Blood, Sweat & Tears || BTS

By namjooningverse

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"> ammise lui esitando, per poi piegare la bocca in un mezzo sorriso > Sentii il mio cuore saltare un colpo... More

Prologo
1. Runaway
2. Pirates
4. All Night
5. If You're Too Shy, Let Me Know
6. Gorgeous
7. Blood
Spazio Autrici

3. You're On Your Own, Kid

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By namjooningverse

ALY

<<Aspetta, Aly, spostati un po' che voglio fare una foto al panorama...>> esclamò Daphne mordendosi appena il labbro e alzando di poco il telefono e io la assecondai, abbassandomi sul sedile con circospezione, sentendo lo sguardo incuriosito del tassista dallo specchietto retrovisore.

Alzai lo sguardo per vedere che panorama volesse fotografare, visto che eravamo fermi ad un semaforo e tutto ciò che ci circondava erano strade, edifici piuttosto moderni e marciapiedi... niente di diverso da Seattle, insomma.

Daphne si sporse sul sedile verso il finestrino accanto a me, e trovandomi il suo cellulare ad un palmo dal naso mi resi conto che il suo obiettivo non era chissà quale paesaggio, ma un ragazzo seduto sulla panchina della fermata dell'autobus illuminata dalle insegne pubblicitarie, concentrato a leggere un libro con delle cuffie piuttosto grandi nelle orecchie, che gli spostavano leggermente i capelli blu elettrico dal viso e ne rivelavano i tratti delicati.

<<Daphne, smettila di fotografare i ragazzi coreani, ci farai fare una figuraccia!>> sbottai a bassa voce, guardandomi intorno nervosamente nella speranza che nessuna delle poche persone di passaggio accanto al nostro taxi, o il ragazzo stesso, si accorgesse della sfacciataggine della mia migliore amica.

<<Mi servono per prendere spunto sui miei modelli da disegno>> improvvisò lei, ma al mio sguardo scettico sospirò, rassegnata <<... Dai, giuro che è l'ultimo, è troppo carino per non immortalarlo!>> promise e, nonostante le mie proteste, scattò comunque più di qualche foto al ragazzo, per poi tornare sul suo lato del sedile e osservare soddisfatta la sua opera.

<<Guarda, è venuta benissimo>> si gongolò lei, mostrandomi lo schermo del suo cellulare, e io le lanciai un'occhiataccia, per poi sospirare di sollievo quando il taxi riprese ad avanzare allo scattare del semaforo verde.

<<Ah, grazie a Dio ci muoviamo>> mormorai sollevata, e mi sistemai nervosamente sul sedile, spiando dal finestrino le poche auto che occupavano le corsie accanto alle nostre. Se fossimo state imbottigliate nel traffico, mi sarei sentita più al sicuro, ma a quell'ora tarda c'era poco movimento per strada e in quel modo avevo la sensazione di essere troppo... esposta.

Daphne piegò la testa di lato, il viso che le si illuminava a piccole sequenze alternate dalle fredde luci al neon della città <<... posso sapere perché guardi in giro come se ti aspettassi che arrivasse un serial killer a ucciderti da un momento all'altro?>> indagò alzando un sopracciglio.

Sospirai <<... non lo so, ho un brutto presentimento>> replicai sinceramente, abbassando lo sguardo sulla borsa che tenevo in grembo, contenente solo una piccola parte dei numerosi contanti che eravamo riuscite a portarci da Seattle, e quando rialzai la testa trovai Daphne che mi fissava con un'aria piuttosto confusa.

<<Perché? Siamo riuscite a partire senza che nessuno se ne accorgesse, non abbiamo perso l'aereo, il volo è andato benissimo e ora siamo ufficialmente a Seoul senza che nessuno dei nostri genitori sia venuto a recuperarci!>> esclamò riassumendo in poche parole quello che era successo nelle ore precedenti <<È filato tutto liscio, perché dovresti essere preoccupata?>>

<<Sono preoccupata proprio perché è andato tutto troppo bene>> ammisi torturando il laccio che scendeva dal cappuccio del mio giubbotto, senza smettere di lanciare occhiate sospette al di fuori del finestrino... come se di lì a poco qualcuno avesse potuto costeggiare il nostro taxi <<... mi sembra strano che sia stato così facile arrivare qui senza problemi, avevo pensato a mille modi per evitare eventuali ostacoli, ma non ne abbiamo trovato neanche uno e questa cosa mi rende non poco irrequieta.>>

In risposta alle mie preoccupazioni, però, Daphne scoppiò a ridere, iniziando a scuotere la testa a destra e sinistra con fare teatrale e facendo sussultare il tassista, che sembrava piuttosto assonnato <<Certo che sei proprio paranoica!>> commentò poi tra un ghigno e un altro <<È stata tua l'idea di venire qui, e da quando ho accettato non fai che preoccuparti di qualsiasi cosa! Take it easy girl... non avranno nemmeno notato la nostra assenza>> concluse poi il suo mini discorso con tono sprezzante, passandosi una mano a raccogliere un ciuffo ribelle e portandolo dietro l'orecchio.

<<Sì... forse hai ragione>> concordai infine in un sussurro, sforzandomi di mettere l'anima in pace e di accettare la sua prospettiva delle cose. Una risatina nervosa mi fuoriuscì meschina, al notare come da paladina di quella nuova avventura ero passata ad essere la prima a mostrare segni di debolezza.

Quelli che seguirono furono momenti di silenzio più totale, l'unico rumore, indistinto e quasi inaudibile, era quello delle auto che scorrevano velocemente accanto a noi in un sordo fruscio. In quel momento non mi sentivo dell'umore giusto per mantenere un'intera conversazione in piedi, e come ero solita fare- a causa dei miei genitori, che da sempre avevano invalidato ogni mio singolo pensiero- mi rinchiusi nel mio mutismo selettivo; mi persi solamente ad osservare il paesaggio a tratti scuro, a tratti accecante, svanire e cambiare in continuazione dietro le lunghe code di auto che scorrevano lasciando scie luminose nella notte.

Continuai a rimuginare, e mi ritrovai a dover ammettere a me stessa che, per quanto odiassi i miei genitori e per quanto avessi voluto tenerli fuori dalla mia vita, erano pur sempre parte della mia famiglia, e che forse scappare e vivere con la paura di essere trovata, punita... era una prospettiva ben peggiore. Forse avrei dovuto lottare di più, forse mi ero adagiata troppo sulla parte della figlia "dispettosa" che non voleva proprio sentirne di stare alle regole dei propri genitori. In quel momento mi metteva una tristezza inspiegabile credere che quella sarebbe davvero stata la fine tra noi, che forse non li avrei mai più rivisti...

Dovetti poi riconoscere, in un altro momento di debolezza, che le cose non stavano andando come previsto, che non sentivo ancora quell'euforia che mi aspettavo di provare non appena messo piede in quel Paese che tanto avevo sognato. Stare con i miei genitori mi aveva indebolito mentalmente... e da quel momento in poi mi aspettava un lungo viaggio di guarigione personale... o almeno quello era l'obiettivo.

Pochi minuti e mille paranoie dopo, arrivammo finalmente ai piedi della struttura in cui eravamo riuscite ad affittare un modesto appartamento all'ultimo piano, e la batosta fu ben rimarcata. Si trattava di una palazzina medio-piccola, non troppo moderna, ma tutto sommato neanche troppo malmessa... eppure non era di sicuro ai livelli a cui eravamo abituate e ai miei occhi sembrava tutt'altro che l'inizio di una bella esperienza.

Avevo messo in programma di non poter più condurre un certo stile di vita, ma non immaginavo che mi sarei ritrovata a fare i conti addirittura con la mancanza primaria e basilare di un semplice ascensore, nella mia mente bacata avevo dato per scontato che non esistessero più luoghi privi di questa comodità. Purtroppo però, al momento della scelta, quello era risultato essere uno dei pochi appartamenti disponibili ad avere due camere separate e abbastanza "grandi" da permetterci di viverci serenamente senza troppe costrizioni.

