavano elegantemente a pelo d'acqua. E Castria notò ogni piccolo particolare solo perché in realtà stava cercando una persona in particolare. Quando lo vide, dall'altra parte della stanza, vicino al portico, quasi ebbe un tuffo al cuore, tanto era l'emozione.

Lui era lì, bello e minaccioso, in piedi affianco agli altri gladiatori ma aveva qualcosa di diverso. Non indossava gli indumenti tipici di uno schiavo, bensì quelli di un legionario romano. Sopra la tunica rossa portava una carrozza segmentata, composta da piastre di metallo legate fra di loro, che gli copriva tutto il busto e le spalle. Per evitare che si graffiasse al collo portava un fazzoletto scuro, legato ben stretto, e sotto il mento aveva legato l'elmo, semplice ma funzionale.

Al cinturone era appeso, a sinistra, il gladio, mentre a destra il pugio*. Con la mano destra teneva fermamente il pilum*, puntato a terra come se fosse una bandiera, mentre con la sinistra si appoggiava alla scudo rettangolare. Quest'ultimo era decorato finemente in oro e sopra vi era l'insegna di una chimera. Ai piedi indossava le caligae, tipico calzare dei soldati e al polso destro un bracciale in oro.

Vestito in quel modo sembrava un vero eroe e trasmetteva fiducia e potenza a chiunque lo guardava. Non fissava nessuno in particolare, quasi fosse sicuro di essere la presenza più prorompente e significativa di tutta la stanza. Il suo era tutt'altro che l'atteggiamento di uno schiavo. Castria ebbe quasi un mancamento e le gambe le tremarono per l'emozione. Così agitata che si accorse solo qualche secondo dopo che anche il gladiatore l'aveva notata. Sul suo volto duro e segnato dalle difficoltà era apparsa un'espressione sorpresa, che presto si era tramutata in felicità. E in quel momento le sorrise. Uno di quei sorrisi che dicono tutto e niente, che ti fanno dimenticare di quello che accade intorno. Quei sorrisi per cui sai che saresti in grado di fare qualsiasi cosa. Entrambi, infatti, avrebbero voluto mangiare la distanza che li separava per incontrarsi proprio al centro della stanza. Quasi come se non fossero consapevoli di tutte quelle altre persone.

Ma furono costretti a fermare il loro istinto, perché non potevano dare spettacolo davanti a tutte quelle persone. Glielo si leggeva in faccia che soffrivano per non potersi avvicinare, perfino Crisante lo notò e sorrise maliziosamente all'amica.

"Tranquilla, avrai modo di parlare con lui" la rassicurò prima che la padrona di casa si avvicinasse a loro con un sorriso splendente. Prese la giovane lupa tra le braccia, e la baciò sulla guancia con trasporto. Quella sera indossava una veste color ocra che toccava fino terra, il suo collo era ricoperto da collane d'oro preziose e alla testa portava una parrucca di capelli colorati di un dorato acceso. La sua fisicità e il suo carattere audace la rendevano la padrona indiscussa di quella casa.

"È bello rivedervi, mie care... venite, sta per iniziare lo spettacolo!"

Castria non aveva idea a cosa si riferisse Quintilia ma non ebbe modo di chiederglielo perché la donna prese per mano Crisante e la trascinò verso il centro della sala. Così a lei non restò che seguirle, facendosi spazio tra la folla che si stava anch'essa avvicinando. Qualcuno aveva fatto posizionare un'asta di legno sopra all'impluvium così che fosse possibile passare sopra all'acqua. E proprio lì, al centro, se ne stava in piedi il padrone di casa, in attesa di avere la totale attenzione dei suoi ospiti. Sembrava quasi si sentisse l'uomo più importante di tutta Roma, ma in realtà era solo un misero liberto.

E mentre parlava, rendendo ancora più enfatiche le sue parole con dei vigorosi gesti delle mani, Castria continuò a fissare Falco, dietro al suo padrone, dall'altra parte della vasca. Ormai i loro occhi si era incontrati e niente e nessuno sarebbe riuscito a dividerli.

"Miei cari amici, siamo qui oggi per ricordare un giorno speciale ed un avvenimento che ha condizionato e ha segnato le sorti del nostro glorioso impero..." la moglie alzò gli occhi al cielo sentendolo usare quelle parole. Era sempre il solito esagerato. Di anni ne erano passati da quella brutta guerra civile, lui che ne voleva sapere di quanto fosse stata importante? Ormai per tutti era diventata più una legenda che realtà.

