magic of demigods

By feelingsfall

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"una profezia. due mondi. un nemico in comune. un mondo da salvare. ma saranno in grado di riuscirci?" Percy... More

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Percy

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By feelingsfall

Come se non bastasse il fatto che Percy era stato costretto a lasciare l'aula in cui stava tenendo il terzo esame per l'ammissione al college simulando un finto conato di vomito; come se non bastasse il fatto che aveva dovuto prendere l'auto di Paul senza avvisarlo; come se non bastasse il fatto che aveva dovuto combattere contro un'idra alle 10 di mattina; come se non bastasse il fatto che un mucchio di mortali, o qualunque cosa fossero, gli avesse appena detto che si trovava in non sapeva quale posto; ora Percy doveva seguire un vecchietto che sembrava aver appena vinto il primo premio per "la barba più folta e lucente" che affermava di conoscerlo.

Per un momento, il figlio di Poseidone pensò di aver avuto un vuoto di memoria e di aver già incontrato quel vecchio bizzarro in una delle sue molteplici missioni, poi però scacciò il pensiero dalla mente, conosceva bene i vuoti di memoria, fidatevi.

Improvvisamente il ragazzo ebbe l'istinto di bloccarsi: da quando la guerra contro Gea era terminata, Percy sentiva il bisogno di sapere sempre tutto a proposito di quello che lo circondava, era uno dei tanti "doveri" che si era imposto per evitare di impazzire del tutto e quello che stava succedendo era come un enorme allarme nella sua mente.

Era tutta opera degli dei, ne era certo: era già successo che Percy si ritrovasse in un posto che non conosceva, con gente che affermava di conoscerlo anche se lui non ne sapeva neanche l'esistenza; ed alla fine era stata tutta opera degli dei.

Si girò a guardare il cielo e gridò con un tono di disperazione "perché a me?" perché non potevano torturare qualcun altro al di fuori di lui? Non gli bastavano le due imprese passate?

Come risposta ebbe un misero tuono che proveniva dal cielo che lo fece infuriare ancora di più: iniziò a fissare l'azzurro intenso tentando di sbollire la rabbia che ammontava sempre di più.

"ma sei normale?" chiese ad un certo punto un ragazzo che lo osservava stranito tra i gruppi di maghi.

"no, sono furioso" rispose Percy accelerando il passo per raggiungere il vecchio dalla barba bianca.

Quando lo raggiunse, l'uomo sembrò neanche accorgersi della sua presenza: camminava con molta sicurezza seguendo il sentiero, il suo sguardo passava da un albero all'altro senza mai perdere lo stupore che aveva negli occhi.

Anche Chirone aveva quello sguardo, come se qualsiasi cosa fosse bella ed estremamente fragile che si sarebbe potuta infrangere al solo sfiorarla; Percy ammirava le persone come loro che, nonostante l'età e l'esperienza, riuscivano a trovare il mondo bello e non marcio e pieno di sofferenze.

"certo, tu lanci una bomba così, davanti a tutti e poi mi ignori" pensò il figlio del mare mentre osservava delle alte mura che circondavano un imponente edifico di cui si potevano vedere solo le guglie da quel punto.

"lo so, lo so..." disse improvvisamente il vecchio, guardando sempre davanti a se "starai pensando chi io sia per parlarti nel modo in cui mi sono rivolto prima, se stavo solo bluffando o è tutto vero...Beh è tutto vero, e non credo tu sia una persona che abbia problemi a credere all'irrazionale, dico bene?"

Percy era come in uno stato di trance, troppo stordito dalle parole dell'uomo che gli roteavano nella testa: "irrazionale", se per irrazionale intendeva mostri, profezie, giganti, titani e chi ne ha più ne metta allora poteva starne certo.

Ci mise qualche secondo per rispondere "beh, se mi conosci veramente, non hai bisogno della mia risposta"

Un angolo della bocca del signore si incurvò in un debole sorriso che gli fece risaltare gli occhi ormai schiariti dal tempo e dalla vecchiaia e fece apparire ulteriori rughe sulla fronte e sugli zigomi "no infatti, Perseus Jackson"

"solo Percy"

"bene Percy, io sono Albus Silente e questa è la scuola di magia e stregoneria di Hogwarts"

Un imponente edificio si presentò davanti a lui: era costituito da mille torri di forma diversa, dal colore grigiastro, da un atrio che portava ad un portone di legno con incisi motivi geometrici, mille ponti diversi che portavano ad ale diverse del castello e davano un'aria più misteriosa all'edifico.

Dentro era ancora più strabiliante:, aveva uno stile medievale, i quadri appesi al muro parlavano e prendevano vita, le stanze erano una più bella dell'altra, con arazzi che decoravano le pareti e candelabri che pendevano da sporgenze in ferro infisse sui muri.

L'unico problema erano le scale: "scusate, alle scale piace muoversi" aveva detto il ragazzo a cui aveva salvato la vita, con un tono divertito, lanciando uno sguardo di sottecchi ad un ragazzo dai vivaci capelli rossi.

Quando arrivarono nella sala da pranzo Percy rimase pietrificato: molteplici arazzi drappeggiavano le mura della sala, in fondo vi era un tavolo che dava sulla stanza con posizionato davanti un leggio con un microfono, e posizionati parallelamente ai muri vi erano 4 tavoli lunghi quasi come tutta la sala.

Ma la cosa più strabiliante era il soffitto: era come osservare un cielo stellato in piena notte, Percy si chiese com'era possibile.

Il cielo scuro, illuminato dalle milioni di costellazioni si estendeva per tutto il perimetro della stanza, il colore intenso che vi era di sfondo metteva tranquillità; il ragazzo avrebbe voluto sedersi e rimanere per ore ad osservare lo spettacolo sopra di lui e a riconoscere ogni costellazione che si ricordasse dagli insegnamenti di Annabeth.

Chissà se c'era pure quella di Zoe tra tutte quelle stelle...

Silente fece cenno ai ragazzi di fermarsi e si posizionò dietro il leggio "bene" disse incrociando le mani "abbiamo molte cose di cui parlare, ma prima, scopriamo di che case siete"

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