<<Beh, che dire...>> furono le prime parole che sentii pronunciare dalla mia amica, in piedi accanto a me, entrambe intente a fissare la ripida rampa di scale che sembrava non avere fine <<non ci resta che salire. Guardiamo il lato positivo, questo ci aiuterà a mantenerci in forma!>> tentò poi di sdrammatizzare, cercando di ignorare il fatto che saremmo state costrette a percorrerle ogni singolo giorno.

<<Se entro la fine del mese non mi vengono due chiappe d'oro, sappi... noi ci trasferiamo. Cercheremo qualcosa di meglio, sono sicura che ci sposteremo presto in un posto bellissimo, sicuramente cercare da qui avrà i suoi vantaggi...>> iniziai a blaterare a vanvera, cercando invano di incoraggiarmi e iniziando a salire la rampa, stando attenta a non far sbattere la valigia ad ogni gradino, cosa in cui fallii molto presto a causa del peso e dello sforzo immane che mi ritrovai a fare. Finimmo entrambe con il trascinarcele dietro senza pudore, provocando tonfi sonori che si irradiarono con eco all'interno dell'intera palazzina, con tanto di fiatare e ansimi vari atti ad armonizzare il tutto e a rimarcare i nostri sforzi.
Probabilmente i nostri vicini non sarebbero stati contenti di noi, ma cercai di non curarmene più di troppo al momento.

<<È questa>> liberai a fatica il braccio, lasciando scivolare a terra il borsone che reggeva.

<<Il codice di ingresso è 9801.>> annunciò prontamente Daphne con lo sguardo fisso sul cellulare, dopo aver controllato meglio nella mail di ricapitolazione dei termini di affitto.

Digitò agilmente il codice sul tastierino e si fece strada da sola, emozionata come se stesse entrando in un parco divertimenti; la seguii e mi tolsi le scarpe all'entrata, nell'apposita area allestita a questo scopo, essendo in Corea una sentita tradizione. Non era certamente come a Seattle dove le scarpe a momenti andavano bene anche se indossate a letto...

L'entrata in sé era molto ristretta e contenuta, composta solamente da una piccola scarpiera bianca e dall'altro lato un appendiabiti del medesimo colore, un po' malconcio, dove Daphne aveva già appeso il suo pesante cappotto grigio come se fosse la millesima volta che entrava in quell'appartamento. Io invece esitai qualche momento in più, ancora rintontita dal viaggio, cercando di assimilare più informazioni che potevo di quel luogo. L'entrata si apriva direttamente sul soggiorno, dalle pareti beige molto chiare, contornate da una riga bianca che avrebbe dovuto donare un tocco di eleganza, ma in realtà risultava a rimpicciolire visivamente l'ambiente, che già in quel modo era grande appena come la mia stanza a Seattle.

L'arredamento era un po' povero: due piccoli divani, posti ai lati l'uno di fronte all'altro, ricoperti entrambi da un copridivano dai motivi floreali sui toni del rosa; al centro dei due, un tappeto morbido rosa antico- ma dove di antico non vi era solo il colore- che ricopriva quasi la metà della stanza, e su di esso, proprio al centro, vi era un tavolino in legno molto classico, e a giudicare dalle scheggiature sui bordi e dagli aloni che lo macchiavano, parecchio datato. Come ultimo elemento, vi era un piccolo mobiletto rettangolare in cui era precariamente appollaiata una TV piuttosto piccola, con numerosi cavi che sbucavano dalla parte posteriore e si collegavano disordinatamente in una grossa ciabatta multipresa. Aveva tutta l'aria di essere una abitazione perfetta per una signorotta di una certa età dai gusti semplici e antiquati... non di certo per due ragazze come noi, sebbene l'atmosfera in sé fosse molto tranquilla.

<<Ti consiglio di non entrare in cucina>> mi avvertì Daphne, ridestandomi dai miei pensieri, e mi voltai a guardarla, sbucando dal piccolo arco alla mia sinistra che portava in uno stanzino buio <<... c'è puzza di fritto>> aggiunse poi, arricciando il naso, e al solo pensiero mi si rivoltò lo stomaco, già fortemente provato dal jet lag <<Ehi, è tutto okay?>> si voltò a guardarmi. Daphne era avanzata fino a raggiungere il centro della stanza, mentre i miei passi si erano arrestati poco dopo l'entrata... impossibilitata nel procedere a causa del peso che avvertivo sulle gambe. Ero pietrificata. Quello che sembrava essere un sogno pronto a realizzarsi si stava in tutti i modi trasformando in un incubo ad occhi aperti.

Sarei mai riuscita ad abituarmi a tutto?

Avevo davvero fatto la scelta giusta?

<<Si, è tutto...okay>> mentii con un respiro profondo, presa dai sensi di colpa per aver trascinato la mia amica in quella precaria situazione <<sono solo un po' stanca, il volo mi ha destabilizzata più del dovuto>> continuai nella mia farsa, cercando di suonare più convincente possibile.
Ma Daphne non era stupida, mi conosceva bene. Aveva inoltre questa sorta di "lie detector" incorporato: riusciva sempre a capire quando ero sincera o meno... anche se in quel momento speravo di riuscire a mascherare il tutto senza troppi problemi, evitando di dimostrarle la mia delusione per paura che la provasse anche lei.

<<Sei sicura?>> mi raggiunse, trascinandomi poi con sé <<farò finta di credere a ciò che stai dicendo... però>> mi prese per mano <<Guardati intorno. Questo posto non sarà di certo comodo, o all'ultima moda... ma è nostro. È come fosse un po' la nostra prima casa. Ce l'abbiamo fatta, Aly>> dichiarò con convinzione, sorridendomi dolcemente, e trasmettendomi quasi un calore materno.

<<Ce l'abbiamo fatta.>> ripetei commossa, trascinata dalla sua stessa tenerezza. Daphne mi guardò per poi cingermi in un caloroso abbraccio e dovetti fare appello a tutta la mia forza per non scoppiare a piangere.
Troppe sensazioni contrastanti stavano facendo a pugni dentro di me, quella amarezza era stata addolcita dalla speranza che ancora era viva nello sguardo della mia migliore amica...
Cosa avrei fatto senza di lei?

<<C'è un unico problema però, o meglio... un'unica questione da risolvere prima di poterci dichiarare vincitrici di questa folle impresa...>> asserì con tono serio, pensieroso, come se in quel momento dentro la sua testa stessero passando mille dubbi possibili e ai quali cercasse di dare ordine.

<<OVVERO?>> mi pietrificai, spaventata.

<<Beh... semplice>> fece una pausa, trattenendo il respiro e guardami negli occhi con sguardo concentrato <<La camera più grande è MIA>> urlò improvvisamente e corse subito verso la porta della stanza più vicina a noi, lasciandomi per un momento lì imbambolata nel cercare di elaborare il tutto.

L'avrei strozzata solo per lo spavento che mi aveva fatto prendere inutilmente.

<<No, stronza! Non se ne parla nemmeno!>> la seguii con la stessa velocità cercando di ribaltare la situazione e diminuire il vantaggio che aveva su di me, ma appena la raggiunsi la trovai stesa sul letto a pancia in giù, come fosse stata attratta magneticamente ad esso. Le braccia, così come le gambe, erano aperte a stella... un po' come quando da piccole ci divertivamo a fare l'angelo con la neve, solo che era girata sottosopra. Era così buffa che le diedi uno schiaffetto sonoro sul culo, facendola sbuffare dolorante.

<<Sai cosa ti dico? Sono troppo stanca. Vai a vedere tu l'altra stanza, io penso che non mi scollerò più da questo letto, è anche molto comodo.>> ondeggiò nel finire la frase, rigirandosi su se stessa prima di rivolgermi uno sguardo assonnato.

Risi alle sue parole, Daphne era una contraddizione vivente. Però certo non la biasimavo, il viaggio di oltre quindici ore in classe economy (per non destare sospetti) era stato stremante ed eravamo entrambe esauste. Per non parlare della tensione nervosa che ci aveva fatto compagnia durante tutto il viaggio e della sensazione di sfinimento una volta che questa iniziava a scendere...