"Nelle calendae* di Novembre del 671 ab Urbe condita* una sanguinosa battaglia, alle porte della città, si è consumata. Aleggiava già il dissenso tra i fratelli e per questo quel giorno di tanti anni fa la fazione degli Optimates*, sostenitrice di Lucio Cornelio Silla e capeggiata da lui in persona, sfidarono quella dei Populares* sostenitori di Mario, fiancheggiati dai Sanniti e dal loro condottiero Ponzio Telesino" fece una breve pausa prima d'indicare Falco, che sembrava pronto a scattare, e continuò: " Questa sera, per ricordare quella battaglia, simbolicamente un soldato sillano combatterà contro uno mariano" finì indicando un gladiatore dalla stazza possente, che grugnì in risposta come se fosse un animale.

Solo all'idea che Falco avrebbe dovuto combattere contro di lui Castria ebbe un brivido ma poi si ricordò che nella storia erano stati i Sillani a vincere, quindi Falco non correva alcun pericolo. Anche se il suo avversario aveva l'aria di uno agguerrito. Apollonio lasciò il posto sulla passerella ai due uomini, così pesanti che l'asse di legno faticava a tenerli tutti e due e si piegava in modo inquietante verso il basso.

Per qualche istante, che per i presenti sembrarono ore infinite, i due avversari si guardarono, studiandosi a vicenda. Castria non riusciva a spiegarsi e a dare un nome a ciò che provava quando vedeva Falco combattere. Senz'altro era preoccupata per la sua vita, e sperava che non gli succedesse nulla di male.

Per questo non sarebbe mai riuscita ad accettare i giochi gladiatori, perché non poteva credere che una vita valesse così poco. Soprattutto la vita di uomo come Falco. Non poteva neanche immaginare come si sarebbe sentita se fosse morto.

Ma non poteva negare che una parte di lei era estremamente attratta ed eccitata nel vedere Falco scattare e combattere usando tutta la sua forza e la sua astuzia. Perché lui non era solo energia bruta, era anche cervello. Le sue tattiche di combattimento erano le migliori, per questo non perdeva mai. Lo aveva visto combattere solo due volte, compreso l'allenamento, ma aveva capito che era un tipo molto paziente. Lasciava che fossero sempre i suoi avversari a fare i primi passi, nel frattempo li studiava per trovare il momento giusto in cui colpire.

Anche quella volta usò la stessa tattica, rimanendo al suo posto e facendo roteare il gladio nella mano, con un gesto così piccolo e leggero che si intuiva fosse per lui una cosa da nulla. Impresso sul volto un sorriso derisorio che non fece altro che infuriare ancora di più il suo avversario, già i provato dall'ira. Il pubblicò invece era in totale visibilio a causa del comportamento beffardo di Falco.

L'altro gladiatore cercò di colpirlo affondando la spada nel suo fianco ma Falco fu più veloce e con un salto arretrò di qualche metro. Approfittò della momentanea sorpresa del suo avversario, rimasto con un pugno di mosche, e copiò il suo se stesso movimento pensando di trarlo in inganno. Ferus schivò il colpo, sfortunatamente, ma non fu così abile come Falco nel farlo. A causa della sua mole si sbilanciò e rischiò di cadere in acqua. Si riprese quasi immediatamente ma Falco non gli diede neanche un attimo di tregua.

Avanzava e colpiva, avanza e colpiva, costringendo Ferus ad arretrare sempre di più e a schivare la lama che non gli dava pace. Tutti sapevano come sarebbe dovuta andare a finire la storia, eppure non potevano fare altro che esserne coinvolti quasi come se fosse la prima volta che vedevano combattere qualcuno. Anche se avrebbe dovuto vincere Falco, non sembrava poi così scontato visto che il suo avversario cercava in tutti i modi di disarmarlo e abbatterlo.

Ma era palese che tra i due il superiore fosse Falco, come si muoveva così agilmente e il modo in cui riusciva a prevedere le sue mosse lo rendevano il numero uno indiscusso. Infatti, dopo non molto tempo riuscì a togliere la spada a Ferus, la lanciò lontano da lui, in acqua, e rimase ad osservarlo soddisfatto. Il suo rivale aveva anche un pugnale, come lui, ma non gli diede abbastanza tempo per prenderlo, gli diede un calcio in pieno addome, costringendolo a piegarsi in due.