Dopo essermi presa del tempo per dare un'occhiata all'altra stanza, che notai essere una copia esatta di quella di Daphne, capii che era arrivato il momento più difficile: sistemare il tutto.
Come prima cosa avremmo dovuto nascondere con cura i soldi, non potevamo assolutamente girare con la borsa piena di contanti per le strade di Seoul e men che meno lasciare l'altra metà all'interno delle valigie; avremmo dovuto convertirli poi in Won, un po' alla volta, per non destare troppo sospetto con un ingente somma di denaro liquido.

<<Daphne alzati, non puoi dormire direttamente sul materasso... almeno cerca di trovare le forze per rifarti il letto>> la raggiunsi nuovamente e la strattonai malamente con poca pazienza ma con forza limitata.
Non potevo lasciare che si addormentasse, in tal caso sarebbe stato impossibile svegliarla o ridestarla, una volta che vi ci era sdraiata sopra era letteralmente impossibile scrollarla da lì.
Aveva questa capacità di addormentarsi all'istante e di fondersi completamente al letto.
Cosa che la mia insonnia cronica aveva da sempre invidiato parecchio...

<<Mh>> emisi un gemito stanco quando lei non reagì <<per favore Daph, aiutami...>> tirai su con il naso, frustrata <<questo posto sembra pulito certo... ma mi schifa riposare in quella stanza così com'è...>> un mezzo singhiozzo lasciò la mia gola, a prova di tutta l'adrenalina che stava calando e della stanchezza che stava salendo incessantemente <<aiutami... please?>> la implorai scuotendola ora con più forza.

Non erano trascorse nemmeno 24 ore, e già stavo rimpiangendo la mancanza di una domestica.

<<Mhhhh....e va bene, però non ho intenzione di fare anche camera tua...>> borbottò con la voce impastata prima di alzarsi <<dovremmo... guardare se ci sono prodotti per pulire qui però, qualunque essi siano>>

<<E dove potrebbero essere?>> chiesi onestamente, non avendo notato alcuna stanza con gli elettrodomestici e i prodotti all'interno.

La nostra domestica, Lucy, era solita tenere tutto in ordine nello stanzino in fondo al buio corridoio del secondo piano, alcune porte dopo la sala da bagno e la lavanderia.
Quel posticino intricato di mille barattoli era il mio posto sicuro nei momenti in cui i miei genitori erano in città. Ogni volta che li sentivo rientrare, riconoscendone i passi, correvo a nascondermi là dentro fingendo di non essere in casa e implorando Lucy di mentire per me, dicendo che ero uscita a fare compere o chissà che altra scusa. Quei momenti, a distanza di tempo, mi sembravano surreali. Non era possibile che i miei credessero a quelle storielle, perché era impossibile per me uscire inosservata, o meglio... uscire senza una minima scorta accanto. Per loro, che io mi nascondessi, era solo una agevolazione.

Che stupida...

<<Non lo so, guardiamo in bagno?>> tentò dubbiosa lei, ridestandomi dai pensieri <<non ci sono molto altri posti in cui cercare>> ci guardammo attorno, impacciate in quella nuova normalità. Fino a quel momento non ci eravamo mai dovute preoccupare di dover cercare detersivi o disinfettanti, tanto che, se non fosse per qualche pubblicità vista per caso alla TV, avremmo faticato perfino a riconoscere le bottiglie.

E infatti le trovammo, nelle ante del piccolo mobile su cui era poggiato il lavandino, in bagno... Ma la scelta non era così ampia come pensavamo.

<<Quale usiamo?>> chiesi a Daphne prendendo le uniche due bottiglie presenti <<... Verde fluo o rosa shocking?>> aggiunsi, agitando i contenitori per sentire quanto prodotto vi fosse effettivamente all'interno.

<<Per quanto mi piaccia il verde, direi di scartarlo, visto che c'è scritto "WC">> mi fece notare lei, molto più abituata di me a leggere la scrittura hangul <<... nel rosa c'è scritto "disinfettante" proviamo quello?>>

E così, dopo appena quaranta minuti, crollammo esauste sui divani in salotto; li avevamo uniti a formare un unico letto, per poter dividere una pesante coperta che avevamo recuperato dall'armadio e che puzzava di naftalina... odore quasi piacevole, considerando che nelle nostre stanze aleggiava il tanfo acre del disinfettante, che si era rivelato essere semplice alcol puro. Daphne aveva provato a coprirlo spruzzando il suo prezioso profumo di Gucci qui e là, ma con scarsi risultati.

<<Siamo qui da appena un'ora e già abbiamo intossicato mezzo appartamento>> commentò Daphne con tono triste, mentre io sbadigliavo <<... secondo te, entro domani riusciremo anche ad appiccare il fuoco?>>

Mi voltai a guardarla, scoraggiata nel constatare quanto fossimo impreparate a sopravvivere senza maggiordomi o domestiche, ma quando i nostri sguardi si incrociarono ci ritrovammo entrambe a sghignazzare, decidendo di prendere tutta quella situazione con ironia.

Ridemmo così tanto da avere le lacrime agli occhi, e quei pochi minuti di spensieratezza bastarono ad alleviare un po' della tensione che mi aveva accompagnata per tutto il giorno.

<<Da domani shopping di prodotti per la casa.>> dichiarai quando finalmente riuscimmo a calmare le risate, e Daphne sospirò, tossicchiando appena.

<<Ci sto. Una volta che avremo imparato a gestire queste cose, sono sicura che ce la caveremo alla grande.>>

Due settimane dopo

<<DAPHNEEEE>> diedi aria ai polmoni per richiamare l'attenzione della mia amica, che aveva deciso di sbattere le ante degli armadi alle SEI del mattino, mentre io avevo ancora la guancia premuta contro il cuscino e gli occhi insistentemente serrati <<Si può sapere che diamine stai combinando???>> sbottai, esasperata.

<<Accidenti>> la sentii borbottare indispettita, visto che le pareti erano così sottili da riuscire a sentire ogni sua parola come se si trovasse nella stessa stanza.

Sbuffai e mi misi a sedere bruscamente, scostando la coperta con un unico gesto stizzito. La convivenza stava risultando essere più difficile del previsto.

<<... Almeno dimmi che per una volta ti sei messa a fare qualcosa di utile!>> mi lamentai, anche se dall'altra parte sembrava non esserci alcun interesse nel rispondere.

Sbirciai dall'unico angolino della finestra lasciato libero dalla tenda, e uno sbuffo contrariato uscì spontaneamente dalle mie labbra nel constatare che non aveva ancora smesso di piovere. Eravamo rimaste chiuse in casa tutta la sera precedente, e non vedevo l'ora che sorgesse il sole per potermi sfogare con la mia abituale corsa mattutina e poter esplorare un nuovo quartiere, ma a quanto pareva il meteo aveva altri programmi.

Inizialmente ne rimasi delusa, non ero solita saltare gli allenamenti, ma pensai che forse era un chiaro segno che l'universo mi stava mandando per farmi capire che stavo esagerando, e che avevo un disperato bisogno di riposo... anche se, per colpa della mia coinquilina rumorosa, nemmeno quel piano era attuabile.

Non ricevetti risposta alla mia domanda, e il tutto fu seguito da un silenzio di tomba; l'unico rumore che si poteva udire era dato dalle gocce d'acqua che si infrangevano con forza sulle tegole malmesse del tetto.

Sbuffai all'idea di non riuscire a riprendere sonno, così, con un mugolio tirato, decisi di alzarmi e di raggiungere Daphne, trascinando i piedi a terra e avvolgendomi nella coperta intrisa ancora del mio calore corporeo. Notai come, nonostante le poche ore in più di sonno, quella mattina mi sentissi scarica...

La rabbia nei confronti di Daphne si acquietò nel momento stesso in cui aprii la porta della sua stanza e la trovai intenta a litigare con una giacca elegante che non ne voleva sapere di stare appesa alla gruccia. Mi trattenni a fatica dal ridere al suo terzo tentativo di farla stare su, era troppo buffa nella sua testardaggine.

<<Quella gruccia è troppo piccola, le spalline imbottite continueranno inevitabilmente a scivolare giù>> mi feci beffa della situazione con tono puntiglioso e sarcastico <<forse avresti dovuto chiedere alla commessa di lasciartene una adeguata>> la derisi ulteriormente, ricordando bene il momento in cui aveva rifiutato con fare quasi oltraggiato la semplice domanda della giovane ragazza addetta alla cassa e all'impacchettamento.

***

<<Oh.Mio.Dio.>>

L'esclamazione di Daphne bastò a farmi distogliere lo sguardo dal cappotto in Tweed blu e avorio, percorso dal motivo GG, che da subito avevo adocchiato entrando nel negozio, e puntarlo dritto nella sua direzione.

<<Aly guarda qui! È semplicemente stupenda!>> trillò in totale adorazione.

Eravamo appena state accolte nel salottino privato di Gucci, intente quindi a sorseggiare un calice di champagne, mentre le ragazze addette ci mostravano e deliziavano con un capo più bello dell'altro. Eravamo partite con l'intento di prendere solamente un cappotto per il rigido inverno coreano, ma la situazione ci era sfuggita di mano... letteralmente.

Daphne aveva posato gli occhi su una giacca doppiopetto in tessuto GG, leggera e dal colore verde smeraldo; non potei fare a meno di pensare a quel colore stupendo e a come si sarebbe abbinato perfettamente ai suoi occhi, in leggero contrasto con i boccoli castani. Riuscivo già a visualizzare le sue onde color caramello scivolare sulle spalline imbottite.

<<Dovresti prenderla... ti donerebbe troppo>> mi lasciai sfuggire incantata.

<<Quella invece sarebbe perfetta per te Aly!>> le si illuminò il volto nell'indicarmi un capo appeso qualche metro più avanti. Non ebbi nemmeno il tempo di voltarmi e commentare, che la commessa si affrettò e portò con sé la giacca incriminata, permettendomi di ammirarla a pochi centimetri dal viso.

<<Non dirmi che questa è ->> iniziai a parlare adorante, prima che la sua collega, che ci stava osservando a pochi metri di distanza, mi anticipasse.

<<Una Giacca in Duchesse di seta, blu. Le posso dire onestamente che questo è uno dei pezzi forti della nostra collezione... e sono sicura che le starebbe davvero bene con i lunghi capelli d'oro che si ritrova>> me la porse con cautela per confermare ciò che stava dicendo <<mentre a lei signorina...>> si voltò ed esitò un momento, quasi ad essersi scordata il suo nome

<<Daphne>> suggerì la sua collega, e trovai buffo il modo in cui pronunciava le sillabe Daph-ne come se fossero due parole diverse, scandendone le consonanti.

<<Certo! Mentre lei, signorina Daphne, la vedrei bene con quella che ha visto poco prima. Penso che il verde si intoni perfettamente al colore dei suoi occhi>>

Mi venne da ridere per quanto i pensieri delle ragazze a volte potessero risultare i medesimi e per come quelle parole potessero sembrare uscite direttamente dalla mia testa.

<<Bene, le compriamo!>> esclamai entusiasta dopo aver avuto un cenno di intesa con Daphne, seduta poco distante da me.

<<Perfetto! Non avevo dubbi, sapevo vi sarebbero piaciute!>> ci sorrise cordiale mentre diede ordini alla sua collega di impacchettare il tutto <<Se gradite, dal momento che si trattano di capi molto delicati, vi posso mostrare qualche gruccia rivestita che potrebbe fare al caso vostro>> ci sorrise cordiale.

<<No, siamo a posto così>> rispose in automatico Daphne, non lasciandomi nemmeno il tempo di rifletterci su; effettivamente a Seattle aveva una cabina-armadio super fornita, e piena zeppa di accessori come grucce, custodie protettive, astucci e scatole di ogni tipo a marchio Heros, ma dubitavo che se le fosse portate a Seoul.

<<Ma certo, immagino voi disponiate già di ogni cosa. Che metodo di pagamento preferite?>> chiese poi cordialmente e senza imbarazzo.

<<Contanti, grazie>> questa volta fui io parlare, ricevendo uno sguardo quasi scioccato dalla ragazza, che ero sicura aver sentito borbottare un "ovviamente" prima di completare le pratiche per la transazione.

Non riuscivamo a dare un limite a quell'impulso di continuare a fare compere, era una sensazione incontrollabile che partiva da dentro, e avevo il sentore che quello fosse solo il primo acquisto di una lunga serie...

***

<<Grazie Aly, come al solito sei sempre molto d'aiuto.>> sibilò a denti stretti, come a volermi insultare senza però farlo capire veramente, troncando nettamente il tono che avevo cercato di usare per sdrammatizzare dalle urla che poco prima le avevo rivolto.

<<Oh beh, scusa sai>> sbottai infastidita, lasciando uscire un po' della rabbia che avevo accumulato per lo stress degli ultimi giorni e per il brusco risveglio appena subìto <<non è colpa mia se non ascolti mai un mio consiglio>> aggiunsi, incrociando le braccia al petto e stringendomi di più nella coperta che ancora portavo sulle spalle.

Lei lasciò cadere le braccia lungo i fianchi, con una risata sarcastica, e si voltò verso di me <<... E questo cosa dovrebbe significare, scusa?>> pungolò con tono di sfida.

<<Che fai sempre di testa tua, anche se provo a dirti in tutti i modi di trovare un'alternativa, e poi succedono casini e vieni a piagnucolare da me!>> spiattellai io, le parole che mi uscivano come un fiume in piena per via della stanchezza fisica ed emotiva, senza nemmeno avere il tempo di rifletterci un momento in più, e mi ritrovai ad elencare tutte le sciocchezze che mi avevano infastidito nelle ultime settimane <<... Mi dici che vuoi provare a cucinare, io ti dico di seguire la ricetta, e "Ops!": bruciata la colazione. Mi dici che vuoi usare un po' di soldi per arredare meglio questo buco di casa, io ti consiglio dei negozi che ho visto qui in giro, e "Ops!": torni a casa con 800 dollari in meno e con due borse di vestiti di cui non credo avessi così tanto bisogno. Mi dici che vorresti essere più indipendente con i pasti, io ti propongo di andare a fare la spesa, ed ecco che "Ops!": cinque minuti dopo mi trascini in un ristorante di lusso che potevamo assolutamente evitare, visto che a momenti abbiamo quasi finito i soldi senza concludere nulla in questa cazzo di città!>>

<<Ah, proprio tu parli di trascinare!>> contrattaccò lei, alzando la voce <<Rinfrescami la memoria... Chi è che ha trascinato la sua migliore amica in un Paese in cui non voleva andare, per vivere la vita dei suoi sogni?>> mi interrogò porgendo l'orecchio verso di me, in attesa di una risposta, ma io rimasi a fissarla, senza fiato per il mio monologo e ammutolita dalla sua domanda retorica che fece centro nei miei dubbi più profondi.

<<... Nessuno ti ha obbligata a venire>> mormorai io qualche secondo in ritardo con voce debole, sentendomi a pezzi nel sentirla confermare che non aveva mai voluto veramente partire con me, e mi schiarii la gola <<... Comunque puoi andare a Tokyo quando ti pare, non ti costringerò a stare qui con me se non vuoi>> aggiunsi mentre nel suo sguardo vidi farsi spazio la consapevolezza di avermi ferita, e abbassai gli occhi, voltandomi e uscendo dalla stanza, non riuscendo a reggere quel silenzio teso.

Mi diressi in salotto, sapendo che non sarei più stata in grado di dormire, e mi lasciai cadere su uno dei divani, avvolgendomi nella coperta in modo da lasciarne uscire solamente gli occhi e recuperando il telecomando. Accesi la TV, dove a quell'ora davano solamente il notiziario, e rimasi a fissare lo schermo leggermente ingrigito senza però prestare veramente attenzione alle immagini, i pensieri che correvano veloci. Sarei riuscita a sopravvivere da sola in quella città, se Daphne se ne fosse andata? Il mio primo interesse era la danza, ma non avevo ancora fatto nulla per poter entrare in qualche gruppo o scuola, né mi ero informata su eventuali casting e provini. In quelle ultime settimane avevo solo fatto la turista e commiserato me stessa per la mancanza di scopo della mia vita, senza però combinare nulla di concreto.