In quella posizione Ferus era vulnerabile, cercò di rialzarsi ma ancora una volta il suo avversario non gli diede possibilità. Con un gesto al limite del plateale Falco spinse il gladiatore per farlo cadere in acqua e sancendo così la fine del combattimento. Non era stata una lotta sanguinosa come quelle che si potevano vedere nell'arena, ma al pubblico era piaciuto lo spettacolo tanto che iniziarono ad acclamare il gladiatore come se fosse un eroe.

Falco si prese tutti gli applausi e i complimenti, fiero di se stesso e molto orgoglioso mentre Ferus, immerso fino al petto nell'acqua, ribolliva di rabbia. Non gli piaceva l'idea che alla fine a prendersi la gloria era sempre Falco. Faticava tanto per cercare di essere sempre il primo e poi riusciva a classificarsi solo secondo. Seguì con lo sguardo quel dannato gladiatore che si prendeva tutta la fama, secondo lui non meritata, e non lo perse di vista per tutto il resto della serata.

Fu proprio per quel motivo che si rese conto di un particolare che prima di allora aveva ignorato. Falco non la smetteva di lanciare sguardi ad una fanciulla dai capelli chiari, che sembrava ricambiare quelle espressioni cariche di passione. Non era molto esperto di tali sentimenti ma era sicuro che fra i due ci fosse qualcosa di più di una semplice relazione tra uno schiavo e una donna libera. Sorrise beffardo, pensando che forse aveva trovato finalmente il punto debole del suo odiato avversario.

Dopo essersi preso tutti gli applausi, Falco tornò al suo posto in mezzo agli altri gladiatori che lo riempirono di pacche sulla spalla e d'incoraggiamenti. La festa riprese come se nulla fosse successo e la maggior parte degli ospiti tornarono ad ignorare i gladiatori. Solo alcune donne, e alcuni uomini, erano interessati a loro. Si avvicinavano, guardavano la merce per poi trattare con Apollonio sul prezzo. Chi riusciva a mettersi d'accordo alla fine si appartava con il suo gladiatore preferito.

Falco non fece molto caso a loro, troppo intento ad osservare e seguire con i suoi occhi la dolce Castria. Non la perse mai di vista, curioso di sapere con chi parlava e chi conosceva. Doveva ammettere a se stesso di essere molto geloso ogni qual volta un altro uomo le si avvicinava. Il desiderio di andare da lei era tanto ma non voleva rischiare, perciò pregava che fosse Castria ad avere l'occasione di raggiungerlo. Se la mangiò letteralmente con gli occhi osservando ogni suo piccolo dettaglio. Quel giorno indossava un abito che le lasciava scoperte solo le caviglie, bianco, con una cinta in pelle che la stringeva proprio sotto il petto. I capelli, lasciato liberi e sciolti, erano leggermente arricciati dando l'idea di essere un po' ribelli. Il viso, come al solito, era pulito e privo di cosmetici, così che era possibile osservare e gioire di tutte quelle bellissime efelidi.

Era così distratto dalla sua bellezza che quasi non notò il giovane gladiatore al suo fianco. Fino a poco tempo prima era euforico e felice di partecipare a quella festa, ma da qualche minuto iniziava a mostrare segni di ansia. Soprattutto da quando aveva visto alcuni altri gladiatori allontanarsi in compagnia di donne e uomini liberi. Nonostante la sua ingenuità aveva compreso immediatamente che cosa succedeva e per qualche ragione estranea a Falco non gli piaceva per niente.

Fino a poco tempo prima Falco trovava molto vantaggioso ricevere un pagamento per fare una cosa nella quale in fondo si divertiva. Lo vedeva come un piacere, più che come un dovere. Ma negli ultimi tempi non gradiva molto l'intima compagnia di un'altra persona, a meno che non aveva lunghi capelli biondi e temperamento deciso. Lo innervosiva perfino avere accanto quel ragazzino che non faceva altro che guardarsi intorno un po' spaesato e con lo sguardo terrorizzato. Capiva il suo turbamento ma non poteva fare niente per aiutarlo, quindi cercò di ignorarlo.

E quando una vecchia matrona, probabilmente vedova, gli si avvicinò, con la coda dell'occhio riuscì perfino a vedere che il novellino era diventato completamente bianco in volto. La donna non era proprio un gran bel vedere, con tutto quel suo peso in eccesso che si portava dietro barcollando ed ondeggiando. Ma il ragazzo non aveva poi tanta scelta. Era uno schiavo.