"Complimenti, Aly" dissi mentalmente a me stessa "Sei riuscita a rovinare anche questa esperienza."

<<Posso?>> chiese la voce di Daphne dopo qualche minuto in cui annegavo nei miei stessi pensieri poco felici, facendomi sussultare visto che non mi ero accorta della sua presenza.

Annuii senza alzare lo sguardo e le feci un po' di posto, sentendo il mio cuore fare un tonfo ripensando a ciò che aveva detto poco prima. Lei si sedette accanto a me con una compostezza innaturale, segno che non era venuta lì per rilassarsi, e per svariati secondi rimanemmo a fissare le fasce colorate muoversi sullo schermo sopra l'immagine della Corea del Sud, durante le previsioni meteo, con il volume quasi al minimo.

<<Scusami per prima>> esclamò improvvisamente, con tono serio, tenendo le mani incrociate in grembo <<Quando sono arrabbiata dico cose che non penso, pur di avere la meglio sugli altri, e sparo stronzate che fanno male>> ammise e mi voltai verso di lei, che teneva lo sguardo fisso sulle sue mani <<... quindi non è vero che non volevo venire con te, dovevo solo trovare una scusa per controbattere.>> aggiunse con un sorriso triste, e capii al volo la sua sincerità per il tono appena udibile con cui parlava. Sapevo quanto era orgogliosa e che le costasse un enorme sforzo scusarsi, ma fino a quel momento erano state poche le occasioni in cui ci eravamo trovate a dover "fare pace", visto che litigavamo molto di rado.

<<... In realtà, non metto in dubbio che tu non volessi partire, ma ho seri dubbi che tu abbia voglia di restare, soprattutto con una coinquilina depressa e brontolona come me>> mormorai io dopo qualche secondo, la voce triste ovattata dalla coperta che mi copriva parte del viso, e Daphne sbuffò con il naso, divertita.

<<Vieni qui, scema>> mi prese in giro lei e mi cinse con le braccia in un tenero abbraccio <<... Certo che voglio restare. Solo che... a volte non so che ti prende. Sembravi così felice all'idea di vivere insieme lontane da casa, lontane da tutti... ma in questi ultimi giorni non facciamo altro che bisticciare come una coppia sposata da troppo tempo.>> commentò con un sospiro <<Forse il trasloco, se così possiamo chiamarlo, ci ha stressate più del dovuto e questo ci ha portato a battibeccare su ogni cosa. Smettiamola, per favore, non mi piace litigare con te>> mugugnò, appoggiando la testa alla mia.

Sentii il nodo in gola farsi più pesante nel sentire che aveva notato anche lei il mio scarso entusiasmo <<Mi dispiace che le cose stiano andando in questo modo...>> fu l'unica cosa che riuscii a dire, sperando non notasse il tremore nella mia voce.

<<Che succede? So che c'è qualcosa... vedo come mi eviti, vedo come ti alteri con nulla. Sono la tua migliore amica, Aly, e mi fa star male vedere come inizi ad escludermi dai tuoi problemi. Dopo tutti questi anni di amicizia non mi sembrava nemmeno necessario dover ribadire ulteriormente, e cercare di farti capire, che di me ti puoi fidare... che sono e sarò sempre qui al tuo fianco pronta a sostenerti e tifare per te.>> sospirò tristemente portando lo sguardo alla finestra, dove si apriva un cielo cupo e coperto di nuvole grigiastre.

Le parole di Daphne mi colpirono dentro più del dovuto. Sapevo di essere in errore, ma in quel momento non mi sentivo in grado di tirare fuori alcun pensiero di quelli che da un po' mi tormentavano.
Oltre a sentirmi un fallimento totale, con tutto quel tempo libero iniziavo anche a sentire la mancanza di Dwane... e mi vergognavo troppo ad ammetterlo, soprattutto con lei, che lo detestava con tutta sé stessa.
Come poteva mancarmi una persona così tossica come lui? Lo odiavo... ma lo amavo...
Lo volevo fuori dalla mia vita... ma in certi aspetti anche dentro il mio letto, aggrovigliati tra le lenzuola...

<<Sono mortificata Daphne, non riesco a controllarmi. Ultimamente sento che sto tornando a portare al limite il mio corpo, e con esso anche la testa... i pensieri>> ammisi mantenendomi sul vago <<mi sto un po' perdendo. Sai, quando vivevo con i miei, in qualche modo ero sempre controllata, avevo quella costante paura di tornare alle vecchie abitudini e subirne le conseguenze... che mi sforzavo ogni giorno per non dare ai miei genitori qualcosa di cui parlare. Anche con tu sai chi, venivo sempre manipolata, mi veniva detto cosa fare, cosa non fare, come comportarmi...>> mi fermai, cercando di incanalare un po' d'aria che da qualche minuto mi era venuta a mancare <<Daph...>> il mio corpo prese a tremare, così mi avvolsi maggiormente alla coperta che tenevo sulle spalle, nascondendomi sotto di essa <<tutta questa libertà mi sta seriamente facendo ammattire>>.

Daphne mi strinse più forte, dondolando dolcemente come se stesse cullando un bambino in lacrime <<Va tutto bene, Aly, ci sono io. Troveremo insieme un ordine in tutto questo caos, e ne usciremo insieme.>>

<<Ti voglio bene... e scusa, Daph>> singhiozzai un po', asciugandomi i lacrimoni con il dorso della mano.

<<Scusami te, so di non essere la coinquilina ideale con tutto il casino che faccio e con tutti i miei capricci>> ammise arricciando le labbra, e io risi appena <<... ognuna di noi ha i propri problemi e modi diversi di affrontarli. Quindi, se ti senti persa, parlane con me: magari un punto di vista diverso ti permette di vedere l'ostacolo da un'altra prospettiva>> aggiunse facendo spallucce.

<<Dai, smettila di essere così saggia altrimenti non ti riconosco più!>> sdrammatizzai io per cambiare discorso; apprezzavo veramente il suo aiuto, solo che in quel momento non me la sentivo di tirare fuori la nostalgia per Dwane, avevo bisogno di ricaricare le batterie emotive.

Daphne rise e si spostò i capelli dietro le spalle con aria orgogliosa, per poi rivolgermi un enorme e ammiccante sorriso <<... non è che ti va di andare a prendere la colazione per la tua fantastica amica che ci sarà sempre per te?>> propose tutto d'un fiato, utilizzando un tono entusiasta per convincermi che fosse una buona idea, ma la conoscevo troppo bene per cascarci.

<<Non se ne parla neanche per scherzo>> obiettai subito, scuotendo la testa <<Non ci vado a prendere la colazione con questo tempaccio.>> dichiarai, indicando la finestra, dove numerose goccioline si rincorrevano sui vetri.

Lei arricciò le labbra, nascondendo la delusione per non essere riuscita ad incastrarmi, ma tentò di nuovo <<... Non dovresti lasciare che della semplice pioggia cambi le tue abitudini, insomma! Non ti viene voglia di fare una bella corsetta munita di impermeabile? Il paesaggio poi è unico con la pioggia e..>>

<<Non ci penso nemmeno, non ho intenzione di uscire da questa coperta>> ribadii e mi strinsi di più nel tessuto, come a rimarcare la mia decisione, e Daphne sbuffò.

<<Uffaaa, e cosa dovremmo mangiare, scusa?!>> si lamentò lei, alzandosi in piedi e guardandosi intorno, come se aspettasse la comparsa di qualche cameriere o rider con del cibo che in realtà non aveva mai ordinato, finché non sembrò avere un'illuminazione <<... Aspetta, potrei fare i pancake!>> propose, entusiasta, e i miei occhi si spalancarono per il panico.