Fu subito attratta dalla sua giovinezza, e anche dalla prestanza del suo fisico. Non appena gli fu vicino iniziò a tastare il suo corpo con le mani grassocce, come ad assicurarsi che la merce fosse veramente intatta e bella come appariva. Il ragazzo rimase immobile, rigido come un tronco d'albero, e il colorito del suo volto lasciava intendere che prima poi avrebbe rigettato a terra il pasto consumato qualche ora prima.

Falco non poté non trovare divertente quella situazione, anche se in cuor suo sapeva di doverlo compatire. Soprattutto quando la donna si accordò con Apollonio e di fatto pagò per poter restare con lui alcune ore. Falco ricordava la prima volta che era stato costretto a vendere il suo corpo, ma per lui negli ultimi anni era diventato così normale che non aveva molta memoria dei sentimenti che provò in quell'istante. Sicuramente si era sentito affranto ed usato, proprio come si sentiva il suo pupillo in quel momento. Poi con il tempo anche ciò che gli sembrava un oltraggio era diventato ben presto un pretesto per guadagnare più denaro.

Non regalò alcun tipo d'incoraggiamento al ragazzo, che lo guardava quasi supplicandolo di dargli una mano. Comunque non avrebbe potuto fare nulla per lui perché, pur essendo il campione, non aveva tale potere decisionale. Se lo avesse avuto avrebbe smesso di vendere il suo corpo. Decise che il ragazzo se la sarebbe dovuta cavare da solo, perché solo in quel modo sarebbe veramente cresciuto.

Forse Aimeric in quel momento non comprese che Falco gli stava facendo il più grosso favore. Così rimase deluso quando non ricevette neanche uno sguardo dal suo maestro. Falco si voltò dall'altra parte, ignorandolo completamento, e lasciò perfino che gli altri gladiatori lo prendessero in giro, alludendo a ciò che avrebbe fatto in privato con quella matrona. Non si voltò neanche per osservare il ragazzo allontanarsi, in direzione delle stanze da letto, seguito dalla donna tutta allegra.

Se fosse stato un altro gladiatore, avrebbe anche lui infierito, prendendolo in giro per la malasorte che gli era spettata. Perciò già si riteneva abbastanza buono con lui. In fondo prima il ragazzo si fosse reso conto di cosa significava essere uno schiavo e meglio era per entrambi.

E poi fu distratto dalla figura armoniona di Castria che, come se niente fosse, si stava avvicinando a lui. Non avrebbe destato alcun tipo di sospetto in un contesto del genere perché sembrava una delle clienti venuta a vedere la merce. Nessuno fece caso allo sguardo che stava lanciando a Falco, e a quel suo sorriso allegro. Probabilmente anche Falco in quel momento aveva una strana espressione in viso.

Solo quando gli fu abbastanza vicino da poterlo sfiorare, aprì la bocca per dire una semplice parola, quasi sussurrata: "Ciao". Gli era mancata perfino il suono della sua voce e quell'unica, piccola parola, fu come un toccasana per il gladiatore. Chiuse gli occhi ed assaporò con le orecchie quella voce melodiosa, per poi riaprirli e fissare la sua figura per intero e da vicino. "Sei davvero molto bella" le rispose lui, in un impeto di totale sincerità.

Spesso gli era capitato di dover fare dei complimenti a molte donne, perché era quello che volevano sentirsi dire. Ma per la prima volta quelle parole pronunciate dalla sua bocca erano la verità, tutto quello che si sentiva di dirle. Per qualcuno potevano sembrare banali ma non per Castria, che aspettava con ansia ogni singola parola detta dall'uomo.

Subito le sue guance si tinsero di rosso e abbassò il volto, quasi vergognandosene. Falco non poteva permetterle di distogliere lo sguardo, voleva continuare a perdersi nei suoi occhi profondi, così le prese il mento con due dita e le alzò il capo con delicatezza.

"Che cosa ci fai qui?" La prima emozione che aveva provato nel vederla a casa del suo padrone era stata la totale sorpresa, mista un po' alla sensazione che lei non sarebbe dovuta essere lì. Non voleva che si rendesse conto di cosa effettivamente succedeva a quelle feste, non voleva doversi allontanare con un altra donna di fronte a lei. Per questo l'inquietudine e la paura non lo avevano lasciato neanche un secondo. Avrebbe voluto spiegarle la situazione, in quell'istante, eppure tacque.