<<Ehm, ti ricordi che l'ultima volta stavi mandando a fuoco la cucina, vero?>> intervenni io con tono casuale, per mascherare la mia preoccupazione.

<<Certo che me lo ricordo>> replicò lei facendomi la linguaccia <<... ma non farò lo stesso errore. Ci posso riprovare, e stavolta seguirò la ricetta alla lettera!>> annunciò, e io improvvisai un piccolo applauso d'incoraggiamento <<... Mi servono solo farina, latte, burro, zucchero, uova, e lievito in polvere per dolci!>> elencò, orgogliosa come una bambina che recitava a memoria una filastrocca, e mi sentii un po' in colpa a rovinare il suo entusiasmo, ma aveva dimenticato un'altra cosa importante.

<<... e ovviamente sei consapevole che non abbiano mai fatto la spesa seriamente, se non per un paio di volte, e non abbiamo nemmeno la metà degli ingredienti, giusto?>> la misi al corrente della situazione pietosa in cui versavamo, e il suo sorriso si spense.

<<Ah, già>> fu tutto quello che riuscì a dire, pensierosa.

<<Ci sono i biscotti avanzati dal viaggio, quelli al cioccolato che abbiamo preso in aeroporto... e se non è andato a male, dovremmo avere anche un po' di latte rimasto in frigo>> tentai di rincuorarla io, e lei fece una smorfia.

<<Accidenti. Potremmo accontentarci di quello, ma ormai mi ero illusa... a meno che>> mormorò fra sé e sé, per poi schiarirsi la voce e guardarmi con aria risoluta <<Alzati e vestiti: andiamo a fare la spesa, e non voglio sentire un no come risposta.> dichiarò con tono definitivo, e feci per aprir bocca ma lei mi precedette <<... e non ho intenzione di digiunare per tutto il giorno solo perché piove>

Feci una piccola smorfia, ma mi ritrovai ad essere d'accordo con lei. Non potevamo andare avanti a consumare tutti i pasti in ristorante, qualsiasi esso fosse.

<<Io sono già vestita, non vedi?>> le feci notare la tuta da ginnastica che indossavo <<Comodo e pratico. Dovresti scegliere qualcosa di simile anche tu>> le suggerii sbadigliando, ma come al solito le mie parole furono vane, perché Daphne aveva già preso la strada verso la sua stanza e il contenuto del suo armadio non rispecchiava esattamente le parole "comodo e pratico".

Mi alzai dal divano, stiracchiandomi e liberandomi della coperta, sentendomi finalmente pronta ad affrontare quella giornata. A volte, bastava anche avere dei piccoli obiettivi quotidiani per sentirsi più attivi.

<<Ugh, tutti i miei jeans sono sporchi!>> si lamentò Daphne, mentre io entravo nella sua stanza e la vedevo seduta sul letto sfatto, lo sguardo corrucciato puntato su una pila di vestiti che si stava lentamente accumulando a formare una montagna appena sotto la finestra.

<<Giusto, dovremmo anche fare un salto in lavanderia>> commentai fra me e me, per poi spostare gli occhi sul suo armadio aperto <<... e quelli?>> proposi, indicando un gruppetto di pantaloni ordinatamente piegati su uno degli scaffali.

Daphne si lasciò uscire uno sbuffo contrariato <<Quelli non mi si chiudono, sono troppo stretti>> ammise, riluttante <<... andando sempre a mangiare fuori ho già preso due chili>> aggiunse con tono disperato.

<<Potresti venire a correre con me alla mattina per risolvere il problema>> le proposi, forse per la milionesima volta in tutta la nostra vita, ma conoscevo già la risposta che ne sarebbe seguita.

<<Neanche morta>> replicò infatti, facendomi sogghignare, e la vidi agguantare una gonna beige a pieghe, una camicetta nera con un fiocco sul colletto e un maglioncino del medesimo colore.

<<... Comunque sappi che dobbiamo andare solo al mini-market qui a fianco, non ad una mostra d'arte>> la stuzzicai un'ultima volta mentre mi dirigevo in bagno, sapendo che per lei non esisteva il concetto di "vestirsi a caso".

<<Che ne sai, potrei incontrare la mia anima gemella in quel negozio!>> replicò lei urlando, mentre io aprivo il rubinetto per darmi una rinfrescata al viso arrossato <<... non voglio che il primo ricordo che avrà di me sia in tuta da ginnastica e con i capelli spettinati!>> aggiunse e io alzai gli occhi al cielo, sciogliendomi i capelli e sistemando velocemente i ciuffi con la mano.

<<Va bene, come ti pare, io sono pronta!>> annunciai uscendo in corridoio, e sbirciai all'interno della sua stanza vedendola avvicinare diversi modelli di stivaletti alla camicia, cercando di trovare il migliore accostamento di colori <<... ti aspetto di là>> mormorai in tono rassegnato, sapendo che le sarebbe servito ancora molto tempo, e mi lasciai cadere sul divano con uno sbuffo.

Rimasi pochi secondi a contemplare il soffitto, appuntando mentalmente di cercare qualcosa per rimuovere le ragnatele dal vecchio lampadario, quando il mio cellulare iniziò a vibrare incessantemente nella tasca, solleticandomi la coscia.

Aggrottai la fronte e mi raddrizzai sullo schienale, a malincuore, e armeggiai diversi secondi con la stoffa dei miei pantaloni per poterlo sfilare dalla tasca. Quando finalmente ci riuscii, e vidi il nome che era comparso sullo schermo, un sorriso spontaneo animò il mio viso, e vi rimase stampato anche quando trascinai verso l'alto l'icona della videochiamata, per rispondere.

<<Hey, Steph!>> salutai con entusiasmo il mio migliore amico, che mi mancava più di quanto mi piacesse ammettere, genuinamente contenta per quella sua iniziativa.

<<Ciao piccola donna, che stai combinando? Stavo per perdere le speranze, non rispondevi più...>>

<<Uhm niente di particolarmente interessante>> ovviai il discorso, sapendo che l'avrebbe annoiato sentirmi parlare delle nostre problematiche da casalinghe <<Ti vedo molto bene comunque! Un appuntamento?>> azzardai notando la giacca doppiopetto blu navy che gli avevo regalato per il suo ultimo compleanno, qualche settimana prima della mia partenza - la stessa che aveva poi giurato di non mettere a causa dei commenti che gli avevo riservato quando gli avevo chiesto di indossarla.

<<Appuntamento?>> ripeté con un po' di stupore, aggrottando le sopracciglia a formare una piccola ruga d'espressione nel mezzo.

<<Sì, sei tutto elegante! Hai anche indossato una cravatta... deve essere davvero un'occasione speciale>> lo presi in giro <<Sai, sono rare le volte in cui ti vedo con un completo, pensavo dovessi sedurre qualche bella ragazza>> continuai nel mio intento di indagare con ironia.

<<E se l'avessi fatto per sedurre te?>> le labbra gli si incurvarono in sorrisino compiaciuto.

<<Stupido>> quasi mi soffocai per la cafonata che aveva appena lasciato uscire dalla sua bocca <<Non sei affatto divertente>>

<<Comunque no, niente del genere, piccola>> si aprì in una grossa risata <<Soliti pranzi di famiglia... mi sono dovuto allontanare dalla sala da pranzo. Stavo per sentirmi male ad ascoltare tutte quelle cazzate, in più mia mamma è già ubriaca...sai che regge poco l'alcol, dopo solo un bicchiere inizia già a raccontare storie esilaranti>>

<<Povera signora James, se ti sentisse parlare così...>> mi unii alle sue risate, pensando alla povera e minuta madre di Stephen. Una signora di una certa età che portava ogni singolo anno con grande onore e rispetto... una donna tutto d'un pezzo ma allo stesso tempo capace di una bontà fuori misura, soprattutto nei confronti del suo unico figlio.

<<Stanno per servire il dolce, torna a tavola>> affermò un'altra voce dal telefono, ed ecco che il mio sghignazzare cessò. Il respiro mi si bloccò d'improvviso, mi sentivo come un paziente al quale avevano appena tolto l'ossigeno... i polmoni presero a bruciare, e la ricerca d'aria si rivelava ogni secondo più dolorosa.

<<Steph... è ...?>> balbettai a fatica, ma non riuscii a finire la frase. Stava succedendo tutto troppo in fretta, ma di una cosa ero certa: quella era la sua voce.

<<Ohhh, ma guarda un po' chi si rivede!>> esclamò con enfasi quella stessa voce, pietrificandomi, mentre Stephen mi rivolse uno sguardo mortificato cercando di sussurrare un "vattene" non diretto a me.

<<Aly, da quanto tempo... Non ti vedo più in giro, che fine hai fatto? Dovresti tornare a uscire con noi, o se non vuoi vedere gli altri, almeno con me... sai che insieme sappiamo come divertici>> ogni parola si fece poco a poco sempre più chiara, mano a mano che la sua figura si avvicinava e cercava di sovrastare quella grossa e imponente del mio amico.

Ero certa di aver sentito un altro "vattene" meno gentile del precedente, insieme ad una serie di imprecazioni che sembravano non avere fine, ma niente riuscì ad impedire veramente l'avanzata di quell'anima dannata... non fino a quando un'altra voce indistinta si intromise per richiamare entrambi a tavola.

<<Aly, scusami, non so che dire... Tra tutti non avrei mai pensato che potesse arrivare proprio lui, proprio in questo momento... sai che per quanto io voglia, non posso evitarlo, è pur sempre mio cugino e a questo tipo di occasioni non posso far altro che sopportare e->>

Cercai con tutta me stessa di trattenermi, ma un singhiozzo strozzato uscì violento e fu solo l'inizio di una serie di reazioni del mio corpo che non riuscii più a controllare. L'ultima cosa che ricordavo di aver fatto era chiudere la chiamata ad un Stephen decisamente preoccupato, la sua voce sembrava addolorata... ma quella fu una reazione spontanea. Non volevo che mi vedesse in quelle condizioni, non dopo tutto il tempo che era passato.

Mi persi di nuovo, persi contatto con la realtà mentre l'ultima conversazione avuta con Dwane iniziò a scorrere in un loop infinito dentro la mia testa e le sue parole presero a accoltellarmi incessantemente il cuore, che potevo giurare di sentire ancora sanguinare da quelle ferite che pensavo ormai di aver rimarginato da tempo.

***

<<Tu vuoi me in una versione che non esiste!!!>> la sua ira si riversò per l'ennesima volta su di me.

Cercavo da giorni, mesi, o forse anni, di avere una conversazione seria con lui, una che non prevedesse solamente il finire a letto insieme o ubriachi sui salottini dell'ennesima discoteca alla quale era riuscito a trascinarmi anche controvoglia, pur di vederlo suonare alla consolle...

<<Dwane, ti sto solo chiedendo se s-sono l'unica per te come t-tu sei per me...>> cercai di mantenere stabile la voce, ma i singhiozzi non mi permisero di finire la frase senza interromperla per qualche secondo <<s-so che ultimamente hai tanti pensieri m->>

<<E smettila di frignare!>> la sua collera si fece più pesante, costringendomi ad indietreggiare colpita dalla durezza delle sue parole <<Mi tratti come un cazzo di bambino che riversa la sua merda su di te, e poi guardati. Hai solo 19 anni e credi di sapere tutto sull'amore e sulla vita, beh lascia che ti dica un cosa, tu non sai un emerito cazzo di niente>> mi sputò poi addosso con amarezza, incastrandomi al muro e tirando un pugno ad esso, a pochi centimetri dal mio viso.

Ero terrorizzata, le gambe tremavano in un'evidente supplica di allontanarmi, di correre il più lontano possibile da quel ragazzo, ormai uomo, consumato dalla rabbia.

<<Per favore c-c-almati>> il cuore batteva all'impazzata, lanciando lampi dolorosi ad avvisarmi che non avrebbe retto ancora per molto <<ti avevo avvisato. I-io ci avevo provato. Ti avevo detto che avevo i-intenzioni serie, eppure ti sei voluto avvicinare lo s-stesso a m-me...>> trovai il coraggio di guardarlo, sebbene le lacrime mi fornissero solo una visione un po' deturpata della realtà <<Cos'era? Il b-brivido della conquista? La v-voglia di provare qualcosa così per puro divertimento? >>

Con un grugnito gutturale si fece ancora più vicino, come se fosse possibile avanzare per ancora più di un millimetro, fermandosi a ridosso delle mie labbra <<Dici che fai tutto questo per cercare una soluzione alle cose tra noi, ma non fai altro che saltarmi addosso. Dici che vuoi solo me ma se sono me stesso dici che ti trascuro, parli di tradimento, parli di mancanza di rispetto... Forse dovresti prenderti un momento per riflettere meglio, ragazzina>> sputò con tono serio, per poi sorridere appena, nel rendersi conto di quanto eravamo vicini. Un sorriso da brividi fu tutto ciò che usò per concludere il discorso, prima di mordermi con forza il labbro inferiore e trascinarmi nel nostro solito tossico vortice di follia.

***

<<Eccomiiii!! Sono pronta, ho trovato questo completo tra le poche cose pulite rimaste... che ne dici? Non è fa-vo-lo-so?>> la voce trillante e spavalda di Daphne, che si presentò come una fievole luce in fondo al tunnel, riuscì a risvegliarmi dall'incubo che la mia testa mi stava costringendo a vivere come in un loop infernale dominato dal mio ex-ragazzo.

E fu in quel momento, con la vista ancora offuscata dalle lacrime che scorrevano incessantemente sul volto, che mi resi conto di trovarmi riversa a terra, al centro della sala, le gambe incrociate e la testa appoggiata malamente al divano, in un vano tentativo di trovare sostegno.

<<Aly ma che diamine-!?>> mi corse incontro Daphne con preoccupazione, aiutandomi poi a sedermi con più decoro sul vecchio divano, che negli ultimi giorni era diventato il mio fedele compagno <<Ti sei sentita male? No, ti prego, dimmi di no. Ho saltato il corso di primo soccorso alla HeRos, e non voglio nessuno sulla coscienza, sono troppo giovane per affrontare questo tipo di traumi>> sospirò muovendo le mani attorno al viso con aria agitata, producendo un debole tintinnio con i vari braccialetti che portava al polso.

In risposta riuscii solamente a sollevare gli occhi, come a cercare un contatto diretto con i suoi...
Sapevo che era inutile provare a parlare, perché nessuna parola comprensibile sarebbe uscita dalla mia bocca in quello stato.

<<Allora, per favore... dimmi che non è successo niente di grave.>> un risolino nervoso ricco di panico le fuoriuscì leggero dalle labbra <<Mh? Aly?>> continuò ad indagare, asciugandomi qualche lacrima e spazzando via quelle rimaste sulle ciglia.

<<Uhm...>> un gemito sofferente scosse il mio volto pallido e provato, e riuscii a pronunciare una sola parola <<D-dwane...>>

Daphne si bloccò e mi guardò negli occhi, come se stesse sperando di aver capito male, ma in pochi secondi vidi la consapevolezza attraversarle il viso, che si deformò in un'espressione furente prima che si alzasse di scatto.

<<Non ci posso credere>> scosse la testa, visibilmente alterata <<Ancora quel coglione? Che cazzo ha combinato questa volta?!>> sbraitò, come se avesse dimenticato che ci trovavamo in un condominio e che erano appena le sette del mattino.

<<No, beh... niente, in realtà>> singhiozzai, abbassando gli occhi <<... forse mi manca?>> azzardai a pronunciare quella frase, che risultò più come una domanda, sapendo che non avrei fatto altro che portare al limite la rabbia della mia migliore amica, ma non riuscendo a tenermi dentro quel fardello.