"Crisante mi ha portato qui, proprio per incontrarci" dal suo noto di voce si capiva che era fiera della decisione e Falco provò grande tenerezza nei suoi confronti. Se fossero stati da soli, l'avrebbe abbracciata, accarezzata e le avrebbe sussurato parole dolci. Per questo espresse ad alta voce il suo desiderio in quel momento:" Se solo potessimo passare un po' di tempo da soli". Fin dal loro primo incontro si erano visti solo per qualche attimo, senza avere l'opportunità di conoscersi l'uno l'altra, nonostante entrambi desiderassero del tempo da passare insieme.

In quel momento un altro gladiatore venne scelto da una matrona dalla sgargiante acconciatura, che lo prese per mano e lo portò via lontano da occhi indiscreti. Quella scena fu per Castria d'ispirazione, lei che era ancora ingenua per capire fino in fondo che cosa era appena successo.

Per questo gli chiese, indicando la coppia in questione: "Non possiamo fare come loro?" La voglia di allontanarsi era tanta anche nel suo animo e si capiva che stava faticando molto per non lasciarsi andare ad uno slancio affettuoso nei confronti del gladiatore. Il suo desiderio più grande in quel momento era quello di saltargli al collo e baciarlo. Ma non era possibile.

Lui seguì gli occhi di lei fino a vedere il suo compagno gladiatore sparire dietro ad una tenda e subito s'irrigidì. Era ovvio che Castria non sapeva come funzionavano le cose in casa di Apollonio e mai avrebbe voluto essere lui il primo a spiegarglielo. Eppure fu costretto a farlo. Quasi vergognandosene, affermò: "Sei hai del denaro con te, allora possiamo..." lasciò la frase a metà, perché proprio non se la sentiva di continuare ma dallo sguardo stupito che fece Castria intuì che alla fine aveva capito. Era sveglia la sua ragazza.

Subito le sue guance tornarono a colorarsi di rosso e Falco non scoppiò a ridere solo perché la situazione lo aveva fatto sentire a disagio. Non voleva che Castria fosse costretta a pagare per poter passare del tempo con lui, la trovava una cosa squallida. E quello che entrambi stavano iniziando a provare era tutt'altro che squallido.

Era sul punto di dirle che non avrebbe accettato del denaro da lei quando la vide mordersi il a labbro, in totale difficoltà. "Non ho nulla con me" non era arrabbiata o troppo imbarazzata per la situazione, semplicemente le dispiaceva non poter passare del tempo in privato con lui. Falco le sorrise e le accarezzò la guancia con la grande mano ruvida, la mano di un uomo che ha faticato per tutta la vita, cercando di tirarla su di morale: "Non importa, mia cara, tanto non avrei accettato comunque un pagamento da te..." Voleva dirle quanto era felice di averla anche soltanto vista per qualche minuto, che poteva anche farseli bastare, ma il tempo a loro disposizione finì bruscamente.

"Falco, vieni qui!" Sentì la voce del suo padrone richiamarlo, in mezzo alla folla e, anche se avrebbe voluto ignorarlo, non poté fare altrimenti. Quando posò i suoi occhi su Castria, la sua espressione raccontava quanto fosse dispiaciuto di doverla lasciare, anche senza proferire alcuna parola. Si congedò, suo malgrado, da lei, allontanando la mano dal suo volto come se gli pesasse. Era quasi impossibile per lui lasciarla lì da sola, perché sentiva il bisogno di averla vicina. Per questo quando si voltò per allontanarsi, fu come ricevere una stilettata dritta al cuore.

Chiuse le mani a pugno per non esplodere di rabbia all'idea che forse non avrebbe avuto più occasione quella sera di parlare con lei e cercò di raccogliere tutta la sua finta calma nel momento in cui si presentò davanti al suo padrone. Non si voltò a guardarla, perciò non poteva sapere che la ragazza aveva in volto un'espressione ancora più affranta della sua.

Ed era stato così preso a cercare di restare calmo, per non far trasparire ciò che provava, da non accorgersi che accanto ad Apollonio c'era una donna. La vide soltanto quando fu vicino, e la sua presenza lo distrasse a tal punto da non capire lo strano sguardo che il suo padrone gli aveva lanciato. Apollonio aveva notato, per niente contento, quelle strane effusioni che il suo gladiatore aveva donato ad una semplice popolana. Anche per questo lo aveva richiamato all'ordine, oltre che per guadagno.

"La mia cara amica Petronia è rimasta affascinata dal combattimento, specialmente dal tuo modo di lottare. Non ha mai visto un gladiatore così prestante e abile come te, non è vero Petronia?!"

Presentò così la donna accanto a lui che sorrideva soddisfatta e maliziosa. La prima cosa che si poteva ben notare in lei, oltre alla sorprendente bellezza, era la quantità di sensualità che irradiava dal suo corpo. Tutto faceva intendere che fosse una donna esperta, in grado di sapere che cosa vuole un uomo ma soprattutto la classica donna che quando vuole una cosa farà di tutto per ottenerla.

Si era fatta acconciare i capelli in modo che le ricadessero leggeri sulla schiena e sul seno ma era palese che quella che stava indossando era una parrucca. Il colore dei capelli infatti era di un rosso così innaturale da sembrare quasi sangue. E rossa era anche la veste che portava, lunga fino a toccare terra, che copriva completamente le sue calzature. Copriva poco però le sue forme, tanto che il seno usciva quasi del tutto fuori dalla stoffa. Nonostante non avesse che Castria nei suoi pensieri, era pur sempre un uomo e l'occhio gli cadde proprio sul seno.

Al collo portava una collana d'oro che dava l'idea di essere molto pesante e il volto, se pur bello, era coperto da strati e strati di cosmetici. A primo impatto pensò che fosse una bella donna ma subito dopo non poté non fare il confronto con la sua Castria. La sua era una bellezza naturale, genuiva e semplice e proprio per questo l'apprezzava molto di più. Eppure non c'era Castria accanto a lui, bensì quella donna che sembrava volesse mangiarlo con gli occhi: "Non ho potuto non notare la tua mascolinità..." iniziò ad elogiarlo, avvicinandosi anche troppo secondo i gusti di Falco.

Il suo profumo poi era insopportabile, una fragranza troppo intensa e forte che gli pizzicò fastidiosamente il naso. Quando gli mise una mano sul petto, tastando in modo eloquente i suoi pettorali, Falco s'irrigidì. Non poté non notare la differenza tra quel tocco, quasi come stesse palpeggiando un pezzo di carne, con le delicate e dolci carezze di Castria.

Restò immobile, sperando che la ragazza non stesse assistendo a quella scena, mentre la matrona passava ad accarezzare ogni parte del suo corpo visibile. Scese a tastare i muscoli delle braccia, che guizzarono forti e duri al contatto. Gli si avvicinò ancora di più e ormai il suo seno era completamente spalmato sul petto possente di lui che continuava a guardarla dall'alto, con diffidenza.

La matrona si rivolse ad Apollonio, come se lui non fosse stato lì: " Ho proprio l'impressione che vale tutto il denaro che ti ho dato" detto ciò li abbracciò e passò le sue mani ad accarazzargli la schiena. Con lenti movimento giunse fino al sedere che coprì con entrambe le mani, per poi strozzarlo senza ritegno. Sorrise divertita quando vide Falco irrigidirsi ancora di più, in evidente imbarazzo.

Solo quando lo lasciò andare tirò un lungo sospiro, anche se sapeva che non era finita lì. Istintivamente cercò con gli occhi Castria, sperando che non fosse nelle vicinanze. Ma non poteva ritenersi molto fortunato. La sua adorata aveva assistito a tutto e lo stava osservando con un espressione sofferente. Prendere la matrona e portarla via, davanti agli occhi quasi in lacrime di Castria, per Falco fu la cosa più difficile che aveva mai fatto. Eppure non ebbe altra scelta. Perché era uno schiavo.

Glossario:

- Pugio: piccolo pugnale

- Pilum: lancia

- Calandae: primo giorno del mese

- Ab Urbe condita: espressione latina che significa non letteralmente "dalla fondazione di Roma". I romani contavano gli anni partendo dall'anno in cui, secondo la tradizione, era stata fondata Roma, ovvero 753 a.C. Nelle iscrizioni si trova questa espressione abbreviata AVC.

- Optimates: letteralmente "i migliori", erano i componenti della fazione aristocratica e conservatrice della tarda repubblica romana.

- Populares: fazione opposta a quella degli Optimates, che cercava di far valare i diritti del popolo.

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