<<Oh no, ti prego, ancora con questa storia>> protestò lei, agitando le braccia <<Come cazzo fa a mancarti un verme del genere? Spiegamelo, ti prego, perché non ci arrivo>> inveì, furente, e cercai di resistere all'impulso di nascondermi sotto la coperta per evitare la sua ramanzina <<Ti devo ricordare come a momenti ti lasciavi morire di fame per piacere a lui, e di come guardasse sempre qualcun'altra? O di tutte le volte in cui ti ha fatta ubriacare e poi si è approfittato di te? O forse non ti ricordi di come ha ficcato la sua linguaccia da serpe in gola a Janine la sera del tuo compleanno?>> elencò solo una piccola lista dei traumi che mi aveva aiutato ad affrontare negli anni precedenti, pregandomi di scappare a gambe levate da lui.

<<Avevamo litigato quella sera...>> mormorai con voce appena udibile, ma Daphne mi sentì, e una risata poco divertita lasciò le sue labbra.

<<... e nonostante tutto ancora lo giustifichi. Non gli è mai importato nulla di te, e tu ancora ti ostini a soffrire così, anche se è passato più di un anno e se siamo a migliaia di chilometri di distanza...>>

<<Lo so, Daphne, non so nemmeno io cosa dirti>> mi arresi con voce debole, soffiandomi il naso <<Non ho scuse per starci così male, ma lo stesso non riesco a far finta di nulla. È come se mi avesse fatto il lavaggio del cervello, io non->> mi interruppi per ricacciare indietro l'ennesimo nodo in gola di quella giornata, cercando di darmi un contegno <<... sono consapevole che stare con lui, parlare di lui, o anche solo pensare a lui sia estremamente dannoso, ma anche quando mi sforzo di non pensarci, è come se stessi vivendo la mia vita senza un pezzo di anima. Un pezzo marcio, che avvelenava tutto il resto, e che è stato meglio rimuovere, ma comunque parte di me.>> provai a spiegare a fatica l'irrazionale nostalgia che provavo costantemente, e non osai guardare Daphne negli occhi, visto che non potevo reggere di vedere la mia sofferenza rispecchiata sul suo viso, ma dal sospiro che uscì dalle sue labbra pochi secondi dopo capii che almeno la rabbia sembrava esserle passata.

Sentii i suoi stivaletti ticchettare sul pavimento e i suoi pantaloni neri comparvero nel mio campo visivo, prima che si sedesse a terra per poter parlare faccia a faccia con me <<... Purtroppo quel coglione ti ha incastrata quando eri molto giovane, e di conseguenza tu sei cresciuta credendo che fosse quello il modo giusto di essere trattata in una relazione>> commentò, il tono e lo sguardo addolciti rispetto a prima, a celare la furia e il disprezzo <<... perciò non te ne sto facendo una colpa se ancora ci stai male, perché so che ti ha plasmata per non poterti mai liberare completamente di lui... ma voglio che tu prenda in mano le redini della tua vita, Aly, perché lo devi a te stessa. Devi prendere quel dolore, pensare lucidamente e usarlo come energia per andare avanti, non lasciare che ti consumi. Hai già perso tanto in passato per lui, non permettergli di compromettere anche il tuo futuro>> quasi mi supplicò, prendendomi le mani tra le sue, e ancora una volta sapevo che aveva pienamente ragione. Piangere poteva andare bene per un po', ma starmene lì a continuare a commiserarmi non mi avrebbe portata da nessuna parte. Dovevo reagire. E avevo un disperato bisogno di aiuto per farlo.

<<Adesso senti cosa facciamo>> continuò lei cambiando discorso, incrociando le gambe e sorridendo <<... andiamo a fare la spesa e in lavanderia, così avremo completato le faccende da adulte per oggi e ci sentiremo un po' meglio; poi proviamo a farci qualcosa da mangiare, ci spariamo dieci puntate di kdrama romantici per poterci consolare con i protagonisti belli da impazzire, e infine stasera...>> il suo sorriso si allargò, e il mio istinto mi mise subito in allerta <<... andiamo a far baldoria, che ne dici?>> propose con tono energico, alzando le sopracciglia contemporaneamente in un modo così buffo che mi ritrovai a scoppiare a ridere nonostante le lacrime fossero ancora fresche sulle mie guance.

<<Oddio, il piano per la giornata era perfetto finché non hai detto l'ultima parte...>> mi lamentai accasciandomi contro lo schienale del divano e continuando a ridere.

<<Perché, scusa?>> chiese con tono quasi offeso, fissandomi con aria interrogativa dalla sua postazione nel tappeto del salotto <<Così possiamo svagarci un po' e...>>

<<Se per "svagarci un po' " intendi "bere fino a quando non sarò in grado di reggere il mio stesso peso", allora no! Le discoteche sono tutte lontane da qui e non credo di riuscire a trascinarti a casa poi... in più, non credo che un posto come quelli potrebbe davvero migliorare le mie condizioni>> asserii con calma, ricomponendomi dalla posizione che avevo assunto sul divano, che non faceva altro che aumentare il dolore alla schiena che mi portavo avanti da anni.

<<Ohh, ma sentila! >> ridacchiò alzandosi, per poi incrociare le braccia al petto <<Chissà, magari sarò io a trascinare il tuo bel culetto qui>> aggiunse con aria di sfida, per poi sorridermi per farmi capire la serietà delle sue intenzioni <<... e comunque dico davvero, penso che un po' di musica possa farti bene... e avresti tutta la libertà di fare qualche tuo passo di danza preferito>> iniziò ad ondeggiare il corpo cercando malamente di imitare qualsiasi cosa di lontanamente simile ad un balletto.

Alzai gli occhi al cielo, scuotendo le braccia <<E va bene, d'accordo, andiamo a fare serata... anche se avrei preferito un qualcosa di più tranquillo>> borbottai sospirando <<... basta che tu la smetta di fare... qualsiasi cosa tu stia facendo. Mi stai uccidendo gli occhi>> la presi in giro, rimpiangendo di non avere il cellulare a portata di mano per poter riprendere quel suo pietoso tentativo di ballare.

<<SIIIIIIIIII ti adoro!>> replicò lei prima ancora che finissi la frase, saltellando suo posto e battendo le mani, e sorrisi per il suo entusiasmo, nonostante un leggero senso di inquietudine mi assalisse ogni volta che si prospettava una sera in discoteca.

Mi tornò in mente una delle nostre prime volte insieme in un locale, eravamo più giovani e ingenue... qualcuno ci riconobbe e in massa iniziarono a farci delle avance poco gradite, con tanto di video che divennero virali sui social. Certo, in Corea non ci avrebbero mai potute riconoscere, ma era diventata più una questione di abitudine e di istinto di sopravvivenza.

<<... Ho un club in mente, l'avevo cercato appena arrivate qui... ma poi non siamo più uscite a festeggiare>> stava blaterando lei, camminando per la stanza con fare pensieroso, parlando più a sé stessa che a me <<Le recensioni sono buone. Ma è tra le discoteche più care di Seoul, anche se per questa sera non dovremmo badare a spese- dato che ancora possiamo permettercelo... che ne dici, facciamo l'ultima spesa pazza, probabilmente della nostra vita?>> mi chiese con un leggero tono di disperazione nella voce, fermandosi davanti a me.

Ridacchiai per la sua battuta infelice <<Va bene, è andata. Ma da domani... mettiamo la testa a posto!>> sentenziai con aria solenne.

Daphne mi guardò seria per qualche secondo, per poi scoppiare a ridere in sincronia con me. Poteva andare tutto a rotoli, ma noi due trovavamo sempre il modo per sdrammatizzare. D'altronde, ora eravamo noi due, da sole, in balìa della cosiddetta "vita reale". Dovevamo uscire dalla nostra campana di vetro e risolvere i nostri problemi, e non importava che le soluzioni fossero poco efficaci o convenzionali... ad ogni caduta, avremmo imparato a rialzarci.

"From sprinkler splashes
to fireplace ashes
I gave my blood,
sweat, and tears for this.
I hosted parties and
starved my body
like I'd be saved
by a perfect kiss.
I looked around
in a blood-soaked gown
and I saw something
they can't take away.
You're on your own, kid
Yeah, you can face this
You're on your own, kid
You always have been"

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